Vita di Maria (XIV): Magistero, Padri, santi

La scena delle nozze di Cana, riflessa nei testi del Magistero, dei Padri della Chiesa e dei santi.

La voce del Magistero

«A prima vista, il miracolo di Cana sembra staccarsi un poco dagli altri segni compiuti da Gesù. Che senso può avere il fatto che Gesù procuri una sovrabbondanza di vino – circa 520 litri – per una festa privata? Dobbiamo pertanto guardare più a fondo per comprendere che non si tratta affatto di un lusso privato, bensì di qualcosa di molto più grande. Innanzitutto è già importante l'indicazione di tempo: “Il terzo giorno, ci fu uno sposalizio a Cana di Galilea" ( Gv 2, 1). Non è molto chiaro a quale data precedente si riallacci il discorso del terzo giorno; a maggior ragione è evidente che all'evangelista sta a cuore proprio questa indicazione temporale simbolica, che egli ci mette a disposizione come chiave di comprensione dell'episodio.

Nell'Antico Testamento il terzo giorno è la data della teofania, come per esempio nel racconto centrale dell'incontro tra Dio e Israele sul Sinai: “Al terzo giorno, sul far del mattino, vi furono tuoni, lampi, [...] era sceso il Signore nel fuoco" ( Es 19, 16-18). Allo stesso tempo si può cogliervi un rimando anticipato alla teofania finale e decisiva della storia: la risurrezione di Cristo nel terzo giorno, nella quale gli incontri iniziali con Dio diventano l'irruzione definitiva di Dio sulla terra; la risurrezione nella quale, una volta per tutte, la terra viene squarciata, assorbita nella vita stessa di Dio. C'è qui dunque un accenno che si tratta di una prima manifestazione di Dio in continuità con gli eventi dell'Antico Testamento, che recano tutti in sé un carattere di promessa e che ora tendono verso il loro completamento [...].»

Con questa datazione è collegato un altro elemento fondamentale del racconto. Gesù parla alla madre, Maria, della sua “ora" non ancora giunta. Ciò significa innanzitutto che Egli non agisce e non decide semplicemente di sua iniziativa, bensì sempre in accordo con la volontà del Padre, sempre a partire dal disegno del Padre. Più esattamente, “l'ora" indica la sua “glorificazione", in cui croce e risurrezione e la sua presenza universale attraverso la parola e il sacramento vengono guardate come un tutt'uno. L'ora di Gesù, l'ora della sua “gloria", inizia nel momento della croce e ha la sua collocazione storica: nel momento in cui gli agnelli pasquali vengono uccisi, Gesù versa il suo sangue come il vero Agnello. La sua ora viene da Dio, ma è fissata con estrema precisione nel contesto della storia, legata a una data liturgica, e proprio per questo è l'inizio della nuova liturgia “in spirito e verità". Se Gesù in quell'istante parla a Maria della sua ora, lega con ciò il momento in cui si trovano al mistero della croce come sua glorificazione. Questa ora non è ancora giunta, occorreva precisarlo per prima cosa. E tuttavia Gesù ha il potere di anticipare misteriosamente questa “ora" a modo di segno. Il miracolo di Cana si caratterizza pertanto come anticipazione dell'ora ed è interiormente ad essa legato.

Come potremmo dimenticare che questo emozionante mistero dell'anticipazione dell'ora c'è ancora e di continuo? Come Gesù, dietro preghiera di sua Madre, anticipa simbolicamente la sua ora e, insieme, rimanda a essa, così avviene sempre di nuovo nell'Eucaristia: dietro la preghiera della Chiesa, il Signore anticipa in essa il suo ritorno, viene già ora, celebra già ora le nozze con noi, tirandoci così simultaneamente fuori dal nostro tempo, avanti verso quella “ora".

