Rinasce la Chiesa in Estonia

In questa intervista concessa a ZENIT monsignor Philippe Jourdan, 45 anni, di origine francese, primo Vescovo ordinato dopo la Seconda Guerra Mondiale, confessa le sfide che dovrà affrontare e le sue speranze. Il precedente Arcivescovo cattolico residente in Estonia era monsignor Eduard Profittlich S.I., martirizzato nel 1942 nel campo di concentramento sovietico di Kirov.

Quali sono le principali sfide per la Chiesa cattolica in Estonia?

In una certa misura tutto rappresenta una sfida per la Chiesa cattolica e per il cristianesimo in generale in un Paese come l’Estonia. Dopo vari secoli di divieto o limitazioni, la Chiesa ha potuto riprendere liberamente la sua attività solo negli anni Venti del secolo scorso. Attività questa che è stata rapidamente schiacciata dall’invasione sovietica. Dopo quindici anni di libertà, ma anche di una forte influenza materialista giunta dall’Occidente, solo il 30% degli Estoni si ritiene credente, e i cattolici sono pochi.

Per noi, tuttavia, questo potrebbe essere anche un’opportunità. Il cristianesimo nei Paesi baltici ha sempre sofferto per il fatto di essere ritenuto importato e, in certo modo, imposto da una potenza occupante, fosse questa la Germania, la Svezia o la Russia. La situazione attuale non è affatto simile a quella del Medioevo, ma ricorda piuttosto quella dei primi cristiani dell’Impero Romano. Anche noi siamo una piccola minoranza in una società molto secolarizzata e afflitta dal dubbio e da ogni tipo di paura.

Abbiamo il compito di mostrare che il cristianesimo non si impone con la spada e con il fuoco, come diceva una certa propaganda, ma con l’amore e la pace.

Come sono i rapporti con le altre confessioni cristiane?

La Chiesa cattolica fa parte del Consiglio delle Chiese dell’Estonia, del quale attualmente sono Vicepresidente. Cerchiamo di offrire una testimonianza comune di vita cristiana. Il mio motto episcopale, ispirato all’opera di san Josemaría, “Omnes cum Petro ad Jesum per Mariam”, vuole sottolineare le passioni che abbiamo in comune con i protestanti e gli ortodossi, la ricerca di Cristo, l’amore per sua Madre, il desiderio non ancora realizzato che tutti possiamo essere un giorno un unico gregge con un solo pastore.

Com’è stata accolta la notizia della sua ordinazione episcopale dalle autorità del Paese?

Le mie aspettative sono state superate. Il Presidente della Repubblica, il suo predecessore, così come il Primo Ministro insieme vari Ministri ci hanno onorato della loro presenza, che ritengo estremamente significativa. Il principale quotidiano del Paese ha detto che si traduceva in un’“aspettativa” del popolo estone.

Chiediamo a Dio che questa aspettativa cresca e che sappiamo rispondervi. La cosa più straordinaria è stata la reazione di molte persone, cattoliche ma anche luterane, ortodosse o senza religione: una reazione piena di affetto e di gioia per il fatto che finalmente c’è un Vescovo cattolico residente in Estonia dopo settant’anni. Questa consacrazione è stata un segno di speranza cristiana viva ed entusiasta. E’ ciò che ha colpito più profondamente la società estone.

Com’è possibile testimoniare Cristo dopo settant’anni di indottrinamento ateo?

In primo luogo grazie all’eroismo di sacerdoti, religiosi e laici che hanno mantenuto viva la fiamma della fede durante i duri anni dell’occupazione sovietica. Penso in particolare al mio predecessore, l’Arcivescovo Eduard Profittlich S.I., morto nel 1942 nei campi sovietici. Poi, a partire dall’indipendenza, grazie all’abnegazione e al sacrificio dei nostri sacerdoti, religiosi e laici che, in circostanze difficili a livello sia materiale che di ambiente spirituale, hanno ridato vita con pazienza alle parrocchie, in gran parte distrutte, hanno ripreso i contatti con le famiglie cattoliche, hanno accolto e formato i catecumeni, hanno impartito i sacramenti, ecc..

Questo lavoro continua attualmente nonostante le poche risorse su cui possiamo contare. Spesso chi raccoglie non è chi semina, ma la ricompensa è quella che Dio ci dà. Per questo motivo guardiamo con grande speranza al futuro della Chiesa cattolica in Estonia. In un certo senso è la beniamina, la comunità cattolica più recente d’Europa.

Ci sono vocazioni?

Il problema della Chiesa cattolica in tutti i Paesi dell’Europa luterana è proprio lo scarso numero di vocazioni autoctone. E’ anche il problema della Chiesa in Estonia. Allo stesso tempo, se prestiamo attenzione, iniziano a vedersi segnali di speranza. Dal nostro piccolo numero di cattolici sono già usciti tre sacerdoti estoni, due monaci e un seminarista, senza dimenticare due sacerdoti domenicani originari della minoranza di lingua russa. Proporzionalmente più che nell’Europa occidentale! Per varie ragioni, la maggior parte di loro si trova in questo momento fuori dall’Estonia, ma possiamo trarre la conclusione che l’idea di donarsi a Dio non è estranea ai nostri giovani cattolici.