Tema 9. L’uomo creato da Dio come maschio e femmina

L’essere umano è persona in quanto è un essere umano. L’uguaglianza delle persone si deve esprimere nel rispetto per tutti, per i singoli e per le diverse forme di collettività. La discriminazione, il razzismo o la xenofobia sono ingiusti. Il matrimonio è “coniugalità”, comporta un vincolo di “co-possesso”. La Chiesa vuole che si accolgano con rispetto, compassione e delicatezza le persone che presentano tendenze omosessuali.

Solo Dio è pienezza; solo Lui è per se stesso. Tutti gli esseri creati danno gloria a Dio con la loro esistenza e lo rispecchiano nell’armonia e nella bellezza del loro insieme. Danno gloria a Dio il monte Kilimangiaro e le steppe della Siberia, il Rio delle Amazzoni e l’Oceano Indiano, le barriere coralline dell’Australia e l’immensità del cosmo. In più, gli esseri viventi danno gloria a Dio per il fatto stesso di vivere: il loro movimento, il loro sviluppo, la loro inclinazione necessaria verso la perfezione che compete loro, dalle forme più semplici di vita fino alle più complesse.

L’essere umano non è semplicemente uno dei tanti nella scala della creazione: «Di tutte le creature visibili, soltanto l’uomo è “capace di conoscere e di amare il proprio Creatore” (Gaudium et spes, 12, 3); “è la sola creatura che Dio abbia voluto per se stessa” (Gaudium et spes, 24, 3)»[1]. Questa differenza che determina il poter essere origine dei nostri atti è una differenza radicale: essenziale e non solo di grado.

La struttura dell’essere umano presuppone una composizione di materia e spirito che modella uno stesso e unico soggetto. In tal modo l’essere umano non è una «giustapposizione di due elementi contrapposti», ma l’unione di due co-principi in una sola sostanza, di modo che «il corpo dell’uomo partecipa alla dignità di “immagine di Dio”: è corpo umano proprio perché è animato dall’anima spirituale, ed è la persona umana tutta intera ad essere destinata a diventare, nel Corpo di Cristo, il tempio dello Spirito (cfr. 1 Cor 6, 19-20; 15, 44-45)»[2].

Questa realtà ontologica - della nostra natura - rende possibile la capacità dell’essere umano di conoscere e amare: per questo possiamo governare il cosmo, avere coscienza di noi stessi, renderci conto che anche gli altri sono un “io” unico, scoprire e trattare Dio e amarlo scegliendolo come fine e orientando la nostra vita per dargli gloria compiendo la sua Volontà.

Così, dunque, «Dio ha creato tutto per l’uomo (cfr. Gaudium et spes, 12, 1; 24, 3; 39, 1), ma l’uomo è stato creato per servire e amare Dio e per offrirgli tutta la creazione»[3]. Riassumendo, l’uomo fu creato da Dio come corpo e spirito affinché gli dia gloria ordinando a Lui, con il suo amore, tutte le realtà materiali e spirituali.


1. Dignità umana, razzismo, xenofobia e discriminazione

«Essendo ad immagine di Dio, l’individuo umano ha la dignità di persona; non è soltanto qualche cosa, ma qualcuno»[4]. Per questo la relazione dell’essere umano con l’universo, con le altre persone e con Dio è del tutto particolare, diversa da quella di tutte le altre creature visibili: con la singolarità di un soggetto che è unico e capace di amare liberamente. In tal modo si comprende che solo il fine per il quale è stato creato - l’amore a Dio e agli altri - dà ragione della grandezza del suo essere e costituisce «la ragione fondamentale della sua dignità»[5].

A sua volta questa dignità intrinseca della persona umana è il fondamento sul quale poggia la radicale uguaglianza di tutti: nel loro essere proprio e nella loro libertà di operare. «Il rispetto della persona umana implica il rispetto dei diritti che scaturiscono dalla sua dignità di creatura»[6].

