TEMA 21. L’Eucaristia (3)

La fede nella presenza reale di Cristo nell’Eucaristia ha portato la Chiesa a tributare il culto di latria al Santissimo Sacramento, sia durante la liturgia della Messa che al di fuori della sua celebrazione.

1. La reale presenza eucaristica

Nella celebrazione dell’Eucaristia si fa presente la Persona di Cristo – il Verbo incarnato, che fu crocifisso, morì ed è risuscitato per la salvezza del mondo –, con una modalità di presenza misteriosa, soprannaturale, unica. Il fondamento di questa dottrina lo troviamo nella stessa istituzione dell’Eucaristia, quando Gesù identificò i doni che offriva col suo Corpo e col suo Sangue («questo è il mio Corpo… questo è il mio Sangue…»), vale a dire, con la sua corporeità inseparabilmente unita al Verbo e, dunque, con la sua Persona tutta intera.

Certamente, Cristo Gesù è presente nella sua Chiesa in molteplici modalità: nella sua Parola, nell’orazione dei fedeli (cfr. Mt 18, 20), nei poveri, nei malati, nei carcerati (cfr. Mt 25, 31-46), nei sacramenti e specialmente nella persona del ministro sacerdote. Però, soprattutto , è presente sotto le specie eucaristiche (cfr. Catechismo , 1373).

La singolarità della presenza eucaristica di Cristo sta nel fatto che il Santissimo Sacramento contiene veramente, realmente e sostanzialmente il Corpo e il Sangue insieme con l’Anima e la Divinità di nostro Signore Gesù Cristo, Dio vero e Uomo perfetto, lo stesso che nacque dalla Vergine, morì sulla Croce e ora è seduto nei cieli alla destra del Padre. «Tale presenza si dice “reale” non per esclusione, quasi che le altre non siano “reali”, ma per antonomasia, perché è sostanziale , e in forza di essa Cristo, Uomo-Dio, tutto intero si fa presente» ( Catechismo , 1374).

Il termine sostanziale cerca di indicare la consistenza della presenza personale di Cristo nell’Eucaristia: non si tratta semplicemente di una “figura”, capace di “significare” e di stimolare la mente a pensare a Cristo, presente in realtà in un’altro luogo, in Cielo; né del è un semplice “segno”, attraverso il quale ci viene offerta la “virtù salvifica” – la grazia –, che proviene da Cristo. L’Eucaristia, invece, è una presenza oggettiva dell’essere-in-sé (la sostanza) del Corpo e del Sangue di Cristo, vale a dire, della sua Umanità tutta intera – inseparabilmente unita alla Divinità attraverso l’unione ipostatica –, anche se velata dalle “specie” o apparenze del pane e del vino.

Pertanto, la presenza del vero Corpo e del vero Sangue di Cristo in questo sacramento «non si può apprendere coi sensi, ma con la sola fede, la quale si appoggia all’autorità di Dio» ( Catechismo , 1381). Questo lo esprime molto bene la seguente strofa dell’ Adoro te devote : Visus, tactus, gustus, in te fallitur, / sed auditu solo tuto creditur; / credo quidquid dixit Dei Filius: / nil hoc Verbo veritatis verius (La vista, il tatto, il gusto non ti intendono, / ma per la sola tua parola noi crediamo sicuri. / Credo tutto ciò che disse il Figlio di Dio. / Niente è più vero di questo Verbo di verità).

2. La transustanziazione

La presenza vera, reale e sostanziale di Cristo nell’Eucaristia richiede una trasformazione straordinaria, soprannaturale, unica. Tale trasformazione si fonda sulle parole stesse del Signore : «Prendete e mangiate; questo è il mio Corpo… Bevetene tutti, perché questo è il mio Sangue dell’alleanza…» (Mt 26, 26-28). Infatti, queste parole divengono realtà solo se il pane e il vino cessano di essere pane e vino e si trasformano nel Corpo e nel Sangue di Cristo, perché è impossibile che una stessa cosa possa essere contemporaneamente due entità diverse: pane e Corpo di Cristo; vino e Sangue di Cristo.

