Spunti per pregare a casa

Può esserti utile trovare, di tanto in tanto, un tempo prolungato da dedicare interamente al Signore. Per aiutarti in questo tempo di preghiera, ti proponiamo un possibile schema e del materiale pensato per preparazione alla Pasqua e il Tempo Pasquale. Prendi con la massima libertà questa proposta: l’unico obiettivo è stare in raccoglimento in compagnia del Signore.

In questo articolo segnaliamo dei contenuti utili per la preghiera personale di ogni giorno presenti sul nostro sito.

Spunti per pregare a casa marzo-aprile 2021 (preparazione alla Pasqua e Tempo Pasquale) ► Scarica la guida in formato pdf


Spunti per pregare a casa, indice dei contenuti

Invocazione allo Spirito Santo

Meditazione personale, La Santa Messa

Lettura spirituale (Prima di Pasqua)

Lettura spirituale (Dopo la Pasqua)

Esame di coscienza

Visita al Santissimo Sacramento

Comunione spirituale

Preghiera finale


Dedicare del tempo esclusivo alla preghiera

È difficile, nei ritmi intensi delle nostre giornate, riuscire a dedicare un po’ di tempo al Signore. Alla fine rimaniamo sempre con il rammarico di lasciare troppo poco spazio alla preghiera.

Per questo è di grande aiuto la pratica del ritiro mensile: un tempo prolungato, una volta al mese, dedicato interamente al Signore. Se puoi partecipare ad un ritiro mensile organizzato, non farti sfuggire l’opportunità, anche se ti richiedesse un po’ di sforzo liberarti da altri impegni.

Se non puoi, prova almeno a raccoglierti per un tempo consistente (un’ora o due). Meglio se in una chiesa, in modo da poter stare alla presenza del Signore nell’eucaristia. Evitando le distrazioni distrazioni, magari con il cellulare/tablet in modalità “uso in aereo”.

Per aiutarti in questo tempo di preghiera, ti proponiamo un possibile schema e del materiale. Soffermati a pregare liberamente tra un’attività e l’altra. Ovviamente l’unico obiettivo è stare in raccoglimento in compagnia del Signore, quindi prendi con la massima libertà questa proposta e utilizza il materiale che segue come meglio credi.

Se puoi dedicare un po' più di tempo a questo appuntamento, ti consigliamo di includere la recita del Rosario, magari come prima cosa, per chiedere l'aiuto di Maria.

Inoltre, specialmente durante la Quaresima, può essere molto fruttuoso praticare la devozione della Via Crucis.

Dopo Pasqua, invece, per quanto bellissima, la Via Crucis sarebbe una devozione un po’ “fuori tempo”. Ti consigliamo invece di recitare i Misteri gloriosi del Rosario leggendo una breve meditazione prima di ogni mistero. Ti segnaliamo le meditazioni dal libro Santo Rosario di san Josemaría, oppure questa raccolta di riflessioni del Papa sui Misteri gloriosi del rosario.


Invocazione allo Spirito Santo

Nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo.

Vieni, Santo Spirito, riempi il cuore dei tuoi fedeli e accendi in essi il fuoco del tuo amore. Concedimi la tua grazia per questo tempo di preghiera che sto iniziando.

Padre nostro. Ave Maria. Gloria al Padre.


Leggi il brano del Vangelo. Se ti aiuta, leggilo più volte, facendo attenzione ai dettagli e provando a immaginarti la scena. Chiediti che cosa vuol dire l'insegnamento di Gesù; poi chiediti come si applica questo insegnamento alla tua vita. Cerca sempre di dialogare con il Signore.

Vangelo (Giovanni 6,48-57)

«Io sono il pane della vita. I vostri padri hanno mangiato la manna nel deserto e sono morti; questo è il pane che discende dal cielo, perché chi ne mangia non muoia. Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo». Allora i Giudei si misero a discutere tra di loro: «Come può costui darci la sua carne da mangiare?». Gesù disse: «In verità, in verità vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avrete in voi la vita. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue dimora in me e io in lui. Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia di me vivrà per me».

* * * * *

Meditazione personale, La Santa Messa

Di seguito vengono alcuni testi, che possono arricchire la tua meditazione su questo brano del Vangelo. Soffermati con calma su ciascuno, lascia che ispirino il tuo dialogo con Dio.

Senso universale della Messa

Quando penso all’Eucaristia, guardando alla mia vita di sacerdote, di Vescovo, di Successore di Pietro, mi viene spontaneo ricordare i tanti momenti e i tanti luoghi in cui mi è stato concesso di celebrarla. Ricordo la chiesa parrocchiale di Niegowić, dove svolsi il mio primo incarico pastorale, la collegiata di san Floriano a Cracovia, la cattedrale del Wawel, la basilica di san Pietro e le tante basiliche e chiese di Roma e del mondo intero. Ho potuto celebrare la Santa Messa in cappelle poste sui sentieri di montagna, sulle sponde dei laghi, sulle rive del mare; l’ho celebrata su altari costruiti negli stadi, nelle piazze delle città... Questo scenario così variegato delle mie Celebrazioni eucaristiche me ne fa sperimentare fortemente il carattere universale e, per così dire, cosmico. Sì, cosmico! Perché anche quando viene celebrata sul piccolo altare di una chiesa di campagna, l’Eucaristia è sempre celebrata, in certo senso, sull’altare del mondo. Essa unisce il cielo e la terra. Comprende e pervade tutto il creato. Il Figlio di Dio si è fatto uomo, per restituire tutto il creato, in un supremo atto di lode, a Colui che lo ha fatto dal nulla. E così Lui, il sommo ed eterno Sacerdote, entrando mediante il sangue della sua Croce nel santuario eterno, restituisce al Creatore e Padre tutta la creazione redenta. Lo fa mediante il ministero sacerdotale della Chiesa, a gloria della Trinità Santissima. Davvero è questo il mysterium fidei che si realizza nell’Eucaristia: il mondo uscito dalle mani di Dio creatore torna a Lui redento da Cristo.

San Giovanni Paolo II, enc. Ecclesia de Eucharistia, n. 8.

Intimità con Gesù

L’amore per Cristo, che si offre per noi, ci fa trovare, al termine della Messa, alcuni minuti per un ringraziamento personale, intimo, che prolunghi nel silenzio del cuore l’azione di grazie dell’Eucaristia. […] Molte volte, oggetto fondamentale del nostro dialogo con Cristo può essere la considerazione che il Signore è per noi Re, Medico, Maestro, Amico.

È Re e desidera regnare nei nostri cuori di figli di Dio. Ma mettiamo da parte l’immagine che abbiamo dei regni della terra: Cristo non domina né cerca di imporsi, perché «non è venuto per essere servito, ma per servire» (Mt 20,28). Suo regno è la pace, la gioia, la giustizia. Cristo, nostro re, non vuole da noi ragionamenti inutili, ma fatti, perché «non chiunque mi dice: Signore, Signore! entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli» (Mt 7,21).

