Commento al Vangelo: La correzione fraterna

Vangelo della 23ª Domenica del Tempo Ordinario (Ciclo A) e commento al Vangelo della Messa.

Vangelo (Mt 18, 15-20)

In quel tempo Gesù disse ai suoi discepoli:

– Se il tuo fratello commetterà una colpa contro di te, va’ e ammoniscilo fra te e lui solo; se ti ascolterà, avrai guadagnato il tuo fratello; se non ascolterà, prendi ancora con te una o due persone, perché ogni cosa sia risolta sulla parola di due o tre testimoni. Se poi non ascolterà costoro, dillo alla comunità; e se non ascolterà neanche la comunità, sia per te come il pagano e il pubblicano.

– In verità io vi dico: tutto quello che legherete sulla terra sarà legato in cielo, e tutto quello che scioglierete sulla terra sarà sciolto in cielo.

– In verità io vi dico ancora: se due di voi sulla terra si metteranno d’accordo per chiedere qualunque cosa, il Padre mio che è nei cieli gliela concederà. Perché dove sono due o tre riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro.


Commento

Compongono il vangelo di questa domenica tre massime di Gesù che regolano alcuni aspetti importanti per la futura vita della Chiesa: la correzione fraterna tra i fedeli, il potere di legare e sciogliere conferito agli apostoli e ai loro successori e l’efficacia della preghiera in comune.

Il messaggio di Gesù non rende impeccabili gli uomini; però chiede loro di amarsi gli uni gli altri a prescindere dai loro difetti e dai loro errori. Una dimostrazione chiara di questo amore è il reciproco aiuto per mezzo del perdono e della correzione. Con questo primo insegnamento Gesù invita ciascuno a vivere il ruolo di un giudice misericordioso che tratta con comprensione chi lo ha offeso o sbaglia in qualcosa. Perciò “la pratica della correzione fraterna – che ha radici evangeliche – è una prova di affetto soprannaturale e di fiducia – diceva san Josemaría –. Ringrazia quando la ricevi e non tralasciare di praticarla con chi vive con te”[1]. La correzione fraterna evita anche, come indica Papa Francesco, “quell’amarezza del cuore che porta l’ira e il risentimento e che ci portano ad insultare e ad aggredire. È molto brutto vedere uscire dalla bocca di un cristiano un insulto o una aggressione. [...] Insultare non è cristiano”[2].

Sulla correzione fraterna, vero atto di nobiltà e di amicizia, hanno parlato parecchi Padri della Chiesa, i quali traevano conseguenze pratiche a partire dalle parole di Gesù. Per esempio, sant’Agostino ammoniva così i suoi fedeli: “Dobbiamo, dunque, correggere il fratello per amore; non con il desiderio di arrecargli danno, ma con l’affettuosa intenzione di ottenere la sua correzione. Se faremo così, compiremo il precetto molto bene”[3].

In quanto al secondo detto di Gesù (v. 18), il Catechismo della Chiesa spiega che «le parole legare e sciogliere significano: colui che voi escluderete dalla vostra comunione, sarà escluso dalla comunione con Dio; colui che voi accoglierete di nuovo nella vostra comunione, Dio lo accoglierà anche nella sua. La riconciliazione con la Chiesa è inseparabile dalla riconciliazione con Dio» (n. 1445). Dopo aver parlato della riconciliazione tra i fratelli, Gesù conferisce ai suoi apostoli la potestà di riconciliare i fedeli con la Chiesa. Questo potere si esprime ordinariamente per mezzo della confessione dei peccati attraverso il confessore, che ha ricevuto il potere dal vescovo, successore degli apostoli.

Infine, Gesù si riferisce a “un altro frutto della carità nella comunità: la preghiera concorde – diceva Benedetto XVI –. [...] La preghiera personale è certamente importante, anzi, indispensabile, ma il Signore assicura la sua presenza alla comunità che – pur se molto piccola – è unita e unanime, perché essa riflette la realtà stessa di Dio Uno e Trino, perfetta comunione d’amore”[4]. Quando preghiamo tutti insieme non soltanto spingiamo Dio a concederci ciò che chiediamo, ma inoltre ci viene regalata la presenza di Dio stesso tra noi, che in definitiva e il dono principale che possiamo e dobbiamo chiedere.

Spiega il Magistero, “Cristo è sempre presente nella sua Chiesa, e in modo speciale nelle azioni liturgiche. È presente nel sacrificio della Messa, sia nella persona del ministro, essendo egli stesso che, offertosi una volta sulla croce, offre ancora se stesso tramite il ministero dei sacerdoti, sia soprattutto sotto le specie eucaristiche. È presente con la sua virtù nei sacramenti, al punto che quando uno battezza è Cristo stesso che battezza. È presente nella sua parola, giacché è lui che parla quando nella Chiesa si legge la sacra Scrittura. È presente infine quando la Chiesa prega e loda, lui che ha promesso: Dove sono due o tre riuniti nel mio nome, là sono io, in mezzo a loro[5].

Pablo M. Edo


[1] San Josemaría, Forgia, n. 566.

[2] Papa Francesco, Angelus, 7 settembre 2014.

[3] Sant’Agostino, Sermo 82.

[4] Benedetto XVI, Angelus, 4 settembre 2011.

[5] Conc. Vaticano II, cost. Sacrosanctum Concilium, n. 7.