Meditazioni: Sabato della 12ª settimana del Tempo Ordinario

Riflessioni per meditare nel sabato della dodicesima settimana del Tempo Ordinario. I temi proposti sono: Una umiltà che commuove; La fede del centurione; La comunione spirituale.

Una umiltà che commuove

La fede del centurione

La comunione spirituale


Una umiltà che commuove

Poco dopo essere entrato a Cafarnao, un centurione si avvicinò a Gesù e lo pregò: «Signore, il mio servo è in casa, a letto, paralizzato e soffre terribilmente» (Mt 8, 6). È probabile che tale supplica abbia sorpreso i presenti alla scena. Era inaudito che un uomo importante dell’impero romano avvicinasse un ebreo con un simile atteggiamento, chiamandolo «signore» e presentandosi bisognoso, debole e pressoché disperato. Forse era consapevole che una umiliazione del genere gli avrebbe fatto perdere autorità fra gli abitanti di Cafarnao, ma il suo prestigio contava poco: la priorità in quel momento era quella di trovare una soluzione che risolvesse la situazione del suo servo. E Gesù rimase commosso dall’umiltà di questo centurione, e prima ancora che gli facesse una richiesta precisa gli rispose: «Verrò e lo guarirò» (Mt 8, 7).

Sicuramente le parole di Gesù stupirono ancora una volta i presenti, perché manifestava l’intenzione di andare a casa sua. Quando un ebreo entrava nella casa di un gentile contraeva una impurità legale, cosa che comportava, secondo la Legge, un allontanamento dalla presenza di Dio. In realtà il centurione conosceva questa consuetudine, ed è per questo che dice: «Signore, io non sono degno che tu entri sotto il mio tetto, ma di’ soltanto una parola e il mio servo sarà guarito» (Mt 8, 8). «Quando ci lasciamo incontrare da Lui, è Lui che entra dentro di noi e ci rinnova completamente. Questo è quello che significa quando viene Cristo: rifare tutto di nuovo, rifare il cuore, l’anima, la vita, la speranza, il cammino»[1].

Gesù vuole entrare nel cuore di quell’uomo semplice e bisognoso di aiuto per manifestargli concretamente il suo amore. Anche noi possiamo sentirci indegni di stare con il Signore, ma Dio viene proprio in cerca del più debole, anche di chi si sente mezzo distrutto, di colui che ha perduto l’autostima, di chi considera la propria richiesta un fastidio. Dio è venuto a guarire. E aspetta soltanto che, come il centurione, glielo chiediamo con umiltà e ci avviciniamo a Lui.


La fede del centurione

Il centurione si fida tanto di Gesù che si accontenta di una sua parola per ottenere la guarigione del servo. In fondo ha applicato un ragionamento che conosce bene. Egli stesso ha una autorità umana per la quale i soldati obbediscono immediatamente ai suoi ordini: «Dico a uno: “Va’!”, ed egli va; e a un altro: “Vieni!”, ed egli viene» (Mt 8, 9). Perciò a Gesù, che ha un’autorità divina, potrebbe bastare un semplice ordine perché la malattia sparisca dal corpo del suo servo. Questo ragionamento provocò l’ammirazione del Signore e della folla: «In verità io vi dico, in Israele non ho trovato nessuno con una fede così grande! Ora io vi dico che molti verranno dall’oriente e dall’occidente e siederanno a mensa con Abramo, Isacco e Giacobbe nel Regno dei Cieli» (Mt 8, 10-11). E noi possiamo fare questa considerazione: non è così che certe volte rispondono i bambini e anche le persone che nella vita spirituale cercano di intraprendere un cammino d’infanzia?

Gesù elogia la fede di un uomo che pochi direbbero che potrebbe aver fede, con il metro di giudizio di allora. Apparentemente non era la persona più adeguata a ricevere una lode di quel genere, perché Dio non si era rivelato al suo popolo come invece aveva fatto con Israele. Cristo annuncia in questo modo che il nuovo popolo di Dio non è circoscritto a una nazione, ma offre la salvezza a tutte le genti. «Gli stranieri, che hanno aderito al Signore per servirlo – aveva profetato Isaia -, [...] li condurrò sul mio monte santo» (Is 56, 6-7)

Avere, come Gesù, una visione del mondo colma di speranza, ci permette di scoprire ciò che di buono hanno tutte le persone, comprese quelle che, a prima vista, possono essere considerate più lontane dal Signore. In molte di esse, come nel centurione, è presente il desiderio incontrare un «Dio che possiede un volto umano e che ci ha amati sino alla fine: ogni singolo e l'umanità nel suo insieme»[2].


Comunione spirituale

Prima di ricevere la Comunione nella santa Messa, la liturgia ci propone di ripetere l’atto di fede del centurione: «Signore, io non sono degno che tu entri sotto il mio tetto, ma di’ soltanto una parola e il mio servo sarà guarito» (Mt 8, 8). Con questa espressione manifestiamo di avere la necessità di essere guariti da Cristo: egli viene nella nostra anima proprio per guarire le nostre ferite. «L’Eucaristia non è un premio per i buoni, ma è la forza per i deboli»[3].

Durante la giornata possiamo tenere vivo il desiderio che Gesù venga nella nostra casa grazie alla comunione spirituale. «Praticala di frequente e avrai più presenza di Dio e più unione con Lui nelle opere»[4], suggeriva san Josemaría. Forse tutti noi abbiamo l’esperienza di aspettare, per un certo tempo, qualcosa che ci faccia particolarmente piacere: una festa, delle vacanze, l’arrivo di qualcuno che amiamo... Magari nei giorni precedenti facciamo grandi preparativi e con la nostra immaginazione cominciamo a prevedere come passerà quei momenti. Quando poi finalmente arriva, affronteremo quella giornata con una gioia quasi pari al tempo di attesa.

Con la comunione spirituale non solo ci prepariamo a ricevere il Signore nell’Eucaristia, ma rinnoviamo il nostro desiderio che venga a guarirci. Raccontano che lo stesso Gesù in persona confidò a santa Faustina Kowalska che se recitiamo la comunione spirituale varie volte al giorno, soltanto in un mese vedremo i nostri cuori completamente cambiati. Perciò possiamo chiedere al Signore la fede dei santi per essere trasformati con questa preghiera. Anche san Giuseppe si alimentò di comunioni spirituali durante nove mesi. Sognava come sarebbe stato il Bambino e sicuramente avrà parlato con Maria sul suo arrivo. E quando finalmente è nato, le sue aspettative saranno state superate: si sarà considerato l’uomo più felice del mondo dato che aveva tra le braccia lo stesso Dio.


[1] Papa Francesco, Omelia, 2-XII-2013.

[2] Benedetto XVI, Spe Salvi, n. 31.

[3] Papa Francesco, Omelia, 4-VI-2015.

[4] San Josemaría, Cammino, n. 540.