Tema 22. L’Eucaristia (II)

La Santa Messa rende presente l’unico sacrificio della nostra redenzione nell’oggi della celebrazione liturgica della Chiesa. È sacrificio vero e proprio per la sua diretta relazione - di identità sacramentale - con il sacrificio unico, perfetto e definitivo della Croce. I fedeli possono e devono partecipare all’offerta del sacrificio eucaristico. Il desiderio di ricevere la santa Comunione dovrebbe essere sempre presente nei cristiani.

1. La dimensione sacrificale della santa Messa: l’Eucaristia

    La Santa Messa è sacrificio nel senso proprio e singolare, “nuovo” rispetto ai sacrifici delle religioni naturali e ai sacrifici rituali dell’Antico Testamento: è sacrificio perchè, al momento della celebrazione liturgica della Chiesa, la Santa Messa ri-presenta (rende presente) l’unico sacrificio della nostra redenzione; perché è suo memoriale e ne applica il frutto[1].

    Ogni volta che celebra l'Eucaristia, la Chiesa è chiamata ad accogliere il dono che Cristo le offre e, pertanto, a partecipare al sacrificio del suo Signore, offrendosi con Lui al Padre per la salvezza del mondo. Possiamo, quindi, affermare che la Santa Messa è sacrificio di Cristo e della Chiesa.

    Esaminiamo più attentamente questi due aspetti del Mistero Eucaristico.

    Come abbiamo appena detto, la Santa Messa è vero e proprio sacrificio a causa della sua diretta relazione di identità sacramentale con il sacrificio unico, perfetto e definitivo della Croce[2]. Questa relazione è stata istituita da Gesù Cristo nell’Ultima Cena, quando diede agli apostoli, sotto le specie del pane e del vino, il suo Corpo offerto in sacrificio e il suo Sangue sparso in remissione dei peccati, anticipando in un rito memoriale ciò che storicamente è accaduto, poco dopo, sul Golgota. Sin da allora la Chiesa, guidata dalla grazia dello Spirito Santo, non cessa di compiere quel mandato di reiterazione che Gesù Cristo ha affidato ai suoi discepoli:«Fate questo in memoria di me [come mio memoriale] (Lc 22, 19; 1Cor 11, 24-25). In tal modo “annuncia” (rende presente con la parola e il sacramento) “la morte del Signore” (cioè, il suo sacrificio: cfr. Ef 5, 2; Eb 9, 26), “fino al suo ritorno” (cioè, la sua risurrezione e la sua gloriosa ascensione) (cfr. 1Cor 11, 26).

    Questo annuncio, questa proclamazione sacramentale del Mistero Pasquale del Signore è di particolare efficacia dato che non solo ripresenta il sacrificio redentore di Cristo in signo o in figura, ma lo rende anche realmente presente: rende presente la sua Persona e l’offerta sacramentale del suo sacrificio. Così lo spiega il Catechismo della Chiesa Cattolica «L'Eucaristia è il memoriale della pasqua di Cristo, l'attualizzazione e l'offerta sacramentale del suo unico sacrificio nella liturgia della Chiesa che è il suo Corpo»[3].

    Per questa ragione, quando la Chiesa celebra l'Eucaristia, consacrando il pane e il vino nel Corpo e nel Sangue di Cristo, si rendono presenti la stessa Vittima del Golgota, ormai gloriosa; lo stesso sacerdote, Gesù Cristo; lo stesso atto di offerta sacrificale (l’offerta originaria che Gesù ha fatto sulla Croce) inseparabilmente unito alla presenza sacramentale di Cristo; un’offerta che è sempre attuale in Cristo risuscitato e glorioso[4]. Cambia soltanto la manifestazione esteriore di questa realtà: sul Calvario con la Passione e la Morte di Croce, nella Messa, per mezzo del memoriale-sacramento: la duplice consacrazione del pane e del vino all’interno della Preghiera Eucaristica (immagine sacramentale dell’immolazione sulla Croce).


