Tema 30. Il quarto comandamento: Onora il padre e la madre

Il quarto comandamento funge da collegamento e passaggio tra i tre precedenti e sei che lo seguono: nelle relazioni familiari continua in qualche modo la misteriosa compenetrazione tra l’amore divino e l’umano che è all’origine di ogni persona. I genitori hanno la responsabilità di creare uno spazio familiare nel quale possano vivere l’amore, il perdono, il rispetto, la fedeltà e il servizio disinteressato.

1. La posizione del quarto comandamento nel Decalogo

    Nella tradizionale formulazione del Decalogo[1], i primi tre comandamenti si riferiscono più direttamente all’amore di Dio e gli altri sette all’amore del prossimo[2]. Nel supremo precetto di amare Dio e nel secondo, simile al primo, di amare il prossimo per Dio, si compendiano i comandamenti del Decalogo[3].

    Non è un caso che il quarto comandamento sia posto proprio in questa posizione, come punto di collegamento e di passaggio tra i primi tre e gli altri sei che lo seguono.

    Nelle relazioni familiari (e, in modo radicale, nella paternità/maternità - filiazione) in un certo modo continua quella misteriosa compenetrazione tra l’amore divino e quello umano che è all’origine di ogni persona. Per questo l’amore dei genitori con la comunione familiare che ne deriva[4] partecipano in maniera particolare dell’amore di Dio.

    A propria volta, l’amore per il prossimo “come a se stesso” si dà nella famiglia con particolare spontaneità perché in essa gli altri sono “altri”, ma non “totalmente altri”: non sono “diversi” o estranei, ma soggetti che partecipano in certo modo dell’identità degli altri, del loro proprio essere personale: sono “qualcosa di sé”. Per questo, la famiglia è il luogo originario nel quale ogni persona viene accolta e amata incondizionatamente: non per quello che ha o per quello che può offrire o realizzare, ma per quello che è.


    2. Il quarto comandamento. Rilevanza personale e sociale della famiglia

      Il quarto comandamento si riferisce in primo luogo ai figli nella loro relazione con i genitori ma si estende anche con diverse modalità alle relazioni di parentela con gli altri membri del gruppo familiare e al comportamento nei confronti delle persone anziane, dei superiori in qualunque ambito, della patria. Infine, comprende e definisce pure i doveri dei genitori e di chi esercita un’autorità sugli altri[5].

      In tal modo, «il quarto comandamento illumina le altre relazioni nella società. Nei nostri fratelli e nelle nostre sorelle vediamo i figli dei nostri genitori; nei nostri cugini, i discendenti dei nostri avi; nei nostri concittadini, i figli della nostra patria; nei battezzati, i figli della Chiesa, nostra Madre; in ogni persona umana, un figlio o una figlia di colui che vuole essere chiamato «Padre nostro». Conseguentemente, le nostre relazioni con il prossimo sono di carattere personale. Il prossimo non è un «individuo» della collettività umana; è «qualcuno» che, per le sue origini conosciute, merita un'attenzione e un rispetto singolari»[6].

      In questo senso va intesa l’affermazione ricorrente nel Magistero che la famiglia è la prima e fondamentale scuola di socializzazione[7]. Essendo la sede naturale dell’educazione all’amore, essa costituisce lo strumento più efficace dell’umanizzazione e personalizzazione della società: collabora in modo originale e profondo alla costruzione del mondo, e «deve vivere in modo che i suoi membri si aprano all'attenzione e all'impegno in favore dei giovani e degli anziani, delle persone malate o handicappate e dei poveri»[8].

      La società, da parte sua, ha il grave obbligo di sostenere e rendere più forte il matrimonio e la famiglia fondata su esso, riconoscendo la sua autentica natura, favorendo la sua prosperità e assicurando la pubblica moralità[9].


      3. Il quarto comandamento. Doveri dei figli e dei genitori

        La Sacra Famiglia è il modello che mostra con particolare chiarezza le caratteristiche della vita che Dio vuole per ogni famiglia: il significato dell’amore e del servizio; dell’educazione e della libertà; dell’obbedienza e dell’autorità, eccetera.

        A) I figli devono rispettare e onorare i propri genitori, fare in modo di dare loro gioia, pregare per loro e corrispondere lealmente al loro amore, alle loro cure e ai sacrifici che fanno per i figli: per un buon cristiano questi doveri sono un dolcissimo precetto.

