- I preparativi per il viaggio
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Domenica 11 agosto
Fin dalle prime ore della mattina di domenica 11 agosto, la scuola Intisana di Quito ha accolto persone provenienti da diverse parti dell’Ecuador. Al loro arrivo, erano attesi da un “Museo di san Josemaría”, una mostra in occasione del 50° anniversario del suo viaggio nel Paese.
Per cominciare, un gruppo di giovani ha interpretato Por tierras y mares, una canzone amata dal fondatore dell’Opus Dei. Poi sono iniziate le domande. La prima ha offerto al prelato l’opportunità di sottolineare l’importanza del rapporto personale: «L’apostolato dell’amicizia è trasmettere da persona a persona ciò che si ha nel cuore» ha detto. Riguardo alla santificazione del lavoro, ha evidenziato che l’esempio è di grande aiuto per i colleghi ed è un apostolato molto efficace.
In relazione al Congresso Eucaristico Internazionale che si svolgerà in Ecuador il mese prossimo, gli è stato chiesto come sfruttare questa occasione per crescere nell’amore verso l’Eucaristia. Mons. Ocáriz ha incoraggiato a provare grande gratitudine perché Gesù si offre come nutrimento nella Santa Messa e, ricevendolo, ci identifichiamo con Lui. Prima di continuare con altre domande, alcuni fratelli hanno cantato una canzone che faceva riferimento all’affetto di Dio che ci abbraccia dal cielo.
Andrés, pilota di professione, ha chiesto come fare a conciliare la famiglia e il lavoro. Mons. Ocáriz gli ha consigliato di mettere sempre la famiglia al primo posto nella scala delle priorità. Ha incoraggiato i coniugi a dedicare tempo a ciò che è importante, a chiedere luce al Signore per la loro relazione e a sopportare con gioia gli inevitabili disordini.
Tra i presenti c’era Ángela, che ha raccontato del lavoro della AFAC (Fondazione di Aiuto Familiare e Comunitario), che accompagna donne incinte in situazioni fragili. Ha menzionato che hanno assistito oltre trentamila persone e accolto più di cinquemila bambini da madri che avevano intenzione di abortire. Ha chiesto preghiere al prelato per poter continuare questa opera.
Successivamente, gli è stato chiesto un ricordo su san Josemaría: il prelato ha affermato che era una persona straordinaria, ma anche molto normale. La sua santità si vedeva nell’affetto che aveva per la gente e in come fosse attento agli altri. «La santità di san Josemaría si trovava nel saper coniugare il soprannaturale con l’umano».
Incontro con i giovani: trasformare la sofferenza in gioia
Nel pomeriggio, il prelato ha avuto due incontri con i giovani presso la casa di ritiro Ilaloma. Nel primo, Stephanie ha raccontato che a dieci anni si è battezzata e ha fatto la sua prima comunione. Poi gli ha chiesto come continuare a crescere nella sua vita spirituale. Mons. Ocáriz le ha suggerito di ricorrere sempre al «Pane e alla Parola; preghiera ed Eucaristia; attraverso questi mezzi Dio risponde con idee meravigliose».
Riguardo alla mancanza di tempo in un mondo così frenetico, ha detto che è importante avere un fermo proponimento: cercare il momento opportuno per ogni cosa e lottare senza scoraggiarsi quando non si ha voglia di fare ciò che è necessario. L’ordine e la flessibilità aiutano molto, ha aggiunto.
Nell’ultima sessione, Emilio ha raccontato i momenti difficili vissuti con la sua famiglia a causa di un intervento medico che lo ha tenuto in terapia intensiva. Il prelato ha spiegato che la croce di Cristo è stata redenzione per il mondo e anche ciò che soffriamo redime. Dalla sofferenza può nascere un grande bene per l’umanità. «Possiamo pensare al Signore sulla Croce che trasforma la sofferenza in gioia».
