Sono passati duemila anni dai tempi della Santa Famiglia di Nazareth, e quel modello di vita non si è ancora estinto, anche se ci sono stati dei grandi cambiamenti di epoca in epoca.
Provo a immaginare come saranno le famiglie cristiane tra cento anni, e quindi anche l’Opus Dei, anche se è bene iniziare con un proverbio della tradizione romanesca che dice: “tra un anno? Beato chi c’ha n’occhio”, parafrasando quindi le parole del Signore “a ciascun giorno basta la sua pena”. Le mie non sono certo previsioni, ma idee su quello che potrebbe essere il futuro della piccola famiglia spirituale dell’Opus Dei e delle famiglie cristiane in generale.
Meno figli e più anziani
Penso che tra cento anni in Italia le persone dell’Opus Dei e in generale i cattolici non saranno tantissimi: dai pochi rimasti inizierà a ripartire tutto, con la consapevolezza che la Chiesa non morirà mai e perciò nemmeno l’Opus Dei.
Sicuramente un primo drammatico cambiamento sarà dettato dalla denatalità, che in Italia oggi significa circa 50.000 bambini in meno ogni anno, tanti quanti gli abitanti della città di Modena. Anche auspicando un grande sforzo politico per incentivare le nascite, credo che tramonteranno quasi del tutto le famiglie numerose, che da sempre sono un tesoro per la società e per la Chiesa: immagino che la grande maggioranza delle famiglie saranno composte da un figlio per coppia, anche negli ambienti che oggi ci sembrano ancora più propensi ad avere più figli.
Saranno sempre più diffusi e accessibili metodi di fecondazione artificiale che non hanno alcun rispetto della natura umana e della dignità delle persone, e ci saranno sempre più persone nate con questi metodi, che ci interrogheranno direttamente con la loro esistenza.
Tutto ci porta a pensare che gli anziani non vivranno più in famiglia, bensì in comodi ricoveri anche prima di aver raggiunto un’età avanzata.
I fedeli dell’Opus Dei, che sono cristiani normali in mezzo al mondo, inevitabilmente risentiranno del cambiamento.
Far fiorire la vita digitale
Anche se le opportunità e le facilitazioni dell’avvento di internet e dei social sono innumerevoli, non si può negare che il grande sviluppo tecnologico abbia amplificato la diffusione della solitudine e contribuito a favorire l’isolamento relazionale. Secondo me questo ha avuto delle ripercussioni sulla qualità dell’amicizia e della confidenza, che sono cardine e cuore dell’apostolato nell’Opus Dei.
Non è detto che questa nuova forma di second life sia meno efficace della precedente affinché nascano dei rapporti di amicizia autentici: dovremmo avere più tempo, perché la tecnologia ci ha semplificato la vita, ma stiamo meglio e molto più comodi sdraiati sul divano a mandare messaggi piuttosto che fare una telefonata per organizzare un giro nel quartiere o un picnic in un bel parco.
Nei decenni passati del secolo scorso chi aveva raccolto l’invito di san Josemaria a incendiare “tutti i cammini della terra con il fuoco di Cristo” era, secondo me, più coinvolto emotivamente, perché ci metteva la faccia, e ciò ripagava in termini di soddisfazione all’interno di un rapporto immediato vissuto sulla propria pelle, anche solo attraverso una semplice passeggiata o un invito a cena.
Oggi, invece, gli inviti a casa latitano drammaticamente e anche le uscite sono complicate da organizzare perché buona parte degli amici sono separati o hanno uno stile di vita molto diverso dal nostro.
Un grande male del prossimo futuro: la solitudine
La mia sensazione è che le iniziative apostoliche fioriranno specialmente per lenire una delle più grandi ferite della società dei prossimi decenni: la solitudine. L’impegno di evangelizzazione sempre più raramente coinvolgerà gruppi (persone che lavorano in un certo ambiente professionale o che frequentano gli stessi luoghi) o intere famiglie, ma le singole persone.
Mi immagino che entro pochi anni gli animali domestici, a causa di questa dilagante solitudine, verranno trattati dai loro padroni con la stessa dignità con cui si trattano i figli consanguinei, come i gatti degli Aristogatti, ma in modo più diffuso. Ci si vedrà al parco con il proprio cagnolino e in quelle circostanze si potrà esercitare l’apostolato di amicizia e confidenza.
Tempo libero e aspettative eterne
Molti esperti del settore della ricerca di lavoro rilevano che oggi i giovani scelgono la professione in relazione alla quantità di tempo libero e per se stessi. Questo perché il lavoro non è la loro priorità assoluta, non avendo, nella maggior parte dei casi, un piano famigliare ben preciso.
Credo quindi che la stessa santificazione (di me stesso, degli altri, del lavoro stesso) debba passare per una nuova cultura del lavoro e riguardare anche tutte le altre passioni umane che trovino sempre più spazio nel tempo “libero”. Bisogna trasmettere, vivendolo, che il tempo libero e le passioni sono un frutto gustosissimo da offrire al Signore.
Certo, è vero che l’apostolato di amicizia e confidenza necessita anche di città armoniose e più a misura d’uomo, con maggiori spazi verdi e occasioni di divertimento per tutte le età, ma sono altrettanto certo che la chiamata alla santità sarà un richiamo che durerà per sempre, perché sfidante e carico di aspettative eterne.
Tra cento anni l’Opus Dei andrà avanti in salute perché riguarda la chiamata dei battezzati a vivere la quotidianità, con la prospettiva di tanta tanta gioia già qui sulla terra non appena si incontra Cristo, dopo averlo cercato. Come scrive san Josemaria al punto 382 di Cammino: “Cerca Cristo, trova Cristo, ama Cristo. Sono tre tappe chiarissime. Hai tentato di vivere, almeno, la prima?”.
“100 anni di gratitudine” è una raccolta di testimonianze che accompagnano le Assemblee regionali dell’Opus Dei per il 2024. Clicca qui per leggere le testimonianze pubblicate finora, o per approfondire i temi delle Assemblee regionali.