Cominciamo così a comprendere l'episodio di Cana. Il segno di Dio è la sovrabbondanza. Lo vediamo nella moltiplicazione dei pani, lo vediamo sempre di nuovo, ma soprattutto al centro della storia della salvezza: nel fatto che sperpera se stesso per la misera creatura che è l'uomo. Questa sovrabbondanza è la sua “gloria". La sovrabbondanza di Cana è perciò segno che la festa di Dio con l'umanità – il suo dono di sé per gli uomini – è cominciata. La cornice dell'avvenimento, le nozze, diventa così un'immagine che indica, al di là di se stessa, l'ora messianica: l'ora delle nozze di Dio con il suo popolo ha avuto inizio nella venuta di Gesù. La promessa escatologica entra nel presente».

Joseph Ratzinger – Benedetto XVI (XXI secolo)

Gesù di Nazaret , vol. I, pp. 291-294.

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«Sottolineando l'iniziativa di Maria nel primo miracolo e ricordando poi la sua presenza sul Calvario, ai piedi della Croce, l'evangelista aiuta a comprendere come la cooperazione di Maria si estenda a tutta l'opera di Cristo. La richiesta della Vergine si colloca all'interno del disegno divino di salvezza.

Nel primo segno operato da Gesù i Padri della Chiesa hanno intravisto una forte dimensione simbolica, cogliendo, nella trasformazione dell'acqua in vino, l'annunzio del passaggio dall'antica alla nuova Alleanza. A Cana, proprio l'acqua delle giare, destinata alla purificazione dei Giudei e all'adempimento delle prescrizioni legali (cfr. Mc 7, 1-15), diventa il vino nuovo del banchetto nuziale, simbolo dell'unione definitiva fra Dio e l'umanità.

Il contesto di un banchetto di nozze, scelto da Gesù per il suo primo miracolo, rimanda al simbolismo matrimoniale, frequente nell'Antico Testamento per indicare l'Alleanza tra Dio e il suo popolo (cfr. Os 2, 21; Ger 2, 1-8; Sal 45 (44); ecc.) e nel Nuovo Testamento per significare l'unione di Cristo con la Chiesa (cfr. Gv 3, 28-30; Ef 5, 25-32; Ap 21, 1-2; ecc.).

La presenza di Gesù a Cana manifesta inoltre il progetto salvifico di Dio riguardo al matrimonio. In tale prospettiva, la carenza di vino può essere interpretata come allusiva alla mancanza d'amore, che purtroppo non raramente minaccia l'unione sponsale. Maria chiede a Gesù d'intervenire in favore di tutti gli sposi, che solo un amore fondato in Dio può liberare dai pericoli dell'infedeltà, dell'incomprensione e delle divisioni. La grazia del Sacramento offre agli sposi questa forza superiore d'amore, che può corroborare l'impegno della fedeltà anche nelle circostanze difficili.

Secondo l'interpretazione degli autori cristiani, il miracolo di Cana racchiude, inoltre, un profondo significato eucaristico. Compiendolo in prossimità della solennità della Pasqua giudaica (cfr. Gv 2, 13), Gesù manifesta, come nella moltiplicazione dei pani (cfr. Gv 6, 4), l'intenzione di preparare il vero banchetto pasquale, l'Eucaristia. Tale desiderio, alle nozze di Cana, sembra sottolineato ulteriormente dalla presenza del vino, che allude al sangue della Nuova Alleanza, e dal contesto di un banchetto.

In tal modo Maria, dopo essere stata all'origine della presenza di Gesù alla festa, ottiene il miracolo del vino nuovo, che prefigura l'Eucaristia, segno supremo della presenza del suo Figlio risorto tra i discepoli».

Giovanni Paolo II (XX secolo)

Discorso nell'udienza generale , 5-III-1997.

La voce dei Padri e degli scrittori antichi

«Cristo comincia a operare miracoli nel momento più opportuno, anche se a darne l'occasione è una circostanza fortuita. Si stava festeggiando uno sposalizio dignitoso e onorevole e c'era anche la Madre di Gesù. Invitato anch'Egli, era presente il Signore con i suoi discepoli, non tanto per partecipare al banchetto, quanto perché desiderava compiere un miracolo e così infondere – alla sorgente stessa della generazione umana – una corrente santificante di grazia capace di elevare l'ordinario livello della natura.

