Lettera del prelato (giugno 2007)

Pubblichiamo la lettera di mons. Javíer Echevarría ai fedeli dell'Opus Dei. Questo mese il Prelato scrive sul mistero della Trinità e dell'Eucarestia.

Nei giorni scorsi, nell'ambito dei viaggi pastorali che sto facendo in qualche fine settimana, ho avuto l’opportunità di andare a Stoccolma. Anche in quei popoli freddi dell’Europa del nord (San Josemaría, Cammino, n. 315) – come scriveva San Josemaría tanti anni fa – si diffonde lo spirito dell’Opera. Non dubito che si esprimesse con queste parole soltanto perché raggiungeva quelle latitudini con l’ignem veni mittere in terram (Lc 19, 49), che aveva appreso da Gesù. Ho ringraziato molto il Signore, che ci aiuta a toccare con mano il compimento dei sogni di san Josemaría. E a partecipare attivamente anche alla loro realizzazione con la preghiera, la mortificazione ottimista e generosa, e il compimento dei doveri di ciascuno. Continuiamo sempre così, strettamente uniti a tutti i cristiani e fra di noi, collaborando all’espansione della Chiesa in tutto il mondo.

La radice dell’efficacia soprannaturale, lo sappiamo bene, si irrobustisce con un’intensa e profonda vita interiore, frutto dell’azione dello Spirito Santo nelle anime. Quanto è importante che ci rivolgiamo ogni giorno con più intimità alla Terza Persona della Santissima Trinità!

Da oggi reciteremo il Trisagio Angelico, con il desiderio di essere portavoce della lode e della gratitudine che l’intera umanità ha il dovere di dirigere al nostro Dio, tre volte Santo, che ci ha creato e redento e che è impegnato a portare a compimento il lavoro della nostra santificazione. Sforziamoci di sfruttare intensamente questi giorni; impegniamoci con tutte le nostre forze a trasformare le ventiquattro ore della giornata in un canto di lode alla Beatissima Trinità. Ripetiamo di continuo, con la bocca o con il cuore, le parole della liturgia: Sanctus, Sanctus, Sanctus Dominus Deus Sabaoth. Pleni sunt caeli et terra gloria tua! (Messale Romano, Ordinario della Messa); Santo, Santo, Santo è il Signore, Dio dell’universo. I cieli e la terra sono pieni della tua gloria.

La meditazione del mistero della Santissima Trinità dovrebbe essere l’alimento abituale delle anime cristiane. Sant’Agostino afferma che «in questo consiste il compimento della nostra gioia e non ve n’è di più grande: godere della Trinità di Dio, a cui immagine noi siamo stati fatti» (Sant'Agostino, De Trinitate, I, 18). Con una immagine suggestiva, la Sacra Scrittura definisce coloro che cercano di comportarsi secondo Dio nei loro pensieri e nelle loro azioni come albero piantato lungo corsi d’acqua, / che darà frutto a suo tempo / e le sue foglie non cadranno mai (Sal 1, 3). Con un riferimento chiaro e costante al Dio Uno e Trino, fine ultimo della nostra vita, tutto ciò che facciamo sulla terra – per poco importante che appaia agli occhi umani – acquista grande valore. Al Signore interessa tutto ciò che è nostro e ci segue con l’infinita delicatezza del suo Amore e della sua Misericordia.

San Josemaría, soprattutto durante gli ultimi anni della sua vita terrena, faceva spesso riferimento a questo tema della fede cristiana. Se siamo in grazia – diceva, per esempio, nel 1972 –, lo Spirito Santo è al centro della nostra anima e conferisce carattere soprannaturale a tutte le nostre azioni. Insieme allo Spirito Santo vi sono il Padre e il Figlio: la Beatissima Trinità, che è un solo Dio. Siamo tempio della Trinità e possiamo parlare con Dio semplicemente, senza fare alcuna stranezza, ponendoci al di sopra di noi stessi, calpestandoci, come si calpesta l’uva nel tino, perché non siamo nulla. Ci mettiamo lì, nel fondo della nostra anima, per raccontargli ciò che ci succede: supplichiamo, adoriamo, ripariamo, amiamo (San Josemaría, Appunti della predicazione orale, 12-X-1972).

Durante i prossimi giorni rivolgiamoci alla Santissima Trinità con intima e forte devozione. Questa disposizione ci aiuterà anche a prepararci a gustare il frutto saporito delle altre grandi solennità liturgiche del mese: quella del Corpus Domini e quella del Sacro Cuore di Gesù. Migliorare la pietà eucaristica significa approfondire il mistero della Santissima Trinità, perché – lo ricorda il Papa nella sua recente esortazione apostolica sulla Sacra Eucaristia – la prima realtà della fede eucaristica è il mistero stesso di Dio, amore trinitario (…) Nell’Eucaristia, Gesù dà non “qualcosa”, ma se stesso; egli offre il suo corpo e versa il suo sangue. In tal modo dona la totalità della propria esistenza, rivelando la fonte originaria di questo amore (Benedetto XVI, Esort. ap. Sacramentum caritatis, 22-II-2007, n. 7).

