San Giuseppe e la sua croce

A san Giuseppe fu affidata Maria, in maniera analoga a come il giovane apostolo san Giovanni accoglie con sé la madre di Gesù. Un approfondimento di don Mauro Leonardi in occasione della festa di san Giuseppe.

Il dogma cattolico della verginità di Maria ci fa sentire il suo matrimonio con Giuseppe come qualcosa di grande, da venerare, ma a volte forse rischia anche di farcelo sentire distante, di farci credere che fosse una relazione con poco amore, un legame "organizzato" più dal Cielo che dalla terra, e che aveva solo uno scopo funzionale, quello di dare a Gesù un padre putativo, una copertura che facesse sembrare tutto normale. Io credo invece che tra Giuseppe e Maria ci fosse un grande amore, un grandissimo amore.

l'angoscia che ha provato san Giuseppe è parte della comune preoccupazione che attraversa ogni coppia quando vede il proprio legame minacciato

L'antica "Pratica dei sette dolori e allegrezze di san Giuseppe" parla del momento in cui Giuseppe dovette decidere che comportamento tenere con la sposa, se ripudiarla o meno, dopo aver scoperto che Ella era incinta di un figlio che non era suo. Fu un momento doloroso che san Josemaría Escrivá descrive come angoscioso[1].

Sono convinto che quell'angoscia fosse in parte anche la comune preoccupazione che attraversa ogni coppia quando vede il proprio legame minacciato. A me preme, in queste poche righe, soffermarmi sul fatto che quella fatica, quel dolore, quella preoccupazione, fossero di entrambi. Giuseppe soffriva nel dover decidere qualcosa di diverso dalla lettera della Legge mosaica, ma anche Maria temeva: non temeva tanto di venir lapidata quanto di venir lasciata sola e di dover affrontare con le sue sole forze quello che la vita assieme a quel Figlio tanto misterioso le avrebbe riservato.

L’espressione di Matteo per cui Giuseppe “prese con sé la sua sposa” (Mt 1,24) ha, a mio modo di vedere, un profondissimo parallelo con quella di Giovanni 19,25-27 dove il discepolo amato “accoglie con sé” la Madre. Nel caso di Giovanni è anche espressamente detto nel quarto Vangelo che l’azione “passiva” di Maria del farsi accogliere precede l'azione del discepolo che la accoglie; il vangelo infatti ci dice che Gesù, prima di rivolgersi al discepolo prediletto, volge la sua attenzione e le sue parole alla Donna/Madre: “Gesù allora vedendo la madre e accanto a lei il discepolo che egli amava, disse alla madre: Donna ecco tuo figlio” (Gv 19,26).

Gesù realmente agisce da uomo con un sentimento profondamente umano (Benedetto XVI)

Mi ha sempre colpito in proposito un'affermazione di papa Benedetto XVI del 22 aprile 2011[2] fatta in televisione alla trasmissione televisiva A Sua Immagine. In quella intervista, Ratzinger, rispondendo a una domanda proprio a riguardo di quel momento, disse che l'atto di affidamento di Gesù a Giovanni era innanzitutto un atto molto umano: "Le parole di Gesù [in Gv 19,26] sono soprattutto un atto molto umano. Vediamo Gesù come vero uomo che fa un atto di uomo, un atto di amore per la madre e affida la madre al giovane Giovanni perché sia sicura. Una donna sola, in Oriente, in quel tempo, era in una situazione impossibile. Affida la mamma a questo giovane e al giovane dà la mamma, quindi Gesù realmente agisce da uomo con un sentimento profondamente umano. Questo mi sembra molto bello, molto importante, che prima di ogni teologia vediamo in questo la vera umanità, il vero umanesimo di Gesù."

credo che l'annuncio dell'angelo a Giuseppe sia frutto anche della preghiera di Maria

Se Gesù sapeva che la vita per una donna sola sarebbe stata impossibile, lo sapeva bene anche Maria. Ebbene, penso che una dinamica simile sia avvenuta anche trentatré anni prima tra Maria e Giuseppe. Se era "impossibile" la vita di una donna da sola, perché non dovrebbe essere stata almeno altrettanto dura la vita di una donna sola che per di più aveva un figlio? Per questo io credo che l'annuncio dell'angelo a Giuseppe, che avviene dopo l'angoscia sperimentata da lui, sia frutto anche della preghiera di Maria. I vangeli non dicono dove fosse Maria in quelle ore dolorose, però Giovanni scrive che Maria stava sotto la croce di Gesù: stabat.

Una donna che ama il proprio uomo, come Maria ha amato Giuseppe, soffre quando lo sa sofferente

Maria non può aver riservato il suo stabat solo al momento della Croce. Si riesce a stare di fronte alla sofferenza di chi si ama solo se si è imparato gradualmente a “stare”. Per questo penso che Maria avesse già sperimentato altre volte lo stabat della Croce e forse l’inizio dell’apprendistato era stato proprio quel trovarsi a guardare il tormento di Giuseppe di fronte al Mistero. Mentre dentro Giuseppe si svolgeva una terribile lotta, Maria stava ed aspettava; e per questo soffriva. Una donna che ama il proprio uomo, soffre quando lo sa sofferente.
È vero: il bimbo che portava in grembo era figlio del Padre celeste e Lei si era fidata così tanto da essere certa che il Padre non L’avrebbe abbandonata, ma il suo rapporto con Giuseppe come sarebbe proseguito? Quel loro vivere insieme verginale - che di certo aveva creato un legame meraviglioso e singolare - come si sarebbe evoluto? Maria ha imparato quello che poi è avvenuto sul Golgota “stando” prima di fronte alla croce dello sposo. Maria ottiene da Dio che il legame d'amore con Giuseppe non venga meno e Giuseppe regala alla sua sposa l'inizio di quella forza che avrebbe dovuto avere ai piedi della Croce.

Don Mauro Leonardi


[1] San Josemaría, È Gesù che passa, n. 41: “La storia del santo Patriarca, infatti, è quella di una vita semplice, ma non certo facile. Dopo momenti angosciosi, egli sa che il Figlio di Maria è stato concepito per opera dello Spirito Santo. E quel Bambino, Figlio di Dio, discendente di Davide secondo la carne, nasce in una grotta”.

[2] L’intervista è riportata integralmente qui: https://w2.vatican.va/content/benedict-xvi/it/spee...