Tema 18. Dottrina Sociale della Chiesa

La buona novella della salvezza esige la presenza della Chiesa nel mondo. Il Vangelo costituisce di fatto un annuncio di trasformazione del mondo in accordo con il disegno di Dio. La dottrina sociale della Chiesa fa parte della teologia morale sociale che deriva da una concezione cristiana dell’uomo e della vita politica. La morale sociale della Chiesa insegna che esiste un primato dei beni spirituali e morali sui beni materiali.

1. L’origine della Dottrina Sociale della Chiesa.

Gesù Cristo, Nostro Salvatore, «vuole che tutti gli uomini siano salvati e vengano alla conoscenza della verità»[1]. La Chiesa continua l’annuncio del Vangelo nel mondo, la buona novella della salvezza annunciata da Gesù Cristo: «La Chiesa, partecipe delle gioie e delle speranze, delle angosce e delle tristezze degli uomini, è solidale con ogni uomo ed ogni donna, d'ogni luogo e d'ogni tempo, e porta loro la lieta notizia del Regno di Dio, che con Gesù Cristo è venuto e viene in mezzo a loro»[2].

La buona novella della salvezza esige la presenza della Chiesa nel mondo: essa offre i sacramenti, la predicazione della parola di Dio e numerosi insegnamenti che si riferiscono a quelle realtà sociali che hanno ripercussioni sul piano etico e antropologico. «La convivenza sociale spesso determina la qualità della vita e perciò le condizioni in cui ogni uomo e ogni donna comprendono se stessi e decidono di sé e della loro vocazione. Per questa ragione, la Chiesa non è indifferente a tutto ciò che nella società si sceglie, si produce e si vive, alla qualità morale, cioè autenticamente umana e umanizzante, della vita sociale»[3].

L’annuncio della salvezza proprio del Cristianesimo non porta a disinteressarsi del mondo e della società, come se per essere autenticamente cristiani dovessimo lasciare da parte il bene comune. «La carità non è qualcosa di astratto; vuol dire donazione reale e totale al servizio di Dio e di tutti gli uomini (…), esige che si viva la giustizia, la solidarietà, la responsabilità personale e sociale, la povertà, l’amicizia»[4].

Il Vangelo è di fatto un annuncio di trasformazione del mondo d’accordo con il disegno di Dio. Per questo, la politica, l’economia, il lavoro o la cultura non sono campi indifferenti per la dottrina cristiana, poiché influiscono in modo importante nella vita dei fedeli della Chiesa. Per esempio, un’organizzazione economica che non lasci tempo per badare ai figli o che non offra i mezzi economici necessari per portare avanti la famiglia può essere un serio ostacolo per vivere la propria vocazione matrimoniale. Quando i pastori della Chiesa si riferiscono a queste tematiche non è che vogliono proporre soluzioni tecniche, piuttosto si preoccupano dell’incidenza che esse hanno nella vita dei fedeli. Conviene ricordare per questo che «la missione propria che Cristo ha affidato alla sua Chiesa non è d'ordine politico, economico o sociale: il fine, infatti, che le ha prefisso è d'ordine religioso. Eppure proprio da questa missione religiosa scaturiscono compiti, luce e forze, che possono contribuire a costruire e a consolidare la comunità degli uomini secondo la legge divina»[5].

La dottrina sociale della Chiesa fa parte della teologia morale sociale, che scaturisce da una concezione cristiana dell’uomo e della vita politica. Questo significa che da un lato le azioni della morale personale non sono identiche a quelle studiate dalla morale sociale, giacché i princìpi, i criteri di giudizio e le direttive della dottrina sociale sono molto ampi e c’è in essi un grande pluralismo: non si danno soluzioni uniche per le questioni economiche o politiche; d’altra parte, gli insegnamenti della Chiesa non propongono soluzioni sociali a partire da problemi di etica personale.

La morale sociale della Chiesa è sempre esistita in quanto la Chiesa si è sempre interessata della società nella quale vive: «Con la sua dottrina sociale la Chiesa si fa carico del compito di annuncio che il Signore le ha affidato. Essa attualizza nelle vicende storiche il messaggio di liberazione e di redenzione di Cristo, il Vangelo del Regno. La Chiesa, annunziando il Vangelo, attesta all'uomo, in nome di Cristo, la sua dignità e la sua vocazione alla comunione delle persone; gli insegna le esigenze della giustizia e della pace, conformi alla sapienza divina»[6]. Nei primi secoli un simile interesse si concretizzava, da una parte, nel promuovere opere buone e specialmente le opere di misericordia, mentre dall’altra nella denuncia delle ingiustizie, specialmente quelle la cui soluzione non dipendeva da chi si trovava a subirle.