    2. L'Eucaristia, sacrificio di Cristo e della Chiesa

      La Santa Messa è sacrificio di Cristo e della Chiesa perché, ogni volta che viene celebrato il Mistero Eucaristico, la Chiesa partecipa al sacrificio del suo Signore, entrando in comunione con Lui per mezzo della sua offerta sacrificale al Padre e con i benefici della redenzione che Egli ci ha ottenuto. Tutta la Chiesa offre ed è offerta al Padre in Cristo per mezzo dello Spirito Santo. Così afferma la tradizione viva della Chiesa, tanto nei testi della liturgia quanto negli insegnamenti dei Padri e del Magistero[5]. Nel cuore di questa dottrina si trova il principio di unione e di cooperazione tra Cristo e le membra del suo corpo, come è chiaramente espresso dal Concilio Vaticano II: «Effettivamente per il compimento di quest'opera così grande, con la quale viene resa a Dio una gloria perfetta e gli uomini vengono santificati, Cristo associa sempre a sé la Chiesa, sua sposa amatissima»[6].

      La partecipazione della Chiesa (il Popolo di Dio, gerarchicamente strutturato) all’offerta del sacrificio eucaristico è legittimata dal mandato di Gesù: «Fate questo in memoria di me [come mio memoriale]», ed è espressa nella formula liturgica «memores... offerimus… [tibi Pater]… gratias agentes… hoc sacrificium», utilizzata frequentemente nella Preghiera Eucaristica della Chiesa Antica[7] e ancora presente nelle attuali Preghiere Eucaristiche[8].

      Come si evince dai testi della liturgia eucaristica, i fedeli non sono semplici spettatori di un atto di culto realizzato dal sacerdote celebrante; tutti i fedeli possono e devono partecipare all’offerta del sacrificio eucaristico, perché in virtù del battesimo sono stati incorporati a Cristo e fanno parte della «stirpe eletta, sacerdozio regale, nazione santa, popolo che Dio si è acquistato[9]; cioè, del nuovo Popolo di Dio in Cristo, che Egli stesso continua a riunire attorno a sé, affinché da un confine all’altro della terra offra a suo nome» un sacrificio perfetto[10]. Offrono non soltanto il culto spirituale del sacrificio del proprio lavoro e della loro intera esistenza, ma anche - in Cristo e con Cristo - la Vittima pura, santa ed immacolata. Tutto questo comporta l’esercizio nell'Eucaristia del sacerdozio comune dei fedeli.

      La Chiesa, in unione con Cristo, non solo offre il sacrificio eucaristico, ma anche viene offerta in Lui, dato che come Corpo e Sposa è inseparabilmente unita al suo Capo e al suo Sposo.

      La stessa liturgia eucaristica esprime a più riprese la partecipazione della Chiesa guidata dallo Spirito Santo al sacrificio di Cristo: «Guarda con amore e riconosci nell’offerta della tua Chiesa la vittima immolata per la nostra redenzione, e a noi, che ci nutriamo del Corpo e del Sangue del tuo Figlio, dona la pienezza dello Spirito Santo, perché diventiamo in Cristo un solo corpo e un solo spirito. Lo Spirito Santo faccia di noi un’offerta perenne a te gradita...»[11]. In modo simile nella Preghiera Eucaristica IV si recita: «Guarda con amore, o Dio,la vittima che tu stesso hai preparato per la tua Chiesa; e a tutti coloro che mangeranno di quest'unico pane e berranno di quest'unico calice, concedi che, riuniti in un solo corpo dallo Spirito Santo, diventino offerta viva in Cristo, a lode della tua gloria».

      La partecipazione dei fedeli consiste prima di tutto nell’unirsi interiormente al sacrificio di Cristo, reso presente sull’altare grazie al ministero del sacerdote celebrante.

      La dottrina che abbiamo esposto ha un’importanza fondamentale per la vita cristiana. Tutti i fedeli sono chiamati a partecipare alla Santa Messa esercitando il loro sacerdozio regale, cioè con l’intenzione di offrire la propria vita senza macchia di peccato al Padre, con Cristo, Vittima immacolata, in sacrificio spirituale-esistenziale, restituendogli con amore filiale e in azione di grazie tutto ciò che hanno da Lui ricevuto.

      I fedeli devono fare in modo che la santa Messa sia realmente centro e radice della loro vita interiore[12], ordinando ad essa tutta la propria giornata, il loro lavoro e tutte le azioni. Questa è una manifestazione fondamentale dell’anima sacerdotale.


