Un dono dopo l’altro

Una giovane mamma con sei figli: l'incredulità degli estranei, la fatica di crescerli. E però la gioia di essere una "squadra". E la guida trovata nell’insegnamento di san Josemaría: “Quando penso ai focolari cristiani, mi piace immaginarli luminosi e allegri, come quello della Sacra Famiglia” (E’ Gesù che passa, n. 22).

La riflessione sulla mia famiglia è nata da una conversazione avuta con Alessandro (il primogenito, 10 anni) che ha esordito dicendomi: «Vero che tu sei la mamma più felice del mondo perché hai tutti noi?». Colpita da questa affermazione, ho risposto che sicuramente ero una mamma molto felice, non tanto perché ho "tutti" loro, quanto piuttosto perché ho "ciascuno" di loro. La prima considerazione è questa: la caratteristica di ogni famiglia, ma più evidente in quelle numerose, è data non tanto dal numero, dalla "quantità", quanto piuttosto dalla straordinaria ricchezza che ciascuno porta in essa grazie alla propria unicità

Guardando gli occhi dei miei figli non riesco a non pensare che qualcuno di loro potrebbe non esistere se avessi dato retta a quel luogo così frequente e comune di chi, vedendoci con i primi due, ci apostrofava dicendo: «Adesso che avete la coppia vi fermerete... ».

Invece mio marito e io non ci siamo fermati e abbiamo accolto con gioia un dono dopo l'altro. Anche adesso quando passeggiamo, magari soltanto con qualcuno di loro, di frequente veniamo interpellati: «Ma sono tutti vostri?». Generalmente i figli presenti, precedendoci, forniscono una risposta che lascia l'interlocutore incredulo: «E non siamo neppure tutti. Gli altri sono a casa. Siamo in sei». Se il tempo lo consente, la conversazione prosegue: «Ma li avete programmati o sono capitati?». "Capitati", trattandosi di un figlio, non mi sembra un termine adeguato. Non li abbiamo neppure programmati, non c'è stato il tempo. Però sì, voluti e amati fin dal primo momento in cui siamo venuti a sapere della loro esistenza.

In alcune occasioni la conversazione prosegue su questo tono: «Si vede che non fate fatica». Certo che facciamo fatica. Credo anzi che se la fatica fisica risulta enorme, ancora superiore sia quella compiuta con la testa e con il cuore, quella che accompagna l'impegno costante di dare a ciascuno tutta l'attenzione, tutta la disponibilità e tutto l'amore di cui ha bisogno. È per questo che cerchiamo di programmare la settimana in modo di trascorrere con ognuno un tempo proprio, in cui oltre a raccogliere e scambiare confidenze, cerchiamo di trasferire la certezza che, nel nostro cuore, ciascuno di loro occupa un posto unico e irripetibile.

Ad essere tanti ci sono dei vantaggi: non si è mai soli, non si conosce la noia, c'è sempre qualcuno con cui giocare, si sviluppa un naturale senso di solidarietà. Non possiamo negare che ci siano anche svantaggi: si ha meno spazio personale, bisogna "condividere" cose e persone, c'è sempre qualcuno che distrugge opere frutto di paziente lavoro, non si ottiene tutto e subito, l'economia famigliare occupa un posto molto importante, le voci e i rumori si moltiplicano. Però credo che nessuno dei nostri figli possa negare la gioia di un ritorno a casa in cui sicuramente c'è qualcuno che lo aspetta, l’insostituibilità di un calore trasmesso da un affettuoso "assalto", la prospettiva di un futuro in cui ci sarà sempre qualcuno al quale chiedere, o dare, aiuto e amore.

    Claudia Palazzo Grassi // NOI GENITORI & FIGLI