2. Quali sono i principi della Dottrina Sociale della Chiesa

In termini generali, la morale sociale della Chiesa insegna che esiste un primato dei beni spirituali e morali su quelli materiali. La Chiesa si preoccupa del bene integrale degli uomini, che include anche il benessere materiale, ma la sua missione è spirituale: per questo motivo, l’interesse del Magistero non si focalizza sugli strumenti dell’organizzazione della società umana, che sono in linea di massima politici o economici, quanto piuttosto sulla promozione di una morale sociale coerente col Vangelo. Spetta ai cristiani comuni creare i modi per raggiungere il bene comune a partire dal loro lavoro e dalla loro posizione nella società. Il Magistero orienta i fedeli offrendo princìpi di azione e abitualmente lascia la scelta tecnica dei mezzi alla responsabilità di quanti dirigono i vari campi dell’operare sociale.

L’annuncio della fede realizzato dal Magistero in relazione alle realtà sociali ha diversi gradi. In primo luogo, la dottrina sociale della Chiesa non si limita a offrire una comprensione delle realtà sociali (la cultura, la politica, l’economia, l’educazione, ecc.) ma cerca anche di configurarle in accordo con la verità di Dio e della sua creazione, che l’essere umano custodisce e della quale è protagonista. In secondo luogo, questi insegnamenti teorici e le loro conseguenze pratiche hanno dato luogo a princìpi morali che sono le basi dell’organizzazione sociale con valore permanente e in modo unitario: «costituiscono quella prima articolazione della verità della società, dalla quale ogni coscienza è interpellata e invitata ad interagire con ogni altra»[7]. Questi princìpi sono la dignità della persona, il bene comune, la solidarietà e la sussidiarietà.

  1. La dignità della persona nella Dottrina sociale della Chiesa

Il principio che si riferisce alla dignità della persona è al centro della dottrina sociale della Chiesa. Significa sapere e rispettare il fatto che la persona è aperta a Dio e che con la sua intelligenza e la sua volontà può raggiungere una libertà che la colloca al di sopra delle altre creature. D’altra parte non si può utilizzare la persona come un mezzo per ottenere fini sociali, per esempio abusando dei lavoratori o ingannando i cittadini. Inoltre, la dottrina sociale della Chiesa considera che ogni persona è unica e irripetibile, per cui non è possibile sopprimere alcune persone o i loro diritti fondamentali per ottenere scopi sociali, per quanto urgenti essi possano sembrare. Questo principio si sviluppa negli altri tre, che in qualche modo lo qualificano.

2. Il bene comune nella Dottrina Sociale della Chiesa

    Il bene comune è «l'insieme di quelle condizioni della vita sociale che permettono tanto ai gruppi quanto ai singoli membri di raggiungere la propria perfezione più pienamente e più speditamente»[8]. Il bene comune non si definisce come un insieme di cose che si distribuiscono fra i membri della società: si tratta piuttosto di condizioni che permettono lo sviluppo personale e delle quali nessuno può appropriarsi in modo esclusivo; sono condizioni che si ottengono con la collaborazione di tutti e dalle quali tutti traggono beneficio. Si potrebbero suggerire varie immagini per comprendere che cosa è il bene comune, la più consueta è quella di una grande orchestra nella quale la perfezione di ogni musicista contribuisce a far sì che tutta l’orchestra suoni meglio ma, allo stesso tempo, la dinamica professionale dell’orchestra porta ogni musicista a dare il meglio di sé. Il bene comune fa sì che la capacità di ogni individuo migliori e allo stesso tempo permette che il talento individuale dia frutto a beneficio di tutti. Il catechismo della Chiesa Cattolica[9] insegna che il bene comune comporta tre elementi essenziali il rispetto dei diritti fondamentali della persona umana (vita, libertà, proprietà privata, ecc.), il benessere sociale e le possibilità di sviluppo (accesso al cibo, ai vestiti, alla salute, al lavoro, all’educazione, alla cultura, ecc.) e la pace che è il risultato di un ordine sociale giusto. Benedetto XVI lo definisce in questo modo: «Accanto al bene individuale, c’è un bene che unisce il vivere sociale delle persone: il bene comune. Ė il bene di “tutti noi”, formato da individui, famiglie, e gruppi intermedi che si uniscono in comunità sociale. Non è un bene che si cerca per se stesso, ma per le persone che formano parte della comunità sociale, e che solo in essa possono ottenere realmente e in modo più efficace il destino universale dei beni. Desiderare il bene comune e sforzarsi per ottenerlo è esigenza di giustizia e di carità»[10].

