Festa di san Josemaría, amare gli altri senza scegliere gli “altri”

In occasione della festa di san Josemaría pubblichiamo una riflessione di come il fondatore dell’Opus Dei abbia cercato, in tutte le circostanze della sua vita, di imitare Cristo, l’unico modello dei cristiani.

I santi ci accompagnano, ci ha detto papa Francesco nella Gaudete et Exsultate, e ogni giorno uno di loro viene avanti, magari insieme ad altri, e nella Santa Messa ripetiamo sempre più o meno la stessa cosa: “Nella vita di san o santa N. ci offri un esempio, nell’intercessione un aiuto, nella comunione di grazia un vincolo di amore fraterno”[1]. Ogni 26 giugno stiamo di più con san Josemaría.

Nella vita di san Josemaría “ci offri un esempio”

Canonizzare qualcuno è una decisione di Dio, e Dio non fa cose inutili. L’esempio che ci ha lasciato san Josemaría, ripetendolo tante volte, è che l’unico Esempio è Gesù Cristo. Abbiamo potuto leggere svariati ricordi di incontri personali con lui dove questa idea veniva ribadita in un modo o in un altro. Ad esempio, è rimasto nella memoria di quella giornalista africana la risposta spontanea ma efficace al suo tentativo di ringraziare san Josemaría per quanto stava facendo per lei (e per tutti): “Quando arriva una lettera quello che conta è il foglio e quello che c’è scritto, la busta si butta. Io sono la busta”.

il desiderio che san Josemaría ci propone di avere è di “nascondersi e scomparire”

L’unico modello è Gesù Cristo, cosicché il desiderio che san Josemaría ci propone di avere è di “nascondersi e scomparire” affinché risplenda solo nostro Signore. Non nascondersi per finta umiltà né tantomeno per paura, ma, per non fare, l’analogia è ancora una volta sua, la patetica parte del pennello che vuole gloriarsi dell’Opera d’Arte fatta dal Grande Pittore. Scomparire senza scomparire, rifiutare l’apparenza vanitosa della superficie che copre l’essenza: la buona superficie è fatta apposta per scomparire ed essere il “postino del Re”[2].

San Josemaría in lockdown

San Josemaría ci ha lasciato, nei mesi trascorsi al chiuso senza poter uscire, pena la morte, dalla Legazione dell’Honduras durante la guerra civile spagnola, una chiave per vivere tutti i nostri lockdown. L’isolamento è duro, è difficile non poter uscire, è problematico vivere gomito a gomito con persone care che però diventano gioco forza insopportabili. Ma allo stesso tempo è il momento di “crescere dal di dentro”, di trarre profitto dal tempo studiando le lingue che serviranno, un domani, per parlare di Dio anche in nuove Nazioni, ad aiutare gli altri ad essere contenti perché stiamo con Dio.

Abbiamo vissuto per un anno cose analoghe, temendo di essere positivi al Coronavirus o che qualcuno lo diventasse, abbiamo pianto la morte di persone care. Attorno a san Josemaría, durante quel periodo, molti si sono lasciati andare al logico pessimismo, al piangersi addosso, all’ossessiva conversazione su “come vanno le cose”: lui invece studiava e aiutava gli altri a studiare, pregava e aiutava gli altri a pregare, scherzava e aiutava gli altri ad essere allegri, sognava un futuro migliore per grazia di Dio e lo raccontava agli altri.

Cercare Cristo in ogni circostanza

Quanto è vero che non conta tanto quello che succede ma come e con chi lo viviamo. Alcuni anni fa don Francesco Angelicchio, il primo fedele italiano dell’Opus Dei, era a letto ormai da mesi e non riusciva a fare, apparentemente, più nulla, neanche alzarsi, e parlava poco, quasi niente.

Chi quel giorno gli stava tenendo compagnia dopo diversi tentativi di distrarlo gli domandò “Don Francesco, ma lei si annoia molto?”. La reazione fu molto molto forte, sorprendente. Mettendosi quasi seduto e spalancando gli occhi, con voce forte e decisa, “Mi annoio?!? Mi annoio?!? Io parlo con Dio Padre!”, prese fiato e continuò, “Io parlo con Dio Figlio!” e ancora, sorridendo questa volta, “Io parlo con Dio Spirito Santo!”. Poi riappoggiandosi sul cuscino concluse “Mi annoio? L’orazione è una cosa vera, vera, vera”.