È Medico e cura il nostro egoismo quando lasciamo che la sua grazia penetri fino in fondo alla nostra anima. Gesù ci ha avvertiti che la malattia peggiore è l’ipocrisia, l’orgoglio che porta a dissimulare i propri peccati. Con il Medico è necessaria una sincerità assoluta, bisogna spiegare interamente la verità e dire: «Domine, si vis, potes me mundare!» (Mt 8,2), Signore, se vuoi — e Tu vuoi sempre — puoi guarirmi. Tu conosci la mia fragilità; avverto questi sintomi, soffro queste debolezze. E gli mostriamo con semplicità le ferite, e il pus, se c’è pus. Signore, Tu che hai curato tante anime, fa’ che, mentre ti porto nel mio cuore o ti contemplo nel Tabernacolo, ti riconosca come Medico divino.

È Maestro di una scienza che soltanto Lui possiede: quella dell’amore illimitato per Dio e, in Dio, per tutti gli uomini. Alla scuola di Cristo si impara che la nostra esistenza non ci appartiene: Egli ha dato la sua vita per tutti gli uomini, e noi, che lo seguiamo, dobbiamo comprendere che non possiamo appropriarci in modo egoistico della nostra, ignorando i dolori e le sofferenze degli altri. La nostra vita è di Dio e dobbiamo consumarla al suo servizio, preoccupandoci generosamente delle anime; dimostrando, con la parola e l’esempio, la profondità delle esigenze della vita cristiana. […]

Egli è Amico: è l’Amico! «Vos autem dixi amicos» (Gv 15,15). Ci chiama amici ed è stato Lui a fare il primo passo; ci ha amati per primo. Non impone tuttavia il suo amore: ce lo offre. Ce lo dimostra con il segno più evidente dell’amicizia: «Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici» (Gv 15,13). Era amico di Lazzaro e pianse per lui, quando lo vide morto: e lo risuscitò.

San Josemaría Escrivá, È Gesù che passa, nn. 92-93.

La Messa, il tesoro più grande

Tutte le buone opere messe insieme non equivalgono al sacrificio della Messa, perché sono opere degli uomini, mentre la Santa Messa è opera di Dio. Non c’è niente di tanto grande quanto l’Eucaristia.

San Giovanni Maria Vianney


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Lettura spirituale

Lettura spirituale sulla Passione (per prima di Pasqua)

da Sant’Alfonso Maria de’ Liguori, Considerazioni ed affetti sovra la Passione (1761)

XIV - Gesù è crocifisso

Appena che fu arrivato Gesù sul Calvario, tutto addolorato e stanco, subito gli danno a bere il vino misto col fiele, solito darsi a’ condannati alla croce per render meno acerbo in essi il sentimento del dolore; ma Gesù che volea morir senza sollievo, appena lo gustò e non volle bere: Et dederunt ei vinum bibere cum felle mixtum, et cum gustasset, noluit bibere (Matth. XXVII, 34). Indi fattosi un circolo di gente dintorno a Gesù, i soldati gli tolgono le vesti le quali, stando attaccate a quel corpo tutto impiagato e lacero, nell’essergliele tolte, ne portan seco molte parti di carne; e poi lo gittano sulla croce. Gesù stende le sagre mani ed offerisce all’Eterno Padre il gran sagrificio di se stesso, e lo prega ad accettarlo per la nostra salute.

Ecco, già prendono con furia i chiodi e i martelli, e, trafiggendo le mani e i piedi del nostro Salvatore, l’attaccano alla croce. Il suono delle martellate rimbomba per quel monte e si fa sentire anche da Maria, che giunta ivi già era, seguendo il Figlio. -O mani sagrate, che col vostro tatto sanaste tanti infermi, perché ora vi trafiggono in questa croce? O piedi sagrosanti, che tanto vi stancaste per andar cercando noi pecorelle perdute, perché ora v’inchiodano con tanto dolore?

Nel corpo umano appena che venga punto un nervo, è sì acuto il dolore che cagiona tramortimenti e spasimi di morte; or quale sarà stato il dolore di Gesù in essergli trapassati con que’ chiodi le mani e i piedi, luoghi pieni di ossa e di nervi? -O mio dolce Salvatore, e quanto vi costò la mia salute e ’l desiderio di acquistarvi l’amore di me misero verme! Ed io tante volte ingrato vi ho negato l’amor mio e v’ho voltate le spalle!

Ecco come si alza la croce insieme col Crocifisso e si fa cadere con violenza nel buco fatto nel sasso. Si ferma poi con pietre e legni, e resta Gesù trafitto in quella tra due ladri a lasciarvi la vita: Et crucifixerunt eum, et cum eo alios duos hinc et hinc, medium autem Iesum (Io. XIX, 18); siccome avea già predetto Isaia (LIII, 12): Et cum sceleratis reputatus est. Stava sulla croce appeso il cartello in cui leggeasi scritto: Gesù Nazzareno Re de’ Giudei. Voleano i sacerdoti che si mutasse un tal titolo; ma Pilato mutar nol volle, perché Dio voleva che tutti sapessero che gli Ebrei faceano morire il vero loro Re e Messia, da essi stessi per tanto tempo aspettato e sospirato.

Gesù in croce! Ecco la prova dell’amore di un Dio. Ecco l’ultima comparsa che fa su questa terra il Verbo incarnato. La prima fu in una stalla, quest’ultima è in una croce; l’una e l’altra dimostrano l’amore e la carità immensa ch’egli ha per gli uomini. S. Francesco di Paola contemplando un giorno l’amore di Gesù Cristo nella sua morte, stando in estasi e sollevato da terra, esclamò a gran voce tre volte: O Dio carità! o Dio carità! o Dio carità! Volendo con ciò il Signore farci istruire dal santo che noi non mai sarem capaci di comprender l’amore infinito che ci ha dimostrato questo Dio nel voler tanto patire e morire per noi. -Anima mia, accostati umiliata intanto e intenerita a quella croce, bacia pur quell’altare dove muore per te qual vittima d’amore il tuo amante Signore. Mettiti sotto i suoi piedi, e fa che scorra sovra di te quel sangue divino, e prega l’Eterno Padre dicendo, ma in altro senso di quello in cui lo diceano i Giudei: Sanguis eius super nos (Matth. XXVII, 25): Signore, scenda questo sangue sovra di noi, e ci lavi da’ nostri peccati. Questo sangue non vi dimanda vendetta, come chiedeva il sangue di Abele, ma vi cerca per noi pietà e perdono. Così ci fa animo a sperare il vostro Apostolo, mentre ci dice: Sed accessistis ad... mediatorem Iesum, et sanguinis aspersionem melius loquentem quam Abel (Hebr. XII, 24).

Oh Dio, e quanto patisce sulla croce il nostro moribondo Salvatore! Ogni membro è addolorato, e l’uno non può soccorrere l’altro, mentre le mani e i piedi stanno tutti inchiodati. Oimè che in ogni momento egli soffre dolori di morte; sicché può dirsi che in quelle tre ore di agonia soffrì Gesù tante morti, quanti furono i momenti in cui stette in croce. Su quel letto di dolore non ebbe l’afflitto Signore un momento di sollievo o di riposo. Ora si appoggiava su i piedi or sulle mani; ma dove si appoggiava cresceva il dolore. Quel corpo sagrosanto in somma stava sospeso sovra le sue medesime piaghe, sicché quelle mani e piedi trafitti dovean sostenere il peso di tutto il corpo. -O caro mio Redentore, s’io vi miro da fuori, non vedo che piaghe e sangue; se poi vi osservo nell’interno, vedo il vostro Cuore tutto afflitto e sconsolato. Leggo su questa croce che voi siete re; ma quale insegna mai avete già voi di re? Io non vedo altro soglio che questo legno d’obbrobrio; non vedo altra porpora che la vostra carne insanguinata e lacera; non altra corona che questo fascio di spine, che tanto seguita a tormentarvi. Ah che tutto vi dichiara re non già d’onore, ma re d’amore: questa croce, questo sangue, questi chiodi e questa corona, sì che tutte sono insegne d’amore.