      3. Fini e frutti della santa Messa

        La Santa Messa, in quanto è ripresentazione sacramentale del sacrificio di Cristo, ha gli stessi fini del sacrificio della Croce[13]. Tali fini sono: atreutico (lodare e adorare Dio Padre, per mezzo del Figlio, nello Spirito Santo); eucaristico (ringraziare Dio per la creazione e la redenzione); propiziatorio (chiedere perdono a Dio per i nostri peccati); e l’impetratorio (chiedere a Dio i suoi doni e le sue grazie). Tutto ciò viene espresso nelle diverse orazioni che fanno parte della celebrazione liturgica dell'Eucaristia, specialmente nel Gloria, nel Credo, nelle diverse parti dell’Anafora, o Preghiera Eucaristica (Prefazio, Sanctus, Epiclesi, Anamnesi, Intercessioni, Dossologia finale), nel Padre Nostro e nelle orazioni proprie della Messa: Colletta, Preghiera sulle Offerte, Preghiera dopo la Comunione.

        Per frutti della Messa si intendono gli effetti che la potenza salvifica della Croce, resa presente nel sacrificio eucaristico, genera negli uomini quando la ricevono liberamente, con fede, speranza e amore al Redentore. Questi frutti consistono sostanzialmente nell’accrescimento nella grazia santificante e in una più intensa conformazione esistenziale a Cristo.

        I frutti di santità non si danno allo stesso modo in quanti partecipano al sacrificio eucaristico; saranno maggiori o minori a seconda della diversa modalità di partecipazione alla celebrazione liturgica e nella misura della fede e devozione di chi partecipa. Pertanto, partecipano in maniera diversa dei frutti della santa Messa: tutta la Chiesa; il Sacerdote che celebra e quelli che, assieme a lui, partecipano alla celebrazione eucaristica; quelli che, senza partecipare alla Messa, si uniscono spiritualmente al sacerdote celebrante; e coloro, vivi o defunti per i quali si applica la Messa[14].

        Quando un sacerdote riceve un’offerta per applicare i frutti della Messa per una intenzione, ha il serio obbligo di farlo[15].


        4. L'Eucaristia, banchetto pasquale della Chiesa

          «L'Eucaristia è il banchetto pasquale, in quanto Cristo, realizzando sacramentalmente la sua Pasqua, ci dona il suo Corpo e il suo Sangue, offerti come cibo e bevanda, e ci unisce a sé e tra di noi nel suo sacrificio»[16].

          «La Messa è ad un tempo e inseparabilmente il memoriale del sacrificio nel quale si perpetua il sacrificio della croce, e il sacro banchetto della Comunione al Corpo e al Sangue del Signore. Ma la celebrazione del sacrificio eucaristico è totalmente orientata all'unione intima dei fedeli con Cristo attraverso la Comunione. Comunicarsi è ricevere Cristo stesso che si è offerto per noi»[17].

          La Santa Comunione, che Cristo prescrive («prendete e mangiate..., bevetene tutti…»[18]), è parte della struttura fondamentale della celebrazione dell'Eucaristia. Soltanto quando Cristo è ricevuto dai fedeli come alimento di vita eterna trova pienezza di significato il suo farsi alimento per gli uomini e si compie il memoriale da Lui istituito[19]. Per questo la Chiesa raccomanda vivamente la comunione sacramentale a tutti coloro che partecipano alla celebrazione eucaristica e hanno le debite disposizioni per ricevere degnamente il Santissimo Sacramento[20].

          Quando Gesù promise l'Eucaristia affermò che tale alimento non solo è utile, ma necessario: per i discepoli è una condizione di vita. «In verità, in verità io vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell'uomo e non bevete il suo sangue, non avrete in voi la vita»[21].

          Mangiare è una necessità per l’uomo. Così come il cibo naturale mantiene in vita l’uomo e gli dà forza per camminare in questo mondo, in modo simile l'Eucaristia nel cristiano mantiene la vita in Cristo, ricevuta nel battesimo e gli dà la forza per essere fedele al Signore su questa terra, fino al momento del suo ritorno al Padre del Cielo. Pertanto, la Comunione non è qualcosa che può essere aggiunto alla vita cristiana secondo criteri arbitrari: non è necessaria soltanto ad alcuni fedeli particolarmente impegnati nella missione della Chiesa, ma è una necessità vitale per tutti: può vivere in Cristo e diffondere il suo Vangelo soltanto chi si nutre della vita stessa di Cristo.

