Vivere la gioia dell’amore in famiglia (III): Lasciare il lavoro al lavoro

Elisabetta e Andrea sono sposati da quasi dieci anni e hanno due figli piccoli. Quanto è difficile per i genitori staccare quando si finisce di lavorare? In occasione dell’anno “Famiglia Amoris Laetitia”, proponiamo una serie di testimonianze di famiglie che vivono le sfide di ogni giorno in una prospettiva cristiana.

“Quando ci siamo sposati - racconta Andrea - eravamo chiaramente disposti ad essere aperti alla vita, ma i figli non arrivavano. Questo ci ha messo alla prova ma sapevamo che la nostra era già una famiglia”. “Per diventare più famiglia - aggiunge Elisabetta - ci ha aiutato molto iniziare a pregare insieme”.

Dopo cinque anni di matrimonio è arrivato Pietro, a seguito di un periodo molto duro: “Mio papà si è ammalato e in poco tempo è morto. La nascita di Pietro è stato proprio un bel regalo del Signore anche per risollevarci da quel dolore”.

“Grazie alle politiche interne dell’azienda in cui lavoro - racconta Andrea, ingegnere gestionale - ho avuto la possibilità di godere di un congedo parentale lungo e rimborsato al 100%, una vera rarità per i papà. Questo e la vicinanza della famiglia di Elisabetta ci hanno favorito molto durante i primi mesi di vita di Pietro”.

Le sfide della routine

Elisabetta, medico ortodontista, lavora in tre distinti studi odontoiatrici, “ma da qualche tempo ho smesso di lavorare il sabato per avere un giorno in più a settimana in cui sono totalmente off dal lavoro. Infatti lavorando con pazienti bambini i miei orari di solito sono incompatibili con la mia presenza a casa per stare con i miei figli dopo la scuola. Come tanti genitori devo lottare per non portare, anche solo mentalmente, il lavoro a casa”.

“Avendo la possibilità di lavorare in smart-working già da prima della pandemia, - spiega Andrea - conoscevo le sfide di questo tipo di situazione. Con l’arrivo di Pietro e ora di Costanza, la lotta di ogni giorno lavorativo è quella di non andare in multitasking tra più cose di lavoro e più cose famigliari”.

Ma quali sono i momenti della giornata in cui riuscire a fare mente locale, anche con il Signore? Per Andrea è la Messa quotidiana, “un momento di ricarica e nel quale riesco a contestualizzare quello che mi aspetta”, mentre per Elisabetta sono quei minuti distribuiti durante lo svolgersi della giornata, “dalle preghierine dette con Pietro la sera, all’Angelus”.

Uno strumento che per Elisabetta e Andrea è stato ed è molto utile per vivere la loro vita famigliare con più trasporto è l’Orientamento Familiare, un’occasione per stare insieme con altre coppie e per condividere le sfide della vita in famiglia. “Il metodo dei casi di studio che si utilizza nell’Orientamento Familiare ti permette di approfondire realtà concrete. Per esempio, - spiega Elisabetta - da quando è arrivata Costanza, Pietro ha iniziato a urlare: è confortante sapere che è successo anche ad altri e capire come vivere la situazione”.

Meditare con l’Amoris Laetitia

Nell’orizzonte dell’amore, essenziale nell’esperienza cristiana del matrimonio e della famiglia, risalta anche un’altra virtù, piuttosto ignorata in questi tempi di relazioni frenetiche e superficiali: la tenerezza. Ricorriamo al dolce e intenso Salmo 131. Come si riscontra anche in altri testi (cfr Es 4,22; Is 49,15; Sal 27,10), l’unione tra il fedele e il suo Signore si esprime con tratti dell’amore paterno e materno. Qui appare la delicata e tenera intimità che esiste tra la madre e il suo bambino, un neonato che dorme in braccio a sua madre dopo essere stato allattato. Si tratta – come indica la parola ebraica gamul – di un bambino già svezzato, che si afferra coscientemente alla madre che lo porta al suo petto. È dunque un’intimità consapevole e non meramente biologica. Perciò il salmista canta: «Io resto quieto e sereno: come un bimbo svezzato in braccio a sua madre» (Sal 131,2). Parallelamente, possiamo rifarci ad un’altra scena, là dove il profeta Osea pone in bocca a Dio come padre queste parole commoventi: «Quando Israele era fanciullo, io l’ho amato […] (gli) insegnavo a camminare tenendolo per mano […] Io lo traevo con legami di bontà, con vincoli d’amore, ero per loro come chi solleva un bimbo alla sua guancia, mi chinavo su di lui per dargli da mangiare» (11,1.3-4).

(Amoris Laetitia, 28)

L’amore di amicizia unifica tutti gli aspetti della vita matrimoniale e aiuta i membri della famiglia ad andare avanti in tutte le sue fasi. Perciò i gesti che esprimono tale amore devono essere costantemente coltivati, senza avarizia, ricchi di parole generose. Nella famiglia «è necessario usare tre parole. Vorrei ripeterlo. Tre parole: permesso, grazie, scusa. Tre parole chiave!». «Quando in una famiglia non si è invadenti e si chiede “permesso”, quando in una famiglia non si è egoisti e si impara a dire “grazie”, e quando in una famiglia uno si accorge che ha fatto una cosa brutta e sa chiedere “scusa”, in quella famiglia c’è pace e c’è gioia». Non siamo avari nell’utilizzare queste parole, siamo generosi nel ripeterle giorno dopo giorno, perché «alcuni silenzi pesano, a volte anche in famiglia, tra marito e moglie, tra padri e figli, tra fratelli». Invece le parole adatte, dette al momento giusto, proteggono e alimentano l’amore giorno dopo giorno.

(Amoris Laetitia, 133)



* Per approfondire il tema dell'orientamento familiare e conoscere associazioni che se ne occupano in Italia, visita il sito Oeffe - Orientamento Familiare. Le iniziative di orientamento familiare sono rappresentate a livello globale dalla Federazione Internazionale per lo Sviluppo delle Famiglie, IFFD (qui il sito in inglese o spagnolo).