‘Aprite le finestre’: la canzone che san Josemaría desiderò per il suo congedo da questa terra

La canzone “Aprite le finestre” fu il brano con cui la cantante Franca Raimondi vinse il Festival di Sanremo del 1956. A san Josemaría piacque e la interpretò come un’espressione semplice e luminosa della speranza cristiana nella vita eterna. A coloro che gli stavano accanto confidò che gli sarebbe piaciuto che venisse cantata nel momento della sua morte.

Nel 1966, durante una tertulia a Villa Tevere, alcuni di coloro che vivevano con san Josemaría gli cantarono questa canzone, allora molto popolare in Italia, Aprite le finestre[1].

Il fondatore dell’Opus Dei commentò che gli sarebbe piaciuto che gliela cantassero con gioia nei momenti finali su questa terra, dopo aver ricevuto gli ultimi sacramenti.

La canzone celebra la gioia della primavera, quando i fiori tornano a sbocciare, gli uccelli rientrano dalla migrazione e il sole irrompe dalle finestre riempiendo di luce le case. I suoi versi invitano ad aprirsi a nuovi sogni e a una vita che ricomincia.

La prima rosa rossa è già sbocciata
E nascon timide le viole mammole
Ormai, la prima rondine è tornata
Nel cielo limpido comincia a volteggiar
Il tempo bello viene ad annunciar

Aprite le finestre al nuovo sole
È primavera, è primavera

A san Josemaría piaceva cantare e amava ricordare una frase di sant’Agostino: «Chi canta prega due volte». Diceva anche che gli piacevano «tutte le canzoni che parlano dell'amore puro degli uomini: per me sono canti d'amore umano che innalzano al divino»[2].

Per questo, non sorprende che vedesse in questa canzone qualcosa di più di una semplice immagine della primavera. Nel desiderare che gli venisse cantata alla fine della vita, si può intuire che la leggesse come una metafora del passaggio alla vita eterna: la morte non come una fine, ma come un risveglio sereno e luminoso. ‘Aprire le finestre’, aprire l’anima —come fece lui per tutta la vita— all’Amore degli amori, all’incontro definitivo con Dio, «per sempre, per sempre…, per sempre» (Cammino, 182).

Il sole — simbolo di Gesù Cristo nella tradizione della Chiesa — si offre con dolcezza all’uomo ed entra quando questi, liberamente, gli apre la porta o le finestre della propria vita.

A volte san Josemaría sognava l’incontro definitivo con Dio: «Mi emoziona chiudere gli occhi e pensare che verrà il momento, quando Dio vorrà, in cui potrò vederlo, non come in uno specchio e sotto immagini oscure… ma faccia a faccia»[3], non come qualcosa di improvviso, perché «cerchiamo e attendiamo Dio costantemente. La morte improvvisa è come se il Signore ci sorprendesse alle spalle e, voltandoci, ci trovassimo tra le sue braccia…».[4].

Senza paura della vita e senza paura della morte. Così cercò di vivere ogni giorno della sua esistenza, perché, come diceva, «Non sappiamo quale sarà l’ultima battaglia, perché possiamo morire in qualsiasi momento... Ma non preoccupatevi: dopo la morte ci sono la Vita e l’Amore»[5].

Sul davanzale un piccolo usignolo
Dall'ali tenere, le piume morbide
Ha già spiccato il timido suo volo
E contro i vetri ha cominciato a picchiettar
Il suo più bel messaggio vuol portar:

È primavera, è primavera
Aprite le finestre ai nuovi sogni

E quel piccolo simbolo degli innamorati, l’usignolo sul davanzale che batte con tenerezza al vetro, forse può essere inteso —seguendo l’idea di fondo cara a san Josemaría— come la grazia, l’Amore, che viene a preparare l’anima al suo incontro tanto atteso? Per aprire, un’ultima volta, la finestra sul più bello dei sogni: la vita eterna.