Quindi Gesù dalla croce non tanto cerca da noi la nostra compassione, quanto il nostro affetto. E se chiede compassione, la chiede solo acciocché quella c’induca ad amarlo. Egli per la sua bontà merita già tutto il nostro amore, ma ora par che almeno per compassione cerchi da noi d’essere amato. Ah Gesù mio, ben aveste voi ragion di dire, prima del tempo della vostra Passione, che innalzato sulla croce vi avreste tirati tutti i nostri cuori: Cum exaltatus fuero, omnia traham ad meipsum (Io. XII, 32). Oh quali saette di fuoco voi mandate a’ nostri cuori da cotesto trono d’amore! Oh quante anime felici da cotesta croce avete a voi tirate, liberandole dalle fauci dell’inferno! Datemi dunque licenza di dirvi: Con ragione, Signor mio, vi han collocato a morire in mezzo a due ladri, mentre voi col vostro amore avete santamente rapite a Lucifero tante anime, che per giustizia a lui spettavano a causa de’ loro peccati. Ed una di queste rapite spero d’essere io. O piaghe del mio Gesù, o belle fornaci d’amore, ricevetemi tra voi ad ardere non già del fuoco dell’inferno da me meritato, ma di sante fiamme d’amore per quel Dio che consumato da’ tormenti ha voluto morire per me.

I carnefici, dopo aver crocifisso Gesù, si giocano le sue vesti, secondo predisse già Davide: Diviserunt sibi vestimenta mea, et super vestem meam miserunt sortem (Ps. XXI, 19). E poi si mettono a sedere aspettando la sua morte. -Anima mia, siedi tu ancora a’ piedi di quella croce, e sotto la di lei ombra di salute riposa in tutta la tua vita, affinché possi dire colla sua Sposa: Sub umbra illius, quem desideraveram sedi (Cant. II, 3). - Oh che bel riposo è quel che trovano l’anime amanti di Dio ne’ tumulti del mondo, nelle tentazioni dell’inferno e ne’ timori de’ divini giudizi, a vista di Gesù crocifisso!

Stando Gesù moribondo, colle membra così addolorate e col Cuore così desolato e mesto, cercava chi lo consolasse. Ma no, mio Redentore, non v’è chi vi consoli. Almeno vi fosse chi vi compatisse e con lagrime accompagnasse la vostra amara agonia. Ma oimè! sento che altri v’ingiuriano, altri vi deridono, altri vi bestemmiano. Chi vi dice: Si filius Dei es, descende de cruce (Matth. XXVII, 40); chi vi dice: Vah qui destruis templum Dei, salvum fac temetipsum (Marc. XV, 29); 5 chi vi dice: Alios salvos fecit, seipsum non potest salvum facere (Matth. XXVII, 42). Oh Dio, qual condannato s’è veduto mai esser caricato d’ingiurie e di rimproveri, nello stesso tempo che sta sul patibolo morendo?

XV - Parole dette da Gesù in croce

Ma Gesù che fa, che dice, vedendo farsegli tanti oltraggi? Prega per coloro che così lo maltrattano: Pater, dice, dimitte illis, non enim sciunt quid faciunt (Luc. XXIII, 34). Gesù allora pregò ancora per noi peccatori. Onde noi rivolti all’Eterno Padre diciamogli con confidenza: O Padre, ascoltate la voce di questo Figlio diletto che vi prega a perdonarci. Un tal perdono è sì bene misericordia a riguardo nostro, perché noi non lo meritiamo; ma è giustizia a riguardo di Gesù Cristo, che sovrabbondantemente vi ha soddisfatto per li nostri peccati. Voi vi siete obbligato per li meriti suoi a perdonare e ricever nella vostra grazia chi si pente delle offese che v’ha fatte. Io, Padre mio, mi pento con tutto il cuore di avervi offeso, ed in nome di questo Figlio vi cerco il perdono: perdonatemi e ricevetemi nella grazia vostra.

Domine, memento mei cum veneris in regnum tuum (Luc. XXIII, 42). - Così il buon ladrone pregò Gesù moribondo, e Gesù gli rispose: Amen dico tibi, hodie mecum eris in paradiso (Ibid. 43). E qui si avverò quel che prima disse Dio per Ezechiele, che quando il peccatore si pente delle sue colpe, Iddio lo perdona e si scorda delle offese che gli ha fatte: Si autem impius egerit poenitentiam... omnium iniquitatum eius non recordabor (Ezech. XVIII, 21 et 22). -O pietà immensa, o bontà infinita del mio Dio, e chi non v’amerà? Sì, Gesù mio, scordatevi delle ingiurie che v’ho fatte, e ricordatevi della morte amara che per me avete sofferta, e, per questa, donatemi il vostro regno nell’altra vita, e frattanto, nella vita presente, regni sovra di me il vostro santo amore. Il solo amor vostro domini nel mio cuore, ed egli sia l’unico mio signore, l’unico mio desiderio, l’unico mio amore. Felice ladro che meritaste di accompagnar con pazienza la morte di Gesù! E felice me, o Gesù mio, se avrò la sorte di morire amandovi, unendo la morte mia colla vostra santa morte!

Stabant autem iuxta crucem Iesu Mater eius etc. (Io. XIX, 25). - Considera, anima mia, Maria a piè della croce, che, trafitta dal dolore e cogli occhi fissi verso l’amato ed innocente Figlio, sta contemplando le immense sue pene esterne ed interne tra cui sen muore. Sta ben ella tutta rassegnata ed in pace, offerendo all’Eterno Padre la morte del Figlio per la nostra salute, ma troppo l’affligge la compassione e l’amore. Oh Dio! chi mai non compatirebbe una madre che si trovasse vicina al patibolo del figlio, che gli sta morendo innanzi agli occhi? Ma qui dee considerarsi qual sia questa Madre e quale questo Figlio. Maria amava tal Figlio immensamente più che tutti i figli non sono stati amati dalle loro madri. Ella amava Gesù che insieme era suo Figlio e Dio: Figlio ch’era sommamente amabile, tutto bello e santo: Figlio che l’era stato sempre rispettoso e ubbidiente: Figlio che l’avea tanto amata, ed egli stesso fin dall’eternità se l’avea eletta per madre. E questa Madre fu quella ch’ebbe a vedersi morire un tal Figlio di dolore innanzi agli occhi suoi, su quel legno infame, senza potergli dare alcun sollievo, anzi accrescendo colla sua presenza la pena del Figlio, che vedeala così patire per suo amore.

O Maria, per la pena che patiste nella morte di Gesù, abbiate pietà di me e raccomandatemi al vostro Figlio. Udite com’egli dalla croce in persona di Giovanni a voi mi raccomanda: Mulier, ecce filius tuus (Io. XIX, 26).