È la stessa esperienza di san Giovanni della Croce: buttato dai suoi confratelli in una prigione pozzo, anziché inveire o deprimersi o piangersi addosso o dire “guardate come mi hanno trattato!”, scrive poesie d’Amore a Dio, come questa:

Notte che mi guidasti, /oh, notte più dell’alba compiacente! /Oh, notte che riunisti l’Amato con l’amata, /amata nell’Amato trasformata![3].

Se poi tutto questo diventa anche dura malattia, sofferenza non temuta ma vissuta, san Josemaría ancora una volte ci accompagna nel cammino dell’imitazione di Cristo che trasforma la croce in Santa Croce. Don Javier Echevarría ricordava che un mattino san Josemaría, ancora malato di un forte diabete, gli confidava “sono molto stanco, e so che questa sera non mi reggerò in piedi. Sin da adesso Gli offro la goffagine che avrò, e dico al Signore - perché forse questa sera non avrò nemmeno la forza per dirglielo - che gli offro la mia debolezza fisica, e che trasformi il mio essere esausto in preghiera. Voglio vivere tutto questo bene, ma se non ci riesco che Lui voglia accogliere la mia malattia come Orazione”[4]. Tanti hanno trasformato la malattia in questo anno di pandemia in preghiera anche grazie a questo esempio, tanti continuano a farlo e tanti potranno farlo quando incontreranno la Croce nella propria carne.

Tanti hanno trasformato la malattia in questo anno di pandemia in preghiera

L’unico modello è Gesù Cristo che è “venuto sulla terra per portare il Fuoco” e come vorrebbe che divampasse! Cristo è Redentore, è l’Agnello Pasquale, è il Salvatore, è il Medico che cerca i malati ed è il Santo dei santi che viene a chiamare i peccatori. Insomma, un modello di Amore vero, inteso come “dono di sé”. Il lebbroso lo cerca, lo tocca e lo guarisce. L’indemoniato lo cerca, ci parla e lo libera. L’adultera la protegge, l’ascolta e la perdona. E quando ci dice “amatevi gli uni gli altri come Io ho amato voi” ci versa dentro il senso della nostra stessa vita. San Josemaría nei fatti lo abbiamo visto cercare, lavare e confortare i malati di tubercolosi di Madrid. La tubercolosi allora era il Covid di adesso, infettivo e mortale.

Ma qualcuno doveva pure lavarli, confortarli, accompagnarli. Per la stessa ragione san Josemaría ha dedicato tante ore a confessare tutti coloro che lo cercavano senza mai tirarsi indietro. Non si è tirato indietro nemmeno quando ha confessato un povero uomo evidentemente indemoniato che, al momento della assoluzione, gli ha urlato contro “nequaquam!” rifiutando il perdono e la misericordia.

Così come non si è tirato indietro per andare a confessare in un bordello di Madrid un malato che lì stava morendo e voleva riconciliarsi con Dio. Amare gli altri senza stare tanto a scegliere quali “altri” amare. Quelli che incontro, quelli che ho a fianco anche se, guarda caso, sono proprio quelli che mi fa più fatica amare: i bambini che vedo nelle pubblicità di un’iniziativa sociale mi inteneriscono, ma mio fratello mi imbestialisce.

Fra tutte le reliquie di san Josemaría ce n'è una che potrebbe sembrare irrilevante: un anatroccolo di plastica gialla di quelli che servono per fare il bagnetto ai bambini. Giuseppe Molteni abitava da anni con san Josemaría e lo aiutava a portare avanti il lavoro di governo dell’Opus Dei nella Sede centrale. Era del nord e il suo accento era molto del nord. San Josemaría si divertiva quando don Giuseppe, Peppino, raccontava di un anatroccolo… cose familiari senza importanza. Ma un giorno che il fondatore dell’Opus Dei stava passeggiando con il beato Álvaro del Portillo, si ferma davanti ad un negozietto dove vede questo anatroccolo di plastica: “guarda l’anatroccolo di Peppino! Portiamoglielo”. E lo compra e glielo regala. Affetto vero, affetto che si tocca, che si guarda, che si racconta ancora tanti anni dopo.