        La paternità divina, fonte di quella umana[10], è il fondamento dell’onore dovuto ai genitori[11]. «Il rispetto per i genitori (pietà filiale) è fatto di riconoscenza verso coloro che, con il dono della vita, il loro amore e il loro lavoro, hanno messo al mondo i loro figli e hanno loro permesso di crescere in età, in sapienza e in grazia. «Onora tuo padre con tutto il cuore e non dimenticare i dolori di tua madre. Ricorda che essi ti hanno generato; che darai loro in cambio di quanto ti hanno dato? (Sir 7, 27-28)»[12].

        Il rispetto filiale si manifesta nella docilità e nell’obbedienza. «Voi, figli, obbedite ai genitori in tutto; ciò è gradito al Signore»[13]. Fintantoché sono soggetti ai loro genitori, i figli devono obbedire a tutto ciò che essi decidono per il loro bene e per quello della famiglia. Questo obbligo cessa con l’emancipazione dei figli, ma non finisce mai il rispetto dovuto ai loro padri[14].

        Naturalmente, se i genitori comandano qualcosa che è contrario alla legge di Dio, i figli hanno l’obbligo di anteporre la volontà di Dio ai desideri dei loro genitori, poiché «bisogna obbedire a Dio piuttosto che agli uomini»[15].

        «Il quarto comandamento ricorda ai figli divenuti adulti le loro responsabilità verso i genitori. Nella misura in cui possono, devono dare loro l'aiuto materiale e morale, negli anni della vecchiaia e in tempo di malattia, di solitudine o di indigenza»[16].

        Non sempre le situazioni familiari sono ideali. A volte la provvidenza di Dio permette che ci siano situazioni familiari difficili, dolorose o che sembra che non siano le migliori che si potrebbero auspicare: famiglie con un solo genitore, separazioni, violenze o mancanza di amore, ecc. In questi casi può essere d’aiuto considerare che il quarto comandamento «non parla della bontà dei genitori, non richiede che i padri e le madri siano perfetti. Parla di un atto dei figli, a prescindere dai meriti dei genitori, e dice una cosa straordinaria e liberante: anche se non tutti i genitori sono buoni e non tutte le infanzie sono serene, tutti i figli possono essere felici, perché il raggiungimento di una vita piena e felice dipende dalla giusta riconoscenza verso chi ci ha messo al mondo. Molti santi - e moltissimi cristiani - dopo un’infanzia dolorosa hanno vissuto una vita luminosa, perché, grazie a Gesù Cristo, si sono riconciliati con la vita»[17].

        In tali situazioni e sempre, i figli devono evitare di giudicare i genitori e condannarli. Piuttosto, man mano che vanno maturando, devono imparare a perdonare e a essere comprensivi senza negare la realtà di ciò che hanno vissuto, cercando tuttavia di considerarla e valutarla alla presenza di Dio, sia per quello che riguarda i genitori, che per quello che concerne la propria vita.

        B) Da parte loro, i genitori devono accogliere con gratitudine i figli che Dio concede loro, come una grande benedizione e segno di fiducia. Oltre a curarsi delle loro necessità materiali, essi hanno la grave responsabilità di dare loro una retta educazione umana e cristiana. La funzione dei genitori nella formazione dei figli è talmente importante che è difficile sopperire ad essa quando manca. Il diritto e il dovere dell’educazione sono, per i genitori, primordiali e inalienabili.

        I genitori hanno la responsabilità di creare un focolare, un ambiente familiare nel quale possano essere vissuti l’amore, il perdono, il rispetto, la fedeltà e il servizio disinteressato. Tale ambiente è il luogo più appropriato e naturale per la formazione alle virtù e ai valori dei figli e di tutti coloro che fanno parte della famiglia.

        È lì che, con l’esempio e la parola, devono aiutarli a conoscersi; a vivere con libertà e generosità, con gioia e sincerità; ad essere onesti; a dialogare con chiunque; ad accogliere le verità della fede con una profondità adeguata alla propria età; a sviluppare una vita spirituale semplice e personale; a far sì che la loro condotta quotidiana risponda alla condizione di figli di Dio, con spontaneità e sapendo ricominciare quando necessario; a vivere nella prospettiva di una vocazione personale, eccetera.

        Nel dedicarsi al loro compito formativa, i genitori devono essere sicuri di ottenere la grazia di Dio, dato che stanno realizzando il nucleo centrale della propria vocazione. Di fronte alla difficoltà oggettiva del loro compito, sarà per loro di grande aiuto sapere per fede che, per quanto importanti e necessari possano essere i diversi mezzi e considerazioni umane, conviene ricorrere prima di tutto ai mezzi soprannaturali.

