Stefano e Vincenzo, due diaconi italiani

Stefano e Vincenzo sono due fedeli dell'Opus Dei che sabato 23 novembre riceveranno l’ordinazione diaconale nella basilica di Sant’Eugenio, a Roma. In questo articolo abbiamo raccolto le loro testimonianze.

Sabato 23 novembre 20 fedeli dell’Opus Dei, provenienti da 11 paesi, riceveranno l’ordinazione diaconale nella basilica di Sant’Eugenio, a Roma. Tra questi ci sono anche Stefano e Vincenzo, che ci hanno raccontato le loro storie.

Stefano è nato a Milano nel 1976 e ha frequentato le scuole Salesiane a San Donato Milanese, dove ha sempre vissuto. Cresciuto in una famiglia cristiana, durante un’adolescenza complicata si è allontanato dalla fede, ma ha avuto modo di riavvicinarsi a Dio verso la fine del liceo grazie a un’amicizia importante con un suo compagno di classe - oggi sacerdote - e all’invito da parte di sua cugina a partecipare a un’attività estiva con l’oratorio: «Sono rimasto così colpito dall’ambiente e dal vedere ragazzi così allegri che ho pensato: “Forse la Chiesa non è così male”».

Ha cominciato a studiare Scienze Politiche all'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano e verso la fine degli anni ‘90 ha sentito parlare per la prima volta dell’Opus Dei grazie a una trasmissione televisiva. Incuriosito dalla possibilità di santificare il proprio lavoro e la vita di tutti giorni, ha iniziato ad approfondire il messaggio di san Josemaría leggendo alcuni libri tra cui “Cammino”. «Non conoscevo nessuno dell’Opera - racconta -, ma mi sono ricordato che una volta il mio parroco aveva citato san Josemaría in un’omelia. Ho deciso di andare da lui per chiedergli se conoscesse qualcuno che potesse darmi indicazioni e mi ha messo in contatto con un ragazzo della nostra parrocchia che frequentava il Centro Delta a Milano. Forse questo ragazzo era un angelo: dopo avermi accompagnato al Delta non si è mai più visto, mentre io ho cominciato a frequentare le attività che venivano proposte: gite, sport, momenti di formazione cristiana e preghiera».

A sinistra: Stefano. A destra: insieme ad alcuni giovani soprannumerari durante una gita a Civita di Bagnoregio

Era il 2000 quando ha messo piede per la prima volta in un centro dell’Opus Dei. «Dell’Opera mi ha colpito fin da subito il clima di famiglia, la facilità nel fare amicizia e l’ambiente della sala studio», racconta. «Una volta un sacerdote mi ha chiesto: “Hai mai pensato che il Signore ti potrebbe chiamare?” Alla mia risposta affermativa lui ha continuato: “Ma se il Signore ti dovesse chiamare, tu cosa faresti?”. Panico. Dopo due mesi però mi sono reso conto che era davvero la mia strada e il 14 febbraio 2001 ho chiesto l’ammissione come numerario».

Stefano: «Sentivo da tanto una disponibilità a diventare sacerdote»

Nel 2007 si è trasferito nella residenza Pontenavi di Verona, dove lavorava a tempo pieno e dove ha vissuto con don Francesco Angelicchio, il primo italiano dell’Opus Dei. «Abbiamo vissuto insieme due anni, dal 2007 al 2009. Ricordo la sua simpatia e la grande disponibilità a parlare e a stare insieme; ha vissuto tante esperienze molto diverse e diceva sempre: “Nella mia vita sacerdotale mi sono fatto tutto a tutti”, riprendendo san Paolo. In qualche modo mi ha trasmesso l’idea del sacerdote che si sa adeguare a tutte le situazioni».

Successivamente ha iniziato a lavorare a Brescia per Confcommercio, dove è rimasto fino al 2019, quando si è trasferito a Roma per studiare teologia a Cavabianca. «Avevo già la chiamata al sacerdozio nel profondo del mio cuore, sentivo da tanto un’apertura e una disponibilità». Dopo aver preso la licenza in teologia spirituale, dal 2022 ha iniziato a insegnare religione in una scuola media a Bari, per poi tornare a Roma e prepararsi al diaconato e al sacerdozio. «A parte san Josemaría e don Francesco Angelicchio, un altro sacerdote che considero un punto di riferimento è San Giovanni Bosco. Avendo studiato ai Salesiani alle elementari questo santo ha avuto un ruolo importante nella mia formazione cristiana».