Su questo punto il Catechismo della Chiesa Cattolica ricorda: «Il Concilio di Trento riassume la fede cattolica dichiarando: “Poiché il Cristo, nostro Redentore, ha detto che ciò che offriva sotto le specie del pane era veramente il suo Corpo, nella Chiesa di Dio vi fu sempre la convinzione, e questo santo Concilio lo dichiara ora di nuovo, che con la consacrazione del pane e del vino si opera la conversione di tutta la sostanza del pane nella sostanza del Corpo del Cristo, nostro Signore, e di tutta la sostanza del vino nella sostanza del suo Sangue. Questa conversione, quindi, in modo conveniente e appropriato è chiamata dalla santa Chiesa cattolica transustanziazione ”» (Catechismo, 1376). Tuttavia, rimangono inalterate le apparenze del pane e del vino, ossia delle “specie eucaristiche”.

Anche se i sensi colgano con certezza le apparenze del pane e del vino, la luce della fede ci fa sapere che ciò che realmente è contenuto sotto il velo delle specie eucaristiche è la sostanza del Corpo e del Sangue del Signore. Grazie alla permanenza delle specie sacramentali del pane, possiamo affermare che il Corpo di Cristo – e la sua Persona tutta intera – è realmente presente sull’altare, o nella pisside, o nel Tabernacolo.

3. Le proprietà della presenza eucaristica

Il modo in cui Cristo è presente nell’Eucaristia è uno straordinario mistero. Secondo la fede cattolica, Gesù Cristo è presente tutto e integro, con la sua corporeità glorificata, sotto ognuna delle specie eucaristiche, e tutto intero in ognuna delle parti risultanti dalla divisione delle specie, sicché la frazione del pane non divide Cristo (cfr. Catechismo , 1377) [1] . Si tratta di una modalità di presenza singolare, perché è invisibile e intangibile, e, inoltre, è permanente, nel senso che, una volta compiuta la consacrazione, dura per tutto il tempo che sussistono le specie eucaristiche.

4. Il culto e l’Eucaristia

La fede nella presenza reale di Cristo nell’Eucaristia ha indotto la Chiesa a tributare un culto di latria (vale a dire, di adorazione) al Santissimo Sacramento, sia durante la liturgia della Messa (per questo ha indicato che ci genuflettiamo o ci inchiniamo profondamente davanti alle specie consacrate), sia fuori della sua celebrazione: conservando con la massima diligenza le ostie consacrate nel Tabernacolo, presentandole ai fedeli perché le venerino solennemente, portandole in processione, ecc. (cfr. Catechismo , 1378).

La Santa Eucaristia si conserva nel Tabernacolo [2] :

- in primo luogo per poter dare la Santa Comunione ai malati e ad altri fedeli che non hanno avuto la possibilità di partecipare alla Santa Messa;

- poi per poter rendere culto di adorazione a Dio Nostro Signore nel Santissimo Sacramento (in modo speciale durante l’Esposizione della Santissima Eucaristia, nella Benedizione col Santissimo; nella Processione col Santissimo Sacramento nella Solennità del Corpus Domini);

- perché i fedeli possano adorare il Signore Sacramentato facendogli visita. Il Papa Giovanni Paolo II ha affermato: «La Chiesa e il mondo hanno grande bisogno del culto eucaristico. Gesù ci aspetta in questo Sacramento dell’Amore. Non risparmiamo il nostro tempo per andare a incontrarlo nell’adorazione, nella contemplazione piena di fede e pronta a riparare le grandi colpe e i delitti del mondo. Non cessi mai la nostra adorazione» [3] .

Vi sono due grandi feste (solennità) liturgiche nelle quali si celebra in modo speciale questo Santo Mistero: il Giovedì Santo (si commemora l’istituzione dell’Eucaristia e dell’Ordine Sacro) e la solennità del Corpus Domini (destinata specialmente all’adorazione e alla contemplazione del Signore nell’Eucaristia).

