Chi era Dora? E a cosa è dovuta la sua fama di santità? Siamo lì per scoprirlo. E per conoscere una persona non c’è nulla di meglio che ascoltare i racconti di chi l’ha conosciuta e amata. Intervengono Giovanna Costarelli e Vilia Rocci: entrambe hanno lavorato a stretto contatto con Dora, dal 1974 al 10 gennaio 2004, giorno in cui Dora è andata in Cielo.
Capta subito la nostra attenzione la risposta sicura di Giovanna alla prima domanda: “Qual è la caratteristica fondamentale di Dora?” – “Il suo saper essere straordinaria nell’ordinario”.
Dora ha lavorato per alcuni anni come governante in diverse famiglie in Spagna e, dopo aver conosciuto il fondatore dell’Opus Dei e aver chiesto l’ammissione all’Opera, si è dedicata per tutta la vita alle faccende domestiche e in particolare ai servizi di lavanderia e stireria: ha iniziato lavorando nella prima residenza per studenti La Moncloa a Madrid fino a terminare nel Centro Internazionale di Studi di Cavabianca a Roma.
Quello che prima era solo un nome, Dora, inizia a prendere forma e colore. Ne emerge la figura di una donna elegante, precisa, determinata, che sapeva voler bene agli altri e ognuno poteva sentirsi amato da lei in modo speciale. Una donna di grande flessibilità, aperta ai cambiamenti e alle ultime novità tecnologiche quando fossero in grado di rendere il lavoro più agevole. Una donna che, soprattutto, sapeva fare e insegnare il suo lavoro con grande spirito di servizio, senza farlo pesare e senza superbia. Dora amava il suo lavoro e amava farlo bene per rendere più piacevole la vita di chi le stava accanto.
Giovanna e Vilia ci raccontano come Dora sapesse essere forte e mantenere la serenità anche nelle difficoltà, come quelle causate dalla mancanza di risorse materiali durante il periodo della guerra civile in Spagna o subito dopo il conflitto mondiale in Italia, o ancora di quando nel 1987 venne colpita da un infarto. Dora seppe vivere con gioia e trarre l’aspetto positivo anche dal periodo di convalescenza in ospedale, quando il suo interesse era sempre rivolto agli altri malati o agli amici in visita e mai verso sé stessa.
Potrebbe sembrare che Dora incarni il ritratto della donna perfetta. Ma Giovanna e Vilia ci parlano anche dei suoi difetti, il suo carattere brusco tipico della terra in cui era nata, quel suo non voler stare al centro dell’attenzione che poteva farla sembrare una persona schiva, a volte un po’ “sulle sue”. Il santo, come amava dire san Josemaría, non è una persona priva di debolezze. Anzi, è consapevole delle proprie miserie e proprio per questo si impegna ogni giorno per essere migliore, per ricevere da Dio quella forza che non ha.
Dora era tanto precisa e puntuale nel lavoro, quanto costante nella preghiera. La Santa Messa e l’incontro con Gesù nell’Eucaristia erano per lei il fulcro della giornata e non passava giorno in cui, a ora fissa, non lasciasse il suo lavoro per dedicare un po’ di tempo alla preghiera davanti al Tabernacolo.
Dora è stata chiamata da Cristo a un lavoro molto simile a quello della Madonna, “la serva del Signore” e di san Giuseppe. Un lavoro umile, nascosto, fatto di piccoli gesti all’apparenza sempre uguali.
Con la sua vita Dora mostra ancora oggi che ogni chiamata del Signore è una vocazione al servizio e che senza di esso non può esserci amore. E non importa il tipo di lavoro che fai, dove lo fai, o la visibilità sociale che ne ricavi. L’unica cosa che conta è l’amore che metti nel farlo. Ogni piccolo atto fatto con cuore innamorato resta per l’eternità. Perché tutto passa e ha una fine, ma l’amore, solo quello, rimane per sempre.
Da Dora possiamo imparare a metterci a disposizione di Dio e degli altri, facendoci piccoli ed umili servi nel nostro lavoro quotidiano; identificandoci con Cristo e innamorandoci di Lui, ci ritroveremo parte viva di quel miracolo di cui parlava san Josemaría: “il miracolo di trasformare la prosa quotidiana in versi epici, in virtù dell'amore con cui svolgete la vostra occupazione abituale”.
Grazie Dora.
Per ulteriori informazioni su Dora del Hoyo: www.doradelhoyoit.wordpress.com