Josemaría Escrivá era un uomo allegro. Per accorgersene, basta vedere i filmati che lo ritraggono negli incontri con la gente, durante i quali era sempre pronto a regalare un sorriso e una speranza. Ma qual era il segreto del suo costante buon umore? Lo svela Pierluigi Bartolomei
“L’Opus Dei - spiega Pierluigi - mi ha aiutato a rafforzare il mio carattere allegro e creativo. Il mio punto di partenza è stato quello di comprendere un’idea importante, che è alla base degli insegnamenti di Josemaría Escrivá: la filiazione divina. Nel momento in cui ognuno di noi capisce di essere un figlio di Dio, non ha più motivo di essere triste”.
Il cristiano, dunque, è fondamentalmente un ottimista?
Sulla base della mia esperienza personale, posso dire di sì. Nella mia vita ci sono stati momenti difficili, sia nella dimensione privata che in quella professionale. Ma grazie alla formazione ricevuta dall’Opera, e alla consapevolezza di essere un figlio di Dio, sono riuscito facilmente a superare le avversità. Il Signore mi ha sempre dato tutto l’aiuto possibile, e non mi ha mai lasciato solo.
Una buona vita spirituale aiuta ad essere allegri?
Per rispondere a questa domanda bisogna riflettere sul perché, a volte, ci si sente tristi. Ci si sente tristi quando si è in disaccordo con un amico, con un parente, con un collega o con un vicino di casa. E la stessa cosa succede con Dio. Se sentiamo, nella nostra coscienza, d’aver fatto qualcosa di male, perdiamo il sorriso. Interrompiamo la comunicazione con il Signore. C’è una specie di ‘black out’, di buio che oscura i nostri cuori.
E come si fa per riaccendere la luce e recuperare l’allegria?
Fortunatamente esiste la confessione, che aiuta a riconciliarsi pienamente con Dio. Josemaría Escrivá era una persona sempre allegra, perché credeva in questo rapporto d’amicizia costante e personale con il Signore. Diceva di essere un peccatore, ma sapeva di poter contare sulla misericordia di Dio, padre di tutti gli esseri umani. Invitava sempre a cominciare e ricominciare, senza mai abbattersi di fronte alle cadute. Questo, secondo me, è un grande insegnamento, che può aiutarci a non perdere mai l’ottimismo.
Che cos’era l’allegria per Josemaría Escrivá?
Una cosa importante, da trasmettere agli altri. Non a caso, lui incoraggiava sempre le persone che incontrava e cercava di comunicare un grande amore per la vita. Nella vocazione dell’Opus Dei, che invita a non isolarsi dal mondo, l’allegria ha un ruolo fondamentale. Una persona sorridente ha la possibilità di avvicinare più facilmente le persone a Dio. Quindi, l’allegria è anche un prezioso strumento d’apostolato.
Ma è possibile essere sempre allegri, nonostante le avversità della vita?
Naturalmente io non sto parlando dell’allegria dello stolto. La vera gioia non sta nell’incoscienza di chi ride sempre. Sappiamo bene che la vita, a volte, può riservare momenti di difficoltà e di incertezza, che ci mettono a dura prova. Ciò che conta è mantenere sempre una serenità interiore. Una forza che, come ho già detto, nasce dalla consapevolezza della filiazione divina.
Lei ripete sempre questo concetto. Ma che cosa significa, concretamente, essere figli di Dio?
Lo spiegherò con un esempio. A volte, i bambini hanno paura. Non conoscono completamente la vita, e può capitare che siano timorosi di fronte a una novità o a qualcosa che non riescono a capire. Quando mia figlia si spaventa, io la abbraccio e le dico: ‘Bella di papà! Qui c’è papà tuo che ti difende. Nessuno potrà farti del male’. Così la mia bambina si tranquillizza, e non ha più paura di nulla. La stessa cosa accade con Dio, che ci culla tra le sue braccia amorose. Se siamo in pace con lui, non abbiamo nulla da temere. L’allegria è assicurata. Per questa ragione Josemaría Escrivá era sempre felice. E comunicava agli altri la sua gioia interiore.
Lei cerca di trasmettere questo spirito anche alla sua famiglia?
E’ quello che mi sforzo di fare, insieme a mia moglie Manuela, con un pizzico di creatività. Cerchiamo di riservare degli spazi di tempo per divertirci con i nostri figli. Ad esempio, la domenica, balliamo tutti insieme la musica sudamericana. La sera, dopo aver mangiato, restiamo in salotto per dialogare, giocare e scherzare un po’. Questo aiuta a sdrammatizzare i problemi e le tensioni quotidiane. Se ci sono difficoltà, cerchiamo sempre di viverle in modo positivo. Un altro momento importante è quello che chiamiamo “club di lettura”. Il mercoledì sera, creiamo un angolino simpatico nella casa, con bibite e patatine. E così, con allegria, cerchiamo di stimolare la lettura di un buon libro.
Vedete anche la televisione?
Secondo me la televisione, se usata in modo sbagliato, non aiuta a mantenere l’allegria. Una volta, in famiglia, si parlava di più. Ci si riuniva per raccontare i propri fatti personali. Per consigliarsi ed ascoltarsi reciprocamente. Oggi, purtroppo, la televisione prende spesso il posto della comunicazione familiare ed uccide la conversazione. Noi, con i figli, cerchiamo di creare delle situazioni alternative alla televisione. Oltre alle cose che ho già elencato, ci piace molto il teatrino dei burattini. Sono gli stessi bambini ad inventare le loro storie e a metterle in scena. In questo modo, il divertimento diventa attivo e gioioso.
Basta poco, dunque, per essere allegri?
Basta veramente pochissimo. Con alcuni pupazzi ed un filo appeso si può creare un piccolo teatro in casa, ed inventare storie all’infinito. Tutto questo rientra nello spirito dell’Opus Dei e negli insegnamenti del fondatore, che invitava a santificarsi attraverso le azioni della vita quotidiana. Con molta semplicità, senza bisogno di fare cose straordinarie. Anche l’allegria si può trovare, come cerchiamo di fare noi, nelle piccole cose: un libro, una chiacchierata in salotto, una favola inventata, un ballo sudamericano... E’ la grandezza della vita ordinaria, che Josemaría Escrivá ci ha aiutato a scoprire.