5. L’Eucaristia, Banchetto Pasquale della Chiesa

5.1. Perché l’Eucaristia è il Banchetto Pasquale della Chiesa?

«L’Eucaristia è il Banchetto Pasquale in quanto Cristo, realizzando sacramentalmente la sua Pasqua [il passaggio da questo mondo al Padre attraverso la sua passione, morte, risurrezione e ascensione gloriosa [4] ], ci dona il suo Corpo e il suo Sangue, offerti come cibo e bevanda, e ci unisce a Sé e tra di noi nel suo sacrificio» ( Compendio , 287).

5. 2. La celebrazione dell’Eucaristia e la Comunione con Cristo

«La Messa è ad un tempo e inseparabilmente il memoriale del sacrificio nel quale si perpetua il sacrificio della croce e il sacro banchetto della comunione al Corpo e al Sangue del Signore. Ma la celebrazione del sacrificio eucaristico è totalmente orientata all’unione intima dei fedeli con Cristo attraverso la comunione. Comunicarsi è ricevere Cristo stesso che si è offerto per noi» ( Catechismo , 1382).

La Santa Comunione, ordinata da Cristo («prendete e mangiate… Bevetene tutti…»: Mt 26, 26-28; cfr. Mc 14, 22-24; Lc 22, 14-20; 1 Cor 11, 23-26), fa parte della struttura fondamentale della celebrazione dell’Eucaristia. Solo quando Cristo è ricevuto dai fedeli come alimento di vita eterna raggiunge la pienezza di significato il suo farsi alimento per gli uomini e si compie il memoriale da Lui istituito [5] . Perciò la Chiesa raccomanda vivamente la comunione sacramentale a tutti coloro che partecipano alla celebrazione eucaristica e possiedono le disposizioni richieste per ricevere degnamente il Santissimo Sacramento [6] .

5.3. Necessità della Santa Comunione

Quando Gesù promise l’Eucaristia affermò che questo alimento non è solo utile, ma necessario: è una condizione di vita per i suoi discepoli. «In verità, in verità vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell’Uomo e non bevete il suo sangue, non avrete in voi la vita» ( Gv 6, 53).

Per l’uomo mangiare è una necessità. E come l’alimento naturale mantiene l’uomo in vita e gli dà le forze per camminare in questo mondo, in modo simile l’Eucaristia mantiene nel cristiano la vita in Cristo , ricevuta con il battesimo, e gli dà le forze per essere fedele al Signore su questa terra, fino all’arrivo nella Casa del Padre. I Padri della Chiesa hanno interpretato il pane e l’acqua che l’Angelo offrì al profeta Elia come tipo dell’Eucaristia (cfr. 1 Re 19, 1-8): dopo aver ricevuto il dono, egli, che era esausto, riacquista il vigore che gli permettere di compiere la missione di Dio.

La Comunione, dunque, non è un elemento che può essere aggiunto a piacere alla vita cristiana; non è necessaria soltanto ad alcuni fedeli particolarmente impegnati nella missione della Chiesa, ma è una necessità vitale per tutti: può vivere in Cristo e diffondere il suo Vangelo solo chi si nutre della vita stessa di Cristo.

Il desiderio di ricevere la Santa Comunione dovrebbe essere sempre vivo nei cristiani, come permanente deve essere la volontà di raggiungere il fine ultimo della nostra vita. Questo desiderio di ricevere la Comunione, esplicito o almeno implicito, è necessario per ottenere la salvezza.

Inoltre è necessario ricevere di fatto la Comunione, con una necessità di precetto ecclesiastico , a tutti i cristiani che hanno uso di ragione: «La Chiesa fa obbligo ai fedeli […] di ricevere almeno una volta all’anno l’Eucaristia, possibilmente nel tempo pasquale, preparati dal sacramento della Riconciliazione» ( Catechismo , 1389). Questo precetto ecclesiastico è un minimo, che non sempre sarà sufficiente per svolgere un’autentica vita cristiana. Perciò la stessa Chiesa «raccomanda vivamente ai fedeli di ricevere la santa Eucaristia la domenica e i giorni festivi, o ancora più spesso, anche tutti i giorni» ( Catechismo , 1389).

