“Lo guardavo dalla finestra andare sullo skateboard insieme a mio fratello”, racconta Caterina “ma era solo curiosità, niente di più. Io e Federico abbiamo sempre vissuto nello stesso quartiere. Poi un giorno sono capitata nel negozio di pc dove lavorava, e da quel momento ho iniziato a tornarci più spesso. Dal 2006, anno in cui ci siamo sposati, ogni mattina Federico mi porta la colazione a letto”.
Caterina, ingegnere, e Federico, programmatore, sono sposati da sedici anni, e non hanno figli: “Non abbiamo scoperto di non poter avere figli - spiega Federico -, perché apparentemente non ci sono motivi medici o scientifici. Semplicemente non sono arrivati. Abbiamo sentito tanti pareri medici, ed è arrivata anche la proposta di inseminazione artificiale, che abbiamo rifiutato”.
"Dal 2006, anno in cui ci siamo sposati, ogni mattina Federico mi porta la colazione a letto"
Cosa provoca questo in una coppia che è aperta alla vita? “Entrambi quando ci siamo sposati desideravamo tanto avere dei figli. Ma ero preoccupata che fosse un problema soprattutto per Federico - racconta Caterina -. Io ero relativamente tranquilla: ho ricevuto la grazia di immaginarmi che i piani di Dio siano migliori dei miei”.
“Un giorno - continua Caterina - ci siamo fatti coraggio e ne abbiamo parlato esplicitamente. Abbiamo dato voce alla preoccupazione che l’uno avevamo per l’altra, ma anche alla sicurezza che già avevamo nel nostro cuore: siamo una famiglia, anche senza figli. Questo è ciò che conta. Condividere questa preoccupazione nella nostra vita ci ha fatto crescere molto”.
I figli semplicemente non sono arrivati
“Abbiamo degli amici che hanno intrapreso percorsi di adozione - spiega Federico - e adesso sono molto felici, ma noi non ci siamo mai sentiti di intraprenderlo a nostra volta. Siamo stati sempre disponibili per questi amici e i loro figli. Cerchiamo di essere aperti, ospitali. Ci piace mettere a disposizione la casa per le cene con amici, viviamo con gioia la convivialità. Per noi questo è un modo di essere generativi: esserci per i nostri amici e per i loro figli, esserci per la comunità, anche mettendosi a disposizione come catechista o per iniziative sociali”.

Meditare con l’Amoris Laetitia
178. Molte coppie di sposi non possono avere figli. Sappiamo quanta sofferenza questo comporti. D’altra parte, sappiamo pure che «il matrimonio non è stato istituito soltanto per la procreazione […]. E perciò anche se la prole, molto spesso tanto vivamente desiderata, non c’è, il matrimonio perdura come comunità e comunione di tutta la vita e conserva il suo valore e la sua indissolubilità». Inoltre «la maternità non è una realtà esclusivamente biologica, ma si esprime in diversi modi».
182. Nessuna famiglia può essere feconda se si concepisce come troppo differente o “separata”. Per evitare questo rischio, ricordiamo che la famiglia di Gesù, piena di grazia e di saggezza, non era vista come una famiglia “strana”, come una casa estranea e distante dal popolo. Proprio per tale ragione la gente faceva fatica a riconoscere la sapienza di Gesù e diceva: «Da dove gli vengono queste cose? […] Non è costui il falegname, il figlio di Maria?» (Mc 6,2-3). «Non è costui il figlio del falegname?» (Mt 13,55). Questo conferma che era una famiglia semplice, vicina a tutti, inserita in maniera normale nel popolo. Neppure Gesù crebbe in una relazione chiusa ed esclusiva con Maria e Giuseppe, ma si muoveva con piacere nella famiglia allargata in cui c’erano parenti e amici. Questo spiega che, quando tornavano da Gerusalemme, i suoi genitori accettassero che il bambino di dodici anni si perdesse nella carovana per un giorno intero, ascoltando i racconti e condividendo le preoccupazioni di tutti: «Credendo che egli fosse nella comitiva, fecero una giornata di viaggio» (Lc 2,44). Invece a volte succede che certe famiglie cristiane, per il linguaggio che usano, per il modo di dire le cose, per lo stile del loro tratto, per la ripetizione continua di due o tre temi, sono viste come lontane, come separate dalla società, persino i loro stessi parenti si sentono disprezzati o giudicati da esse.