Semplicemente Padre

In occasione della festa di san Josemaría, don Andrea Mardegan ci propone una riflessione sulla paternità spirituale del fondatore dell’Opus Dei e sul senso delle parole “ogni anima ha una sua propria strada”.

Quest’anno, nella festa di san Josemaría, torna alla mente la beatificazione di Guadalupe Ortiz de Landázuri, avvenuta il 18 maggio scorso a Madrid. La santità genera santità. Mi è capitato recentemente di celebrare la Messa nella cripta della chiesa di santa Maria della Pace, a Roma, dove fu sepolto san Josemaría. In quella cripta da lui pensata per la sepoltura di alcuni delle sue figlie e dei suoi figli, i visitatori sono portati a meditare sulla pace del transito al Cielo e a pregare per i fedeli defunti.

La santità genera santità

Pensavo al Cielo. Come sarà? Gesù dice poche cose sul Cielo, ma dice che i servi buoni e fedeli avranno molto di più da fare, al di là. Sei stato fedele nel poco e ti darò potere su molto[1]. San Josemaría lo intuiva quando diceva che dopo la morte avrebbe potuto aiutare di più i suoi figli. Guardando quella che per vari anni fu la sua tomba, ricordavo ciò che, poco dopo la morte del fondatore dell’Opus Dei, il beato Álvaro ci raccontava: san Josemaría aveva suggerito di scrivere sulla sua tomba, accanto al suo nome, la parola “Peccator”: peccatore. E poi, se lo volevano, potevano aggiungere “genuit filios et filias”. La frase che nella Genesi si dice di tanti patriarchi. Mi colpivano quelle parole. Peccatore, che generò figli e figlie. Un modo molto suggestivo di comprendersi, e per noi di considerare chi è un santo. Un modo che ce lo fa sentire vicino.

San Josemaría diceva che dopo la morte avrebbe potuto aiutare di più i suoi figli
Al beato Álvaro sembrò un giusto atto di affetto filiale distaccarsi da quel desiderio del fondatore. E non aggiunse quella parola, né la frase della Genesi, ma fece scrivere solo: il Padre. D’altra parte il padre è colui che genera. Santo dunque è colui che è padre, che genera, colui che sa di essere peccatore, ma si sa anche amato da Dio: così si definiva san Josemaría, “un peccatore che ama Gesù Cristo”.[2] Questa definizione di sé, ci aiuta a superare il perfezionismo sempre in agguato, e a comprendere la santità come azione di Dio in noi, che ci salva.

Anche Guadalupe, che gli scriveva di non riuscire ad essere ordinata, o che non arrivava a compiere il suo piano di vita spirituale con completezza, è beata nella vita eterna di Dio. E con lei tanti altri, anonimi, nascosti, che contemplano Dio faccia a faccia. Guadalupe ringrazierà il Padre, san Josemaría, di averla aiutata a vedere la vocazione all’Opus Dei. Gli ricorderà il suo primo dialogo con lui, da giovane professoressa di chimica. “L’incontro fu decisivo per la mia vita, in una villetta della Colonia del Viso (Jorge Manrique 19) allora nella periferia di Madrid. In una saletta accogliente, tappezzata di rosa antico, si stagliò la figura del Padre, ci sedemmo e mi domandò: “Che vuoi da me?” E io risposi, senza sapere perché: “Penso di avere vocazione”. Il Padre mi guardava…”Questo non te lo posso dire. Se vuoi posso essere il tuo direttore spirituale, confessarti, conoscerti…” Era quello che cercavo. Ebbi la sensazione chiara che Dio mi parlava attraverso quel sacerdote, non solo con le sue parole, ma con la sua preghiera di richiesta per me”. [3]

Penso alla gioia di san Josemaría nel contemplare i suoi figli e le sue figlie vicini a Cristo, in Cielo

A volte san Josemaría immaginava il suo paradiso come un mettersi in un angolino e contemplare molto più in alto di lui i suoi figli e le sue figlie, pieni di amore di Dio. Penso alla sua gioia nel contemplare i suoi figli e le sue figlie vicini a Cristo, in Cielo. Si rallegrerà in modo speciale nel vedere che sono tutti diversi, come lui desiderava. “Dovete essere diversi come diversi sono i santi nel Cielo, ognuno dei quali ha le sue proprie note personali e specialissime”.[4]
San Josemaría auspicava una santità diversa, per uomini e per donne, diversa nelle latitudini geografiche, nelle diverse epoche della storia, diversa per caratteristiche personali, per strade di vita spirituale. “La mia esperienza di sacerdote mi dice che ogni anima ha una sua propria strada”.[5] Ciascuno con la sua personale vita di relazione con Dio. Allo stesso tempo i santi del Cielo sono somiglianti, perché tutti sono stati modellati dallo Spirito Santo, e hanno Cristo come modello. Ma nessuno è copia dell’altro. Non sono sovrapponibili. Ciascuno ha la sua personalità, come le persone della Trinità. E così il Cielo è la pienezza della varietà ed è in pieno lavoro a favore della terra: i santi collaborano con Dio a fare nuove tutte le cose.

"La mia esperienza di sacerdote mi dice che ogni anima ha una sua propria strada" (san Josemaría)
In questo 26 giugno chiediamo al santo che si definiva peccatore e che “generò figli e figlie”, insieme a Guadalupe, nella sua splendida normalità sorridente, che mobiliti l’esercito del Cielo che è lì anche grazie alla sua paternità, perché chieda, insieme a santa Maria e a san Giuseppe e al cuore di Gesù, una nuova Pentecoste sulla terra.

Chieda che noi sappiamo vivere ciò che papa Francesco diceva a proposito di Guadalupe: “La santità comporta aprire il cuore a Dio e lasciare che ci trasformi con il suo amore, e significa anche uscire da se stessi e farsi incontro agli altri dove Gesù ci aspetta, per offrir loro una parola di incoraggiamento, una mano su cui contare, uno sguardo di tenerezza e di consolazione. Guadalupe Ortiz, con la gioia che sgorgava dalla sua consapevolezza di essere figlia di Dio, appresa dallo stesso san Josemaría, mise le sue numerose qualità umane e spirituali al servizio degli altri, prestando aiuto in modo speciale ad altre donne e alle loro famiglie bisognose di educazione e di sviluppo. Tutto questo lo ha compiuto senza nessun atteggiamento proselitista, ma solo con la sua preghiera e la sua testimonianza. Incoraggio tutti i fedeli della Prelatura, così come tutti quelli che partecipano ai suoi apostolati, ad aspirare sempre a questa santità della normalità, che arde nel nostro cuore con il fuoco dell'amore di Cristo e di cui il mondo e la Chiesa oggi hanno tanto bisogno.”[6]


[1] cfr Mt 25, 21.23

[2] Cfr Álvaro del Portillo, Intervista sul Fondatore dell’Opus Dei, Milano 1992, pag. 244-245.

[3] Mercedes Montero, En vanguardia. Guadalupe Ortiz de Landázuri 1916-1975, Madrid 2019, pag. 41.

[4] Josemaría Escrivá, Cammino, n. 947.

[5] Josemaría Escrivá, Prologo del Santo Rosario.

[6] Papa Francesco, Lettera a mons. Ocáriz in occasione della beatificazione di Guadalupe Ortiz de Landázuri, 12 aprile 2019.