5.4. Il ministro della Sacra Comunione

«Ministro ordinario della Sacra Comunione è il vescovo, il presbitero e il diacono» [7] . Ministro straordinario permanente è l’accolito [8] . Possono essere ministri straordinari della comunione altri fedeli ai quali l’Ordinario del luogo abbia dato la facoltà di distribuire l’Eucaristia, quando si giudichi necessario per l’utilità pastorale dei fedeli e non siano presenti un sacerdote, un diacono o un accolito disponibili [9] .

«Non è consentito ai fedeli di “prendere da sé e tanto meno passarsi tra loro di mano in mano” la sacra ostia o il sacro calice» [10] . A proposito di questa norma, è opportuno considerare che la Comunione ha valore di segno sacro; questo segno deve manifestare che l’Eucaristia è un dono di Dio all’uomo; per questo, in condizioni normali, si dovrà distinguere, nella distribuzione dell’Eucaristia, tra il ministro che dispensa il Dono, offerto dallo stesso Cristo, e il soggetto che lo accoglie con gratitudine, nella fede e nell’amore.

5.5. Disposizioni per ricevere la Sacra Comunione Disposizioni dell’anima

Per ricevere degnamente la Comunione è necessario essere in grazia di Dio. «Chiunque in modo indegno mangia il Pane o beve il Calice del Signore – proclama san Paolo -, sarà reo del Corpo e del Sangue del Signore. Ciascuno, pertanto, esamini se stesso e poi mangi di questo Pane e beva di questo Calice; perché chi mangia e beve senza riconoscere il Corpo del Signore, mangia e beve la propria condanna» ( 1 Cor 11, 27-29). Pertanto, nessuno deve accedere alla Sacra Eucaristia se ha coscienza di peccato mortale, per quanto contrito gli sembri di essere, senza prima ricevere il sacramento della Riconciliazione (cfr. Catechismo , 1385).

Per comunicarsi in modo fruttuoso si richiede, oltre ad essere in grazia di Dio, un serio impegno nel ricevere il Signore con la maggiore devozione attuale possibile: preparazione (remota e prossima), raccoglimento, atti di amore e di riparazione, di adorazione, di umiltà, di ringraziamento, ecc.

Disposizioni del corpo

La riverenza interiore davanti la Sacra Eucaristia si deve riflettere anche nelle disposizioni del corpo. La Chiesa prescrive il digiuno eucaristico. Per i fedeli di rito latino il digiuno consiste nell’astenersi da ogni alimento o da ogni bevanda (eccetto l’acqua o le medicine) per lo spazio di almeno un’ora prima della comunione [11] . Si deve anche curare che l’atteggiamento del corpo, il modo di vestire e i gesti esprimano venerazione, rispetto e amore al Signore presente nel Santissimo Sacramento. (cfr. Catechismo , 1387).

Il modo tradizionale di ricevere la Sacra Comunione nel rito latino – frutto della fede, dell’amore e della pietà plurisecolare della Chiesa – è in ginocchio e nella bocca. I motivi che hanno dato luogo a questa pia e antichissima consuetudine, continuano ad essere pienamente validi. Si può ricevere la comunione anche in piedi e, in alcune diocesi del mondo, è permesso – mai imposto – di ricevere la comunione nella mano [12] .

5.6. Età e preparazione per ricevere la prima Comunione

La comunione si può ricevere a partire dall’età in cui si ha l’uso di ragione. Conviene non ritardare la Prima Comunione dei bambini preparandoli bene: «Lasciate che i bambini vengano a Me e non glielo impedite, perché a chi è come loro appartiene il Regno di Dio» ( Mc 10, 14) [13] .

