Sei figli, un marito malato e l’alleanza con la Madonna

In questa testimonianza, Mariella racconta di come la fede l’abbia aiutata nell’affrontare le molte difficoltà economiche e la malattia del marito.

Mi chiamo Mariella, e questa è la mia storia di difficoltà e di salite, ma anche di fede e di speranza. Mi sono sposata nel settembre del 1981 e con mio marito abbiamo avuto 6 figli.

Nel 1984, quando nacque la mia seconda figlia, avevamo presentato entrambi domanda al Ministero della Pubblica Istruzione ed eravamo stati inseriti in una graduatoria scolastica come collaboratori. Queste domande caddero nel dimenticatoio.

Ho conosciuto l’Opus Dei nel 1992, anno della beatificazione di san Josemaría, grazie a una mia vicina di casa cooperatrice, che venne a trovarmi un pomeriggio, in compagnia di una soprannumeraria che ci parlò delle scuole FAES e dei club per famiglie.

Io e la mia amica siamo state ben contente di iscrivere i nostri figli alle scuole FAES. Nel 1993 le nostre due bambine nacquero a distanza di poche settimane, e durante la gravidanza entrambe iniziammo a frequentare i mezzi di formazione cristiana proposti dall’Opera. Qualche tempo dopo chiedemmo l’ammissione come soprannumerarie.

Mio marito lavorava sulle navi come economo di bordo: per questo motivo si assentava molto da casa. Si occupava dei bilanci e si è trovato più volte nella spiacevole situazione di scoprire alcune irregolarità nei conti, e di ricevere la proposta di un compromesso illecito per lasciare correre o rimediare in qualche modo scorretto. A causa di queste situazioni iniziò a soffrire di insonnia, e finì per ammalarsi di una forte depressione.

L’alleanza con la Madonna

Nel frattempo io iniziai a lavorare in un asilo nido come dipendente, e successivamente entrai in società con la titolare della struttura. Aprimmo un secondo plesso, separando la scuola materna dal nido di cui mi occupavo io. Dopo un paio di anni, alla scadenza del canone d’affitto, la proprietaria non volle rinnovare il contratto, e così ci trasferimmo in tutt’altra zona della città: fu un fallimento.

Mi ritrovai senza lavoro, mio marito era malato ed eravamo in attesa del nostro quinto figlio.

Ho sempre avuto come alleata la Madonna. La notte, nel silenzio, le parlavo come si parla a una mamma, dicendole che i miei figli, prima di essere i miei, erano i suoi. Ogni mattina sentivo la sua presenza venirmi in aiuto in tutte le necessità. Anche mio papà era molto devoto a Maria. Questa devozione alla Madonna l’ho vissuta fin da piccola, quando frequentavo l’oratorio di Maria Ausiliatrice, a cui ho donato il mio bouquet il giorno del mio matrimonio.

Ritornava sempre più distrutto

Nel 2000 – mio marito lavorava ancora sulle navi, e io ero nuovamente in dolce attesa – lo raggiunsi con tutti i figli a Civitavecchia, e poi ci recammo a Roma per il Giubileo. Davanti alla Basilica di San Pietro, con tutta la famiglia riunita, abbiamo preso la decisione che se fosse nata una femminuccia si sarebbe chiamata Anastasia. E così fu.

Anastasia aveva alcuni mesi di vita e mio marito continuava a stare male: erano più i giorni di malattia che quelli di lavoro. Lo stipendio mensile diminuiva sempre più, e riuscivamo a stento a comprare il necessario. Quando si riprendeva, mio marito tornava ad imbarcarsi, ma ritornava sempre più distrutto. Quando era via, io concentravo tutte le mie energie sui figli, tenevo impegnati i piccoli con tanti giochi mentre non perdevo di vista i più grandi che studiavano con qualche compagno nell’altra cameretta, poi insieme facevamo merenda. Nella seconda parte del pomeriggio scendevamo in parrocchia e, dopo la Messa, i bambini giocavano nel cortiletto.

Subito dopo cena mettevo a letto i bambini, iniziavo a riordinare tutto e preparavo gli zainetti con la merenda per il giorno dopo aspettando la telefonata di mio marito sul telefono fisso. Ero sfinita, ma dovevo sostenerlo, e lo incoraggiavo dicendogli che sicuramente il Signore ci avrebbe aiutato a venir fuori da questa brutta situazione. Attingevo forza dall’orazione e dall’Eucaristia, ma molto spesso saltavo la cena e le forze fisiche venivano meno.

La speranza in un telegramma

Agli inizi di febbraio del 2005 arrivò un telegramma che annunciava un colloquio per una supplenza temporanea: il 14 febbraio iniziai a lavorare come assistente alla scuola dell’infanzia. Ho dovuto riorganizzare tutti i figli, farmi aiutare dai più grandi per far coincidere l’orario di entrata e uscita dall’asilo dei più piccoli, ma si è accesa una speranza.

Entrando a far parte del mondo scolastico, mi resi conto che, se avessimo aggiornato la nostra posizione in graduatoria, saremmo potuti essere stati assunti di ruolo già da tempo: mi documentai su quale fosse la posizione di mio marito, che purtroppo continuava a stare sempre peggio. Quando abbiamo capito che nelle successive convocazioni avrebbe potuto rientrare anche lui, presentò richiesta di aspettativa per motivi familiari. L’azienda la concesse, e mio marito fu assunto per il suo primo incarico il 9 gennaio 2006, giorno del compleanno di san Josemaría. Successivamente diede le dimissioni dal precedente lavoro, ed entrambi abbiamo lavorato con incarichi a tempo determinato.

Abbiamo dovuto rinunciare a tante cose e ancora oggi le difficoltà non mancano, ma la grazia di Dio ci ha sempre sostenuti, e la mia fede si è irrobustita.