Et circa horam nonam clamavit Iesus voce magna, dicens:.. Deus meus, Deus meus, ut quid dereliquisti me? (Matth. XXVII, 46). - Gesù agonizzante sulla croce, stando tutto addolorato nel corpo e tutto afflitto nell’anima - poiché quella mestizia che l’assalì nell’orto allorché disse: Tristis est anima mea usque ad mortem, l’accompagnò sino all’ultimo respiro di sua vita - va cercando chi lo consoli, ma non lo trova, come già avea predetto per Davide: Et sustinui... qui consolaretur et non inveni (Ps. LXVIII, 21). Guarda egli la Madre, e quella, come considerammo, non lo consola, ma colla sua vista più l’affligge. Guarda d’intorno, e scorge che tutti gli son nemici. Onde, vedendosi privo d’ogni conforto, si volta all’Eterno Padre a cercar sollievo; ma il Padre, mirandolo coperto di tutti i peccati degli uomini, per cui stava egli su quella croce a soddisfare la sua divina giustizia, anche il Padre l’abbandona ad una morte di pura pena. Ed allora fu che Gesù gridò a gran voce, per esprimer la veemenza della sua pena, e disse: Dio mio, Dio mio, e perché voi ancora mi avete abbandonato? Perciò la morte di Gesù Cristo fu la morte più amara delle morti di tutti i martiri, mentre fu una morte tutta desolata e priva d’ogni conforto.

Ma, Gesù mio, se voi spontaneamente vi offeriste a questa morte sì dura, perché ora così vi lamentate? Ah sì v’intendo: voi vi lamentate per farci comprender la pena eccessiva con cui morite, e per darci insieme animo a confidare e rassegnarci in tempo che ci vediamo desolati e privi dell’assistenza sensibile della divina grazia.

Dolce mio Redentore, questo vostro abbandono mi fa sperare che Iddio non abbandoni me per tante volte che l’ho tradito. O Gesù mio, come ho potuto io vivere tanto tempo scordato di voi? Vi ringrazio che voi non vi siete scordato di me. Deh vi prego a ricordarmi sempre la morte desolata che avete sofferta per amor mio, acciocch’io non mi scordi più di voi e dell’amore che mi avete portato.

Indi il Salvatore, sapendo che già era consumato il suo sagrificio, disse che avea sete, ed i soldati gli posero alla bocca una spugna ripiena d’aceto: Postea sciens Iesus quia omnia consummata sunt, ut consummaretur Scriptura, dixit: Sitio... Illi autem spongiam plenam aceto... obtulerunt ori eius (Io. XIX, 28 et 29). La Scrittura che dovea avverarsi era quella di Davide: Et in siti mea potaverunt me aceto (Ps. LXVIII, 22). - Ma, Signore, voi non vi lagnate di tanti dolori che vi stan togliendo la vita, e poi vi lamentate della sete? Ah che la sete di Gesù è altra di quella che noi pensiamo. La sete ch’egli ha, è il desiderio d’esser amato dall’anime per cui muore.

Dunque, Gesù mio, voi avete sete di me misero verme, ed io non avrò sete di voi bene infinito? Ah sì ch’io vi voglio, v’amo e desidero di compiacervi in tutto. Aiutatemi voi, Signore, a discacciar dal mio cuore tutti i desideri terreni, e fate che in me regni il solo desiderio di darvi gusto e di far la vostra volontà. O santa volontà di Dio, voi che siete la beata fonte che saziate l’anime innamorate, voi saziate me ancora, e siate lo scopo di tutt’i miei pensieri e di tutti gli affetti miei.

XVI - Morte di Gesù

Ma già l’amabil nostro Redentore s’avvicina al fine di sua vita. -Anima mia, va guardando quegli occhi che si oscurano, quella bella faccia che impallidisce, quel Cuore che palpita con lento moto, quel sagro corpo che già si va abbandonando alla morte.

Cum ergo accepisset Iesus acetum. dixit: Consummatum est (Io. XIX, 30). Stando dunque Gesù già prossimo a spirare, si pose avanti gli occhi tutti i patimenti della sua vita, povertà, sudori, pene ed ingiurie sofferte, e tutto di nuovo offerendolo all’eterno suo Padre disse: Tutto è compito, tutto si è consumato. Si è consumato tutto ciò che di me è stato predetto da’ profeti, è stato in somma consumato intieramente il sagrificio che Dio aspettava per placarsi col mondo, e già la divina giustizia è stata appieno soddisfatta. Consummatum est, disse Gesù rivolto a suo Padre; consummatum est, disse nello stesso tempo rivolto verso di noi, come dicesse: Uomini, ho compito di fare tutto quel che poteva io fare per salvarvi ed acquistarmi il vostro amore; ho fatta io la parte mia, fate voi ora la vostra: amatemi, e non vi rincresca di amare un Dio ch’è giunto a morire per voi.- Ah mio Salvatore, potessi anch’io nel punto di mia morte dire, almeno per questa vita che mi resta: Consummatum est: Signore, ho adempita la vostra volontà, vi ho ubbidito in tutto. Datemi forza, Gesù mio, mentre col vostro aiuto propongo e spero tutto di farlo.

Et clamans voce magna Iesus ait: Pater, in manus tuas commendo spiritum meum (Luc. XXIII, 46). Questa fu l’ultima parola che Gesù disse in croce. Vedendo egli che l’anima sua benedetta stava già vicina a separarsi dal suo lacero corpo, dice tutto rassegnato nel divino volere e con confidenza di figlio: Padre, vi raccomando lo spirito mio: come dicesse: Padre mio, io non ho volontà, non voglio né vivere né morire; se mai vi piace ch’io seguiti a patire in questa croce, eccomi son pronto; in mano vostra io rimetto il mio spirito, fate di me quel che volete. -Oh così dicessimo ancor noi, allorché stiamo su qualche croce, lasciandoci in tutto guidare dal Signore secondo il suo beneplacito! Questo, dice S. Francesco di Sales, è quel santo abbandonamento in Dio che fa tutta la nostra perfezione. Specialmente ciò dobbiam fare in punto di morte; ma per ben farlo allora dobbiamo spesso praticarlo in vita. - Sì, Gesù mio, nelle vostre mani ripongo la mia vita e la mia morte; in voi tutto m’abbandono, e da ora, per quando sarà giunto il fine del mio vivere, vi raccomando l’anima mia: voi accoglietela nelle vostre sante piaghe, siccome il vostro Padre accolse lo spirito vostro, quando moriste in croce.

Ma ecco Gesù che già sen muore. Venite, angeli del cielo, venite ad assistere alla morte del vostro Dio. E voi, o Madre addolorata Maria, accostatevi più alla croce, alzate gli occhi verso del vostro Figlio e miratelo più attenta, perché già sta vicino a spirare. -Ecco che ’l Redentore già chiama la morte, e le dà licenza di venire ad ucciderlo: Vieni, morte, le dice, via su, fa l’officio tuo, toglimi la vita, e salva le mie pecorelle. Ed ecco che già trema la terra, s’aprono i sepolcri, si squarcia il velo del tempio. Ecco finalmente come al moribondo Signore, per la violenza del dolore, già mancano le forze, manca il calor naturale, manca il respiro ed egli già si abbandona col corpo, abbassa la testa sul petto, apre la bocca e spira: Et inclinato capite, tradidit spiritum (Io. XIX, 30).

