Don Roustaveg: La sfida dei giovani di Haiti, tra corruzione, bande armate e catastrofi

Don Roustaveg è un sacerdote haitiano che ha studiato a Roma presso la Pontificia Università della Santa Croce. In questa intervista ci racconta che cosa significa essere cristiani in un paese piegato dalle catastrofi naturali, dalla corruzione e dalle bande armate, e come la Chiesa Cattolica stia affrontando queste sfide attraverso l’educazione e la formazione dei giovani.

Puoi raccontarci della tua vocazione e del tuo percorso verso il sacerdozio?

Sono nato a Mirebalais, una città nel Centro di Haiti, nel 1991. Sono il primogenito di quattro figli e i miei genitori sono molto credenti. Dopo aver completato i miei studi classici, ho deciso di diventare sacerdote grazie ad alcuni incontri di discernimento vocazionale. Durante uno di questi incontri, ascoltai un sacerdote la cui testimonianza smosse qualcosa nel mio cuore: da quel momento, nacque in me il desiderio di abbracciare la vita sacerdotale.

L’evento che consolidò questa decisione fu il terremoto di Port-au-Prince nel 2010, che causò circa duecentomila vittime. Vidi con i miei occhi il sacrificio e la dedizione dei sacerdoti che si adoperavano per soccorrere e sostenere la popolazione sofferente. Questo esempio mi spinse a voler seguire il loro stile di vita. Iniziai la mia formazione in Haiti e poi fui mandato a Roma per proseguire gli studi. Sono stato ordinato sacerdote il 6 luglio 2019.

Il terremoto di Port-au-Prince nel 2010

Di che cosa ti occupi nella tua diocesi?

Ho vari incarichi pastorali. Vivo nel seminario minore della diocesi, dove lavoro come formatore, accompagnando, durante la fase iniziale della loro formazione, i ragazzi adolescenti che sentono il desiderio di diventare sacerdoti. Sono anche coordinatore della formazione nella scuola cattolica diocesana, dove aiuto i docenti a seguire una linea di formazione chiara e precisa per i ragazzi. Inoltre, sono responsabile della strategia di comunicazione online e direttore della radio diocesana, Radio Immacolata Concezione. Infine, sono segretario generale della pastorale diocesana, e attualmente stiamo preparando l’anno di pastorale giovanile 2025-2026.

Com’è la situazione della sicurezza ad Haiti, specialmente per chi professa la fede cristiana?

Professare pubblicamente la propria fede non è pericoloso in sé ad Haiti. Il nostro è un paese a maggioranza cristiana, e questo ci permette di praticare la nostra fede liberamente. Tuttavia, la sicurezza generale è una grande preoccupazione a causa della presenza di gruppi armati. Questi gruppi rendono pericoloso persino spostarsi da un quartiere all’altro delle città, e la violenza è una minaccia costante per tutti, non solo per i cristiani.

Come influisce la violenza dei gruppi armati sull’educazione dei giovani ad Haiti?

La violenza ha un impatto devastante sull’educazione dei giovani. A causa delle continue minacce, molte scuole e chiese in alcune zone rimangono chiuse anche per un anno intero. La gente ha paura di uscire di casa e spesso esce solo per necessità urgenti. Fortunatamente, nella città dove svolgo il mio lavoro pastorale, Hinche, le scuole funzionano ancora. Tuttavia, la situazione ha causato una crisi migratoria interna senza precedenti, con molte persone che si spostano in cerca di sicurezza. Nella nostra scuola abbiamo accolto ragazzi sfollati, cercando il sostegno di organismi internazionali per garantire loro un’educazione e un accompagnamento psicologico per affrontare i traumi subiti.

Le bande armate sono composte principalmente da giovani. Perché succede questo?

Purtroppo molti giovani finiscono per entrare nelle bande armate perché sono lasciati a se stessi dai genitori, che non riescono a prendersi cura di loro o a mandarli a scuola. Senza alternative, quando incontrano politicanti corrotti che li pagano per compiere azioni criminali, non possono rifiutare. Sono spinti a usare armi per aiutare questi individui a raggiungere i loro scopi. Le bande sono finanziate da uomini ricchi che desiderano il potere, e i giovani sono solo pedine nelle loro mani. Senza rendersene conto, stanno distruggendo il loro stesso paese.

Qual è il ruolo della fede nella vita di questi giovani?

La fede può essere una grande fonte di speranza e trasformazione. Attraverso l’insegnamento del Vangelo, cerchiamo di guidare i giovani verso una vita più giusta e pacifica. Tuttavia, molte persone ad Haiti, a causa delle catastrofi naturali e della sofferenza, hanno una relazione complessa con la fede. Alcuni vedono le calamità come un castigo divino, mentre altri cercano rifugio nella fede solo temporaneamente, durante i momenti di crisi.

Come le catastrofi naturali influenzano la fede della popolazione haitiana?

Le catastrofi naturali lasciano un segno profondo nelle persone e aumentano la povertà. Dopo questi eventi le chiese si riempiono, ma spesso è un avvicinamento superficiale dettato dalla paura. Molti si chiedono perché Dio permetta queste tragedie, ma è importante ricordare che le catastrofi non avvengono solo ad Haiti. Spesso i danni potrebbero essere limitati, se ci fosse una maggiore responsabilità da parte delle autorità. Purtroppo, la corruzione gioca un ruolo significativo, con alcuni che usano queste tragedie per arricchirsi sfruttando gli aiuti internazionali.

Quali sono le principali sfide che affronti nel tuo lavoro educativo quotidiano?

Le principali sfide riguardano l’aiutare i giovani in difficoltà economiche e familiari a frequentare la scuola, specialmente quella media. Inoltre, dobbiamo supportare i giovani che sono fuggiti dalla violenza e che portano in sé traumi profondi. Un giovane cresciuto in un clima di violenza rischia di diventare violento a sua volta. Il mio compito come formatore è aiutarli a capire che possono essere i protagonisti di un cambiamento positivo, lasciando da parte la vendetta e abbracciando una mentalità più tollerante e fraterna, ispirata dal Vangelo.