          Il desiderio di ricevere la Comunione dovrebbe essere sempre presente nei cristiani, come dev’essere permanente la volontà di raggiungere il fine ultimo della nostra vita. Questo desiderio di ricevere la Comunione, esplicito o quantomeno implicito, è necessario per ottenere la salvezza.

          Ma è anche necessario che tutti i cristiani che hanno uso della ragione ricevano la Comunione di fatto, con obbligo di precetto ecclesiastico: «La Chiesa fa obbligo ai fedeli di (...) ricevere almeno una volta all'anno l'Eucaristia, possibilmente nel tempo pasquale, preparati dal sacramento della Riconciliazione»[22]. Questo precetto ecclesiastico è il minimo necessario, che non sarà sempre sufficiente per vivere una vita autenticamente cristiana. Per questa ragione la Chiesa stessa «raccomanda vivamente ai fedeli di ricevere la santa Eucaristia la domenica e i giorni festivi, o ancora più spesso, anche tutti i giorni»[23].

          Ministri ordinari della Santa Comunione sono il Vescovo, il presbitero e il diacono[24]. Ministro straordinario permanente è l’accolito[25]. Possono essere ministri straordinari della Comunione anche altri fedeli ai quali l’Ordinario del luogo dia facoltà di distribuire l’Eucaristia, quando si ritenga necessario all’utilità pastorale dei fedeli e non siano disponibili il sacerdote, un diacono o un accolito[26].

          «Non è consentito ai fedeli di “prendere da sé e tanto meno passarsi tra loro di mano in mano” la sacra ostia o il sacro calice»[27]. A proposito di questa norma è opportuno considerare che la Comunione ha valore di segno sacro; questo segno deve manifestare che l'Eucaristia è un dono di Dio all’uomo; per questo, in normali condizioni, si dovrà distinguere, nella distribuzione dell'Eucaristia, il ministro che distribuisce il Dono, offerto da Cristo stesso, da chi lo accoglie con gratitudine, nella fede e nell’amore.


          5. Disposizioni per ricevere l’Eucaristia

            Per comunicarsi degnamente è necessario essere in grazia di Dio. «Chiunque mangia il pane o beve al calice del Signore in modo indegno, sarà colpevole verso il corpo e il sangue del Signore. Ciascuno, dunque, esamini se stesso e poi mangi del pane e beva dal calice; perché chi mangia e beve senza riconoscere il corpo del Signore, mangia e beve la propria condanna»[28]. Di conseguenza nessuno deve accostarsi alla Santa Eucaristia con coscienza di peccato mortale, per quanto possa essere pentito, senza la confessione sacramentale previa[29].

            Per comunicarsi con frutto oltre all’essere in grazia di Dio si richiede il serio impegno di ricevere il Signore con la maggiore devozione possibile: una preparazione (remota e prossima); il raccoglimento; atti d’amore e di riparazione, di adorazione, di umiltà, di ringraziamento, ecc.

            Disposizioni del corpo:

            • La riverenza interiore davanti alla Sacra Eucaristia deve riflettersi anche nelle disposizioni del corpo. La Chiesa prescrive il digiuno. Per i fedeli di rito latino il digiuno consiste nell’astensione da ogni cibo o bevanda (eccetto l’acqua o medicine) da un’ora prima della comunione[30]. Inoltre si devono curare la pulizia del corpo, un abbigliamento adeguato, i gesti di venerazione che manifestano il rispetto e l’amore al Signore presente nel Santissimo Sacramento, ecc[31].
            • Nel rito latino, il modo tradizionale di ricevere la Santa Comunione (frutto della fede, dell’amore e della pietà plurisecolare della Chiesa) è in ginocchio e nella bocca. I motivi che hanno fatto nascere questa antica consuetudine devozionale sono validi ancora oggi. Si può, anche, fare la Comunione in piedi e, in alcune diocesi del mondo, è permesso (mai imposto) ricevere la Comunione nella mano[32].

            Il precetto della comunione sacramentale obbliga a partire dall’uso di ragione. Bisogna preparare molto bene la Prima Comunione dei bambini e non ritardarla: «lasciate che i bambini vengano a me, non glielo impedite: a chi è come loro infatti appartiene il regno di Dio»[33].

