Sulle rive dell'Ebro, a Saragozza si erge la splendida basilica del Pilar sul luogo dove, in epoca musulmana, ci fu un tempio dedicato a Maria Santissima. La sua costruzione iniziò nel rinascimento, attraversò il barocco e fu terminata, in pieno XVIII secolo, con soluzioni neoclassiche. Dentro la basilica si trova la Santa Cappella della Madonna del Pilar, magnifica cornice che racchiude la colonna (el pilar) sulla quale, a quanto racconta la tradizione, la Santissima Vergine ha posato i piedi. La colonna è rivestita di bronzo e argento, e sostiene una piccola statua che rappresenta la Madonna, avvolta in un voluminoso manto e con il Bambino in braccio.
Fin dal suo arrivo a Saragozza, Josemaría si impose la grata consuetudine di far visita al Pilar, sfruttando i ritagli di tempo libero fra le lezioni. Finché rimase a Saragozza, lo afferma lui stesso, lo fece ogni giorno:
"La devozione per la Vergine del Pilar inizia nella mia vita fin da quando, con la loro pietà di aragonesi, i miei genitori la infusero nell'anima di tutti i loro figli. Più tardi, durante i miei studi sacerdotali e anche quando ho frequentato la facoltà di Diritto all'Università di Saragozza, le mie visite al Pilar erano quotidiane" [1].
Quando andava a far visita al Pilar doveva spesso fare la coda con gli altri fedeli prima di riuscire a baciare il tratto di colonna non rivestito, consunto dalle labbra di generazioni e generazioni di cristiani. Lì, nella Santa Cappella, ripeteva le sue insistenti giaculatorie: Domine, ut sit!, che sia ciò che Tu vuoi e che io ignoro! E così pure, rivolto alla Santissima Vergine: Domina, ut sit! [2].
Non contento di baciare la colonna, desiderava avvicinarsi alla sacra immagine. A quanto raccontò poi, alcuni mesi prima si era avvalso di uno stratagemma per riuscirci, perché era consentito baciare il manto che rivestiva l'immagine solo ai bambini e alle autorità:
Poiché ero buon amico di diversi sacerdoti che avevano cura della basilica, un giorno potei fermarmi in chiesa dopo la chiusura delle porte. Mi diressi verso l'immagine della Madonna, con la complicità di uno di quei buoni sacerdoti, ormai defunto, salii quei pochi gradini che così bene conoscono i bambinetti e, avvicinatomi, baciai l'immagine di nostra Madre[3].
Aveva in camera sua, al S. Carlo, una riproduzione in gesso di quell'immagine. Non valeva granché. Proveniva dal famiglio del Cardinal Soldevila e ad essa ricorreva chiedendo, in maniera incessante, la sua mediazione perché si compisse quanto prima la Volontà divina:
A una semplice immagine della Madonna del Pilar affidavo in quegli anni la mia preghiera, affinché il Signore mi concedesse di capire ciò che la mia anima già presagiva. Domina! – le dicevo in un latino non propriamente classico, ma abbellito dall'affetto – ut sit!", che sia di me quello che Dio vuole che sia [4].
Non la rivide fino al 1960
La sua preghiera era così insistente che si mise a incidere la giaculatoria, con la punta di un chiodo, sulla base della statuetta che rimase a Saragozza quando Josemaría dovette andarsene di lì. E non la rivide fino al 1960, a Roma, quando una delle sue figlie dell'Opus Dei gli mostrò una statuetta della Madonna del Pilar che era rimasta fino ad allora in casa di un suo parente, a Saragozza. Gliela facevano avere a Roma perché era stata sua:
"Domina, Ut sit!", con la punta di un chiodo.
"Padre, è arrivata qui una statuetta della Madonna del Pilar che lei aveva a Saragozza. Le risposi: no, non mi ricordo. E lei: sì, la guardi; c'è una cosa scritta da lei. Era una statuetta tanto brutta che mi pareva impossibile fosse stata mia. Me la mostrò e sotto la base, con un chiodo, c'era scritto sul gesso: "Domina, ut sit!", con un solo punto esclamativo, come sono solito fare con le giaculatorie che scrivo in latino. "Signora, che sia!". E una data: 24-5-924.
Il fatto è che molte volte, figli miei, il Signore mi umilia. Mentre a volte mi dà una straordinaria chiarezza, molte altre volte me la toglie, perché non abbia alcuna sicurezza in me stesso. Poi viene e mi concede qualche zuccherino. Vi avevo parlato molte volte dei presentimenti, anche se talvolta pensavo: Josemaría, forse hai ingannato, hai mentito... Quella statuetta era la materializzazione della mia preghiera di molti anni e di cui vi avevo parlato tante volte"[5].
Fra gli altri resoconti del fatto [6] c'è, ad esempio, quello di Encarnación Ortega: approfittando di un viaggio da Roma in Spagna (...), Mercedes Morado, all’epoca Segretaria dell'Assessorato Centrale dell'Opera, prese a Saragozza – le era stata consegnata da alcuni parenti di nostro Padre una statuetta di gesso della Madonna del Pilar, che era appartenuta al nostro Fondatore. Non appena arrivò a Roma, la consegnammo al Padre. "Padre, gli dicemmo, è arrivata qui un'immagine della Madonna del Pilar che lei aveva a Saragozza". Nostro Padre rispose di non ricordarsene ma io insistetti: "Sì, la guardi, c'è una cosa scritta da lei". Gli mostrai la base della statuetta, su cui si poteva leggere una giaculatoria incisa con un chiodo: «Domina, ut sit!», seguita da una data: «24-5-1924». Le parole latine erano seguite da un punto esclamativo, come faceva nostro Padre tutte le volte che scriveva una giaculatoria in latino.
[1] La Virgen del Pilar, articolo pubblicato in AA. VV., Libro de Aragón, Saragozza 1976, pp. 97 e ss. Ci sono riferimenti anche in altri scritti; per esempio: «Durante il tempo che ho trascorso a Saragozza facendo i miei studi sacerdotali (...) le mie visite al Pilar erano per lo meno quotidiane» (Recuerdos del Pilar, articolo pubblicato in “El Noticiero”, quotidiano di Saragozza, 11-X-1970). Cfr anche Alvaro del Portillo, Sum. 142.
[2] Lettera 29-XII-1947 / 14-II-1966, n. 19.
[3] Recuerdos del Pilar (in "El Noticiero", Saragozza 11-X-1970); cfr anche AGP, RHF, P03 1978, pp. 21-22.
[4] J. Escrivá de Balaguer, La Virgen del Pilar, nel Libro de Aragón, op. cit., p. 97.
[5] AGP, P03 1975, pp. 222-223; cfr anche Alvaro del Portillo, Sum. 141; Javier Echevarría, Sum. 2556; Jesús Alvarez Gazapo, Sum. 4281.
[6] Pascual Albás, AGP, RHF, T-02848, 2.