Scoprire la povertà cristiana

Maryline e Pascal Forti insegnano Storia e Geografia in una scuola pubblica di Lione. Maryline fa parte dell’Opus Dei.

Mia madre – spiega Maryline – svolgeva un’attività di pulizia in un Centro dell’Opus Dei; mia zia era addetta alla portineria dello stesso Centro. Così ho conosciuto l’Opus Dei a diciassette anni.

Ha cominciato a frequentare allora quel Centro dell’Opus Dei?

Mia madre desiderava che io partecipassi alle lezioni di sostegno scolastico che si organizzavano a fine settimana, in modo da preparare i miei studi liceali.

Che gliene è sembrato?

Mi piaceva la bontà delle persone che abitavano lì, il loro sorriso, la loro amabilità. Anche la cappella di quella casa mi sembrava molto bella. In quella casa ero contenta. Potevo parlare di tutto. Mi aiutavano nei miei compiti e mi aprivano gli occhi a un nuovo mondo: al cristianesimo. Mi sentivo completamente libera, lontana dalle critiche.

Perché è diventata dell’Opus Dei?

Perché ho pensato che fosse questa la mia strada nella Chiesa per andare verso Dio. Avevo 21 anni e avevo appena fatto la mia prima comunione e la cresima. Quello che mi insegnavano mi andava bene, anche se mi veniva proposto un modello di vita esigente. Ero attratta dal carisma del Fondatore e da quello che diceva. Avevo la profonda consapevolezza che fosse questa la mia strada: l’Opus Dei mi avrebbe aiutata a perseverare nella Chiesa.

Si può dire che gli impegni spirituali di una persona dell’Opus Dei (partecipare alla Messa, fare orazione ogni giorno, recitare il Rosario, ecc.) sono importanti. Non è un peso troppo gravoso?

Si impara a pregare poco per volta. Attraverso l’orazione mi avvicino a Dio. Da questo traggono beneficio, prima di tutto, la mia famiglia e il mio lavoro. E’ una scelta di vita. Altri investono il loro tempo libero in altre occupazioni. Io lo dedico a trovare la pace e a sentirmi felice perché so di essere vicina a Dio.

E se tu non volessi continuare nell’Opus Dei?

Mio marito resterebbe deluso. Secondo la mia esperienza, ogni volta che mi allontano da Dio, mi sento più stanca, divento più egoista. Nel caso volessi abbandonare l’Opera, spero che qualcuno mi consigli il contrario; ma so che rispetterebbero la mia decisione.

Che ne fa dei suoi soldi?

Cerco di non sperperarli e di non cadere nelle trappole della società dei consumi. Comunque, do una piccola somma all’Opus Dei, come se dessi dei soldi nella colletta domenicale e a qualche associazione.

Secondo lei, che significa appartenere all’Opus Dei?

Vuol dire far parte di una delle molte famiglie della Chiesa. E’ molto impegnativo, perché ormai nulla mi lascia indifferente: la sofferenza, l’ignoranza, la felicità del mondo.

E’ cambiato il suo modo di essere?

Continuo ad essere me stessa: le stesse virtù, gli stessi difetti; è cambiata invece la maniera di vedere e trattare gli altri. E’ milioni di volte migliore!

Le dispiace essere etichettata come una cattolica “esagerata”?

Tutti hanno una etichetta. Questa mi dice che non sono molto lontana da Cristo.

I membri dell’Opus Dei sono obbligati a fare apostolato?

Ogni credente – cristiano, musulmano o ebreo – ha la necessità di trasmettere la propria fede; però è Dio che la dà. Io, da parte mia, desidero che l’Opera si espanda e che molte altre persone condividano la mia gioia e le mie convinzioni. E’ normale, no? Mi piace anche il calcio e incoraggio altri ad andare con me allo stadio.

Che cosa pensa quando sente parlare delle ricchezze dell’Opus Dei?

Posso parlarle del Centro di Lione in cui lavorava mia madre. Non c’è dubbio che si presenta bene e che è arredato con buon gusto; però i mobili sono sempre gli stessi da molti anni. Mia madre mi spiegava quello che si preparava per pranzo: erano sempre cose semplici e non si sprecava niente. Quando si lavora in un Centro dell’Opera si scopre facilmente che significa vivere la povertà cristiana.

Le persone dell’Opus Dei si mortificano?

Mortificarsi vuol dire prendere su di sè cose non molto gradevoli per migliorare e avvicinarsi a Dio. La mortificazione fa parte del quotidiano di tutti: sorridere a chi ci sta molestando, alzarsi la mattina per lavorare benché non si sia dormito bene... Si impara così a controllarsi per portare ad altri la pace e la gioia.

Pascal [il marito], non ti sei preoccupato quando hai saputo che tua moglie apparteneva all’Opus Dei?

No. Non avevo mai sentito parlare dell’Opera. Quando mia moglie mi parlò di alcune critiche rivolte a questa Istituzione, cominciai a documentarmi. Lessi un libro nel quale si lanciavano accuse infondate e assurde.

Che pensa delle “ricchezze” dell’Opus Dei?

Ho potuto constatare che i numerari vivono senza nessun tipo di lusso. Secondo me, si dice che l’Opera è ricca perché si somma il numero dei Centri che possiede nel mondo; però, individualmente, è tutto molto normale.