Sono ingegnere meccanico per le fonti rinnovabili, un settore che amo molto. Negli anni dell’Università facevo il pendolare tra Napoli e il mio paese, insieme a vari altri ragazzi. Un giorno una mia amica mi disse che quel pomeriggio non avrebbe preso il treno di ritorno allo stesso orario perché si sarebbe fermata a Napoli per partecipare a un incontro organizzato da persone dell’Opus Dei. Non sapevo cosa fosse, e lei me lo descrisse come un cammino nella Chiesa fondato sulla santificazione dell’ordinario. Questa breve descrizione dell’Opera, che ancora non conoscevo, mi colpì.
Quello che voglio io e quello che vuole Dio
Nella mia famiglia io sono sempre stato quello più “praticante”: non ho mai mollato la Messa. Quando feci la Cresima, un sacerdote mi chiese quale pensavo che fosse la mia vocazione. Quella domanda mi segnò particolarmente. Dio mi stava chiamando al sacerdozio? Iniziò dentro di me una lotta tra quello che volevo io e quello che voleva Dio. Cercavo con ragionamenti, riflessioni, di capire cosa fare. Qualche anno dopo ripresi questo tema della vocazione con lo stesso sacerdote che mi aveva fatto quella domanda, mentre insieme a degli amici davamo vita al gruppo giovani nella parrocchia.

Un paio di anni dopo parlai con il sacerdote che mi seguiva dell’Opus Dei: mi colpiva l’opzione della vita ordinaria. Lui mi invitò a Napoli alla Monterone dove parlai con uno dei tutor della residenza. Ci scambiammo i numeri di telefono, ma la cosa morì lì.
Nel retro di una farmacia
Qualche tempo dopo mi decisi a contattare di nuovo qualcuno dell’Opera tramite il sito, scrivendo una mail a info.it@opusdei.org. Mi misero in contatto con un fedele soprannumerario, Bruno, che mi invitò a partecipare a un incontro di formazione cristiana. Io mi aspettavo una catechesi tenuta in una chiesa o almeno un santuario, ma invece l’appuntamento era nel retro di una farmacia. Immaginavo che da lì ci saremmo spostati verso qualche altra meta, e invece l’incontro, un circolo, si tenne proprio lì, nel retro di una farmacia a Pomigliano D’Arco.
Iniziai a partecipare a degli incontri culturali organizzati dai ragazzi del Centro Culturale Alfa Clan. Nacque una bella amicizia con uno dei tutor che organizzavano quegli incontri, Luca.

Lacrime di gratitudine
Il primo gennaio 2023 mi trovavo ad Assisi dove avevo partecipato al Capodanno organizzato dalla Gioventù Francescana. Quella mattina non mi ero alzato in tempo per la colazione. Una volta in piedi, trovai un amico che mi stava portando la colazione in camera. Mi disse che l’idea non era stata sua, ma di una certa Marina, che io praticamente non conoscevo. Mi colpì che mi avesse pensato per questa colazione senza che ci fossimo scambiati più di due parole.
Quel pomeriggio, in un momento di preghiera, pensai ai giorni trascorsi lì ad Assisi e iniziai a piangere per la gratitudine: capii che Dio pensava a me e mi amava. Ancora oggi, quando ripenso a quel momento mi commuovo.

Trovai quindi una risposta alla domanda che avevo nel cuore da tanti anni: Dio vuole amarmi e pensarmi. Dentro di me sapevo che avrei dovuto prendere una decisione. Tutti i ritiri che facevo ad Assisi erano meravigliosi ma dentro di me avvertivo che ero lì nel deserto. Il mio desiderio era di vivere la mia spiritualità nel quotidiano. Assisi mi ha dato, mi ha fatto vedere quel volto di Dio. Era il momento di vivere questa pace nelle cose ordinarie.