Vivere la gioia dell’amore in famiglia (VIII): Aiutare i figli a cavarsela da soli

Elisabetta e Angelo sono sposati da 25 anni e hanno sei figli. Entrambi liberi professionisti, in questa testimonianza ci raccontano dell’importanza di offrire ai figli gli strumenti necessari per affrontare ogni scelta e ogni situazione.

“Bisogna cercare di affrontare le difficoltà che ti capitano - inizia Elisabetta, sposata da venticinque anni con Angelo - non come una sfortuna personale, ma come un qualcosa che può aiutarti paradossalmente a vivere meglio e ad apprezzare di più certe cose”.

Elisabetta e Angelo si sono conosciuti frequentando Economia all’università di Bologna, dove vivono e hanno uno studio di consulenza fiscale. Hanno avuto sei figli, due maschi e quattro femmine: Emanuele di 24 anni, Tommaso di 23, Agnese di 20, Marta di 18, Benedetta di 15 e Lucia di 9.

In ogni famiglia ci sono momenti difficili o sfide da superare, ma Angelo sottolinea: “Sappiamo che non sono difficoltà affrontate da soli: le abbiamo insieme. Dobbiamo essere in relazione, perché se ci sono problemi tra noi le difficoltà ulteriori sono vissute male. Quando invece tra noi c’è armonia, la situazione è più semplice”. Elisabetta continua: “Quando ci siamo sposati eravamo in tre, con il Signore, e questo ci ha aiutato molto. Bisogna cercare di affrontare le difficoltà che ti capitano non come una sfortuna personale, ma come un qualcosa che ti interpella e che può aiutarti paradossalmente a vivere meglio e ad apprezzare di più certe cose. È importante dare la precedenza alla relazione tra di noi prima di affrontare le cose, non partire da soli. A me una cosa che aiuta molto è ascoltare il suo punto di vista, che è molto diverso dal mio e che spesso fa vedere anche le difficoltà in maniera diversa”.

Non possiamo risolvere i loro problemi e neanche preoccuparci in anticipo. L’idea è dare loro degli strumenti per fare sì che se la possano cavare da soli.

La prima difficoltà che hanno dovuto affrontare è propria di ogni coppia che si sposa e comincia una nuova vita insieme: la necessità di lasciare i modi di fare e di pensare a cui si era abituati nella propria famiglia di origine per costruirne nuovi insieme. “Altri ostacoli sono sorti con la nascita del nostro secondo figlio, Tommaso, − spiega Angelo −, arrivato 14 mesi dopo il primo e nato con una malformazione al piede. E poi ci sono state le difficoltà collegate alla crescita dei nostri figli e i problemi della relazione che avevamo con loro, che poi influivano nella nostra relazione”. Elisabetta racconta anche i problemi educativi: “Le crisi a scuola, un figlio che voleva cambiare scuola e che non studiava. Ad un certo punto i maschi volevano lasciare anche il gruppo Scout che frequentavano e per noi questo era un problema: ci preoccupava non avere un supporto esterno di cui fidarci dal punto di vista educativo”. Elisabetta e Angelo hanno affrontato la situazione confrontandosi direttamente con i loro figli: “Abbiamo parlato molto con loro e coinvolto i capi scout. Alla fine hanno proseguito il cammino, lo hanno concluso e adesso sono loro dei capi!”.

“Abbiamo cercato di arginare le preoccupazioni sui nostri figli cercando di fare in modo che possano diventare persone autonome, indipendenti e in grado di cavarsela sempre − racconta Elisabetta −. Non possiamo risolvere i loro problemi e neanche preoccuparci in anticipo. L’idea è dare loro degli strumenti per fare sì che se la possano cavare da soli”. Pensando al futuro dei loro figli, Angelo aggiunge: “Uno pensa al lavoro, alla salute, ma la cosa che desidero di più per loro è che riescano a essere felici almeno quanto noi”.

La cosa più bella non sono i traguardi personali dei ragazzi, ma la loro presenza nella nostra vita.

La soddisfazione più grande? “Quando siamo tutti insieme e i ragazzi giocano, scherzano, si prendono in giro. La cosa più bella non sono i traguardi personali dei ragazzi, ma la loro presenza nella nostra vita: la casa è piena di loro”, dice Elisabetta. Angelo continua: “Personalmente non voglio cadere nel tranello che i loro meriti siano i nostri meriti. Però posso dire di essere contento di aver passato più anni di vita con Elisabetta piuttosto che da solo, questo forse è il traguardo più grande”. E sua moglie aggiunge: “Ci dà soddisfazione anche il fatto di volerci più bene adesso di quando ci siamo sposati; è una cosa preziosa perché ci è costata lavoro, impegno e fatica”.

Meditare con l’Amoris Laetitia

261. Tuttavia l’ossessione non è educativa, e non si può avere un controllo di tutte le situazioni in cui un figlio potrebbe trovarsi a passare. Qui vale il principio per cui «il tempo è superiore allo spazio».[1] Vale a dire, si tratta di generare processi più che dominare spazi. Se un genitore è ossessionato di sapere dove si trova suo figlio e controllare tutti i suoi movimenti, cercherà solo di dominare il suo spazio. In questo modo non lo educherà, non lo rafforzerà, non lo preparerà ad affrontare le sfide. Quello che interessa principalmente è generare nel figlio, con molto amore, processi di maturazione della sua libertà, di preparazione, di crescita integrale, di coltivazione dell’autentica autonomia. Solo così quel figlio avrà in sé stesso gli elementi di cui ha bisogno per sapersi difendere e per agire con intelligenza e accortezza in circostanze difficili. Pertanto il grande interrogativo non è dove si trova fisicamente il figlio, con chi sta in questo momento, ma dove si trova in un senso esistenziale, dove sta posizionato dal punto di vista delle sue convinzioni, dei suoi obiettivi, dei suoi desideri, del suo progetto di vita. Per questo le domande che faccio ai genitori sono: «Cerchiamo di capire “dove” i figli veramente sono nel loro cammino? Dov’è realmente la loro anima, lo sappiamo? E soprattutto: lo vogliamo sapere?»

262. Se la maturità fosse solo lo sviluppo di qualcosa che è già contenuto nel codice genetico, non ci sarebbe molto da fare. La prudenza, il buon giudizio e il buon senso non dipendono da fattori puramente quantitativi di crescita, ma da tutta una catena di elementi che si sintetizzano nell’interiorità della persona; per essere più precisi, al centro della sua libertà. È inevitabile che ogni figlio ci sorprenda con i progetti che scaturiscono da tale libertà, che rompa i nostri schemi, ed è bene che ciò accada. L’educazione comporta il compito di promuovere libertà responsabili, che nei punti di incrocio sappiano scegliere con buon senso e intelligenza; persone che comprendano senza riserve che la loro vita e quella della loro comunità è nelle loro mani e che questa libertà è un dono immenso.

[1] Esort. ap. Evangelii gaudium (24 novembre 2013), 222: AAS 105 (2013), 1111.