Meditazioni: Mercoledì della 14ª settimana del Tempo Ordinario

Riflessioni per meditare nel mercoledì della quattordicesima settimana del Tempo Ordinario. I temi proposti sono: la sicurezza della chiamata; una stella che indica il nord; l’impulso dello Spirito Santo.

- La sicurezza della chiamata

- Una stella che indica il nord

- L’impulso dello Spirito Santo


La sicurezza della chiamata

Fra i dodici apostoli scelti da Gesù troviamo persone con ogni tipo di storie. Ognuno aveva un suo passato, un suo ambiente particolare e una sua personale maniera di essere. Alcuni erano più impulsivi o entusiasti; altri, invece, erano più introversi o riflessivi. Alcuni provenivano da ambienti che interpretavano la Legge in un modo più rigoroso, mentre altri, prima di incontrare Gesù, forse non la conoscevano in profondità. In ogni caso, ricevettero tutti la stessa missione: annunciare l’arrivo del Regno di Dio. Per far questo il Signore diede loro il potere di espellere i demoni e di guarire dalle malattie (cfr. Mt 10, 1-7) e li andò formando con gradualità progressivamente.

La maggioranza degli apostoli non aveva una particolare preparazione intellettuale adeguata per portare a buon fine questa missione. In genere i vangeli ci fanno vedere che erano uomini semplici. Certe volte non capivano gli esempi e le parabole più semplici che il Signore utilizzava proponeva; altre volte s’imbarcavano in discussioni superficiali. Comunque, avevano chiara una cosa: erano stati scelti da Cristo. Essere apostolo non vuol dire avere delle condizioni eccezionali, ma accogliere la chiamata di Gesù, aprirsi al suo dono e contribuire a far sì che dia frutto nella propria vita.

I Dodici avevano incontrato Gesù e avevano scoperto un tesoro per il quale valeva la pena dare la vita intera; perciò sentivano la necessità di estendere questo fuoco a tutti i loro contemporanei. «Il bene tende sempre a comunicarsi. Ogni esperienza autentica di verità e di bellezza cerca per se stessa la sua espansione»[1]. Questo succede perché ha una caratteristica naturale che attrae l’essere umano di ogni epoca: la santità si propaga espande per attrazione. Consapevoli della bellezza del dono ricevuto, possiamo esclamare con il salmista: «Sono qui, Signore, per fare la tua volontà!» (cfr. Sal 40, 8-9).


Una stella che indica il nord

San Josemaría, al momento di considerare la missione di un apostolo, era solito sottolineare l'importanza di non perdere di vista il senso ultimo finale per il quale si lavora: «Non dimenticate, figli miei, che non siamo anime che si uniscono ad altre anime per fare una cosa buona. Questo è molto..., ma è poco. Siamo apostoli che compiono un mandato imperativo di Cristo»[2]. La sicurezza che si lavora per qualcosa di molto più grande di quello che possiamo percepire a prima vista chiarisce le eventuali difficoltà che possiamo incontrare. Dio non ci farà fare mai qualcosa che poi non finisca col rivelarsi un bene per noi; qualcosa che, anche se durante il cammino è composto da luci e ombre, alla fine non si riveli come nostra felicità.

Qualunque grande progetto umano è composto da piccole attività che, assai spesso, comportano dei sacrifici. Davanti a una difficoltà possiamo avere l’impressione che non valga la pena impegnarsi, e allora perdiamo ogni entusiasmo. Se innalziamo lo sguardo, ci renderemo conto che la nostra missione è molto più grande e ottimista di quel lavoro concreto che ci costa. Essere apostolo, infatti, non consiste nel compiere con maggiore o minore perfezione un incarico concreto, ma è una realtà che costituisce la nostra più profonda identità. Vi saranno dei momenti di oscurità, ma la stella che segna il nord continuerà a brillare sempre: la vita dell’apostolo ha in ogni momento un perché, una luce che la orienta. Là dove si trova, non solo compirà «cose buone», ma, con la sua testimonianza personale, starà diffondendo il Vangelo di Cristo.


L’impulso dello Spirito Santo

Durante gli anni passati accanto a Gesù, gli apostoli si erano entusiasmati nel constatare i miracoli che compivano e le conversioni che avevano propiziato. Eppure, l’entusiasmo iniziale più tardi avrebbe ceduto il passo al dubbio, quando avrebbero visto che il Signore stava per essere condannato a morte. Anche dopo, quando già sapevano che Cristo era risuscitato, continuarono a non uscire da casa per paura dei giudei degli ebrei. E questo sarebbe continuato fino all’arrivo dello Spirito Santo a Pentecoste, quando ricevettero un nuovo dono che avrebbe dato una nuova forza alla loro missione.

L’impulso del Paraclito li indusse a superare ogni paura e a lanciarsi a servire gli altri. Questa prima evangelizzazione non è consistita in una strategia umana infallibile, ma nella «forza stessa dello Spirito Santo, Carità increata»[3]. Infatti «nessuna motivazione sarà sufficiente se non arde nei cuori il fuoco dello Spirito»; ecco perché «per mantenere vivo l’ardore missionario occorre una decisa fiducia nello Spirito Santo, perché Egli “viene in aiuto alla nostra debolezza” (Rm 8, 26). Ma tale fiducia generosa deve alimentarsi e perciò dobbiamo invocarlo costantemente»[4].

Anche noi, nella nostra missione apostolica, forse possiamo notare che l’iniziale entusiasmo sensibile va scomparendo un po’ per volta. Non c’è niente di male: è umano, e i santi sono i primi che lo hanno vissuto. Attraverseremo momenti nei quali avremo l’ardente desiderio di attaccare agli altri il fuoco di Cristo e ne proveremo altri nei quali saremo un poco più freddi. In ogni caso, se saremo disposti a farci trasformare dallo Spirito Santo, a poco a poco egli ci darà un cuore come quello di Cristo, e la missione apostolica diventerà il centro della nostra esistenza. Possiamo chiedere a Maria di essere, come lei, in grado di ascoltare le ispirazioni che il Paraclito ci invia ogni giorno.


[1] Papa Francesco, Es. Ap. Evangelii Gaudium, n. 9.

[2] San Josemaría, Instrucción 19-III-1934, n. 27. Il corsivo è dell’autore. Questa frase sarà poi ripresa nel punto 942 di Cammino. , in Camino, Edición crítico hostórica, nota al n. 942.

[3] Mons. F. Ocáriz, Lettera pastorale 14-II-2017, n. 9.

[4] Papa Francesco, Es. Ap. Evangelii Gaudium, nn. 261 e 280.