            Per poter ricevere la Prima Comunione, è richiesto che il bambino conosca, secondo le proprie capacità, i principali misteri della fede e che sappia distinguere il Pane eucaristico dal pane comune.

            «È dovere innanzitutto dei genitori e di coloro che ne hanno le veci, come pure del parroco, provvedere affinché i fanciulli che hanno raggiunto l'uso di ragione siano debitamente preparati e quanto prima, premessa la confessione sacramentale, alimentati di questo divino cibo»[34].


            6. Effetti dell’Eucaristia

              Ciò che il cibo produce nel corpo per il bene della vita fisica, nell’anima è prodotto dall'Eucaristia in un modo infinitamente più sublime, per il bene della vita spirituale. Ma, mentre il cibo si trasforma nella nostra sostanza corporale, quando riceviamo la santa Comunione, siamo noi a trasformarci in Cristo; «Non sarai tu a trasformarmi in te, come il cibo nella tua carne, ma tu ti trasformerai in Me»[35]. Mediante l'Eucaristia la nuova vita in Cristo, che per il credente ha avuto inizio con il battesimo[36], può consolidarsi e svilupparsi sino a raggiungere la pienezza[37], consentendo al cristiano di portare a compimento l’ideale annunciato da san Paolo: «Vivo, però non più io, ma è Cristo che vive in me»[38].

              Pertanto, l'Eucaristia ci configura a Cristo, ci rende partecipi dell’essere e della missione del Figlio, ci identifica con le sue intenzioni e con i suoi sentimenti, ci dà la forza per amare come vuole Cristo[39], per infiammare tutti gli uomini e le donne del nostro tempo con il fuoco dell’amore divino che Egli è venuto a portare sulla terra[40]. Tutto ciò si deve manifestare realmente nella nostra vita: «Il rinnovamento che si opera in noi, al ricevere il Corpo del Signore, deve essere manifestato nelle opere. Rendiamo dunque sinceri i nostri pensieri: che siano pensieri di pace, di donazione, di servizio. Rendiamo le nostre parole vere, chiare, opportune: che sappiano consolare e aiutare, che sappiano soprattutto portare agli altri la luce di Dio. Rendiamo le nostre azioni coerenti, efficaci, appropriate: abbiano il bonus odor Christi (2 Cor 2, 15), il profumo di Cristo, che ce ne richiama il comportamento e la vita»[41].

              Con la Santa Comunione Dio accresce la grazia e le virtù, perdona i peccati veniali e rimuove la pena temporale, preserva dai peccati mortali e concede perseveranza nel bene: in una parola, stringe i legami dell’unione con Lui[42]. L'Eucaristia però non è stata istituita per il perdono dei peccati mortali: questo è proprio del sacramento della Confessione[43].

              L'Eucaristia genera l’unità dei fedeli cristiani nel Signore, cioè l’unità della Chiesa, Corpo mistico di Cristo[44].

              L'Eucaristia è pegno o garanzia della gloria futura, cioè, della risurrezione e di una vita eterna di unione felice con Dio, Uno e Trino, gli angeli e tutti i santi[45].


              7. Il culto all'Eucaristia fuori della santa Messa

                La fede nella presenza reale di Cristo nell'Eucaristia ha spinto la Chiesa a tributare il culto di latría (cioè di adorazione) al Santissimo Sacramento, sia durante la liturgia della Messa (per questo invita a inginocchiarci o a inchinarci profondamente davanti alle specie consacrate) sia anche fuori dalla celebrazione: conservando con la maggiore delicatezza possibile le ostie consacrate nel Tabernacolo, esponendole ai fedeli perché le adorino in modo solenne, portandole in processione, ecc [46].

                La santa Eucaristia si conserva nel Tabernacolo[47]:

                • Prima di tutto per poter dare la santa Comunione ai malati e agli altri fedeli impossibilitati a partecipare alla Santa Messa.
                • Affinché la Chiesa possa dare culto di adorazione a Dio Nostro Signore nel Santissimo Sacramento (in modo particolare durante l’Esposizione della Santissima Eucaristia, nella Benedizione con il Santissimo; nella Processione con il Santissimo Sacramento nella Solennità del Corpo e Sangue di Cristo, ecc.).
                • E, affinchè i fedeli possano sempre adorare il Signore Sacramentato con visite frequenti. A questo riguardo, san Giovanni Paolo II afferma: «La Chiesa e il mondo hanno grande bisogno del culto eucaristico. Gesù ci aspetta in questo sacramento dell'amore. Non risparmiamo il nostro tempo per andare a incontrarlo nell'adorazione, nella contemplazione piena di fede e pronta a riparare le grandi colpe e i delitti del mondo. Non cessi mai la nostra adorazione»[48].

