Sale e luce, esempio e dottrina

Il mondo ha bisogno di una forte dose di speranza. In questo articolo si spiega che dobbiamo imparare a leggere gli avvenimenti con l’oggettività della fede, per seminare ottimismo con il sale dell’esempio e la luce della dottrina.

Voi siete il sale della terra; ma se il sale perde il sapore, con che cosa lo si renderà salato? A null’altro serve che ad essere gettato via e calpestato dalla gente. Voi siete la luce del mondo; non può restare nascosta una città che sta sopra un monte, né si accende una lampada per metterla sotto il moggio, ma sul candelabro, così fa luce a tutti quelli che sono nella casa. Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al Padre vostro che è nei cieli [1].

Non bastano le parole per insegnare la dottrina del Signore. È necessario costruire con il sale dell’esempio, per illuminare con la luce della parole. Ciò che convertì i primi cristiani non fu sicuramente la novità di una dottrina, ma la vita di coloro che la mettevano in pratica. Prima gustavano il sale, la vita, la santità, il comportamento conformato dalla carità; poi, attratti dalla gioia e dalla pace, si aprivano alla luce della dottrina, per penetrare nel mistero della grazia che muove la vita cristiana.

Continua ad essere attuale questo modo di attrarre le persone alla luce di Cristo. È necessario che il sale del comportamento cristiano preservi dalla corruzione del pessimismo, dalla mancanza di speranza. La presenza di persone allegre, ottimiste e capaci di rendere ragione di questa gioia fa sì che molti possano vivere con la speranza attiva di raggiungere una felicità all’altezza delle aspirazioni del cuore umano, senza cadere nella tentazione di accontentarsi di poco.

Non pochi, anche se colgono in qualche modo l’attrattiva degli insegnamenti di Cristo, pensano che oggi nessuno vive così, che si tratta di un ideale irrealizzabile e che vivere secondo la morale non è alla portata della maggioranza.

Ricordare la chiamata universale alla santità non consiste solo nel ripetere che tutti possiamo e dobbiamo essere santi. È molto più importante mostrare che, di fatto, in quest’epoca e in questa o quella circostanza concreta, una persona normale, più o meno dotata, con gli stessi difetti e debolezze, può vivere la vocazione battesimale in modo radicale, anche in una società pagana.

Quanto è importante che ci siano uomini e donne che, con le loro vite normali, con la gioia e la pace di Cristo, alimentino continuamente la speranza di raggiungere un’esistenza che valga la pena vivere, felici già sulla Terra, tra le pene e le gioie, e quella piena nel Cielo!

Fin dall’inizio del cristianesimo, la santità di molti uomini e donne è stata sale e luce in tanti ambienti. La maggioranza di queste persone non è stata neppure cosciente della grandezza della traccia che ha lasciato, ma ha contribuito decisamente a preservare generazioni intere dalla corruzione del pessimismo.

L’Opus Dei è uno strumento di Dio per estendere la speranza della Buona Novella che Cristo ha portato. Seminare speranza è parte fondamentale della missione della Chiesa e, pertanto, della nostra missione apostolica. Il Signore ha voluto l’Opera affinché i suoi membri fossero in modo attivo sale e luce. Dice san Josemaría: Come vuole il Maestro, tu devi essere – ben inserito in questo mondo, nel quale ci tocca vivere, e in tutte le attività degli uomini – sale e luce. – Luce, che illumina le intelligenze e i cuori; sale, che dà sapore e preserva dalla corruzione. Pertanto, se ti manca slancio apostolico, diventerai insipido e inutile, defrauderai gli altri e la tua vita sarà un’assurdità [2].

IL SALE DELL’ESEMPIO Voi siete il sale. Queste parole di Cristo appaiono nel Vangelo all’interno del Discorso della Montagna e immediatamente dopo le Beatitudini. La povertà, la mansuetudine, la fame e la sete di giustizia, la misericordia, la purezza, la pace, la pazienza nelle persecuzioni e la gioia con cui il Signore caratterizza i beati, costituiscono la manifestazione della carità e permettono di identificare i discepoli di Gesù Cristo.

La vita di tutti i giorni offre un’infinità di situazioni in cui viene messa alla prova questa identità cristiana, il nostro essere segno di speranza. Quando ci impegniamo per essere fedeli alla verità, senza temere le conseguenze, e resistiamo alle pressioni che inducono ad agire con leggerezza; quando ci proponiamo fermamente di anteporre la pace in famiglia all’amor proprio, eliminando la “lista dei danni”, con la disponibilità alla comprensione e al perdono; anche quando rinunciamo personalmente ad alcune comodità per ottenere una maggiore libertà del cuore; o quando lottiamo con coraggio per condurre una vita limpida e sappiamo rettificare e ricominciare …, allora siamo sale.