Quanto piaceva a san Josemaría contemplare quotidianamente la presenza e l’azione di Dio Trino nei testi della Messa! Ce lo ha lasciato scritto in una delle sue omelie, e ci disse che questo flusso trinitario di amore per gli uomini si perpetua in maniera sublime nell’Eucaristia. (…). Tutta la Trinità agisce nel sacrificio dell’altare (San Josemaría, È Gesù che passa, nn. 85). Gli piaceva soffermarsi, in particolare, sull’azione del Grande Sconosciuto, anelando che non fosse più tale per i cristiani. Incoraggiava tutti a rivolgersi più frequentemente e con maggior continuità a ciascuna Persona divina, distinguendole senza separarle, perché tutta la Trinità è presente nel sacrificio dell’Altare. Per la volontà del Padre e con la cooperazione dello Spirito Santo, il Figlio si offre come vittima redentrice. Impariamo a rivolgerci alla Trinità Beatissima, Dio uno e trino: tre Persone divine nell’unità della loro sostanza, del loro amore, della loro efficace azione santificatrice (Ibidem, n. 86).

Benedetto XVI insiste su quanto sia necessario risvegliare in noi la consapevolezza del ruolo decisivo esercitato dallo Spirito Santo (…) nell’approfondimento dei divini misteri (Benedetto XVI, Esort. ap. Sacramentum caritatis, 22-II-2007, n. 12). Il Santo Padre aggiunge: È quanto mai necessario per la vita spirituale dei fedeli una coscienza più chiara della ricchezza dell’anafora: insieme alle parole pronunciate da Cristo nell'ultima Cena, essa contiene l’epiclesi, quale invocazione al Padre perché faccia discendere il dono dello Spirito affinché il pane e il vino diventino il corpo e il sangue di Gesù Cristo e perché “la comunità tutta intera diventi sempre più corpo di Cristo”. Lo Spirito, invocato dal celebrante sui doni del pane e del vino posti sull'altare, è il medesimo che riunisce i fedeli “in un solo corpo”, rendendoli un’offerta spirituale gradita al Padre (Ibidem, n. 13).

Come possiamo fare nostra questa Vita divina che discende dal cielo sulla terra nella Santa Messa e che si dona a ciascuno di noi nella Comunione sacramentale? Preparandoci nel miglior modo possibile a ricevere il Signore e curando al meglio il ringraziamento dopo la Messa. Pensate che, nei pochi minuti durante i quali Gesù è sacramentalmente presente in noi, tra Creatore e creatura si instaura l’unione più intima che sia possibile immaginare. Tale unione, poi, si prolunga durante la giornata, grazie all’azione dello Spirito Santo. Le tue genuflessioni sono un atto di autentica adorazione? Sgorgano dalla tua anima atti di fede, di speranza e d’amore? Preghiamo come Dima, il buon ladrone, perché Gesù si ricordi di noi e perché noi riusciamo ad averlo più presente. L’Eucaristia è manifestazione dell’infinita misericordia di Dio. Non solo non ci rifiuta ma, donandosi a noi come alimento, ci identifica con Lui: desideriamo dunque che questo sia il nostro vivere.

Una volta ricevuta la comunione, quando il vostro cuore vola a ringraziare Dio – insegnava San Josemaría –, pensate di aver ricevuto in voi la Santissima Umanità di Cristo – il suo Corpo, il suo Sangue, la sua Anima – e la sua Divinità; e con Gesù Cristo tutta la Trinità, perché il Padre e il Figlio e lo Spirito Santo sono inseparabili. Pensate che, quando si consumano le specie sacramentali, viene meno la presenza reale, ma permane nelle nostre anime e nei nostri corpi – che sono il suo tempio (cfr. 1 Cor3, 16)– Dio Spirito Santo.

Vedete: Dio non solo passa, ma resta in noi. Per spiegarlo in qualche modo, è al centro della nostra anima in grazia e conferisce senso soprannaturale alle nostre azioni, purché non facciamo resistenza o lo scacciamo con il peccato. Dio è nascosto in voi e in me, in ciascuno (San Josemaría, Appunti della predicazione orale, 8-XII-1971).

Questi consigli di san Josemaría ci aiuteranno a prepararci alla sua festa, il prossimo 26 giugno. Rivolgetevi alla sua intercessione perché ciascuna e ciascuno sappiano fare un deciso passo in avanti nella propria vita spirituale, che può riassumersi nel conoscere, frequentare, amare sulla terra la Trinità, e goderne poi per sempre in Paradiso.

Cambiando argomento, come sapete il prossimo 14 giugno compirò, se Dio vuole, settantacinque anni. Il miglior regalo che potete farmi è una preghiera più intensa per me. Chiedete al Signore che mi perdoni per le volte in cui non l’ho amato come avrebbe voluto, che continui a concedermi la sua grazia, che io sappia dialogare più intimamente con Dio Padre, Dio Figlio, Dio Spirito Santo, e con la Madonna, Madre nostra.

La settimana scorsa ho provato grande gioia nel conferire l'ordinazione presbiterale a trentotto diaconi della Prelatura. Ora dobbiamo aiutarli ancora di più, perché siano santi sacerdoti di Cristo. Ho avuto molto presenti i primi tre sacerdoti e ho chiesto loro che, similmente alla loro risposta, tutte e tutti noi vogliamo rendere più consistente il contenuto della nostra anima sacerdotale: vale a dire più dialogo con il Maestro, più sete di anime e una perseveranza che mai venga meno (Cfr. San Josemaría, Cammino, n. 934).

Continuate a pregare per le mie intenzioni: per la Chiesa e per il Romano Pontefice, per la santità dei sacerdoti e di tutti i fedeli, per l’espansione della Chiesa nel mondo intero.

Con grande affetto, vi benedice

vostro Padre

Javier

Roma, 1° giugno 2007.