La qualità di persona, di essere qualcuno, è comune a ogni essere umano; come è comune la sua origine, il suo fine e i mezzi di cui dispone per raggiungerlo. Invece, le qualità individuali o sociali di ciascuno, la sua cultura, la sua età, la sua salute, ecc., non possono far cambiare né la sua qualità di persona né la dignità che presuppone: l’essere embrione umano, bambino, giovane o adulto; avere più o meno educazione, ricchezze, un determinato status sociale; godere di salute o essere malato; vivere in un luogo o in un altro o in un’epoca storica o in un’altra..., ognuna di queste circostanze si può riscontrare nel soggetto, ma non cambia in nulla la sua condizione di essere personale[7]. L’essere umano è persona per il fatto di essere umano.

Inoltre l’essere umano è un soggetto essenzialmente relazionale, perché tutta la struttura del suo essere è stata “disegnata” per l’amore, e l’amore presuppone un’inclinazione a una relazione vincolante e positiva con Dio e con gli altri esseri personali. Questa realtà costituisce un altro fondamento dell’uguaglianza della persona, che deve esprimersi nel rispetto per i singoli e per i diversi gruppi e collettività umane.

La discriminazione, invece, è “selezionare escludendo”, o trattare in modo disuguale persone o gruppi per motivi razziali, religiosi, politici, di sesso, di età, di condizione fisica o mentale, ecc. In altre parole, si tratta di un trattamento diseguale, ingiusto, non di quello che si può definire “trattamento differenziale”[8]. Trattare in modo differente quello che in se stesso è uguale è ingiusto tanto quanto trattare in modo uguale realtà differenti. La discriminazione, nella sua accezione generale di senso negativo, non ha mai una giustificazione.

Il razzismo è l’esaltazione (idolatrica[9]) da parte di un’etnia che attribuisce a una razza specifica alcune qualità superiori e diritti esclusivi e considera le altre razze essenzialmente inferiori, meno degne ed escluse da determinati diritti. Può presentarsi anche solo come negazione: vale a dire, l’esclusione del rispetto e dei diritti dovuti a ogni persona e a ogni gruppo di persone (per esempio, l’antisemitismo, il disprezzo degli zingari… in base alla considerazione che le altre razze sono inferiori).

La xenofobia consiste nell’«odio, nella ripugnanza o nell’ostilità verso gli stranieri». Si tratta anche di una selezione negativa ed escludente (del riconoscimento della dignità e dei diritti fondamentali). È particolarmente grave quando è rivolta ai più deboli, per esempio agli immigrati o ai rifugiati.

Sono discriminazioni ingiuste anche tutte quelle che eliminano o limitano il rispetto della vita: per esempio, arrogandosi il diritto di decidere quale vita vale la pena promuovere e quale no, o di aggiungere altri requisiti oltre al fatto stesso di essere persona (rendendo rilevanti nelle valutazioni la disabilità fisica o psichica, l'età o le condizioni di salute, ecc.). Ugualmente ingiuste sono le discriminazioni che impongono doveri o diminuiscono diritti a motivo di una qualunque differenza accidentale: «Ogni genere di discriminazione nei diritti fondamentali della persona, sia in campo sociale che culturale, in ragione del sesso, della stirpe, del colore, della condizione sociale, della lingua o religione, deve essere superato ed eliminato, come contrario al disegno di Dio»[10].


2. L'uomo creato da Dio come maschio e femmina: la dimensione antropologica della sessualità

«L’uomo e la donna sono creati, cioè sono voluti da Dio: in una perfetta uguaglianza per un verso, in quanto persone umane, e, per l’altro verso, nel loro rispettivo essere di maschio e di femmina. “Essere uomo”, “essere donna” è una realtà buona e voluta da Dio [...]. L’uomo e la donna sono, con una identica dignità, “a immagine di Dio”. Nel loro “essere-uomo” ed “essere-donna” riflettono la sapienza e la bontà del Creatore»[11].

La persona ha una “dimensione sessuata”, che configura la persona nella sua interezza: la persona “è” donna o “è” uomo in tutti gli aspetti della propria vita: biologica, psichica e spirituale[12]. L’uguaglianza radicale consiste proprio nel fatto di “essere persona umana”: la differenza sta “nel modo” di essere persona umana. Donna e uomo sono “presentazioni diverse” della stessa e unica realtà personale orientata a una peculiare comunione[13].