Esci, anima bella del mio Salvatore, esci, e vanne ad aprirci il paradiso per noi sinora già chiuso: vanne a presentarti alla divina Maestà ed impetraci il perdono e la salute. - La gente rivolta già verso di Gesù per causa della forte voce colla quale avea proferite quell’ultime parole, lo mira con attenzione in silenzio, lo vede spirare, ed osservando che non fa più moto, dice: È morto, è morto. Così Maria ascolta dire da tutti, e così anch’ella dice: Ah Figlio mio, sei già morto!

È morto! Oh Dio, chi è morto? L’autor della vita, l’Unigenito di Dio, il Signore del mondo. -O morte che fosti lo stupore del cielo e della natura! un Dio morire per le sue creature! O carità infinita! un Dio sagrificarsi tutto, sagrificar le sue delizie, il suo onore, il suo sangue, la sua vita, per chi? per creature ingrate, e morire in un mar di dolori e di disprezzi, per pagare le nostre colpe!

Anima mia, alza gli occhi e guarda quell’Uom crocifisso. Mira quell’Agnello divino già sagrificato su quell’altare di dolore; pensa ch’egli è il Figlio diletto dell’Eterno Padre, e pensa ch’è morto per l’amore che t’ha portato. Vedi come tiene le braccia stese per accoglierti, il capo chino per darti il bacio di pace, il costato aperto per riceverti. Che dici? merita d’essere amato un Dio così buono e così amoroso? Senti quel che ti dice il tuo Signore da quella croce: Figlio, vedi se v’è nel mondo chi t’abbia amato più di me tuo Dio!- Ah mio Dio e mio Redentore, dunque voi siete morto e morto colla morte la più infame e dolorosa; e perché? Per acquistarvi il mio amore. Ma quale amor di una creatura giungerà mai a compensare l’amore del suo Creatore morto per lei? O Gesù mio adorato, o amore dell’anima mia, come potrò io scordarmi più di voi? come potrò amar altra cosa, dopo avervi mirato morir di dolore su questa croce per pagare i miei peccati e salvarmi? Come potrò vedervi morto e pendente da questo legno, e non amarvi con tutte le mie forze? potrò pensare che le mie colpe vi han ridotto a questo segno, e non pianger sempre con sommo dolore l’offese che v’ho fatte?

Oh Dio! se il più vile di tutti gli uomini avesse patito per me quel che ha sofferto Gesù Cristo; se mirassi un uomo lacerato dalle sferze, trafitto ad una croce, e fatto il ludibrio della gente per salvarmi la vita; potrei ricordarmene senza sentirmi intenerire d’affetto? E se me ne fosse portato il ritratto spirante in quel legno, potrei mirarlo con occhio indifferente dicendo: Oh questo misero è morto così tormentato per amor mio! se non mi avesse amato non sarebbe morto. Oimè! quanti Cristiani tengono un bel Crocifisso nella stanza, ma solo come un bel mobile: ne lodano la fattura e l’espression del dolore; ma poi nel loro cuore fa niuna o poca impressione, come non fosse l’immagine del Verbo incarnato, ma d’un uomo straniero ad essi incognito.

Ah Gesù mio, non permettete ch’io sia uno di costoro. Ricordatevi d’aver promesso che quando sareste stato innalzato in croce, avreste tirati a voi tutti i cuori. Ecco il mio cuore che, intenerito alla vostra morte, non vuol più resistere alle vostre chiamate; deh! tiratevelo voi tutto al vostro amore. Voi siete morto per me, ed io non voglio vivere che per voi. O dolori di Gesù, o ignominie di Gesù, o morte di Gesù, o amore di Gesù, fissatevi nel mio cuore, e resti per sempre ivi la vostra dolce memoria a ferirmi continuamente e ad infiammarmi d’amore.

O Padre Eterno, guardate Gesù morto per me, e per li meriti di questo Figlio usatemi misericordia. - Anima mia, non diffidare per li tuoi delitti commessi contra Dio: questo Padre è quegli stesso che l’ha dato al mondo per la nostra salute, e questo Figlio è quel medesimo che volontariamente s’è offerto a pagare i nostri peccati.

Ah Gesù mio, giacché voi per perdonarmi non avete perdonato a voi stesso, guardatemi con quello stesso affetto con cui mi guardaste un giorno, agonizzando per me sulla croce; guardatemi ed illuminatemi, e perdonatemi specialmente l’ingratitudine che v’ho usata per lo passato, in pensar sì poco alla vostra Passione ed all’amore che in quella mi avete dimostrato. Vi ringrazio della luce che mi date in farmi conoscere in queste vostre piaghe e lacere membra, come per tanti cancelli, il grande e tenero affetto che per me serbate. Povero me, se dopo questa luce io lasciassi d’amarvi o amassi altra cosa fuori di voi! Muoia io, vi dirò col vostro innamorato S. Francesco d’Assisi, per amore dell’amor vostro, o Gesù mio, che per amore dell’amor mio vi siete degnato morire.

O Cuore aperto del mio Redentore, o stanza beata dell’anime amanti, non isdegnate di ricevere ancora la misera anima mia.

O Maria, o madre di dolori, raccomandatemi al vostro Figlio che tenete morto tra le vostre braccia. Mirate le sue lacere carni, mirate il suo sangue divino sparso per me, e quindi apprendete quanto gli sia caro che voi gli raccomandiate la mia salute. La salute mia è amarlo, e questo amore voi avete da impetrarmi, ma un amore grande ed un amore eterno.

S. Francesco di Sales parlando di quel passo di S. Paolo: Caritas Christi urget nos, dice: «Sapendo noi che Gesù vero Dio ci ha amati fino a soffrire per noi la morte e morte di croce, non è questo un avere i nostri cuori sotto un torchio e sentirlo stringere per forza e spremerne l’amore per una violenza ch’è tanto più forte, quanto più è amabile?» 5 Dice poi, che il monte Calvario è il monte degli amanti. Indi soggiunge: «Ah, perché non ci gettiamo dunque sovra di Gesù crocifisso per morire sulla croce con colui che ha voluto morirvi per amore di noi? Io lo terrò, dovressimo dire, e non l’abbandonerò giammai: morirò con lui, ed abbrucerò nelle fiamme del suo amore. Uno stesso fuoco consumerà questo divino Creatore e la sua miserabile creatura. Il mio Gesù si dà tutto a me, ed io mi do tutto a lui. Io viverò e morirò sul suo petto; né la morte né la vita mi separeranno giammai da lui. O amore eterno, l’anima mia vi cerca e vi elegge eternamente. Deh venite, Spirito Santo, ed infiammate i nostri cuori colla vostra dilezione. O amare o morire. Morire ad ogni altro amore per vivere a quello di Gesù. O Salvatore dell’anime nostre, fate che cantiamo eternamente: Viva Gesù: io amo Gesù. Viva Gesù che amo: amo Gesù che vive ne’ secoli de’ secoli».

