Lasciare tutto e ricominciare, da Caracas a Firenze

Carolina e Josè hanno quattro figli e sono del Venezuela. In questa intervista Carolina racconta come, a causa della crisi che ha colpito il suo Paese, la sua vita sia improvvisamente cambiata.

«In Venezuela avevamo tutto: famigliari, casa, macchina. I nostri amici rimasti lì sostengono che abbiamo fatto una pazzia a trasferirci. Ma con noi ci sono i nostri figli, e questo ci basta».

Carolina è nata a Barquisimeto, in Venezuela e, dopo essersi sposata con José, ha vissuto qualche anno a Caracas, la città più grande del Venezuela.

«Mio marito era ingegnere informatico e ha lavorato in un’azienda - racconta Carolina -. Io ho studiato informatica, ma da quando sono nati i nostri figli, mi sono dedicata a loro».

La vita in Venezuela, però, a causa della crisi economica e finanziaria stava diventando sempre più complicata: «Abbiamo mandato i due figli più grandi a studiare all’estero, ma economicamente non eravamo messi così bene - spiega Carolina -. Ci sono stati momenti difficili, a volte mancavano i soldi da mandare».

Nel 2019 la secondogenita di Carolina e Josè, che ha frequentato l’Accademia di moda a Firenze, si è laureata: in quell’occasione la famiglia si è recata in Italia per assistere alla sua proclamazione.

«Lasciare il Venezuela non è stato semplice - ricorda Carolina -. In aeroporto facevano molti controlli e bisognava mostrare il biglietto di ritorno, altrimenti c’era il rischio che non ti facessero uscire. Noi eravamo intenzionati a rimanere in Italia solo qualche mese, quindi siamo riusciti a partire senza grandi problemi».

Josè e Carolina avrebbero dovuto trascorrere una sola estate nella città toscana, eppure le cose non andarono come pianificato: «Nel nostro Paese mancavano cibo, acqua e medicine, la corrente elettrica poteva non esserci per settimane intere e i nostri figli più grandi non volevano che tornassimo in Venezuela - aggiunge Carolina -. Così, nonostante non avessimo documenti o conoscenti che ci potessero aiutare, abbiamo lasciato tutto e siamo rimasti a Firenze».

Come una montagna da scalare

Il trasferimento improvviso non fu semplice: la famiglia aveva con sé solo due valigie e prima di trovare una sistemazione permanente hanno dovuto alloggiare in diversi hotel e appartamenti. «Mio marito si è dimostrato molto forte - racconta Carolina -. Era convinto che sarebbe andato tutto bene e mi rassicurava dicendo: Omnia in bonum (Solco, 127), tutto quello che succede è per il nostro bene».

A rendere tutto più complesso fu la delicata condizione di salute di Carolina: «Poco prima di venire in Italia ho avuto un piccolo attacco di cuore - spiega Carolina -, per fortuna non fu nulla di grave, ma ho dovuto fare delle cure e i bambini sono rimasti colpiti dalla mia malattia.

In quei momenti difficili mi ripetevo l’insegnamento di san Josemaría: Rabboni, ut videam — Maestro, che io veda (Amici di Dio, 197). Mi aiutava a ricordare che era Dio a chiedermi di affrontare quelle sfide, ma anche che Lui sarebbe stato al mio fianco e che mi avrebbe aiutato a superarle. Quegli anni della nostra vita sono stati come una montagna da scalare: adesso, grazie a Dio, superata la vetta, è in discesa».

Una famiglia allargata

«Quando vivevamo a Caracas José mi diceva sempre che dovevo conoscere le persone che facevano parte dell’Opus Dei. Da quando era diventato soprannumerario avevo notato un grande cambiamento in lui, quasi un miracolo, così un giorno decisi di andare in un centro dell’Opera e in quell’occasione la direttrice, che non mi conosceva, mi sorprese dicendo: Carolina ti aspettavo da tanto tempo!».

Quando sono arrivati a Firenze José e Carolina sono stati subito accolti dalle famiglie delle persone dell’Opus Dei del posto: «L’appartamento che abbiamo trovato era del tutto vuoto - conclude Carolina -, così alcune persone ci hanno aiutati ad arredarlo: è stato un gesto bellissimo, che ci ha fatto veramente capire che l’Opus Dei è come una grande famiglia allargata!».