L’affermazione della eterosessualità si fonda sull’accettazione della differenza naturale tra persona femminile e persona maschile: proclama l’uguaglianza come persone e riconosce nello stesso tempo la differenza nel modo di essere persona. Sostiene inoltre che questa base di uguaglianza e di differenza rende possibile una specifica relazione intersoggettiva, nella quale ognuna di esse apporta e riceve: nasce da qui un arricchimento complementare e la possibilità di costituirsi in principio comune di generazione. L’inclinazione naturale reciproca tra uomo e donna, dal momento che si tratta di persone umane, conduce a un tipo di amore specifico, l’amore coniugale, che comporta il dono e l’accettazione di ognuno proprio in ciò che li differenzia. Il matrimonio non è un genere di coabitazione sessuale legittima, bensì “coniugalità”[14], ovvero un vincolo di “co-possesso” dell’altro da parte di ciascuno in relazione a ciò che è come uomo e come donna, come sposo e come sposa, come padre e come madre potenziali. Questa unione, esclusiva e permanente, è esibita a sua volta dalla dignità dei figli che potranno venire e dalla loro cura ed educazione.

Ovviamente trattare in modo disuguale la donna o l’uomo, in quanto donna o in quanto uomo, è contrario alla dignità della persona. La differenziazione positiva della donna (o, in certi casi, dell’uomo) può essere lecita e legittima in situazioni specifiche, qualora si tratti di porre rimedio a ingiuste disuguaglianze che possono darsi a volte nella società. È lecita proprio perché si cerca di riequilibrare uno squilibrio precedente che era ingiusto.

Gli studi intorno alle differenze di genere e al modo di gestirle hanno fatto passi avanti in quantità e in qualità e hanno offerto contributi importanti. Tuttavia, alcune formulazioni teoriche derivate da teorie di genere portano a una rottura radicale tra la realtà della natura e la condotta in relazione alla differenziazione sessuale. Si sostiene che il sesso, in quanto tale, non esiste, e che si tratta piuttosto di una creazione culturale. È chiaro che da questa prospettiva non è più necessario preoccuparsi dell’eguaglianza tra donna e uomo, in quanto la differenza [il sesso] non esiste come tale: esistono semplicemente delle caratteristiche biologiche, ma queste rientrano nella neutralità naturale del corpo umano e debbono essere messe al servizio della libertà di ciascuno: tutto il resto sarebbe discriminazione e artificio. Per questo, si sostiene che la prima alienazione sul piano personale consiste nell’accettare la “differenza reale” della donna e dell’uomo, dalla quale derivano come conseguenze necessarie l’imposizione del matrimonio eterosessuale e della famiglia monogamica. Quando si abolisce quest’alienazione, vengono meno anche il nesso tra l’unione tra uomo e donna e la procreazione, la stessa maternità (che danneggia la donna) e le relazioni che provengono dall’origine, cioè le parentele.

Secondo questa concezione, il corpo è a disposizione completa dell’individuo, secondo i propri desideri, ed è modificabile in qualsiasi momento. Io sono quello che decido di essere in base al mio desiderio: non vi sono altre variabili da tenere in conto. Posso avere un corpo con caratteri maschili e sentirmi donna, omosessuale o bisessuale; posso anche essere transessuale, e quant’altro. Tutte le possibilità della propria volontà sono disponibili ed ugualmente legittime dato che non esiste una realtà oggettiva che le limiti. Questa impostazione è in contrasto con gli insegnamenti della Chiesa sulla struttura stessa dell’essere umano: l’unità di materia e spirito, il senso della corporeità sessuata, la complementarietà di donna e uomo, la libertà, l’impegno, l’amore coniugale, la realtà dell’unione matrimoniale e della famiglia, ecc.[15].

Per ciò che riguarda l’omosessualità (maschile o femminile), essa è un’attrazione, esclusiva o predominante, verso persone dello stesso sesso. Può essere frutto di molte variabili, tra le quali le caratteristiche psicologiche della persona e la sua biografia[16]. «La Tradizione [della Chiesa] ha dichiarato sempre che “gli atti omosessuali sono intrinsecamente disordinati” (CDF, Persona humana, n. 8). Chiudono l’atto sessuale al dono della vita».

