“Ho vissuto a Latina per qualche tempo - racconta Giovanna, un’insegnante di religione nella diocesi di Avezzano sposata da circa vent’anni con Veraldo - e, come mi ricordano alcune amiche, ci sono andata solo per conoscere provvidenzialmente l’Opus Dei. Era il 2006, io e mio marito ci eravamo appena trasferiti lì e dopo il trasloco era necessario cercare punti di riferimento. Per noi era importante andare a presentarci in parrocchia. Proprio nella parrocchia di san Marco abbiamo conosciuto un gruppo di famiglie che di tanto in tanto si riunivano e che volevano fare un percorso insieme”. Tra le persone che incontra nota una signora che frequenta i mezzi di formazione dell’Opus Dei a Roma e che le chiede se ha voglia di accompagnarla a un ritiro di lì a pochi giorni. “Mi sono fidata, non le ho chiesto nulla. Siamo arrivate nella parrocchia dell’EUR dedicata a san Josemaría, ho sentito una meditazione e ho pensato subito “Questa è casa mia”. Ricordo perfettamente la meditazione che ho ascoltato e anche questo pensiero, nonostante siano passati quindici anni”. Da lì Giovanna comincia a capire di più lo spirito dell’Opus Dei: “Nonostante stessi studiando per diventare insegnante di religione, non avevo capito che i laici non sono una vocazione di serie B. L’ho capito dopo, vivendolo concretamente con la mia vocazione”.
Quando Veraldo, il marito di Giovanna, quasi dieci anni fa ha avuto l’occasione di cominciare a lavorare a Ovindoli, hanno deciso di trasferirsi a Celano, un piccolo comune in provincia de L’Aquila dove vivono con i loro figli Rebecca, Ester e Fernando. Vivere in un piccolo paese richiede una certa dose di adattamento soprattutto per chi era abituato a vivere in città, e Giovanna non lo nasconde: “Ho cercato in tutti i modi di farmi piacere questo piccolo borgo di montagna, a volte ci riesco a volte no. E, pregando, cerco di adeguarmi ai piani del Signore, che non coincidono con quello che magari si desidererebbe". Riguardo al suo modo di vivere la vocazione, spiega: “Con tutti i limiti, gli errori e le debolezze che fanno parte della persona umana e della mia storia, vivo lo spirito di famiglia e di servizio dentro l’Opus Dei avendo capito che mio marito è la mia strada di santità. E quindi amandolo anche quando si fa un po’ più dura e cercando di rendere la nostra famiglia un luogo bello dove tutti vogliamo rientrare alla fine della giornata”.
Santificare il lavoro quotidiano
Come per la maggior parte degli insegnanti di religione, a Giovanna capita spesso che venga cambiata l’assegnazione e che debba girare nella diocesi di Avezzano. Oggi lavora in un istituto tecnico commerciale a Celano e in una scuola elementare nello stesso comune. “Per me è una mortificazione lavorare in una scuola superiore - racconta - perché i ragazzi di oggi hanno tanti problemi, a cominciare dal sonno o dalla dipendenza dall’uso dei cellulari; per questo è poco stimolante a volte. Lì, la vocazione è chiedere di amare i ragazzi così come sono. Nella scuola elementare invece i bambini sono più ricettivi, si meravigliano ancora e a volte trovi anche famiglie che, davanti alla proposta di andare a vedere i presepi fatti in curia, sono felici di aderire alle iniziative. Anche questa è una forma apostolica: la tua vocazione si concretizza”.
“Al di là dell’insegnamento, lo scorso febbraio è arrivata una cosa bella: ho cominciato a collaborare con l’Elis nella gestione del Casale delle Rocche di Ovindoli”. La collaborazione riguarda la gestione del personale, dei servizi e degli ordini e porta ad avere una comunicazione continuativa con l’Elis anche per quanto riguarda la cucina, i lavori interni o esterni alla casa e le attività come corsi di ritiro e weekend con gruppi di famiglie che in qualche modo girano intorno all’Elis. “Avere l’opportunità di lavorare lì nell’ultima parte della settimana - racconta - in qualche modo mi avvicina alle attività formative e conviviali che si svolgono a Roma. È come se il Signore si fosse avvicinato a me con quella che è la mia vocazione”.
Essere Opus Dei dove non c’è un centro
Giovanna vive vicino a due case in cui si organizzano ogni anno tante attività di formazione per diversi gruppi di persone dell’Opus Dei: la casa di Ovindoli, pensata per le attività nel fine settimana, e un centro dove si organizzano periodi lunghi di formazione per numerarie e numerari, a san Felice d’Ocre. “Non essendoci un centro, quando sono arrivata a Celano ho cominciato a fare formazione nella casa a san Felice d'Ocre dove si organizzavano i circoli. In seguito un sacerdote della Santa Croce di Roma ha cominciato a scendere a Celano per tenere un ritiro mensile il sabato pomeriggio in una parrocchia. Oggi ai ritiri siamo cinque o sei, di cui tre soprannumerarie”.
Insieme a loro, negli anni ha cominciato a replicare un format che si usava a Roma: si organizzano degli incontri di lettura, chiamati merende di lettura, durante i quali si leggono dei libri e si chiamano gli autori dei libri o altri moderatori per approfondire le letture. Il desiderio di arrivare a più persone le ha portate a parlare con diversi parroci per capire se c’era interesse a trattare un libro in altre parrocchie e a proporlo a famiglie o catechiste. “Non è stato facile perché siamo pochissime però alcuni incontri, come quello sul libro di Chiara Corbella, hanno avuto il pienone. Purtroppo le persone non hanno cominciato a venire ai ritiri ma hanno continuato a seguirci saltuariamente, soprattutto per i titoli che interessavano di più”.
“Fare l’Opus Dei per me alcuni giorni vuol dire avere la forza e la felicità per riuscire a vivere dove vivo, proprio perché c’è questa luce che ti ricorda che ti puoi santificare nelle tue realtà quotidiane, ricche o povere che siano. E quindi è il supporto che mi permette di stare dove sto. Se volessi essere concreta dovrei guardare i frutti: dopo vent’anni io e mio marito siamo ancora felici di stare insieme, i nostri figli sono stabili nei loro caratteri, non si sono mai preoccupati che mamma e papà si lasciassero, e questo perché seguiamo il Signore”. E conclude: “Questo l’ha fatto il Signore attraverso l’Opus Dei. Io sono una figlia di genitori separati e guardo la crescita dei miei figli vedendo che i problemi che ho vissuto io loro non li immaginano neanche. Questo è un frutto concreto che mi fa dire che ne è valsa la pena”.