Concludiamo dicendo: O Agnello divino che vi siete sagrificato per la nostra salute! O vittima d’amore che siete stata consumata da’ dolori sulla croce! Oh vi sapessi amare come voi meritate! Oh potessi morir per voi, come voi siete morto per me! Io co’ miei peccati vi sono stato di pena in tutta la vostra vita, fate ch’io vi compiaccia nella vita che mi resta, vivendo solo a voi, mio amore, mio tutto.

O Maria, madre mia, voi siete la mia speranza, ottenetemi la grazia di amare Gesù.
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Lettura spirituale sulla Risurrezione (per dopo Pasqua)

dal Catechismo della Chiesa Cattolica

IL TERZO GIORNO RISUSCITÒ DA MORTE

638 «Noi vi annunziamo la Buona Novella che la promessa fatta ai padri si è compiuta, poiché Dio l’ha attuata per noi, loro figli, risuscitando Gesù» (At 13,32-33). La risurrezione di Gesù è la verità culminante della nostra fede in Cristo, creduta e vissuta come verità centrale dalla prima comunità cristiana, trasmessa come fondamentale dalla Tradizione, stabilita dai documenti del Nuovo Testamento, predicata come parte essenziale del mistero pasquale insieme con la croce:

«Cristo è risuscitato dai morti.
Con la sua morte ha vinto la morte,
ai morti ha dato la vita»[1].

I. L’avvenimento storico e trascendente

639 Il mistero della risurrezione di Cristo è un avvenimento reale che ha avuto manifestazioni storicamente constatate, come attesta il Nuovo Testamento. Già verso l’anno 56 san Paolo può scrivere ai cristiani di Corinto: «Vi ho trasmesso dunque, anzitutto, quello che anch’io ho ricevuto: che cioè Cristo morì per i nostri peccati secondo le Scritture, fu sepolto ed è risuscitato il terzo giorno secondo le Scritture, e che apparve a Cefa e quindi ai Dodici» (1Cor 15,3-4). L’Apostolo parla qui della tradizione viva della risurrezione che egli aveva appreso dopo la sua conversione alle porte di Damasco[2].

Il sepolcro vuoto

640 «Perché cercate tra i morti colui che è vivo? Non è qui, è risuscitato» (Lc 24,5-6). Nel quadro degli avvenimenti di pasqua, il primo elemento che si incontra è il sepolcro vuoto. Non è in sé una prova diretta. L’assenza del corpo di Cristo nella tomba potrebbe spiegarsi altrimenti[3]. Malgrado ciò, il sepolcro vuoto ha costituito per tutti un segno essenziale. La sua scoperta da parte dei discepoli è stato il primo passo verso il riconoscimento dell’evento della risurrezione. Dapprima è il caso delle pie donne[4], poi di Pietro[5]. Il discepolo «che Gesù amava» (Gv 20,2) afferma che, entrando nella tomba vuota e scorgendo «le bende per terra» (Gv 20,6), vide e credette[6]. Ciò suppone che egli abbia constatato, dallo stato in cui si trovava il sepolcro vuoto[7], che l’assenza del corpo di Gesù non poteva essere opera umana e che Gesù non era semplicemente ritornato ad una vita terrena come era avvenuto per Lazzaro[8].

Le apparizioni del Risorto

641 Maria di Magdala e le pie donne che andavano a completare l’imbalsamazione del corpo di Gesù[9], sepolto in fretta la sera del Venerdì Santo a causa del sopraggiungere del Sabato[10], sono state le prime ad incontrare il Risorto[11]. Le donne furono così le prime messaggere della risurrezione di Cristo per gli stessi Apostoli[12]. A loro Gesù appare in seguito: prima a Pietro, poi ai Dodici[13]. Pietro, chiamato a confermare la fede dei suoi fratelli[14], vede dunque il Risorto prima di loro ed è sulla sua testimonianza che la comunità esclama: «Davvero il Signore è risorto ed è apparso a Simone» (Lc 24,34).

642 Tutto ciò che è accaduto in quelle giornate pasquali impegna ciascuno degli Apostoli – e Pietro in modo del tutto particolare – nella costruzione dell’era nuova che ha inizio con il mattino di pasqua. Come testimoni del Risorto essi rimangono le pietre di fondazione della sua Chiesa. La fede della prima comunità dei credenti è fondata sulla testimonianza di uomini concreti, conosciuti dai cristiani e, nella maggior parte, ancora vivi in mezzo a loro. Questi «testimoni della risurrezione di Cristo»[15] sono prima di tutto Pietro e i Dodici, ma non solamente loro: Paolo parla chiaramente di più di cinquecento persone alle quali Gesù è apparso in una sola volta, oltre che a Giacomo e a tutti gli Apostoli[16].

643 Davanti a queste testimonianze è impossibile interpretare la risurrezione di Cristo al di fuori dell’ordine fisico e non riconoscerla come un avvenimento storico. Risulta dai fatti che la fede dei discepoli è stata sottoposta alla prova radicale della passione e della morte in croce del loro Maestro da lui stesso preannunziata[17]. Lo sbigottimento provocato dalla passione fu così grande che i discepoli (almeno alcuni di loro) non credettero subito alla notizia della risurrezione. Lungi dal presentarci una comunità presa da una esaltazione mistica, i Vangeli ci presentano i discepoli smarriti («tristi»: Lc 24,17) e spaventati[18], perché non hanno creduto alle pie donne che tornavano dal sepolcro e «quelle parole parvero loro come un vaneggiamento» (Lc 24,11). Quando Gesù si manifesta agli Undici la sera di pasqua, li rimprovera «per la loro incredulità e durezza di cuore, perché non avevano creduto a quelli che lo avevano visto risuscitato» (Mc 16,14).

644 Anche messi davanti alla realtà di Gesù risuscitato, i discepoli dubitano ancora[19], tanto la cosa appare loro impossibile: credono di vedere un fantasma[20]. «Per la grande gioia ancora non credevano ed erano stupefatti» (Lc 24,41). Tommaso conobbe la medesima prova del dubbio[21] e, quando vi fu l’ultima apparizione in Galilea riferita da Matteo, «alcuni [...] dubitavano» (Mt 28,17). Per questo l’ipotesi secondo cui la risurrezione sarebbe stata un «prodotto» della fede (o della credulità) degli Apostoli non ha fondamento. Al contrario, la loro fede nella risurrezione è nata – sotto l’azione della grazia divina – dall’esperienza diretta della realtà di Gesù risorto.

Lo stato dell’umanità di Cristo risuscitata

645 Gesù risorto stabilisce con i suoi discepoli rapporti diretti, attraverso il contatto[22] e la condivisione del pasto[23]. Li invita a riconoscere da ciò che egli non è un fantasma[24], ma soprattutto a constatare che il corpo risuscitato con il quale si presenta a loro è il medesimo che è stato martoriato e crocifisso, poiché porta ancora i segni della passione[25]. Questo corpo autentico e reale possiede però al tempo stesso le proprietà nuove di un corpo glorioso; esso non è più situato nello spazio e nel tempo, ma può rendersi presente a suo modo dove e quando vuole[26], poiché la sua umanità non può più essere trattenuta sulla terra e ormai non appartiene che al dominio divino del Padre[27]. Anche per questa ragione Gesù risorto è sovranamente libero di apparire come vuole: sotto l’aspetto di un giardiniere[28] o «sotto altro aspetto» (Mc 16,12) diverso da quello che era familiare ai discepoli, e ciò per suscitare la loro fede[29].