“Nella vita di san San Josemaría ci offri un esempio. Nell’intercessione un aiuto”

San Josemaría ha sempre fatto in prima persona quello che insegnava e chiedeva di fare per la gloria di Dio e la salvezza delle anime. Per lui era vero che “il miglior predicatore è Frate Esempio”!

Avere a cuore le persone, preoccuparsi del loro bene terreno ed eterno, saper ascoltare tutti quelli che hanno bisogno, pregare senza stancarsi affinché la grazia di Dio possa essere accettata, dare il consiglio opportuno. Con parole di san Giovanni Paolo II, il fondatore dell’Opus Dei “fu un santo di grande umanità. Tutti coloro che lo frequentarono, di qualsiasi cultura o condizione sociale, lo sentirono come un padre, completamente dedito al servizio degli altri, poiché era convinto che ogni anima è un tesoro meraviglioso; in effetti, ogni uomo vale tutto il Sangue di Cristo. Questo atteggiamento di servizio è evidente nella sua dedizione al ministero sacerdotale e nella magnanimità con cui diede impulso a tante opere di evangelizzazione e di promozione umana a favore dei più poveri” [5].

Completamente dedito al servizio degli altri” è una descrizione stupenda per chi vuole essere “un altro Cristo”[6], felice di mettere in pratica il Comandamento Nuovo del Signore “che vi amiate gli uni gli altri. Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri”[7]. Mille sono i modi per farlo e ad ognuno Dio stesso indica la strada per realizzare questa dedizione. Santa Teresa di Calcutta fra i più poveri dei poveri, san Paolo VI nel portare il peso della Carità per tutta la Chiesa. Attraverso san Josemaría il Signore ci ricorda di farlo lì dove siamo, in famiglia, nel nostro ambiente di lavoro quotidiano, in vacanza, in treno, perché ovunque siamo chiamati ad essere “altri Cristi”.

Quello che fa la differenza è se siamo o non siamo “completamente dediti al servizio degli altri”, se siamo più dediti a noi stessi, ai nostri interessi, alla nostra carriera, al nostro riposo, ai nostri (seppur buoni e leciti) piaceri. Quello che fa la differenza è se siamo convinti che “ogni anima è un tesoro meraviglioso” al quale dedicare tempo e cuore oppure se le nostre relazioni tendono ad essere più forti con coloro che ci danno di più mentre più deboli con coloro ai quali dobbiamo dare di più.

San Josemaría faceva quello che poteva per chi aveva a fianco e pregava per tantissime persone in tutto il mondo che avrebbe voluto servire e aiutare. Tante volte il beato Álvaro del Portillo raccontava di come il fondatore dell’Opus Dei guardando una notizia al telegiornale o leggendola in un quotidiano si fermava per chiedere al Signore di aiutare quelle persone che erano state coinvolte in un terremoto oppure in un incidente, o erano oggetto della curiosa cronaca giornalistica e basta. L’attore, la vittima, un popolo oppresso erano sempre per lui “un tesoro meraviglioso”.

Quello che faceva sulla terra adesso continua a farlo dal Cielo attraverso la sua intercessione. Il numero di miracoli attribuiti a san Josemaría è elevatissimo e certamente il modo migliore per sperimentare questa sua intercessione paterna, sacerdotale, è quella di chiedergli aiuto, di pregare che interceda presso Dio per quella necessità che veramente abbiamo e che non sappiamo come risolvere.

Fra le migliaia possiamo rileggere questa semplice segnalazione: “Non conosco nulla dell’Opus Dei. Sono cattolica non praticante, ho trovato un’immaginetta di S. Josemaría per terra e qualcosa mi diceva di raccoglierla: l’ho messa in borsa e da quel giorno tutto è cambiato. Ora lo prego e mi concede tutto quello che gli chiedo, non potete immaginarvi quanto mi abbia aiutato. Qualcosa in me è cambiato, mi sforzo di essere ogni giorno migliore e di aiutare gli altri; lui mi premia, lo so. Per favore, scrivete la mia testimonianza”[8].