«Un numero non trascurabile di uomini e di donne presenta tendenze omosessuali innate. Costoro non scelgono la loro condizione omosessuale; essa costituisce per la maggior parte di loro una prova. Perciò devono essere accolti con rispetto, compassione, delicatezza. A loro riguardo si eviterà ogni marchio di ingiusta discriminazione. Tali persone sono chiamate a realizzare la volontà di Dio nella loro vita, e, se sono cristiane, a unire al sacrificio della croce del Signore le difficoltà che possono incontrare in conseguenza della loro condizione»[17].

L’esortazione apostolica Amoris laetitia sottolinea l’amore incondizionato di Cristo verso tutte le persone senza eccezione, e ribadisce che «ogni persona, indipendentemente dal proprio orientamento sessuale, va rispettata nella sua dignità e accolta con rispetto, con la cura di evitare “ogni marchio di ingiusta discriminazione” (Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 2358; Relazione finale, 2015, 76) e particolarmente ogni forma di aggressione e violenza»[18]. Restano chiari pertanto tre principii: non si giudica l’orientamento sessuale di nessuno, né si incolpa nessuno; si ricorda il disordine oggettivo degli atti omosessuali (comportamenti, non inclinazioni); e si chiede, anche alle famiglie, di «assicurare un rispettoso accompagnamento, affinché coloro che manifestano la tendenza omosessuale possano avere gli aiuti necessari per comprendere e realizzare pienamente la volontà di Dio nella loro vita»[19].

Inoltre, la Chiesa ricorda che «le persone omosessuali sono chiamate alla castità. Attraverso le virtù della padronanza di sé, educatrici della libertà interiore, mediante il sostegno, talvolta, di un’amicizia disinteressata, con la preghiera e la grazia sacramentale, possono e devono, gradatamente e risolutamente, avvicinarsi alla perfezione cristiana»[20]. In altre parole, riguarda anche loro la chiamata alla castità alla quali siamo invitati tutti noi cristiani.

Riguardo alla pretesa equiparazione di queste unioni con il matrimonio, la dottrina della Chiesa ricorda che «non esiste fondamento alcuno per assimilare o stabilire analogie, neppure remote, tra le unioni omosessuali e il disegno di Dio sul matrimonio e la famiglia»[21]. Non si tratta di una proibizione della Chiesa o della imposizione di una misura di castigo; si tratta di fare notare che queste unioni non si possono equiparare all’unione coniugale né è giusto attribuirgli gli stessi effetti: in questo caso, infatti, non esiste la coniugalità (che presuppone la relazione differenziale dei sessi) né quelli che convivono possono essere principio comune di generazione.

Juan Ignacio Bañares


Bibliografia di base

- Catechismo della Chiesa Cattolica, nn. 356-373; 1930; 2113; 2357-2359.


[1] Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 356.

[2] Ivi, n. 364.

[3] Ivi, n. 358. Il testo di questo punto del Catechismo continua con questa efficace citazione di san Giovanni Crisostomo: «Qual è dunque l’essere che deve venire all’esistenza circondato da una tale considerazione? È l’uomo, grande e meravigliosa figura vivente, più prezioso agli occhi di Dio dell’intera creazione: è l’uomo, è per lui che esistono il cielo e la terra e il mare e la totalità della creazione, ed è alla sua salvezza che Dio ha dato tanta importanza da non risparmiare, per lui, neppure il suo Figlio Unigenito» (San Giovanni Crisostomo, Sermones in Genesim, 2, 1: PG 54, 587D - 588ª).

[4] Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 357.

[5] Ivi, n. 356.

[6] Ivi, n. 1930. «Questi diritti sono anteriori alla società e ad essa si impongono. Essi sono il fondamento della legittimità morale di ogni autorità: una società che li irrida o rifiuti di riconoscerli nella propria legislazione positiva, mina la propria legittimità morale (Pacem in Terris, n. 65)» (Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 1930.