646 La risurrezione di Cristo non fu un ritorno alla vita terrena, come lo fu per le risurrezioni che egli aveva compiute prima della pasqua: quelle della figlia di Giairo, del giovane di Naim, di Lazzaro. Questi fatti erano avvenimenti miracolosi, ma le persone miracolate ritrovavano, per il potere di Gesù, una vita terrena «ordinaria». Ad un certo momento esse sarebbero morte di nuovo. La risurrezione di Cristo è essenzialmente diversa. Nel suo corpo risuscitato egli passa dallo stato di morte a un’altra vita al di là del tempo e dello spazio. Il corpo di Gesù è, nella risurrezione, colmato della potenza dello Spirito Santo; partecipa alla vita divina nello stato della sua gloria, sì che san Paolo può dire di Cristo che egli è l’uomo celeste[30].

La risurrezione come evento trascendente

647 «O notte beata – canta l’«Exultet» di Pasqua –, tu solo hai meritato di conoscere il tempo e l’ora in cui Cristo è risorto dagli inferi». Infatti, nessuno è stato testimone oculare dell’avvenimento stesso della risurrezione e nessun Evangelista lo descrive. Nessuno ha potuto dire come essa sia avvenuta fisicamente. Ancor meno fu percettibile ai sensi la sua essenza più intima, il passaggio a un’altra vita. Avvenimento storico constatabile attraverso il segno del sepolcro vuoto e la realtà degli incontri degli Apostoli con Cristo risorto, la risurrezione resta non di meno, in ciò in cui trascende e supera la storia, nel cuore del mistero della fede. Per questo motivo Cristo risorto non si manifesta al mondo, ma ai suoi discepoli[31], «a quelli che erano saliti con lui dalla Galilea a Gerusalemme», i quali «ora sono i suoi testimoni davanti al popolo» (At 13,31).

II. La risurrezione - opera della Santissima Trinità

648 La risurrezione di Cristo è oggetto di fede in quanto è un intervento trascendente di Dio stesso nella creazione e nella storia. In essa, le tre Persone divine agiscono insieme e al tempo stesso manifestano la loro propria originalità. Essa si è compiuta per la potenza del Padre che «ha risuscitato» (At 2,24) Cristo, suo Figlio, e in questo modo ha introdotto in maniera perfetta la sua umanità con il suo corpo nella Trinità. Gesù viene definitivamente «costituito Figlio di Dio con potenza secondo lo Spirito di santificazione mediante la risurrezione dai morti» (Rm 1,4). San Paolo insiste sulla manifestazione della potenza di Dio[32] per opera dello Spirito che ha vivificato l’umanità morta di Gesù e l’ha chiamata allo stato glorioso di Signore.

649 Quanto al Figlio, egli opera la sua propria risurrezione in virtù della sua potenza divina. Gesù annunzia che il Figlio dell’uomo dovrà molto soffrire, morire e in seguito risuscitare (senso attivo della parola)[33]. Altrove afferma esplicitamente: «Io offro la mia vita, per poi riprenderla... ho il potere di offrirla e il potere di riprenderla» (Gv 10,17-18). «Noi crediamo... che Gesù è morto e risuscitato» (1Ts 4,14).

650 I Padri contemplano la risurrezione a partire dalla Persona divina di Cristo che è rimasta unita alla sua anima e al suo corpo separati tra loro dalla morte: «Per l’unità della natura divina che permane presente in ciascuna delle due parti dell’uomo, queste si riuniscono di nuovo. Così la morte si è prodotta per la separazione del composto umano e la risurrezione per l’unione delle due parti separate»[34].

III. Senso e portata salvifica della risurrezione

651 «Se Cristo non è risuscitato, allora è vana la nostra predicazione e vana anche la vostra fede» (1Cor 15,14). La risurrezione costituisce anzitutto la conferma di tutto ciò che Cristo stesso ha fatto e insegnato. Tutte le verità, anche le più inaccessibili allo spirito umano, trovano la loro giustificazione se, risorgendo, Cristo ha dato la prova definitiva, che aveva promesso, della sua autorità divina.

652 La risurrezione di Cristo è compimento delle promesse dell’Antico Testamento[35] e di Gesù stesso durante la sua vita terrena[36]. L’espressione «secondo le Scritture»[37] indica che la risurrezione di Cristo realizzò queste predizioni.

653 La verità della divinità di Gesù è confermata dalla sua risurrezione. Egli aveva detto: «Quando avrete innalzato il Figlio dell’uomo, allora saprete che Io Sono» (Gv 8,28). La risurrezione del Crocifisso dimostrò che egli era veramente «Io Sono», il Figlio di Dio e Dio egli stesso. San Paolo ha potuto dichiarare ai Giudei: «La promessa fatta ai nostri padri si è compiuta, poiché Dio l’ha attuata per noi, loro figli, risuscitando Gesù, come anche sta scritto nel salmo secondo: Mio Figlio sei tu, oggi ti ho generato» (At 13, 32-33)[38]. La risurrezione di Cristo è strettamente legata al mistero dell’incarnazione del Figlio di Dio. Ne è il compimento secondo il disegno eterno di Dio.

654 Vi è un duplice aspetto nel mistero pasquale: con la sua morte Cristo ci libera dal peccato, con la sua risurrezione ci dà accesso ad una nuova vita. Questa è dapprima la giustificazione che ci mette nuovamente nella grazia di Dio[39] «perché, come Cristo fu risuscitato dai morti per mezzo della gloria del Padre, così anche noi possiamo camminare in una vita nuova» (Rm 6,4). Essa consiste nella vittoria sulla morte del peccato e nella nuova partecipazione alla grazia[40]. Essa compie l’adozione filiale poiché gli uomini diventano fratelli di Cristo, come Gesù stesso chiama i suoi discepoli dopo la sua risurrezione: «Andate ad annunziare ai miei fratelli» (Mt 28,10)[41]. Fratelli non per natura, ma per dono della grazia, perché questa filiazione adottiva procura una reale partecipazione alla vita del Figlio unico, la quale si è pienamente rivelata nella sua risurrezione.

655 Infine, la risurrezione di Cristo – e lo stesso Cristo risorto – è principio e sorgente della nostra risurrezione futura: «Cristo è risuscitato dai morti, primizia di coloro che sono morti [...]; e come tutti muoiono in Adamo, così tutti riceveranno la vita in Cristo» (1Cor 15,20-22). Nell’attesa di questo compimento, Cristo risuscitato vive nel cuore dei suoi fedeli. In lui i cristiani gustano «le meraviglie del mondo futuro» (Eb 6,5) e la loro vita è trasportata da Cristo nel seno della vita divina[42]: «Egli è morto per tutti, perché quelli che vivono non vivano più per se stessi, ma per colui che è morto e risuscitato per loro» (2Cor 5,15).


Esame di coscienza

l. «Questo è il mio corpo, che è dato per voi» (Mt 22,19). Chiedo al Signore di aiutarmi a scoprirlo nell’Eucaristia e a essere ogni giorno più consapevole della grazia che significa riceverlo nella comunione?

