Visita del Papa in Sicilia

In occasione della visita del Papa in Sicilia il 3 ottobre, il “Giornale di Sicilia” ha pubblicato un articolo di don Salvatore Amico Roxas, Vicario della Delegazione dell’Opus Dei della Sicilia.

L’imminente visita del Sommo Pontefice Benedetto XVI alla nostra terra, accanto alla gratitudine per quanti hanno reso possibile quest’evento gioioso, ci spinge a riflettere per prepararci ad accoglierne gli insegnamenti, nella convinzione che il Santo Padre vorrà dirci qualcosa di specifico, così come nei giorni scorsi in Inghilterra ha parlato di ciò che poteva servire al popolo inglese, riscuotendone per altro un’accoglienza calorosa.

Se il Papa ora viene a Palermo è perché gli stanno a cuore le vicende della Sicilia, quelle dei cristiani in primo luogo, ma anche quelle di tutti i siciliani, compresi i non credenti. Il Papa infatti viene per tutti. E per tutti parlerà.

Qualunque tema toccherà, penso che sarà forte il suo incoraggiamento a metterci in gioco, senza limitarci alle diagnosi o, in qualche caso, alla sterile lamentela. Sono convinto che il Papa vorrà riaccendere in noi siciliani le più alte idee partendo dalla nostra vocazione di abitanti d'una terra densa di storia e cultura.

L'ascolto intelligente delle parole del Papa potrà essere per noi una spinta a rimboccarci le maniche cominciando dalla coerenza nella nostra vita personale, familiare e lavorativa.

Ad una lettura delle parole del Papa in questa linea saranno sensibili molti siciliani, siano essi credenti o non credenti, se è vero che – come spesso si dice dei siciliani – noi siamo capaci di nutrire grandi aspirazioni, però tendiamo a volte ad abbandonarci ad un’inerzia che poi giustifichiamo con un certo fatalismo scettico, se non con la pretesa, che a risolvere i nostri problemi debbano pensarci altri, che magari sarebbero stati i responsabili di alcuni nostri degradi.

La presenza del Papa verrà a ricordare che dobbiamo metterci in gioco in prima persona.

Proprio perché noi siciliani siamo capaci di queste grandi aspirazioni, possiamo cogliere nel loro vero senso le parole del messaggio per la prossima Giornata Mondiale della Gioventù: “È parte dell’essere giovane desiderare qualcosa di più della quotidianità regolare di un impiego sicuro e sentire l’anelito per ciò che è realmente grande.” E’ un appello alle risorse che realmente l’essere giovani porta con sé, e che quindi ogni giovane può scoprire e a cui può attingere.

In una società in cui sembra sia smarrito il ruolo del padre, molti giovani sono attratti dal Papa proprio per la profondità e schiettezza con cui parla loro di mete esigenti, mostrando al contempo la strada anche con un esempio personale che ai più attenti non passa inavvertito.

Per molti, non solo per i credenti, Benedetto XVI può rappresentare un modello vivente di quella identificazione con Cristo alla quale ogni cristiano aspira. Lo dimostra l’aderenza evangelica con cui il Papa ha gestito per esempio alcune campagne mediatiche denigratorie di cui è stato oggetto per colpe non sue. L’atteggiamento mite e paziente, il non sottrarsi alle accuse, il farsi carico di tanta sofferenza, l'aver chiesto umilmente scusa alle vittime di colpe di ministri della Chiesa, richiamano con forza la figura di Gesù Cristo maltrattato e umiliato per i nostri peccati, peccati che lui non aveva commesso.

Si può dire che Benedetto XVI, con questo modo di agire, ha incarnato una delle Beatitudini evangeliche: “Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli. Così infatti hanno perseguitato i profeti prima di voi" (Matteo 5,11-12).

Del resto in questa luce vanno anche lette le parole che Gesù rivolse a Pietro quando questi gli augurava di scampare dagli imminenti pericoli legati alla passione. Infatti, nel famoso versetto “Ma egli [Gesù], voltandosi, disse a Pietro: «Va’ dietro a me, satana! Tu mi sei di scandalo, perché non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini!»” (Matteo 16, 23) il Signore invitava Pietro a lasciare perdere prospettive meramente terrene, e ad abbracciare invece liberamente un amore, anche se carico di dolore, con il suo valore redentivo, venendogli dietro, appunto, seguendo l’esempio di Gesù.

Benedetto XVI mi ha mostrato, ci ha mostrato così nei fatti di essere il Vicario di Cristo, successore dell’Apostolo Pietro.

La lezione del Papa è stata autenticamente evangelica. Proprio per questo, una volta di più mi viene in mente la definizione piena di calore umano e di fede soprannaturale con cui san Josemaría Escrivá si riferiva al Papa: il dolce Cristo in terra.

 

Don Salvatore Amico Roxas Vicario della Delegazione dell'Opus Dei della Sicilia

    Giornale di Sicilia, 30 settembre 2010