È evidente che questo modo di comportarsi non è quello più comune e può produrre in alcune persone una prima reazione di meraviglia o anche di incomprensione. Non importa; può persino essere una dimostrazione che il sale non è scipito. Molte volte, questa prima impressione, addolcita dal balsamo della carità, del rapporto amabile e dell’affetto sincero, sarà l’inizio di una conversione.

In ogni caso vivremo con l’attenzione posta in Dio, confidando nella sua paterna provvidenza, senza temere giudizi umani né falsi scandali, senza scoraggiamento né amarezze. Talvolta notiamo come alcuni, «quando scoprono chiaramente il bene, investigano per esaminare se c’è anche qualche male nascosto»[3], o travisano le cose in modo che perfino le manifestazioni di giustizia e di carità, il desiderio di servire e di lavorare per il bene delle persone «si trasformano in un male»[4].

La sollecitudine apostolica non lascia tempo per prendere in considerazione tali atteggiamenti. Come esorta san Paolo ai Corinzi, nulla deve fermarci, disposti, se è necessario, a vivere come impostori, eppure siamo veritieri; come sconosciuti, eppure notissimi; come moribondi, e invece viviamo; come puniti, ma non uccisi; come afflitti, ma sempre lieti; come poveri, ma capaci di arricchire molti; come gente che non ha nulla e invece possediamo tutto![5].

Nonostante ciò, è normale che il comportamento del cristiano susciti anche interrogativi in persone ben intenzionate, perché non si spiega senza un principio di vita nuovo. Già la sola testimonianza di tante famiglie cristiane che vivono di fede, tra le pene e le gioie di questa vita, è motivo perché molti si chiedano dove sia l’origine della pace e della gioia, il perché di tali rinunce e di questo impegno per servire senza ottenere benefici evidenti.

Queste domande si possono affacciare nei pensieri dei loro colleghi e conoscenti, benché in un primo momento non osino formularle. Sarà il clima di amicizia quello che faciliterà la confidenza, il canale attraverso cui molti, interpellati dall’esempio, si apriranno alla spiegazione della dottrina. Seminare amicizia è essenziale al modo in cui i cristiani stanno in mezzo al mondo.

L’amicizia è il ponte tra l’esempio e la dottrina, tra il sale e la luce. San Josemaría lo esprimeva così: Vivi la tua vita ordinaria, lavora dove già sei, adempi i doveri del tuo stato, e compi fino in fondo gli obblighi corrispondenti alla tua professione o al tuo mestiere, maturando, migliorando ogni giorno. Sii leale, comprensivo con gli altri, esigente verso te stesso. Sii mortificato e allegro. Sarà questo il tuo apostolato. E senza che tu ne comprenda il perché, data la tua pochezza, le persone del tuo ambiente ti cercheranno e converseranno con te in modo naturale, semplice – all’uscita dal lavoro, in una riunione di famiglia, nell’autobus, passeggiando, o non importa dove – : parlerete delle inquietudini che si trovano nel cuore di tutti, anche se a volte alcuni non vogliono rendersene conto. Le capiranno meglio quando cominceranno a cercare Dio davvero [6].

LA LUCE DELLA DOTTRINA

Quando, incoraggiati dall’esempio, si sentono interpellati e avvertono un incipiente desiderio di cambiare o almeno di conoscere meglio le ragioni della speranza cristiana, allora è necessario saper parlare con “dono di lingue”, con buona conoscenza della dottrina, con affetto, pazienza e serenità, seguendo l’esortazione di san Pietro: pronti sempre a rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi. Tuttavia questo sia fatto con dolcezza e rispetto, con una retta coscienza [7]. Non dimentichiamo che buona parte del nostro apostolato consiste nel rendere amabile la virtù, rifuggendo da ogni zelo amaro.

Sono numerosi gli esempi che offre la Sacra Scrittura su questo modo di procedere. Gesù non si stanca di spiegare il suo modo di agire, anche davanti a persone che vorrebbero travisare le sue parole. Lo faceva con semplicità e con immaginazione, adattando quello che diceva agli ascoltatori, di modo che la verità più sublime potesse arrivare agli intelletti più semplici, facilitando a tutti la conversione, senza forzare mai la libertà.