[7] «Meravigliosa visione che ci fa contemplare il genere umano nell’unità della sua origine in Dio [...]; nell’unità della sua natura, composta ugualmente presso tutti di un corpo materiale e di un’anima spirituale; nell’unità del suo fine immediato e della sua missione nel mondo; nell’unità del suo “habitat”: la terra, dei cui beni tutti gli uomini, per diritto naturale, possono usare per sostentare e sviluppare la vita; nell’unità del suo fine soprannaturale: Dio stesso, al quale tutti devono tendere; nell’unità dei mezzi per raggiungere tale fine; [...] nell’unità del suo riscatto operato per tutti da Cristo (Pio XII, Summi Pontificatus, n. 3; cfr. Concilio Vaticano II, Nostra Aetate, n. 1)» (Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 360).

[8] È lecito invece considerare in modo differente quello che è diverso; in tal senso si può parlare di un “trattamento differenziale positivo” quando il bene comune esige o consiglia di proteggere o favorire in modo particolare un determinato gruppo a motivo della propria debolezza (età, salute...), per delle necessità particolari (immigranti, ecc.) o per il bene che rappresenta una determinata istituzione per lo stesso bene comune (per esempio, nel matrimonio e nella famiglia, deduzioni fiscali, congedo di maternità, ecc.). Nell’ambito giuridico questo particolare tipo di protezione è denominato “favor iuris”: il favore del diritto; non solo non è ingiusto, ma risponde alla giustizia, che ordina di “dare a ciascuno il suo” e pertanto deve stare attenta alle differenze delle relazioni intersoggettive che si danno nella società.

[9] “L’idolatria non concerne soltanto i falsi culti del paganesimo. Rimane una costante tentazione della fede. Consiste nel divinizzare ciò che non è Dio. C’è idolatria quando l’uomo onora e riverisce una creatura al posto di Dio, si tratti degli dei o dei demoni (per esempio il satanismo), del potere, del piacere, della razza, degli antenati, dello Stato, del denaro, ecc.” (Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 2113).

[10] Gaudium et spes, n. 29, 2. Nello stesso tempo dobbiamo accettare - ed amare - l’altro con le sue diversità e con la sua libertà. E dobbiamo amarlo così, anche quando ha opinioni o pareri opposti ai nostri, anche quando è in errore, anche quando si comporta male: se non c’è un danno agli altri, si può avvertire l’altro del male che fa, ma non si può imporre il bene che dovrebbe fare. Questa tolleranza non è relativismo, non significa ammettere che ogni giudizio o condotta ha lo stesso valore perché non esiste la verità né il bene. Al contrario, questa tolleranza è fondata sul rispetto per la libertà di ognuno (e delle collettività) e richiede nello stesso tempo l’impegno nel diffondere la verità e il bene. Manteniamo i nostri giudizi intorno alle azioni, ma rispettiamo la libertà della persona.

[11] Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 369. «Dio non è a immagine dell’uomo. Egli non è né uomo né donna. Dio è puro spirito, e in lui, perciò, non c’è spazio per le differenze di sesso. Ma le “perfezioni” dell’uomo e della donna riflettono qualche cosa dell’infinita perfezione di Dio: quelle di una madre (cfr. Is 49, 14-15; 66, 13; Sal 131, 2-3) e quelle di un padre e di uno sposo (cfr. Os 11, 1-4; Ger 3, 4-19» (Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 370).

[12] Il sesso, nella persona umana, non consiste solo nella capacità di generare, né è solo un impulso programmato e necessario per la riproduzione della specie, come negli altri esseri viventi.

[13] «Il corpo, che esprime la femminilità “per” la mascolinità e viceversa la mascolinità “per” la femminilità, manifesta la reciprocità e la comunione delle persone». San Giovanni Paolo II, Udienza generale 09.I.1980, n. 4. 

[14] La parola “coniugalità” proviene dal latino, dal verbo “coniugare”, che significa “unire”.

[15] Alcuni di questi aspetti sono presenti nell'esperienza universale dell’umanità e non sono esclusivi della concezione della Chiesa.

[16] «Si manifesta in forme molto varie lungo i secoli e nelle differenti culture. La sua genesi psichica rimane in gran parte inspiegabile» (Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 2357).

[17] Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 2358.

[18] Amoris laetitia, n. 250.

[19] Cfr. Ivi, n. 250.

[20] Catechismo della Chiesa Cattolica, 2359.

[21] Amoris laetitia, n. 251.