    Malgrado questo bene comune non si riferisca direttamente alle cose, la Chiesa insegna anche che i beni della terra sono stati creati da Dio per tutti. «[…] arriviamo di nuovo al primo principio di tutto l'ordinamento etico-sociale, e cioè al principio dell'uso comune dei beni»[11]. La destinazione universale dei beni si raggiunge in modo più efficace quando si rispetta la proprietà privata, perché ciò che appartiene a tutti non appartiene a nessuno e si finisce per trascurarlo. Inoltre quando una persona non può possedere i propri beni, perde interesse per la propria attività e finisce per trascurare il suo lavoro, a volte anche lasciandolo, generando ogni genere di povertà.

    Ad ogni modo, la proprietà privata non è un valore assoluto, perché deve essere usata tenendo conto della responsabilità che tutti abbiamo per il bene degli altri (solidarietà) e perché in alcune occasioni eccezionali il bene comune può esigere che si concedano ai bisognosi i propri beni - una crisi umanitaria, una guerra, ecc. - e in questi casi i poveri e i più vulnerabili non possono aspettare. Ma fuori da queste circostanze eccezionali, il cammino più efficace e più umano per ottenere il destino universale dei beni è il rispetto della proprietà privata.

    3. Sussidiarietà nella Dottrina Sociale della Chiesa

      La Chiesa, definendo il principio di sussidiarietà, ricorda che «una società di ordine superiore non deve interferire nella vita interna di una società di ordine inferiore, privandola delle sue competenze, ma deve piuttosto sostenerla in caso di necessità ed aiutarla a coordinare la sua azione con quella delle altre componenti sociali, in vista del bene comune»[12].

      Il principio di sussidiarietà esige che i fedeli cristiani facciano valere i propri diritti e compiano i loro obblighi affinché le istituzioni sociali adempiano la loro funzione originaria. Ciò si concretizza, fra l’altro, nella necessità che i fedeli della Chiesa partecipino alla vita pubblica; infatti, senza questa partecipazione sarebbe molto difficile rendere evidenti le ragioni umane, e spesso anche cristiane, per le quali sono state create le istituzioni sociali, per lo meno in Occidente.

      4. Solidarietà nella Dottrina Sociale della Chiesa

        “Solidarietà” è un termine che si riferisce a un concetto del Diritto Romano. Quando un gruppo di persone che non facevano parte di un gruppo familiare desideravano mettere in piedi un’attività, era possibile stabilire un contratto “in solidum”. Attraverso questa figura giuridica, ognuno dei contraenti era obbligato, in caso di necessità, a pagare la totalità del debito che aveva contratto tutto il gruppo. In questo modo, il diritto garantiva che chi prestava denaro poteva recuperarlo da una persona o da una famiglia concreta. La solidarietà si riferisce a questo modo di comprendere la propria responsabilità verso la totalità di un gruppo, che si comprende come società civile; da qui la sua definizione come «la determinazione ferma e perseverante di impegnarsi per il bene comune: ossia per il bene di tutti e di ciascuno perché tutti siamo veramente responsabili di tutti»[13]. Grazie alla fede, il cristiano ha un motivo superiore per vivere la solidarietà, perché sa che siamo tutti figli di un unico Padre e segue l’esempio di Cristo che ha compassione di tutti.

        Un’importante manifestazione di solidarietà consiste nel compiere fino in fondo i propri doveri e obblighi. Un imprenditore, per esempio, ha come impegno solidale principale quello di creare posti di lavoro perché le persone possano onestamente e responsabilmente guadagnarsi la vita e sostenere la propria famiglia. Inoltre coloro che, come gli imprenditori, hanno una maggiore capacità di contribuire al bene comune, potranno intraprendere altri progetti di aiuto sociale; conviene però ricordare che la solidarietà non è “assistenzialismo” ma che essa deve vegliare per l’autentico sviluppo che si da soprattutto quando si permette a ogni persona di sviluppare i propri talenti a servizio degli altri. Per questo, la Chiesa insegna che «l’attività degli imprenditori effettivamente è una nobile vocazione orientata a produrre ricchezza e a migliorare il mondo per tutti»[14].