La mattina del 12 agosto, il prelato si è diretto all’aeroporto per prendere un volo verso Bogotá, in Colombia, dove farà l’ultima tappa del suo viaggio in America.
Sabato 10 agosto
Dalle nove di sabato mattina le famiglie hanno cominciato ad arrivare alla scuola Torremar di Guayaquil, dove dopo due ore si sarebbe svolto l’incontro con mons. Fernando Ocáriz. Sul palco, l’immagine della cappella della scuola attendeva il momento.
Le persone sono giunte da varie parti dell’Ecuador. Il clima, un po’ più fresco del solito, favoriva l’atmosfera gioiosa di poter trascorrere un po’ di tempo con il Padre.
Pochi minuti prima delle 11.30 l’orchestra da camera della scuola Delta ha suonato diversi brani per dare il benvenuto al prelato, tra sorrisi e applausi pieni di affetto. Al termine dell’interpretazione de "La Morenita", mons. Ocáriz ha ringraziato i giovani.
Le sue prime parole hanno fatto riferimento a un testo di san Paolo della II lettera ai Corinzi: «Dio ama chi dona con gioia». «Dio vuole che siamo felici - ha spiegato il prelato - e per esserlo dobbiamo amare gli altri e prenderci cura di loro senza aspettarci cose straordinarie. L’eroismo si trova nella generosità permanente, nella costanza quotidiana» ha detto.
Ángel, un giovane avvocato che presto si sposerà con Verónica, è stato il primo a fare una domanda: ha chiesto al prelato alcuni consigli su come costruire una famiglia felice ed essere fedeli per tutta la vita. Don Fernando ha spiegato che il matrimonio si basa su una generosa dedizione reciproca. «Con il passare degli anni, gli aspetti più romantici diminuiscono, ma rimane l’amore, il desiderio profondo del bene dell’altra persona».
Uno dei momenti più toccanti è stato quando Stephany ha raccontato come ha affrontato le difficoltà della sua vita con il primo figlio prematuro e il secondo figlio con la sindrome di Down; dopo dieci anni di preghiere alla Madonna e a san Josemaría per il suo matrimonio, si sposerà in Chiesa. Di fronte a questa dimostrazione di fiducia in Dio, il prelato ha incoraggiato tutti a fare come gli apostoli che chiedevano a Gesù di aumentare la loro fede: «Dal male naturale traete il bene spirituale», ha detto.
Ha anche parlato della dedizione ai figli come di un dovere primario e di una fonte di crescita personale che allarga il cuore. «Il tesoro più grande che i genitori hanno sono i loro figli. L’opportunità di edificare le anime di uomini e di donne». «La vita ordinaria -ha aggiunto - è ciò che Dio ha messo nelle nostre mani per fare del bene in famiglia, nel lavoro, nelle amicizie, nel riposo. Tutto è motivo di amore per Dio e di servizio agli altri».
L’incontro è stato arricchito da momenti artistici. Una coppia di studenti delle scuole Jacarandá e Montepiedra si è esibita in una dimostrazione di “amorfinos” - tradizionali poesie d’amore - e di danze tipiche della costa ecuadoriana. Inoltre, hanno portato un cappello di Montubio come regalo per il Padre. Due artisti hanno anche dipinto una tela dal vivo “catturando” l’incontro con tavolozze e colori, mentre un gruppo di insegnanti della scuola ospitante ha cantato altre canzoni.
Al termine, più di 2.000 persone hanno pregato l’Angelus con il prelato e hanno ricevuto la sua benedizione.
Nel pomeriggio don Fernando ha trascorso un po’ di tempo con le famiglie e gli amici nella chiesa rettorale di san Josemaría Escrivá. Nelle conversazioni, hanno menzionato il lavoro sociale svolto in aree vulnerabili. Il prelato li ha invitati a smuovere i cuori delle persone che vanno lì ad aiutare e a portare gioia a coloro che ne hanno più bisogno. «Come dice il Signore, quello che fate a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, lo fate a me», ha concluso.