Conveniva, infatti, che il Signore, essendo venuto a rinnovare la natura stessa dell'uomo, portandola di nuovo e completamente a una condizione superiore, non impartisse la sua benedizione solo a quelli che erano già nati, ma preparasse la grazia per quelli che dovevano ancora nascere, santificandone così la nascita. Con la sua presenza rese onore alle nozze, Egli che è il gaudio e la gioia di tutti, cancellando in tal modo la tristezza che, sin dal principio, era stata associata al parto. Se uno è in Cristo, è una creatura nuova; le cose vecchie sono passate, ecco, ne sono nate di nuove ( 2 Cor 5, 17).

Egli, dunque, assistette alle nozze con i suoi discepoli. Conveniva che quelli che si sentivano attratti dall'incanto delle cose meravigliose fossero presenti mentre compiva i miracoli; in tal modo avrebbero fatto proprio – come alimento della fede – quello che Egli stava per compiere».

San Cirillo di Alessandria (V secolo)

In Ioannem commentarius , libro II.

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«Il miracolo con cui Nostro Signore Gesù Cristo trasformò l'acqua in vino non è una meraviglia agli occhi di chi sa che fu compiuto da Dio. Infatti, colui che durante le nozze produsse il vino nelle sei giare che aveva fatto riempire di acqua, è lo stesso che tutti gli anni fa qualcosa di simile con la vite. Ciò che i servi gettarono nelle giare fu trasformato in vino per opera di Dio, così come, sempre per opera sua, si cambia in vino quello che cade dalle nuvole. Se non ci meravigliamo di questo, è perché accade tutti gli anni e a causa della frequenza non è più considerata cosa mirabile.

Tuttavia questo meriterebbe maggiore considerazione di ciò che succede nelle giare piene di acqua. Infatti, chi può considerare le opere del Signore, con le quali Egli regge e governa il mondo intero, senza stupirsi o rimanere confuso davanti a tanti prodigi? La potenza di un granello di un seme qualsiasi è così grande da impressionare chi lo esamini attentamente. Ma siccome gli uomini, occupati in altre faccende, non prestano più attenzione alle opere di Dio, per le quali dovrebbero glorificare il Creatore incessantemente, Dio si è riservato di fare prodigi inusitati per indurre gli uomini, che sono come assopiti, ad adorarlo attraverso queste meraviglie».

Sant'Agostino (IV-V secolo)

In Ioannis Evangelium tractatus , 8, 1.

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« Tre giorni dopo ci fu uno sposalizio ( Gv 2, 1). Che significato ha questo sposalizio se non il desiderio e la gioia della salvezza dell'uomo? Il simbolismo del numero tre, infatti, celebra il mistero della salvezza: sia per la confessione della Santissima Trinità, sia per la fede nella Risurrezione, avvenuta tre giorni dopo la morte del Signore [...].

Come lo sposo che esce dalla stanza nuziale (cfr. Sal 18, 6), così Cristo discese sulla terra per unirsi alla Chiesa mediante la propria incarnazione. A questa Chiesa, radunata tra i pagani, diede doni e promesse. In dono gli diede la redenzione, come promessa la vita eterna. Tutto questo era un miracolo per chi lo vedeva e un mistero per chi lo comprendeva. Infatti, se riflettiamo sino in fondo, comprenderemo che nell'acqua è rappresentata una certa immagine del battesimo e della risurrezione. Quando una cosa proviene da un'altra mediante un processo interno, o quando una creatura inferiore è elevata mediante una intima conversione a uno stato superiore, ci troviamo di fronte a una seconda nascita. Le acque sono trasformate all'improvviso, e proprio esse, più avanti, trasformeranno gli uomini. Così, dunque, in Galilea, ad opera di Cristo, l'acqua si trasforma in vino; scompare la legge e le succede la grazia; l'ombra si dilegua e al suo posto appare la realtà; le cose materiali si confrontano con quelle spirituali; la vecchia osservanza cede il passo al Nuovo Testamento.

