Mio figlio Guillermo soffre di agenesia totale del corpo calloso. Fu diagnosticata durante la gravidanza, e fu accompagnata da aggravanti che mi fecero vivere mesi di angoscia e incertezza. In quel momento, quando mi comunicarono la notizia il medico mi parlò di una situazione nefasta.
Quando ti accadono cose come quelle che successero a me, ti tornano alla mente messaggi che hai ascoltato durante le conversazioni di dottrina cattolica, nei ritiri spirituali che frequento ogni mese. Avevo sempre sentito parlare di come San Josemaria viveva la filiazione divina: "Dio è tuo Padre", "mio Padre". Mentre il dottore cercava di spiegarmi la situazione, la prima cosa che mi venne in mente fu proprio quella: "Se Dio è mio Padre, non può lasciarmi ora! Mi sta mandando questo perché ha pensato qualcosa per me."
Tutto cominciò nella 16° settimana della mia complicata gravidanza gemellare. I bambini – da un momento all’altro – furono colpiti dalla sindrome di trasfusione fetofetale. Qualcosa che può accadere nelle gravidanze gemellari monocoriali, che consiste, in definitiva, nel fatto che uno dei due bambini sottrae all’altro il liquido amniotico. Nel mio caso era così grave che bisognava intervenire con un’operazione intrauterina altrimenti avrei perso entrambi i bambini.
Una situazione delicata
A causa di quella situazione delicata fui costretta a riposo assoluto e un attento controllo medico per riuscire a salvare entrambi. Fu allora che si cominciò a capire che il cervello di Guillermo non si stava formando bene. Aveva una ciste di grandi dimensioni – quando nacque misurava 5 cm per 6 cm – ventricolomegalia dovuta alla pressione esercitata dalla ciste, agenesia totale del corpo calloso e, infine, displasia corticale. Mi parlarono della possibilità di avere un bambino sordo, cieco, ritardato, incapace di camminare, di parlare, con lineamenti facciali distorti e potrei seguire….
Molte volte mi avevano parlato della Croce! Quando arriva un momento come questo, capisci che puoi amarla, abbracciarla. Quando pensavo a come avrebbe potuto essere mio figlio, quanto avrebbe sofferto, capì che quella era la mia Croce, quella che mi era capitata. Chiesi aiuto a Dio attraverso San Josemaria: "Che sappia accettarla". Avrei voluto offrire quella sofferenza a Dio, capì che era arrivato il momento di mettere in pratica ciò che avevo ascoltato tante volte….
Dopo 18 mesi
Mio figlio Guille nonostante tutto quello che mi avevano detto, e in più, essendo nato prematuramente, è adesso – a 18 mesi – un bambino perfettamente normale. Vede, sente, cammina, parla, gioca, ride ed è fisicamente adorabile. Certo, ha dovuto subire due interventi di neurochirurgia, e abbiamo superato momenti difficili (chi non li supera con qualsiasi figlio!) e da quando è nato non facciamo altro che stimolarlo in qualsiasi maniera, però non ho il minimo dubbio del fatto che sia un bambino assolutamente felice, immensamente amato e che ci rende tutti molto orgogliosi.
Non ho mai chiesto niente all’Opus Dei e ciò nonostante ho sempre ricevuto un enorme appoggio: la vicinanza e l’affetto di un’autentica famiglia. Nei momenti più difficili che ho vissuto, specialmente con la grave situazione di salute di mio figlio Guille, mi dava sollievo sapere che potevo contare con la preghiera e, soprattutto, la Santa Messa di quel giorno di tutta l’Opera. Sempre sarò riconoscente di questa generosità dell’Opus Dei: senza far parte dell’Opera, potevo contare con la preghiera di tante persone in tutto il mondo.
Cooperatrice dell’Opus Dei
Sono cooperatrice dell’Opus Dei, che è come essere un’intima amica dell’Opera. Come una buona amica ricevo molte cose positive da essa e come ringraziamento cerco di dare qualcosa in cambio.
In fondo, l’unica cosa – come dei buoni amici – che ti viene chiesta in cambio, è che lotti per un tuo miglioramento personale, per la tua santità, e che li aiuti, nella misura delle tue possibilità, nell’opera di ricristianizzare il mondo. Che altro si può fare?
Conobbi l’Opus Dei quando mi preparai al catechismo per la Cresima in un centro dell’Opera a Madrid. A partire da quel momento cominciai a frequentare i mezzi di formazione che offre quest’istituzione della Chiesa. Per me l’Opus Dei è una maniera di mantenermi in forma spiritualmente. Come chiunque va in palestra per prendersi cura del proprio corpo, le lezioni di dottrina cattolica e altri mezzi di formazione come i ritiri mensili, mi aiutano a mantenere in forma l’anima.
Un’autentica famiglia
La gente dell’Opus Dei di tutto il mondo – adesso, in particolare, di Hong Kong dove vivo con mio marito e i miei figli – mi aiutano a coltivare la fede con l’obiettivo di cercare di essere ogni giorno una persona migliore. L’Opus Dei mi ha aiutato specialmente nei momenti difficili in cui mi costava vedere il senso soprannaturale delle croci che sono apparse durante la vita e a crescere davanti agli ostacoli piuttosto che ad abbattermi.
Con questa formazione posso trasmettere questi valori ai nostri figli, così come lo fecero e lo fanno i miei genitori con noi servendosi anche dell’esempio delle proprie vite.
È impressionante vedere, come in posti come la Cina, cresce il numero di battezzati, di prime comunioni, di vocazioni, ecc. grazie all’apostolato di molta gente, sacerdoti e laici, tanto dell’Opera come di altre organizzazioni, che dedicano la propria vita, anima e corpo, a diffondere il cattolicesimo. Ed è anche il momento in cui ognuno si rende conto della propria responsabilità di cristiano di contribuire col suo granello di sabbia come può. Come diceva il fondatore dell’Opus Dei nel punto n.1 di Cammino che a me è sempre piaciuto "Che la tua vita non sia una vita sterile. Sii utile. Lascia traccia." E’ quello che vogliamo!