2. «Chi mangia questo pane vivrà per sempre» (Gv 6,58). Metto la mia vita nelle sue mani: gioie, tristezze, difficoltà, ecc. sapendo che lui mi accompagna sempre?

3. Cerco di portare la mia giornata alla Santa Messa come offerta in modo che il Signore la unisca al suo sacrificio? Mi incoraggia sapere che, in questo modo, la mia vita è redentrice, anche se non mancano oscurità e difficoltà oggettive?

4. «Gesù, avendo amato i suoi che erano nel mondo, li ho amati sino alla fine» (Gv 13,1). «Mi ha amato e ha dato se stesso per me» (Gal 2,20). Che cosa significa per me che Gesù abbia dato la sua vita fino all’ultima goccia del suo sangue?

5. Meditare sulla vita del Signore, soprattutto sul mistero della sua croce, muove il mio cuore al dolore d’amore per i miei peccati e alla generosità?

6. Di fronte alle difficoltà della vita, cerco di considerare che Dio è sempre al mio fianco e che niente di quello che mi accade, né buono né cattivo, gli è indifferente? Mi rendo conto che ho Dio come padre e amico e che la mia vita è nelle sue mani?

7. Quando sulla croce il buon ladrone gli chiese di ricordarsi di lui nel suo regno, Gesù non esitò ad accoglierlo: «Oggi sarai con me in Paradiso» (Lc 23,43). Come mi sento accolto dal Signore? So accogliere tutti nel mio cuore?


Visita al Santissimo Sacramento

Sia lodato e ringraziato in ogni momento, il santissimo e divinissimo Sacramento.

Padre nostro. Ave Maria. Gloria al Padre.

(si ripete tutto tre volte, concludendo di nuovo con “Sia lodato e ringraziato...”)

Comunione spirituale. Vorrei, Signore, riceverti con la purezza, l’umiltà e la devozione con cui ti ricevette la tua santissima Madre. Con lo spirito e il fervore dei santi.


Comunione spirituale

Si può aggiungere la Comunione spirituale di Sant’Alfonso Maria de’ Liguori:

Signor mio Gesù Cristo, che per l’amore che portate agli uomini ve ne state notte e giorno in questo Sacramento tutto pieno di pietà e d’amore, aspettando, chiamando ed accogliendo tutti coloro che vengono a visitarvi; io vi credo presente nel Sacramento dell’altare; vi adoro dall’abisso del mio niente, e vi ringrazio di quante grazie mi avete fatte, specialmente di avermi donato voi stesso in questo Sacramento, d’avermi data per avvocata la vostra santissima Madre Maria e d’avermi chiamato a visitarvi in questa chiesa.

Io saluto oggi il vostro amantissimo cuore, ed intendo salutarlo per tre fini: prima in ringraziamento di questo gran dono. Secondo per compensarvi tutte le ingiurie che avete ricevute da tutti i vostri nemici in questo Sacramento. Terzo intendo con questa visita adorarvi in tutt’i luoghi della terra, dove voi sacramentato ve ne state meno riverito e più abbandonato.

Gesù mio, io v’amo con tutto il cuore. Mi pento d’avere per lo passato tante volte disgustata la vostra bontà infinita. Propongo colla grazia vostra di più non offendervi per l’avvenire; ed al presente miserabile qual sono io mi consacro tutto a voi, vi dono e rinunzio tutta la mia volontà, gli affetti, i desideri e tutte le cose mie.

Da oggi avanti fate voi di me e delle mie cose tutto quello che vi piace. Solo vi cerco e voglio il vostro santo amore, la perseveranza finale e l’adempimento perfetto della vostra volontà. Vi raccomando le anime del purgatorio, specialmente le più divote del SS. Sacramento e di Maria santissima. Vi raccomando ancora tutti i poveri peccatori.

Unisco infine, Salvatore mio caro, tutti gli affetti miei cogli affetti del vostro amorosissimo Cuore e così uniti gli offerisco al vostro Eterno Padre e lo prego in nome vostro che per vostro amore gli accetti e gli esaudisca.


Preghiera finale

Ti rendo grazie, Dio mio, per le ispirazioni e i propositi che mi hai comunicato in questo tempo di preghiera. Dammi la grazia di portarli a compimento.

Maria, Madre di Dio e Madre nostra, aiutami a stare vicino a Gesù in questo tempo di conversone.

San Giuseppe, ottienimi un amore sempre più grande a Gesù e a Maria.


Spunti per pregare a casa marzo-aprile 2021 (preparazione alla Pasqua e Tempo Pasquale) ► Scarica la guida in formato pdf


[1] Liturgia bizantina, Tropario di Pasqua: Pentêkostárion (Roma 1884) p. 6.

[2] Cfr. At 9,3-18.

[3] Cfr. Gv 20,13; Mt 28,11-15.

[4] Cfr Lc 24,3.22-23.

[5] Cfr. Lc 24,12

[6] Cfr Gv 20,8.

[7] Cfr. Gv 20,5-7.

[8] Cfr. Gv 11,44.

[9] Cfr. Mc 16,1; Lc 24,1.

[10] Cfr. Gv 19,31.42

[11] Cfr. Mt 28,9-10; Gv 20,11-18.

[12] Cfr. Lc 24,9-10.

[13] Cfr. 1Cor 15,5.

[14] Cfr. Lc 22,31-32.

[15] Cfr. At 1,22.

[16] Cfr. 1Cor 15,4-8.

[17] Cfr. Lc 22,31-32.

[18] Cfr. Gv 20,19.

[19] Cfr. Lc 24,38.

[20] Cfr. Lc 24,39.

[21] Cfr. Gv 20,24-27.

[22] Cfr. Lc 24,39; Gv 20,27.

[23] Cfr. Lc 24,30.41-43; Gv 21,9.13-15.

[24] Cfr. Lc 24,39.

[25] Cfr. Lc 24,40; Gv 20,20.27.

[26] Cfr. Mt 28,9.16-17; Lc 24,15.36; Gv 20,14.19.26; 21,4.

[27] Cfr. Gv 20,17.

[28] Cfr. Gv 20,14-15.

[29] Cfr. Gv 20,14.16; 21,4.7.

[30] Cfr. 1Cor 15,35-50.

[31] Cfr. Gv 14,22.

[32] Cfr. Rm 6,4; 2Cor 13,4; Fil 3,10; Ef 1,19-22; Eb 7,16.

[33] Cfr. Mc 8,31; 9,9.31; 10,34.

[34] San Gregorio di Nissa, De tridui inter mortem et resurrectionem Domini nostri Iesu Christi spatio (PG 46, 417); cfr. anche Statuta Ecclesiae Antiqua: DS 325; Anastasio II, In prolixitate epistulae: DS 359; Sant’Ormisda, Inter ea quae: DS 369; Concilio di Toledo XI, Simbolo: DS 539.

[35] Cfr. Lc 24,26-27.44-48.

[36] Cfr. Mt 28,6; Mc 16,7; Lc 24,6-7.

[37] Cfr. 1Cor 15,3-4; Simbolo niceno-costantinopolitano: DS 150.

[38] Cfr. Sal 2,7.

[39] Cfr. Rm 4,25.

[40] Cfr. Ef 2,4-5; 1Pt 1,3.

[41] Cfr. Gv 20,17.

[42] Cfr. Col 3,1-3.