Con grande delicatezza, per esempio, risvegliava le coscienze addormentate, perché giungessero a giudicare i propri atti con obiettività. Così accadde con la donna samaritana. Prima guadagnò la sua fiducia, facendole vedere che, pur essendo giudeo, non rifiutava il rapporto con i Samaritani. Poi le parlò in termini che catturarono il suo interesse: procurarsi l’acqua faceva parte delle sue preoccupazioni quotidiane. Quindi, illuminò la sua coscienza progressivamente, con la prudenza di chi sa leggere nelle anime: le disse di chiamare suo marito, suscitando in lei una confidenza quasi inavvertita: io non ho marito. Alla fine, le parole del Signore la metteranno davanti alla luce della verità, di fronte alla sua povera vita bisognosa di conversione: Hai detto bene: “Io non ho marito”. Infatti, hai avuto cinque mariti e quello che hai ora non è tuo marito [8].

Così accadde anche nel caso degli accusatori della donna adultera: poiché loro insistevano nell’interrogarlo, si alzò e disse loro: Chi di voi è senza peccato, getti per primo la pietra contro di lei. Non fu necessario dire niente di più: Quelli, udito ciò, se ne andarono uno per uno, cominciando dai più anziani [9]. E questo atteggiamento coraggioso e misericordioso aprì il cuore di quella povera donna al perdono e alla conversione: Neanch’io ti condanno; va’ e d’ora in poi non peccare più [10]

Il Signore parlava di fonti e di acqua alla donna impegnata nei lavori domestici; parlava dei lavori dei campi ai contadini; di barche e reti ai pescatori; delle Scritture ai dottori della legge … È appassionante vivere attenti, conoscere le inquietudini e i problemi di ogni epoca e di ogni luogo, per rendere comprensibile la dottrina e presentarla in modo amabile e attraente, adeguato ai nostri contemporanei.

Possiamo imparare, per esempio, dall’esperienza di Giovanni Paolo II, che dopo tanti anni di servizio alla Chiesa e di rapporto con le anime, segnala la necessità di “comprendere le necessità degli uomini e il linguaggio con cui comunicano tra loro”[11]. Daremo luce se sapremo comprendere – sinonimo di amare – le persone e ci sforziamo – come Gesù Cristo – per farci capire. “Oggi è necessaria molta immaginazione per imparare a dialogare sulla fede e sulle questioni fondamentali per l’uomo. Occorrono persone che amano e che pensano, perché l’immaginazione vive di amore e di pensiero”[12].

Il “dono di lingue” richiede immaginazione; e l’immaginazione amore e conoscenza profonda – ben assimilata – della verità e delle circostanze di ogni momento. L’apostolato della dottrina non ha niente a che vedere con un prontuario di risposte imparate, senza averle interiorizzate.

Al contrario, quando attraverso la preghiera e il rapporto di amicizia, si conosce a fondo ogni anima e quando, attraverso la vita di pietà e lo studio, si assimila bene la dottrina, saremo capaci di dare le vere ragioni della nostra speranza, potremo illuminare con la luce di Cristo l’intelligenza e il cuore di molti.

La luce di Cristo deve illuminare anche i diversi ambiti dell’attività umana. La formazione dottrinale di ciascuno, secondo le sue capacità, deve armonizzarsi con la dovuta competenza professionale in modo che, senza compromettere la legittima autonomia grazie alla quale le cose create e la società godono di leggi proprie [13], sappiamo illuminare l’intimo orientamento a Dio che dà senso trascendente a tutte le situazioni. Per questo è sommamente necessario conoscere molto bene i temi della dottrina cattolica che rivestono particolare importanza nell’ambito della propria professione.

Inoltre, ci sono una serie di questioni etiche fondamentali che – al momento attuale – sono in primo piano ovunque: per esempio, quelle relative al matrimonio e alla famiglia, all’educazione, alla bioetica, all’ecologia.

È assai opportuno – è una necessità – che ognuno sappia parlare di questi temi e dare ragioni comprensibili secondo l’ambiente in cui si muove. Molte delle questioni fanno riferimento alla legge naturale e sono accessibili alla ragione, benché siano state anche rivelate da Dio e la Chiesa le custodisca. La nostra argomentazione non può sempre ricorrere all’autorità della Chiesa, soprattutto quando i nostri interlocutori dicono di non avere fede o hanno scarsa formazione.

