​​Commento al Vangelo: Le tentazioni nel deserto

Vangelo della 1ª domenica di Quaresima (Ciclo A) e commento al Vangelo della Messa.

Vangelo (Mt 4, 1-11)

In quel tempo Gesù fu condotto dallo Spirito nel deserto per essere tentato dal diavolo. Dopo aver digiunato quaranta giorni e quaranta notti, alla fine ebbe fame. Il tentatore gli si avvicinò e gli disse:

– Se tu sei Figlio di Dio, di' che queste pietre diventino pane.

Ma egli rispose:

– Sta scritto:

Non di solo pane vivrà l'uomo,

ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio.

Allora il diavolo lo portò nella città santa, lo pose sul punto più alto del Tempio e gli disse:

– Se sei Figlio di Dio, gettati giù; sta scritto infatti:

Ai suoi angeli darà ordini a tuo riguardo

ed essi ti porteranno sulle loro mani

perché il tuo piede non inciampi in una pietra.

Gesù gli rispose:

– Sta scritto anche: Non metterai alla prova il Signore Dio tuo.

Di nuovo il diavolo lo portò sopra un monte altissimo e gli mostrò tutti i regni del mondo e la loro gloria e gli disse:

– Tutte queste cose io ti darò se, gettandoti ai miei piedi, mi adorerai.

Allora Gesù gli rispose:

– Vattene, Satana! Sta scritto infatti:

Il Signore, Dio tuo, adorerai:

a lui solo renderai culto.

Allora il diavolo lo lasciò, ed ecco degli angeli gli si avvicinarono e lo servivano.


Commento

La prima domenica di Quaresima ci presenta Gesù portato dallo Spirito nel deserto per essere tentato dal diavolo. Il luogo geografico del deserto, posto inospitale e antagonistico dell’Eden, è molto eloquente. Da un passo della Sacra Scrittura si può pensare che derivi la credenza ebraica di un certo spirito malefico del deserto chiamato Azazel (cfr. Lv 16, 10 e Tb 8, 3). Così Gesù sarebbe spinto nell’ambito del tentatore. Inoltre il deserto era stato un luogo di prova per il popolo eletto. Il Signore va per uscire vittorioso là dove Israele non aveva potuto far altro che soccombere.

Gesù digiuna “quaranta giorni e quaranta notti”. È ciò che rievoca la Quaresima. Questo atto penitenziale del Signore è pieno di simbolismi: quaranta giorni e quaranta notti durò il castigo del diluvio (cfr. Gn 7, 4); quaranta giorni e quaranta notti Mosè passò nella nube del Sinai, senza mangiare né bere, supplicando Dio a favore del popolo (Dt 9, 25), prima che gli fosse consegnata la Legge (cfr. Es 24, 18); anche Elia passò quaranta giorni e quaranta notti, senza mangiare né bere, camminando fino al monte Oreb per incontrare il Signore (cfr. 1 Re 19, 8); soprattutto, per 40 anni Israele dovette vivere nel deserto, tra prove e tentazioni, come castigo dei 40 giorni che aveva dedicato a esplorare la terra per suo conto, senza considerare Dio (cfr. Nm 14, 34)

Dopo aver digiunato, Gesù ebbe fame, apparentemente privo di ogni aiuto divino e di potere materiale. Allora il tentatore si propone di far cadere Gesù in qualche forma di intemperanza, di avarizia o di idolatria, nei quali è solito far cadere gli uomini, che utilizzano o rifiutano Dio per esaltare se stessi. Il diavolo cita con ambiguità le Scritture con le quali Gesù compie sempre la volontà del Padre suo. Se sei il Figlio di Dio, gli dice, usa la forza divina per superare l’indigente condizione umana che hai assunto. Questo stesso suggerimento arriverà al suo culmine sulla croce.

Però Papa Francesco spiegava la soluzione che ci offre il Maestro con il suo esempio: “Satana vuole distogliere Gesù dalla via dell’obbedienza e dell’umiliazione – perché sa che così, per questa via, il male sarà sconfitto – e portarlo sulla falsa scorciatoia del successo e della gloria. Ma le frecce velenose del diavolo vengono tutte “parate” da Gesù con lo scudo della Parola di Dio (Mt 3, 4.7.10) che esprime la volontà del Padre. Gesù non dice alcuna parola propria: risponde soltanto con la Parola di Dio. E così il Figlio, pieno della forza dello Spirito Santo, esce vittorioso dal deserto[1].

Tutti noi, in un modo o in un altro, siamo sottoposti ogni giorno a queste prove del deserto. Spiegava Benedetto XVI: “Il nucleo di ogni tentazione – come si nota qui – è lasciare in disparte Dio, che, a paragone con tutto ciò che sembra urgente nella nostra vita, è considerato secondario, quando non superfluo o molesto”[2]. La fretta, la brama di efficacia umana e le difficoltà quotidiane possono indurci a trascurare, a dimenticare e anche a rifiutare il rapporto con Dio; oppure ad aspettare da Lui un intervento eclatante che ci faccia reagire. Invece, quando la volontà di Dio è al primo posto, Egli poi ci esalta.

Infatti, Matteo dice che, vinta ogni tentazione, “gli angeli gli si avvicinarono e lo servivano”. Dio dà con ordine e proporzione ciò che il demonio usava come trasgressione. San Josemaría commentava così questa affettuosa scena finale: “La Chiesa, facendoci meditare questi passi della vita di Gesù, ci ricorda che nel tempo di Quaresima – tempo in cui ci riconosciamo peccatori, pieni di miserie, bisognosi di purificazione – c’è posto anche per la gioia. Perché la Quaresima è anche tempo di fortezza e di gaudio. Dobbiamo sentirci pieni di coraggio, perché la grazia del Signore non può mancare: Dio sarà sempre accanto a noi e manderà i suoi angeli perché siano i nostri compagni di viaggio, i nostri prudenti consiglieri lungo la via, i collaboratori in tutte le nostre imprese”[3].

Pablo. M. Edo


[1] Papa Francesco, Angelus, 5 marzo 2017.

[2] Joseph Ratzinger – Benedetto XVI, Gesù di Nazaret, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano, 2011.

[3] San Josemaría, È Gesù che passa, n. 63.