Venerdì 9 agosto
Durante la mattina e il pomeriggio di venerdì, il prelato dell’Opus Dei ha salutato diverse famiglie che lo attendevano nella casa di ritiro Ilaloma.
Nonni, genitori, figli e nipoti hanno partecipato alla conversazione con il prelato per raccontargli della loro vita e delle loro famiglie. Due delle persone presenti avevano salutato san Josemaría all’aeroporto di Quito nel 1974, dalle spalle del padre, quando erano solo delle bambine.
Dopo uno degli incontri, María José, con la figlia Florencia in braccio, ha commentato che «nonostante il prelato dovesse salutare molti, il suo gesto era come quello di un padre che conosce e apprezza ciascuno dei suoi figli, con la naturalezza e la fiducia che derivano solo da un rapporto autentico e affettuoso», dato che in famiglia c’erano 11 fratelli e 18 nipoti.
Alla fine del pomeriggio, mons. Ocáriz ha avuto un incontro con circa 40 sacerdoti diocesani e alcuni seminaristi.
«Noi sacerdoti non trasmettiamo solo idee o dottrine, ma Gesù Cristo». Il prelato ha sottolineato l’importanza dell’Eucaristia come centro e radice della vita interiore: «ogni persona vale tutto il Sangue di Cristo, un’anima vale tutti i nostri sforzi», ha spiegato.
Don Eduardo vive a Lita, nel nord del Paese, dove la popolazione indigena Awa è in maggioranza. Ha raccontato come, dal 2020, su una popolazione di 5.000 persone, ne sono state battezzate 600 ed è stato formalizzato un numero significativo di matrimoni. È stata un’occasione per guardare con ottimismo e speranza questo servizio alle anime.
Al termine, il prelato ha incoraggiato tutti a essere strumenti di unità, a promuovere la fraternità sacerdotale e a essere uniti nella preghiera per papa Francesco.
Giovedì 8 agosto
Verso mezzogiorno di giovedì 8 agosto, mons. Fernando Ocáriz è arrivato in Ecuador. Tre famiglie lo aspettavano all’aeroporto di Quito con fiori, biglietti scritti dai bambini e un paio di cartelloni.
Irene, presente con il marito Alfredo e i loro tre figli, è venezuelana e ha colto l’occasione per ringraziarlo delle sue preghiere per la pace nel suo Paese.
Uno dei cartelloni di benvenuto conteneva un messaggio con una formula che alludeva agli studi di fisica del Padre P=mxg («Padre, grazie di cuore per: aver pregato per noi, per la sua gioia, per esserci venuto a trovare, per averci amato»).
Nel pomeriggio ha partecipato a un incontro nel centro Solana. C’è stato tempo per conversare, cantare e presentare una danza tipica degli altopiani ecuadoriani. Non si sono fatte attendere le espressioni di gratitudine per la sua vicinanza, alle quali ha risposto: «il grazie, a Dio».
Prima che finisse la giornata ha salutato alcune famiglie. In uno di questi colloqui, Mauricio ha mostrato al prelato una foto che suo padre, Simon, aveva scattato con san Josemaría a Quito. Ora, esattamente 50 anni dopo, Mauricio ha voluto “ripetere” quella stessa foto con lui.
La sera, durante un breve incontro a Ilaloma, diversi partecipanti hanno raccontato al Padre delle cure che cercano di offrire alle persone anziane con cui vivono, alcune delle quali sono un po' malate e limitate. Il prelato li ha ringraziati per questi sforzi e li ha invitati a continuare a prendersi cura di chi ne ha più bisogno.
I preparativi per il viaggio
San Josemaría arrivò in Ecuador il 1° agosto 1974, portando un messaggio. Da quel viaggio è iniziato il cammino di tanti uomini e donne ecuadoriani che, attraverso il loro lavoro, hanno dato vita a quel messaggio, portandolo in diverse parti del Paese, con il desiderio di migliorare la società in cui vivono.