“Nell’intercessione un aiuto”. “Nella comunione di grazia un vincolo di amore fraterno”

I Carismi, “straordinari o semplici e umili, (…) sono grazie dello Spirito Santo che, direttamente o indirettamente, hanno un’utilità ecclesiale, ordinati come sono all’edificazione della Chiesa, al bene degli uomini e alle necessità del mondo[9]. Quando qualcuno riceve un Carisma da Dio riceve, per questa ragione, anche una missione a servizio della Chiesa che potrà realizzare nella misura in cui sarà fedele al dono ricevuto. In altre parole non si tratta di fare qualcosa di buono o di molto buono, si tratta di fare con Fede la Volontà di Dio sia quando appare efficace e “vincente”, sia quando appare sterile e patetica. Ben lontano da questa logica di fede in Dio troviamo Simon Mago che, vedendo l’efficacia miracolosa degli Apostoli, cerca di comprarla per poterla utilizzare: “Simone, vedendo che lo Spirito veniva conferito con l'imposizione delle mani degli apostoli, offrì loro del denaro dicendo: «Date anche a me questo potere perché a chiunque io imponga le mani, egli riceva lo Spirito Santo». Ma Pietro gli rispose: «Il tuo denaro vada con te in perdizione, perché hai osato pensare di acquistare con denaro il dono di Dio. Non v'è parte né sorte alcuna per te in questa cosa, perché il tuo cuore non è retto davanti a Dio. Pentiti dunque di questa tua iniquità e prega il Signore che ti sia perdonato questo pensiero. Ti vedo infatti chiuso in fiele amaro e in lacci d'iniquità[10].

La comunione di Grazia ricevuta da San Josemaría va vissuta in quella vera fraternità che accetta, valorizza e ama nella famiglia della Chiesa la diversità voluta dallo stesso Signore. San Josemaría trasmetteva questa desiderabile realtà attraverso una scritta letta sulla facciata di una caserma improvvisata durante la guerra civile spagnola (forse ispirata a una poesia di Antonio Machado) dove si affermava semplicemente “Ogni viandante, segua il suo Cammino”. La comunione di Grazia non sarà quindi mai imitazione piena di buona volontà ma alimentata da una ingenua speranza umana di efficacia di un modo di fare “vincente”, ma il lottare per realizzare il proprio Carisma a servizio di tutta la Chiesa e di tutte le anime imparando da tutti ma rimanendo fedeli all’unico Modello, Gesù Cristo, e alla Sua Volontà su ognuno di noi.

Quando, durante un viaggio pastorale di san Giovanni Paolo II in una nazione del Nord Europa, un sacerdote dell’Opera domandò al Papa cosa volesse che facesse per la Chiesa, la risposta fu semplice ed immediata: “Lei faccia l’Opus Dei”. Nella comunione di Grazia vissuta come vincolo di amore fraterno, i fratelli e le sorelle portano a casa quello che hanno ricevuto da Dio e così viene messo a disposizione di tutti per il bene di tutti, fidandosi della Eterna sapienza e Bontà dell’Unico Padre.

La festa di san Josemaría è una festa per tutta la famiglia della Chiesa e per questo il 26 giugno potremo dire nel cuore della celebrazione Eucaristica che “Confortati dalla sua testimonianza, affrontiamo il buon combattimento della fede, per condividere al di là della morte la stessa corona di gloria[11].

Don Vittoradolfo Tambone


[1] Dal Prefazio del Comune dei Santi, Messale Romano

[2] Cfr. Rabindranaz Tagore, Il Postino del Re

[3] San Giovanni della Croce, Notte Oscura – Strofe dell’Anima, 5.

[4] Echevarría J., Mons. Escriva de Balaguer, un corazon que sabia amar, in La personalidad del beato Josemaría Escriva de Balaguer, EUNSA Pamplona, 1994, p. 254 (Nostra traduzione).

[5] Discorso di Giovanni Paolo II ai Pellegrini convenuti per la Canonizzazione di San Josemaría Escriva de Balguer, Lunedì 7 ottobre 2002, n. 3.

[6] Leone XIII, Lettera Enciclica “Fin dal Principio”, 8 Dicembre 1902.

[7] Gv 13,31-35.

[8] https://opusdei.org/it-it/article/favori-di-san-Josemaría-in-2005/

[9] Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 799.

[10] Atti degli Apostoli, 8, 18-23.

[11] Messale Romano, Prefazio dei Santi.