Per poter ricevere la prima Comunione si richiede che il bambino sia a conoscenza, secondo le sue capacità, dei principali misteri della fede e che sappia distinguere il Pane eucaristico dal pane comune. «È dovere innanzitutto dei genitori e di coloro che ne hanno le veci, come pure del parroco, provvedere affinché i fanciulli che hanno raggiunto l’uso di ragione siano debitamente preparati e quanto prima, premessa la confessione sacramentale , alimentati di questo divino cibo» [14] .

5.7. Gli effetti della Sacra Comunione

Quello che il cibo produce nel corpo per il bene della vita fisica, lo produce nell’anima l’Eucaristia, in un modo infinitamente più sublime, a vantaggio della vita spirituale. Ma mentre il cibo si trasforma nella nostra sostanza corporea, quando riceviamo la Sacra Comunione, siamo noi che ci trasformiamo in Cristo: «Non sarai tu a trasformarmi in te, come fai con il nutrimento per il corpo, ma tu, piuttosto, ti trasformerai in Me» [15] . Mediante l’Eucaristia la nuova vita in Cristo , iniziata nel credente con il battesimo (cfr. Rm 6, 3-4; Gal 3, 27-28), può consolidarsi e svilupparsi fino a raggiungere la pienezza (cfr. Ef 4, 13), permettendo al cristiano di portare a termine l’ideale enunciato da san Paolo: «Non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me» ( Gal 2, 20) [16] .

Pertanto l’Eucaristia ci configura con Cristo, ci rende partecipi dell’essere e della missione del Figlio, ci identifica con le sue intenzioni e i suoi sentimenti, ci dà la forza per amare come ci chiede Cristo (cfr. Gv 13, 34-35), per infiammare tutti gli uomini e le donne del nostro tempo con il fuoco dell’amore divino che Egli è venuto a portare sulla terra (cfr. Lc 12, 49). Tutto questo si deve manifestare nella nostra vita: «Il rinnovamento che si opera in noi al ricevere il corpo del Signore deve essere manifestato nelle opere. […] Rendiamo le nostre parole vere, chiare, opportune: che sappiano consolare e aiutare, che sappiano soprattutto portare agli altri la luce di Dio. Rendiamo le nostre azioni coerenti, efficaci, appropriate: abbiano il bonus odor Christi ( 2 Cor 2, 15), il profumo di Cristo, che ce ne richiama il comportamento e la vita» [17] .

Dio, mediante la Sacra Comunione, aumenta le grazie e le virtù, perdona i peccati veniali e la pena temporale, preserva dai peccati mortali e concede la perseveranza nel bene: in una parola, stringe i legami di unione con Lui (cfr. Catechismo , 1394-1395). Però l’Eucaristia non è stata istituita per il perdono dei peccati mortali; questo è proprio del sacramento della Riconciliazione (cfr. Catechismo , 1395).

L’Eucaristia causa l’unità di tutti i fedeli cristiani nel Signore, ossia, l’unità della Chiesa, Corpo Mistico di Cristo (cfr. Catechismo , 1396).

L’Eucaristia è pegno o garanzia della gloria futura , ossia, della risurrezione e della vita eterna e felice insieme a Dio, Uno e Trino, agli Angeli e a tutti i santi. «Poiché Cristo è passato da questo mondo al Padre, nell’Eucaristia ci dona il pegno della gloria futura presso di Lui: la partecipazione al Santo Sacrificio ci identifica con il suo Cuore, sostiene le nostre forze lungo il pellegrinaggio di questa vita, ci fa desiderare la vita eterna e già ci unisce alla Chiesa del Cielo, alla Santa Vergine Maria e a tutti i Santi» ( Catechismo , 1419).

Angel García Ibáñez

Bibliografia di base

Catechismo della Chiesa Cattolica , 1373-1405.

Giovanni Paolo II, Enc. Ecclesia de Eucharistia , 17-IV-2003, 15; 21-25; 34-46.