        Devono fare in modo di avere grande rispetto e amore per ciascuno dei figli, con le sue caratteristiche particolari, e per la libertà di ognuno di loro, insegnandogli a usarla bene, con responsabilità. In questo come in tanti altri aspetti dell’educazione familiare, l’esempio della propria condotta è fondamentale e assai fecondo.

        Nel rapporto con i propri figli devono imparare a contemperare l’affetto e la fortezza, la vigilanza e la pazienza. È importante che si facciano buoni amici dei propri figli e che si guadagnino la loro fiducia, che non si può ottenere in altro modo e che risulta imprescindibile per educare. Per questo è fondamentale dedicare loro del tempo, stare insieme, divertirsi, ascoltare, interessarsi delle loro cose, eccetera.

        Devono saper correggere quando necessario, cosa che rientra nella fortezza nella carità richiesta dal loro compito: «qual è il figlio che non viene corretto dal padre[18]; lo faranno con la dovuta moderazione, tenendo presente il consiglio dell’apostolo: «Voi, padri, non esasperate i vostri figli, perché non si scoraggino»[19].

        I genitori non devono disinteressarsi della loro responsabilità educativa, lasciando l’educazione dei loro figli nelle mani di altre persone o istituzioni, anche se possono contare (e in certe occasioni, devono contare) sull’aiuto di persone e istituzioni che meritano la loro fiducia[20].

        «Primi responsabili dell'educazione dei figli, i genitori hanno il diritto di scegliere per loro una scuola rispondente alle proprie convinzioni. È, questo, un diritto fondamentale. I genitori, nei limiti del possibile, hanno il dovere di scegliere le scuole che li possano aiutare nel migliore dei modi nel loro compito di educatori cristiani (cfr. Concilio Vaticano II, Gravissimum educationis, 6). I pubblici poteri hanno il dovere di garantire tale diritto dei genitori e di assicurare le condizioni concrete per poterlo esercitare»[21].

        Del resto, è naturale che nel clima di vita e formazione cristiana di una famiglia si diano condizioni favorevoli affinché nascano vocazioni di dedicazione a Dio nella Chiesa, frutto anche di tutto quello che i genitori hanno seminato nel corso di tanti anni, con la grazia di Dio.

        Non devono mai dimenticare, e particolarmente in casi come questo, che «i vincoli familiari, sebbene importanti, non sono però assoluti. Quanto più il figlio cresce verso la propria maturità e autonomia umane e spirituali, tanto più la sua specifica vocazione, che viene da Dio, si fa chiara e forte. I genitori rispetteranno tale chiamata e favoriranno la risposta dei propri figli a seguirla. È necessario convincersi che la prima vocazione del cristiano è di seguire Gesù (cfr. Mt 16, 25): ”Chi ama il padre o la madre più di me, non è degno di me; chi ama il figlio o la figlia più di me, non è degno di me” (Mt 10, 37)»[22].

        La vocazione divina di un figlio o di una figlia è un dono che Dio fa a una famiglia. I genitori devono cercare di rispettare e sostenere il mistero della chiamata, anche se può succedere che non la capiscano del tutto o che sia difficile per loro accettarne le implicazioni che conoscono o che possono intuire. Le disposizioni adeguate di fronte alla vocazione dei figli si coltivano e si rinforzano, prima di tutto, con la preghiera. È lì che maturano la fiducia in Dio che permette di moderare la tendenza alla protezione, evitandone gli eccessi, e quegli atteggiamenti realistici di fede e di speranza che possono meglio aiutare e accompagnare i figli nel loro discernimento e nelle loro decisioni.


        4. Altri doveri del quarto comandamento

          A) Doveri nei confronti di chi governa la Chiesa. I cristiani devono avere un «autentico spirito filiale per la Chiesa»[23]. Tale spirito deve manifestarsi nei riguardi di coloro che governano la Chiesa.

          I fedeli «con cristiana obbedienza prontamente abbraccino ciò che i pastori, quali rappresentanti di Cristo, stabiliscono in nome del loro magistero e della loro autorità nella Chiesa, seguendo in ciò l'esempio di Cristo, il quale con la sua obbedienza fino alla morte ha aperto a tutti gli uomini la via beata della libertà dei figli di Dio. Né tralascino di raccomandare a Dio con le preghiere i loro superiori, affinché, dovendo questi vegliare sopra le nostre anime come persone che ne dovranno rendere conto, lo facciano con gioia e non gemendo (cfr. Eb 13, 17)»[24].