Afferma il beato Apostolo: le cose vecchie sono passate, ecco, ne sono nate di nuove ( 2 Cor 5, 17). Come l'acqua contenuta nelle giare non perde nulla di quel che era e comincia a essere quel che non era, così la Legge non è stata sminuita dalla venuta di Cristo, ma perfezionata, perché da Cristo ha ricevuto la sua perfezione. Essendo venuto a mancare il vino, si serve un altro vino; il vino dell'Antico Testamento è buono, ma quello del Nuovo Testamento è migliore. L'Antica Alleanza, alla quale si assoggettano i giudei, si esaurisce alla lettera; la Nuova, alla quale obbediamo noi, ci restituisce il sapore della grazia. Vino “buono" è il comandamento della Legge, che dice: amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico ( Mt 5, 43); il vino del Vangelo, che è migliore, dice: ma Io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per i vostri persecutori ( Mt 5, 44)».

Fausto de Riez (V secolo)

Sermone 5 sull'Epifania

La voce dei santi

«Cristo, rispondendo alla Madre che gli diceva: Concedimi questa grazia , rispose immediatamente: Che ho da fare con te, o donna? Non è ancora giunta la mia ora ( Gv 2, 4). Alcuni hanno voluto scorgere in queste parole un significato che giustifichi la loro empietà. Sono quelli che sostengono la sottomissione di Cristo alle leggi naturali, oppure considerano anche Lui vincolato alle ore. Ma questo è dovuto al fatto che non comprendono il significato della parola. La bocca degli empi, che meditano il male, è obbligata a tacere dal subitaneo miracolo operato da Colui che ha compiuto tutto con sapienza.

“Figlio mio – disse la Madre di Gesù, l'assolutamente Pura – rispondi ora. Tu, che imponi alle ore il freno della misura, come puoi aspettare l'ora, Figlio mio e Signore mio? Come puoi aspettare il tempo, se Tu stesso hai stabilito gli intervalli del tempo, o Creatore del mondo visibile e invisibile, Tu che giorno e notte dirigi con totale sovranità e secondo la tua discrezione le evoluzioni immutabili? Sei stato Tu a fissare lo scorrere degli anni nei suoi cicli perfettamente regolati: come puoi aspettare il tempo propizio per il prodigio che ti chiedo, Tu che hai compiuto tutto con sapienza?".

“Ancora prima che Tu lo notassi, Vergine venerata, Io sapevo che il vino mancava - rispose allora l'Ineffabile, il Misericordioso, alla Madre veneratissima -. Conosco tutti i pensieri che albergano nel tuo cuore. Tu hai pensato dentro di te: la necessità inciterà ora mio Figlio al miracolo, che con la scusa delle ore cerca di ritardare. O Madre pura, impara ora il perché di questo ritardo, e quando lo avrai capito, ti concederò certamente questa grazia, Io che ho compiuto tutto con sapienza"».

San Romano il Melòde (VI secolo)

Inno sulle nozze di Cana

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«I brani della Sacra Scrittura che parlano della Vergine dimostrano chiaramente che la Madre di Gesù accompagna assiduamente suo figlio, si associa alla sua missione redentrice, gioisce e soffre con Lui, ama quelli che Gesù ama, dedica la sua sollecitudine materna a quanti lo seguono.

Pensiamo, per esempio, al racconto delle nozze di Cana. Dei tanti invitati a quelle vivaci nozze paesane, soltanto Maria si avvede che manca il vino (cfr. Gv 2, 3). Se ne accorge Lei sola, e tempestivamente. Come ci risultano familiari le scene della vita di Cristo! In esse la grandezza di Dio si intreccia con la vita più comune e quotidiana. È tipico della donna di casa avveduta e prudente notare una manchevolezza, badare ai piccoli dettagli che rendono amabile la vita: tale è il comportamento di Maria.

Notate anche che è Giovanni a raccontare l'episodio di Cana: è l'unico evangelista a consegnare questo dato di sollecitudine materna. San Giovanni ci vuol ricordare che Maria era presente all'inizio della vita pubblica del Signore. Al tempo stesso, ci fa capire di aver saputo approfondire l'importanza della presenza della Madonna. E Gesù sapeva bene a chi affidava sua Madre: a un discepolo che l'aveva amata, che aveva imparato ad amarla come madre ed era in grado di capirla».

San Josemaría (XX secolo)

È Gesù che passa , n. 141.