Benedetto XVI, Es. Ap. Sacramentum caritatis , 22-II-2007, 14-15; 30-32; 66-69.

Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, Istruzione Redemptionis Sacramentum , 25-III-2004, 80-107; 129-145; 146-160.

Letture raccomandate

San Josemaría, Omelia L’Eucaristia, mistero di fede e d’amore , in È Gesù che passa , 150-161.

J. Ratzinger, Il Dio vicino. L'eucaristia, cuore della vita cristiana , San Paolo, 2008

J. Echevarría, Eucaristía y vida cristiana , Rialp, Madrid 2005, pp. 17-47; 81-116; 117-151.

J.R. Villar – F.M. Arocena – L. Touze, Eucaristía , in C. Izquierdo (dir.), Diccionario de Teología, Eunsa, Pamplona 2006, pp. 360-361; 366-370.

-----------------------------------------------

[1] Per questo «la comunione con la sola specie del pane permette di ricevere tutto il frutto di grazia dell’Eucaristia» ( Catechismo , 1390).

[2] Cfr. Paolo VI, Enc. Mysterium fidei , 56; Giovanni Paolo II, Enc. Ecclesia de Eucharistia , 29; Benedetto XVI, Es. Ap. Sacramentum caritatis , 66-69; Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, Istr. Redemptionis Sacramentum , 129-145.

[3] Giovanni Paolo II, Lettera Dominicae Cenae , 3.

[4] Il termine pasqua proviene dall’ebraico e originariamente significa passaggio , transito . Nel libro dell’Esodo, in cui si narra la prima Pasqua ebraica (cfr. Es 12, 1-14; 12, 21-27), tale termine è legato al verbo “passare”, al passaggio del Signore e del suo angelo nella notte della liberazione (quando il Popolo eletto celebrò la Cena Pasquale), e al transito del Popolo di Dio dalla schiavitù d’Egitto alla libertà della terra promessa.

[5] Questo non vuol dire che senza la Comunione di tutti i presenti la celebrazione dell’Eucaristia sia invalida; o che tutti si debbano comunicare con le due specie; detta Comunione è necessaria solo per il sacerdote celebrante.

[6] Cfr. Messale Romano, Institutio generalis , 80; Giovanni Paolo II, Enc. Ecclesia de Eucharistia , 16; Congregazione per il Culto divino e la Disciplina dei Sacramenti, Istr. Redemptionis Sacramentum , 81-83; 88-89.

[7] CIC, 910; cfr. Messale Romano, Institutio generalis , 92-94.

[8] Cfr. CIC, 910 § 2; Messale Romano, Institutio generalis , 98; Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, Istr. Redemptionis Sacramentum , 154-160.

[9] Cfr. CIC, 910 § 2 e 230 § 3; Messale Romano, Institutio generalis , 100 e 162; Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, Istr. Redemptionis Sacramentum , 88.

[10] Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, Istr. Redemptionis Sacramentum , 94; cfr. Messale Romano, Institutio generalis , 160.

[11] Cfr. CIC, 919 § 1.

[12] Cfr. Giovanni Paolo II, Lettera Dominicae Cenae , 11; Messale Romano, Institutio generalis , 161; Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, Istr. Redemptionis Sacramentum , 92.

[13] Cfr. San Pio X, Decreto Quam singulari , I: DS 3530; CIC, 913-914; Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, Istr. Redemptionis Sacramentum , 87.

[14] CIC, 914; cfr. Catechismo , 1457.

[15] Sant’Agostino, Confessioni, 7, 10: CSEL 38/1, 157.

[16] È chiaro che se gli effetti salvifici dell’Eucaristia non si ottengono in un sol colpo nella loro pienezza, «non è per difetto della potenza di Cristo, ma per difetto della devozione dell’uomo» (San Tommaso d’Aquino, Summa Theologiae , III, q. 79, a. 5, ad 3).

[17] San Josemaría, È Gesù che passa , 156.