                Ci sono due grandi feste (solennità) liturgiche nelle quali si celebra in modo speciale questo Santo Mistero: il Giovedì Santo (commemorazione dell’istituzione dell'Eucaristia e dell’Ordine Sacro) e la solennità del Corpo e Sangue di Cristo (dedicata in modo particolare all’adorazione e alla contemplazione del Signore nell'Eucaristia).

                Ángel García Ibáñez


                Bibliografia di base

                - Catechismo della Chiesa Cattolica, nn. 1356-1405.


                  Letture raccomandate

                  - San Giovanni Paolo II, Lettera Enciclica, Ecclesia de Eucharistia (17-IV-2003).

                  - Benedetto XVI, Esortazione Apostolica Sacramentum caritatis (22-II-2007).

                  - Francesco, Catechesi sulla Santa Messa (novembre 2017 - aprile 2018).

                  - San Josemaría Escrivá, Omelia L'Eucaristia, mistero di fede e di amore, in È Gesù che passa, nn. 83-94; Omelia Nella festa del Corpus Domini, ibidem, nn. 150-161.

                  - Ángel García Ibáñez, L'Eucaristia, dono e mistero. Trattato storico-dogmatico sul mistero eucaristico, Edusc, Roma 2006.


                    [1] Cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 1362-1367.

                    [2] Il Catechismo della Chiesa Cattolica lo esprime così: «Il sacrificio di Cristo e il sacrificio dell'Eucaristia sono un unico sacrificio» (n. 1367).

                    [3] Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 1362-1367

                    [4] Cfr. Ivi, n. 1085.

                    [5] Cfr. Ivi, nn. 1368-1370.

                    [6] SC 7.

                    [7] Cfr. Preghiera Eucaristica della Tradizione Apostolica di sant’Ippolito; Anafora di Addai e Mari; Anafora di San Marco.

                    [8] Cfr. Messale Romano, Preghiera Eucaristica I (Unde et memores e Supra quae); Preghiera Eucaristica III (Memores igitur; Respice, quaesumus e Ipse nos tibi); espressioni simili si trovano nelle Preghiere II e IV.

                    [9] 1 Pt 2, 9.

                    [10] Cfr. Mal 1, 10-11.

                    [11] Messale Romano, Preghiera Eucaristica III: Respice, quaesumus e Ipse nos tibi.

                    [12] Cfr. San Josemaría Escrivá, È Gesù che passa, n. 87.

                    [13] Questa identità di fini si fonda non solo sull’intenzione della Chiesa che celebra, ma soprattutto sulla presenza sacramentale dello stesso Gesù Cristo: in Lui sono sono sempre attuali ed operativi i fini per i quali ha offerto la sua vita al Padre (cfr. Rm 8, 34; Eb 7, 25).

                    [14] L’applicazione di cui si parla (una preghiera specifica di intercessione) non implica automaticamente la salvezza; a quei fedeli la grazia non viene data in modo automatico, ma secondo la misura della loro unione di fede, di speranza e d’amore con Dio.

                    [15] Cfr. CIC, nn. 945-958. Con questa particolare applicazione, il sacerdote che celebra non esclude dalla benedizione del sacrificio eucaristico gli altri membri della Chiesa, né l’intera umanità: semplicemente tiene particolarmente in considerazione alcuni fedeli.

                    [16] Compendio del Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 287

                    [17] Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 1382

                    [18] Mt 26, 26-28; cfr. Mc 14, 22-24; Lc 22, 14-20; 1Co 11, 23-26.

                    [19] Questo non vuol dire che la celebrazione dell’Eucaristia non sia valida senza la Comunione di tutti i presenti o che tutti debbano comunicarsi sotto le due specie: tale Comunione è necessaria soltanto per il sacerdote celebrante.