          Questo spirito filiale si dimostra mostra innanzitutto nella fedele adesione e unione con il Papa, capo visibile della Chiesa e Vicario di Cristo in terra, e con i Vescovi in comunione con la Santa Sede:«L'amore al Romano Pontefice deve essere in noi vibrante e appassionato, perché in lui vediamo Cristo. Se parliamo col Signore nella preghiera, acquisteremo uno sguardo limpido, che ci farà distinguere, anche negli avvenimenti che a volte non capiamo e che ci causano lacrime e dolore, l'azione dello Spirito Santo»[25].

          B) Doveri nei confronti delle autorità civili: «Il quarto comandamento di Dio ci prescrive anche di onorare tutti coloro che, per il nostro bene, hanno ricevuto da Dio un'autorità nella società. Mette in luce tanto i doveri di chi esercita l'autorità quanto quelli di chi ne beneficia»[26], sempre in vista del bene comune.

          Tra i doveri dei cittadini ci sono[27]:

          • rispettare le leggi giuste e compiere le legittime prescrizioni dell’autorità[28];
          • esercitare i diritti e compiere i doveri civici;
          • intervenire responsabilmente nella vita sociale e politica.

          «Il cittadino è obbligato in coscienza a non seguire le prescrizioni delle autorità civili quando tali precetti sono contrari alle esigenze dell'ordine morale, ai diritti fondamentali delle persone o agli insegnamenti del Vangelo. Il rifiuto d'obbedienza alle autorità civili, quando le loro richieste contrastano con quelle della retta coscienza, trova la sua giustificazione nella distinzione tra il servizio di Dio e il servizio della comunità politica. «Rendete [...] a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio»[29]. «Bisogna obbedire a Dio piuttosto che agli uomini (At 5, 29)»[30].

          C) Doveri delle autorità civili. Chi esercita qualche forma di autorità deve farlo come un servizio ed essendo consapevole che ogni esercizio di potere ha una dimensione morale. Nessuno può fare, ordinare o stabilire nulla che sia contrario alla dignità delle persone (a cominciare dalla propria), alla legge naturale e al bene comune[31].

          L’esercizio dell’autorità deve esprimere una giusta gerarchia di valori per facilitare l’esercizio della libertà e della responsabilità da parte di ciascuno. Chi governa deve cercare di distribuire i beni con giustizia e saggezza, tenendo conto delle necessità e del contributo di ciascuno e avendo a cuore la concordia e la pace sociale; e di fare attenzione a non adottare disposizioni che inducano alla tentazione di opporre l’interesse personale a quello della comunità[32] (cfr. Centesimus annus, 25).

          «I poteri politici sono tenuti a rispettare i diritti fondamentali della persona umana. Cercheranno di attuare con umanità la giustizia, nel rispetto del diritto di ciascuno, soprattutto delle famiglie e dei diseredati. I diritti politici connessi con la cittadinanza possono e devono essere concessi secondo le esigenze del bene comune. Non possono essere sospesi dai pubblici poteri senza un motivo legittimo e proporzionato. L'esercizio dei diritti politici è finalizzato al bene comune della nazione e della comunità umana»[33].

          Antonio Porras -Jorge Miras


          Bibliografia di base

          - Catechismo della Chiesa Cattolica, 2196-2257.

          - Compendio della dottrina sociale della Chiesa, 209-214; 221-254; 377-383; 393-411.

          - Francesco, Amoris laetitia, 19-III-2016.


            [1] Cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 2066.

            [2] Cfr. Ivi, n. 2067.

            [3] Cfr. Mt 22, 36-40; Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 2196.

            [4] Cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 2205.

            [5] Cfr. Ivi, n. 2199.

            [6] Cfr. Ivi, n. 2212.

            [7] Cfr. Ivi, n. 2207.

            [8] Cfr. Ivi, n. 2208.

            [9] Cfr. Ivi, n. 2210.

            [10] Cfr. Ef 3, 14-15.

            [11] Cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 2214.

            [12] Ivi, n. 2215.

            [13] Col 3, 20.

            [14] Cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica, nn. 2216-2217

            [15] At 5, 29.

            [16] Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 2218.

            [17] Francesco, Udienza generale, 19-IX-2018

            [18] Eb 12, 7.

            [19] Col 3, 21.

            [20] Cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica, nn. 2222-2226

            [21] Ivi, n. 2229.

            [22] Ivi, n. 2232.

            [23] Ivi, n. 2040.

            [24] Lumen gentium, 37.

            [25] La Chiesa nostra Madre, n. 30.

            [26] Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 2234.

            [27] Cfr. Ivi, nn. 2238-2243.

            [28] Cfr. 1 P 2, 13.

            [29] Mt 22, 21.

            [30] Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 2242.

            [31] Cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica, n.2235.

            [32] Cfr. Centesimus annus, 25; e cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 2236.

            [33] Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 2237.