Commento al Vangelo: 4 ottobre, San Francesco d'Assisi

Vangelo e commento del 4 ottobre, festa di san Francesco d'Assisi.

Vangelo (Mt 11,25-30)

In quel tempo Gesù disse: «Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza. Tutto è stato dato a me dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo.

Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita. Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero».


Commento

Il brano del Vangelo che la Chiesa propone per la festa di san Francesco d’Assisi ci offre un momento del dialogo costante che c’era tra Gesù e il Padre. Il Signore loda il Padre per aver scelto di rivolgere la sua rivelazione ai piccoli, nascondendola ai dotti. E subito dopo spiega in che modo ciò avvenga: Dio Padre può essere conosciuto solo attraverso il Figlio, cioè entrando nella dignità dei figli di Dio, divenendo figli nel Figlio. Questa è la grande novità del Vangelo: “Dio, nessuno lo ha mai visto: il Figlio unigenito, che è Dio ed è nel seno del Padre, è lui che lo ha rivelato” (Gv 1,18).

La preghiera del Signore lascia poi spazio a un invito: “imparate da me, che sono mite e umile di cuore”, segnalando un cammino privilegiato per vivere da figli di Dio: quello della mitezza e dell’umiltà.

Oggi si ricorda il poverello d’Assisi, un grande che si è fatto piccolo per seguire la chiamata alla mitezza di Cristo. E l’ha fatto scegliendo la strada della povertà annunciata nelle Beatitudini “beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli” (Mt 5,3). La santità di Francesco ricorda che imitare il Signore nella sua povertà è il modo privilegiato per ottenere la libertà interiore. Per Francesco questa umiltà estrema significava soprattutto libertà di servire, libertà per la missione, estrema fiducia in Dio.

La scelta radicale di povertà in san Francesco è un'ispirazione che ha le sue radici nella gioia, perché è guidata dalla prudenza e dalla saggezza che si rivelano soltanto agli umili, dà origine alla felice saggezza di coloro che hanno la grazia e la follia di liberarsi di tutto e di camminare nella semplice fiducia che, se incorreranno in pericoli, Dio verrà a liberarli.

L’invito del Signore è indirizzato a chi è “stanco e oppresso”. Una delle malattie più diffuse nel nostro tempo è proprio la stanchezza, dovuta all’eccesso di informazioni, di stimoli, di connessioni che ci richiedono prestazioni continue di efficienza e che spesso producono frustrazione. Gesù lo sapeva quando pronunciava queste parole e lo sa anche oggi, e per questo ci offre la medicina: “venite a me, prendete il mio giogo che è dolce e leggero”, seguite la strada dell’umiltà, spogliatevi di ogni preoccupazione, liberatevi dal vostro egoismo per mettervi al servizio degli altri. Così ha fatto Francesco, così hanno fatto i santi, e così può fare ciascuno di noi.

“Per giungere a Dio, la via è Cristo; ma Cristo è sulla Croce, e per salire sulla Croce bisogna avere il cuore libero, distaccato dalle cose della terra.” (San Josemaría, Via Crucis, X stazione).