                    [20] Cfr. Messale Romano, Institutio generalis, n. 80; San Giovanni Paolo II, Ecclesia de Eucharistia, n. 16; Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, Istruzione Redemptionis Sacramentum, nn. 81-83; 88-89.

                    [21] Gv 6, 53.

                    [22] Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 1389.

                    [23] Ibid.

                    [24] Cfr. CIC, n. 910; Messale Romano, Institutio generalis, n. 92-94.

                    [25] Cfr. CIC, n. 910 § 2; Messale Romano, Institutio generalis, n. 98; Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, Instruzione Redemptionis Sacramentum, nn. 154-160.

                    [26] Cfr. CIC, n. 910 § 2, e n. 230 § 3; Messale Romano, Institutio generalis, nn. 100 y 162; Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, Instruzione Redemptionis Sacramentum, n. 88.

                    [27] Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, Instruzione Redemptionis Sacramentum, n. 94; cfr. Messale Romano, Institutio generalis, n. 160.

                    [28] 1 Cor 11, 27-29

                    [29] Cfr. Catechismo, 1385. Per quello che si riferisce alla situazione dei divorziati che si sono risposati civilmente (o ai cristiani che convivono in modo non regolare) la Chiesa considera che «si trovano in una situazione che oggettivamente contrasta con la Legge di Dio. Perciò essi non possono accedere alla Comunione eucaristica, per tutto il tempo che perdura tale situazione» (Catechismo, n. 1650). Se però si pentono, possono accedere nuovamente alla Comunione dopo aver ricevuto il sacramento della penitenza; per altro, va ricordato che l’assoluzione sacramentale «può essere accordata solo a quelli che, pentiti di aver violato il segno dell'Alleanza e della fedeltà a Cristo, sono sinceramente disposti ad una forma di vita non più in contraddizione con l'indissolubilità del matrimonio. Ciò comporta, in concreto, che quando l'uomo e la donna, per seri motivi - quali, ad esempio, l'educazione dei figli - non possono soddisfare l'obbligo della separazione, «assumono l'impegno di vivere in piena continenza, cioè di astenersi dagli atti propri dei coniugi» (San Giovanni Paolo II, Familiaris consortio, n. 84). Riguardo tale questione, si vedano anche le indicazioni date da Benedetto XVI, Sacramentum caritatis, n. 29, e da Francesco, Amoris laetitia, nn. 296-306.

                    [30] Cfr. CIC, n. 919 § 1.

                    [31] Cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 1387.

                    [32] Cfr. San Giovanni Paolo II, Carta Dominicae Cenae, n. 11; Messale Romano, Institutio generalis, n. 161; Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, Instruzione Redemptionis Sacramentum, n. 92.

                    [33] Mc 10, 14. Cfr. San Pío X, Quam singulari, I: DS 3530; CIC, cann. 913-914; Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, Instruzione Redemptionis Sacramentum, n. 87.

                    [34] CIC, n. 914.

                    [35] San Agustín, Confesiones, 7,10: CSEL 38/1, 157.

                    [36] Cfr. Rm 6, 3-4; Gal 3, 27-28.

                    [37] Cfr. Ef 4, 13.

                    [38] Gal 2, 20. È evidente che se gli effetti salvifici dell'Eucaristia non si acquistano una volta per tutte nella loro pienezza «non è per difetto della potenza di Cristo, ma per difetto della devozione dell’uomo» (San Tommaso d’Aquino, S.Th., III, q. 79, a. 5, ad 3).

                    [39] Cfr. Gv 13, 34-35.

                    [40] Cfr. Lc 12, 49.

                    [41] San Josemaría Escrivá, È Gesù che passa, n. 156.

                    [42] Cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica, nn. 1394-1395.

                    [43] Cfr. Ibid.

                    [44] Cfr. Ivi, n. 1396.

                    [45] Cfr. Ivi, n. 1419.

                    [46] Cfr. Ivi, n. 1378.

                    [47] Cfr. San Paolo VI, Mysterium fidei, n. 56; San Giovanni Paolo II, Ecclesia de Eucharistia, n. 29; Congregazione per il culto divino e la Disciplina dei sacramenti, nn.129-145; Benedetto XVI, Sacramentum caritatis, nn. 66-69.

                    [48] San Giovanni Paolo II, Dominicae Cenae, n. 3.