        C’è differenza tra solidarietà e giustizia. La giustizia esige di rispettare e di dare agli altri ciò che è “loro”, mentre la solidarietà porta a dare agli altri qualche cosa che è “nostro”, spinti dall’interesse che abbiamo per il bene comune degli altri, che è importante quanto il nostro. «La carità eccede la giustizia, perché amare è donare, offrire del “mio” all'altro; ma non è mai senza la giustizia, la quale induce a dare all'altro ciò che è “suo”, ciò che gli spetta in ragione del suo essere e del suo operare»[15].


        3. Modi per influire nella società

        Il primo modo con il quale si può incidere nella società con l’aiuto della Dottrina Sociale della Chiesa è diffondere questi insegnamenti. Per uno studio tematico, è importante l’uso del Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa. «Ai laici, che lavorano immersi in tutte le situazioni e in tutte le strutture proprie della vita secolare, corrisponde in modo specifico l'opera “immediata” e “diretta” di ordinare le realtà temporali secondo i princìpi dottrinali enunciati dal Magistero; allo stesso tempo, però, essi svolgono questo compito con una necessaria autonomia personale rispetto alle decisioni particolari che devono adottare nelle circostanze concrete della vita sociale, famigliare, politica, culturale e così via»[16].

        Un secondo aspetto consiste nel mettere in evidenza i modi della sua applicazione pratica. All’interno di questo secondo aspetto, che intende sottolineare l’applicazione della Dottrina Sociale della Chiesa nelle attività sociali ordinarie, gli imprenditori svolgono un ruolo fondamentale: per esempio creare posti di lavoro giustamente retribuiti è uno dei maggiori beni sociali che si possono realizzare. In ogni caso, il lavoro ben fatto e l’offerta di beni e servizi di qualità sono già un modo molto efficace di contribuire al bene comune della società stessa. Il lavoro, ogni lavoro «è testimonianza della dignità dell'uomo, del suo dominio sulla creazione; promuove lo sviluppo della sua personalità, è vincolo di unione con gli altri uomini, fonte di risorse per sostenere la propria famiglia, mezzo per contribuire al miglioramento della società in cui si vive e al progresso di tutta l'umanità»[17].

        C’è un terzo modo di influire sulla società in campo più strettamente professionale o accademico. In molte occasioni sarà necessario risolvere problemi nuovi che fino a quel momento non si erano posti. Bisogna che i fedeli cristiani esperti nei diversi campi della vita sociale (economia, politica, comunicazione, educazione, ecc.) propongano modi coerenti con la Dottrina Sociale per risolverli. I documenti del Magistero sociale hanno una visione molto ampia, rendendo possibile un grande pluralismo non solo di opinioni, ma anche di opzioni tecniche per mettere in atto percorsi di sviluppo. Nel rispetto delle diverse opinioni, è sempre possibile invitare a pensare come “fare di più per gli altri”, senza giustificarsi con i propri impegni o responsabilità.

        Cristian Mendoza


        Bibliografia di base

        - Consiglio Pontificio Giustizia e Pace

        - Compendio della Dottrina sociale della Chiesa


          [1] 1 Tim 2, 4.

          [2] Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa, n. 60.

          [3] Ivi. n. 62.

          [4] San Josemaría, Colloqui, n. 62.

          [5] Concilio Vaticano II, Gaudium et Spes, n. 42.

          [6] Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa, n. 63.

          [7] Ivi, n. 163.

          [8] Concilio Vaticano II, Gaudium et Spes, n. 26.

          [9] nn. 1907-1909.

          [10] Caritas in Veritate, n. 7.

          [11] San Giovanni Paolo II, Laborem Exercens, n. 19; Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa, nn. 171-184.

          [12] San Giovanni Paolo II, Centesimus Annus, n. 48; cfr Pio XI Quadragesimo Anno, n. 80.

          [13] San Giovanni Paolo II, Sollicitudo rei socialis, n. 38.

          [14] Francesco, Fratelli Tutti, n. 123.

          [15] Caritas in Veritate, n. 6.

          [16] In Colloqui con Monsignor Escrivà, n. 11.

          [17] San Josemaría, È Gesù che passa, n 47.