Il periodo di Natale 2020 per i cristiani della Terra Santa

Pubblichiamo la testimonianza di un sacerdote di Beit Jala, cittadina alle porte di Betlemme, che racconta come abbiano vissuto questi giorni di Natale i cristiani in Terra Santa.

Veduta di Betlemme (Getty Images Pro).

“Qui a Betlemme stiamo vivendo un lungo Avvento, da circa un anno”. Ha esordito così “abuna” (che in arabo significa padre, don) Hanna Mass’ad, che lo scorso 21 novembre, tramite un video collegamento, ha raccontato agli amici di Saxum come vivono i cristiani di Terra Santa (in particolare quelli dei Territori Palestinesi), al tempo della pandemia.

Nato a Betlemme, abuna Hanna Mass’ad, oltre a insegnare Teologia Morale presso il Seminario, è parroco latino di Beit Jala, cittadina alle porte di Betlemme.

Qui a Betlemme stiamo vivendo un lungo Avvento, da circa un anno

“Tutto è iniziato proprio qui – racconta – in un albergo di Beit Jala, dove alcuni turisti sono stati trovati positivi al Coronavirus. Era il 5 marzo. Da allora la nostra vita è cambiata: tutto chiuso, tutti a casa, la gente in preda alla paura… È da allora che stiamo ancora aspettando la fine di tutto questo”.

Abuna Hanna spiega che tantissime famiglie sono rimaste senza lavoro perché in assenza di pellegrinaggi alberghi e negozi di souvenir sono chiusi da mesi. E il turismo religioso in questo territorio, si sa, è una delle principali fonti di sostentamento, soprattutto per le famiglie cristiane.

“È difficile trovare altre occupazioni per chi da decenni vive di turismo e per chi non può’ facilmente spostarsi da questo territorio. Almeno tre famiglie al giorno vengono qui in parrocchia a chiedere aiuto, a chiedere soldi per pagare le medicine (qui non esiste assicurazione sanitaria) e per altre spese essenziali”.

Il gruppo scout della parrocchia è il braccio destro di abuna Hanna Mass’ad: 120 membri molto attivi che si muovono per conoscere la situazione delle famiglie e per distribuire medicine e aiuti materiali. “Sono molto orgoglioso e molto contento di loro! Certo però che senza aiuti non possiamo resistere a lungo, e dobbiamo dire un enorme grazie a tutti quelli che già ci hanno aiutato”.

senza aiuti non possiamo resistere a lungo

Abuna Hanna ha raccontato che lo scorso maggio avevano lanciato un appello per le oltre 12mila famiglie degli studenti delle 38 scuole del Patriarcato Latino in Giordania e in Palestina che si trovavano in gravi difficoltà a causa della crisi economica legata alla pandemia e che non potevano pagare le rette. Occorrevano aiuti immediati per evitare che gli istituti chiudessero. Ebbene,“con gli aiuti giunti dall’estero abbiamo salvato le nostre scuole – dice – grazie soprattutto alla generosità dell’Ordine del Santo Sepolcro che ci ha aiutato moltissimo”.

Abuna Hanna ha sottolineato come la consapevolezza di tanti aiuti ricevuti abbia fatto crescere lo spirito di aiuto reciproco fra i cristiani locali e di solidarietà fra le parrocchie. E ha raccontato della colletta eccezionale raccolta nella sua parrocchia per i fratelli del Libano, dopo l’esplosione che ha devastato Beirut lo scorso agosto. “Ora noi dobbiamo pensare a loro, che in questo momento hanno più bisogno di noi”, era in quei giorni la convinzione di tutti.

Tra i risvolti positivi di questa difficile situazione abuna Hanna pensa anche alla maggiore disponibilità di tempo da dedicare ai suoi parrocchiani: “la chiusura e la cancellazione di tanti incontri e riunioni mi hanno permesso di avere più tempo per visitare le famiglie e conoscerle meglio, ad una ad una. Quando visito una famiglia parliamo molto, preghiamo insieme … ecco, credo che questo sia il lavoro più importante per noi in Palestina: aiutare queste famiglie ad essere cristiane. E la famiglia cristiana sarà la vera salvezza della Chiesa di Terra Santa”.



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