Al contrario, dovremo sforzarci di dimostrare che la Chiesa è esperta in umanità, facendo vedere la profonda coerenza tra quello che insegna e la verità sull’uomo, che ciascuno sperimenta nella propria vita e può maturare attraverso la riflessione e lo studio.

“È importante fare un grande sforzo per spiegare adeguatamente i motivi della posizione della Chiesa, sottolineando soprattutto che non si tratta di imporre ai non credenti una prospettiva di fede, ma di interpretare e difendere i valori radicati nella natura stessa dell’essere umano. La carità si farà allora necessariamente servizio alla cultura, alla politica, all’economia, alla famiglia, perché dappertutto vengano rispettati i principi fondamentali dai quali dipende il destino dell’essere umano e il futuro della civiltà” [14].

In questi momenti è molto importante mostrare che le esigenze della legge naturale non sono in sé “valori confessionali”, ma che, essendo radicati nell’essere umano, “non esigono in chi le difende la professione di fede cristiana, anche se la dottrina della Chiesa le conferma e le tutela sempre e dovunque come servizio disinteressato alla verità sull’uomo e al bene comune delle società civili” [15].

Il servizio disinteressato alla verità ci inclina a lavorare per rendere più umana la società, più conforme alla legge naturale. Ciò è ancora più urgente quando un ambiente o una società intera decide di reggersi in aperta opposizione al Diritto naturale. In questi casi i cristiani hanno il diritto e il dovere di evitare, con tutti i mezzi leciti a loro disposizione e con non meno accortezza e scaltrezza di quanta se ne impiegano per fare il male [16], che le istituzioni, invece di facilitare il cammino degli uomini verso il bene e verso Dio, facilitino il male e la dannazione delle anime [17].

Non è accettabile il silenzio o la diserzione, il rimanersene rinchiusi nella propria torre d’avorio. Ciascuno deve essere cattolico in tutte le manifestazioni della sua vita, senza rispetti umani: non solo tra le mura domestiche, ma in tutto l’agire sociale e pubblico. Chi ha ricevuto la verità senza merito alcuno, ha l’obbligo di essere sempre, con la sua vita esemplare e con la parola opportuna, testimone della verità, testimone di Cristo.

Il mondo ha bisogno di una forte dose di speranza. Dobbiamo imparare a leggere gli avvenimenti con l’oggettività della fede, per seminare ottimismo grazie al sale dell’esempio e la luce della dottrina: “Se si guarda in superficie il mondo odierno, si è colpiti da non pochi fatti negativi, che possono indurre al pessimismo. Ma è, questo, un sentimento ingiustificato: noi abbiamo fede in Dio Padre e Signore, nella sua bontà e misericordia (…). Dio sta preparando una grande primavera cristiana, di cui già si intravede l’inizio (…). La speranza cristiana ci sostiene nell’impegnarci a fondo per la nuova evangelizzazione e per la missione universale, facendoci pregare come Gesù ci ha insegnato: «Venga il tuo regno, sia fatta la tua volontà come in cielo così in terra» (Mt 6,10)” [18]. Il Signore promuoverà vocazioni in numero sufficiente per garantire il trionfo della verità, del bene e della giustizia nella vita di ogni nazione, a vantaggio di tutti gli uomini.

C. Ruiz Montoya

[1] Mt 5, 13-16.

[2] San Josemaría, Forgia, n. 22.

[3] San Gregorio Magno, Moralia, 6, 22.

[4] Tertulliano, Apologeticum, 39, 7.

[5] 2Cor 6, 8-10.

[6] San Josemaría, Amici di Dio, n. 273.

[7] 1Pt 3, 15-16.

[8] Gv 4, 16-18.

[9] Gv 8, 7. 9.

[10] Gv 8, 11.

[11] Giovanni Paolo II, Alzatevi, andiamo! , Mondadori.

[12] Ibidem.

[13] Cfr. Conc. Vat. II, Cost. past. Gaudium et Spes, n. 36.

[14] Giovanni Paolo II, Lett. Apost. Novo millennio ineunte, 6-I-2001, n. 51.

[15] Congregazione per la dottrina della fede, Nota dottrinale circa alcune questioni riguardanti l’impegno e il comportamento dei cattolici nella vita politica, 24-XI-2002, III, n. 5.

[16] Cfr. Lc 16, 8.

[17] Cfr. Conc. Vat. II, Cost. past. Gaudium et Spes, n. 25.

[18] Giovanni Paolo II, Lett. Enc. Redemptoris missio, 7-XII-1990, n. 86.