Vincenzo, appassionato di Dante e istruttore di scacchi

Vincenzo, classe 1996, è nato a Roma e ha studiato filosofia presso la Pontificia Università della Santa Croce e Roma Tre. Ha una gemella, due sorelle e un fratello e attualmente si sta dedicando alla stesura della tesi dottorale. «Studio Dante, in particolare i temi dell'amore e del libero arbitrio nella Divina Commedia», racconta. «Aggiungo, anche se è una cosa recente e in un certo senso estranea ai miei studi, che possiedo la qualifica di istruttore scolastico divulgativo di scacchi. Se ci saranno le condizioni, non mi dispiacerebbe esercitare l'insegnamento anche da sacerdote».

Vincenzo durante una tertulia sulla Divina Commedia al Collegio Romano, 2023

Fin da piccolo ha respirato il clima di famiglia dell'Opus Dei tramite il modo di vivere la fede dei suoi genitori - entrambi soprannumerari -, al contempo radicale, coerente e allegro. «Più tardi ho avuto l’occasione di conoscere in maniera più consapevole l'Opus Dei al Tiber, un club giovanile di formazione cristiana a Roma».

Vincenzo: «Il Signore parla con i bambini»

Riguardo alla sua vocazione racconta: «Mia mamma ogni tanto mi ricorda come da piccolo le chiesi se da grande potevo fare il prete con i giocattoli. Se devo prestare fede ai miei ricordi, non ho dubbi sul fatto che il Signore parla con i bambini».

Nell'estate del 2012 trascorreva alcuni giorni a Montegallo (AP) per un campo di karate con il suo maestro e alcuni amici della palestra. Vincenzo ricorda che dopo una conversazione avuta con i suoi amici sui temi della fede ha avuto la netta impressione di sapere troppo poco e di non avere le risposte alle obiezioni che ponevano. «Al rientro a casa da quel campo si formò in me il desiderio di conoscere la mia Fede in profondità, in modo da essere luce anche per gli altri». “Patì sotto Ponzio Pilato?” di Messori, un libro sulla storicità dei racconti della Passione trovato nella biblioteca di casa, ha contribuito a riaccendere in lui la consapevolezza che Gesù ha realmente patito ed è risorto per noi.

Insieme alla fame di dottrina nasce in lui il desiderio di vivere intensamente la relazione con Dio e l'amicizia con Gesù e sarà provvidenziale la conoscenza con alcune persone dell'Opus Dei, laici e sacerdoti, che lo hanno aiutato a migliorare la sua vita cristiana tramite la direzione spirituale e l'amicizia. Ci vogliono pochi mesi perché la domanda sulla vocazione, che già da piccolo lo aveva accompagnato, riaffiori, questa volta più imperiosa e chiara: «Il mio dubbio fondamentale era: “sacerdote o numerario”? Presto realizzai che il Signore mi voleva sicuramente nell'Opus Dei, e così chiesi l'ammissione come numerario, mentre lasciai all'iniziativa di Dio la questione del sacerdozio. Quando, a diciotto anni diventai numerario, dopo essere stato per due anni aspirante, i direttori dell'Opus Dei mi proposero di intraprendere gli studi di filosofia e teologia con la prospettiva del sacerdozio, per me fu come quando si uniscono i puntini per formare un'immagine». Subito dopo la maturità ha iniziato gli studi ecclesiastici e una pausa di tre anni rispetto al percorso di studi teologici gli ha permesso di vivere un’esperienza breve ma significativa collaborando con la Residenza Universitaria Monterone di Napoli.

Natale di Residenza, 2022

Negli anni ha conosciuto le storie di tanti sacerdoti come don Ferdinando Rancan, veronese, primo sacerdote italiano aggregato della Società Sacerdotale della Santa Croce. «Era un sacerdote che si è dedicato con tutte le sue energie al ministero, non facendo mai mancare un sorriso a nessuno - ricorda -. Con il suo esempio ha lasciato una traccia profonda in chi lo ha conosciuto, ha portato molte anime a Dio, e ha saputo risvegliare molte vocazioni specifiche al servizio della Chiesa. Pur attraverso la mia semplice vita, anche io aspiro a questa fecondità spirituale».

Ora Stefano e Vincenzo si stanno preparando alla loro ordinazione: «Il sacerdozio è un mistero grande - riflette Vincenzo -, ma non direi che mi impaurisce. Piuttosto, mi riempie al contempo di gratitudine e di senso di responsabilità. In fin dei conti, del sacerdozio sarò indegno sempre, l'importante è fidarsi di Dio, della sua grazia».