Alle speranze, all'illusione
Lasciate entrare l'ultima canzone
Che dolcemente scenderà nel cuor

Il 26 giugno 1975 Josemaría Escrivá morì improvvisamente per un infarto. Si compì anche quell’altro desiderio che aveva manifestato a Dio: la grazia di morire “senza dare fastidio”, evitando di essere un “peso” per i suoi figli e le sue figlie dell’Opus Dei.

«Verrà anche per noi quel giorno che sarà l'ultimo e che non ci spaventa: con ferma fiducia nella grazia di Dio, siamo pronti, fin da questo momento, con generosità, con fortezza, con amore alle cose piccole, ad accorrere all'appuntamento con il Signore» (Amici di Dio, 40).

«Nel cielo, tra nuvole d’argento, la luna ha già fissato un appuntamento». La Vergine Maria, come la luna che riflette la luce del sole, riflette l’immagine di Dio e guida i cristiani nei momenti di oscurità. San Josemaría fu accompagnato da Lei fin dai suoi primi anni, e anche alla fine della sua vita: negli ultimi istanti sulla terra rivolse lo sguardo a un’immagine della Madonna di Guadalupe, fiducioso che Lei lo accompagnasse in quel passaggio definitivo verso il Cielo. Cinque anni prima, contemplando un quadro della Madonna di Guadalupe che dona una rosa a Juan Diego, a Jaltepec, disse ad alta voce: «Così vorrei morire: guardando la Santissima Vergine e che Lei mi dia un fiore…»[6].

In una delle biografie del Fondatore si riporta un episodio familiare di quel giorno. Severino Monzó, che stava trascorrendo alcuni giorni in una casa situata vicino al santuario di Torreciudad, ricevette la notizia della morte di san Josemaría e ricordò quelle parole che il Padre gli aveva detto dieci anni prima a Roma riguardo a quella canzone: «Tu me la canterai… senza lacrime».

Si avvicinò al giradischi del salone e mise Aprite le finestre. Cominciò a cantarla con la gioia di poter esaudire il desiderio del Padre. Fece uno sforzo per trattenere l’emozione, ma non ci riuscì del tutto nella seconda parte. A un certo punto, la voce gli si spezzò e dovette fermarsi. Si ricompose e la portò a termine fino alla fine. La canzone completa dice così:

La prima rosa rossa è già sbocciata
E nascon timide le viole mammole
Ormai, la prima rondine è tornata
Nel cielo limpido comincia a volteggiar
Il tempo bello viene ad annunciar

Aprite le finestre al nuovo sole
È primavera, è primavera

Lasciate entrare un poco d'aria pura
Con il profumo dei giardini e i prati in fior
Aprite le finestre ai nuovi sogni
Bambine belle
Innamorate

È forse il più bel sogno che sognate
Sarà domani la felicità

[Ritornello]
Nel cielo fra le nuvole d'argento
La luna ha già fissato appuntamento
Aprite le finestre al nuovo sole
È primavera
Festa dell'amor

La, la, la…
Aprite le finestre al nuovo sole

Sul davanzale un piccolo usignolo
Dall'ali tenere, le piume morbide
Ha già spiccato il timido suo volo
E contro i vetri ha cominciato a picchiettar
Il suo più bel messaggio vuol portar:

È primavera, è primavera
Aprite le finestre ai nuovi sogni

Alle speranze, all'illusione
Lasciate entrare l'ultima canzone
Che dolcemente scenderà nel cuor

Nel cielo fra le nuvole d'argento
La luna ha già fissato appuntamento
Aprite le finestre al nuovo sole
È primavera, festa dell'amor

La, la, la…
Aprite le finestra al primo amor


[1]  Iñaki Celaya, inRicordi di san Josemaría.

[2] Colloqui, 92.

[3] Sastre A., Tiempo de caminar, capitolo XII.

[4] Cfr. Testimonianza di Encarnación Ortega Pardo, RHF 5074.

[5] Ibid.

[6]  Cejas J. M., Cara y Cruz: Josemaría Escrivá, capitolo XXVI.


Per celebrare i cinquant’anni dalla nascita al Cielo di san Josemaría (26 giugno 1975), è disponibile una nuova versione del sito web dedicato al fondatore dell’Opus Dei. Clicca qui per accedere al sito web