“Sono una paziente di lungo corso e ho avuto a che fare con diverse realtà ospedaliere che si occupano del trattamento di tumori. Ho avuto esperienze molto negative ma anche positive. Qui però, per la prima volta, non mi sono sentita trattata solo da malata, ma da Patrizia, che ha un problema e viene qui per tentare di risolverlo”.
L'Unità Operativa Complessa di Radioterapia oncologica del Campus Bio-Medico di Roma si occupa della diagnosi e cura dei pazienti affetti da tutte le tipologie di tumori.
"per la prima volta, non mi sono sentita trattata solo da malata, ma da Patrizia, che ha un problema e viene qui per tentare di risolverlo"
Ogni settimana il Polo di Radioterapia Oncologica viene contattato da circa quaranta persone che richiedono una prima visita, e ogni giorno la struttura accoglie circa duecentocinquanta persone, che provengono dai quartieri limitrofi (Prenestino, Torre Angela, San Basilio, Guidonia) o sono lì indirizzati da altri ospedali per proseguire il trattamento delle malattie oncologiche con delle cure specifiche, come l’ipertermia profonda (la prima esperienza italiana di un trattamento parallelo alla radioterapia, che consiste nel riscaldamento dei tessuti che porta a una maggiore sensibilizzazione delle cellule in vista della radioterapia o della chemioterapia).
Patrizia ha conosciuto il Polo di Radioterapia Oncologica di via Longoni proprio grazie all’ipertermia: “Sto convivendo con la malattia da ormai dieci anni, e la mia situazione si sta aggravando. Un medico che mi seguiva mi ha consigliato di rivolgermi al Campus Bio-Medico”.
"È un posto particolare, che ti fa riconciliare con il sistema sanitario pubblico"
Come molte persone che si trovano a un certo stadio delle malattie oncologiche, Patrizia soffriva moltissimo quando è entrata per la prima volta in via Longoni per iniziare una nuova terapia: “Mi sdraiavo sul lettino e mi mettevo a piangere per il dolore - racconta Patrizia - mi ricordo ancora che un dottore mi ha messo la mano sulla spalla dicendomi:Non si preoccupi, iniziamo presto, non si preoccupi! Non mi era mai successo. Prima di essere presa in cura qui non avevo mai scambiato una parola con un tecnico di radiologia. Ora li conosco per nome e loro sanno chi sono e che cosa mi interessa nella vita, oltre al desiderio di guarire. È un posto particolare, che ti fa riconciliare con il sistema sanitario pubblico”.
Questa particolare sensazione che descrive Patrizia trova le sue radici nell’idea di umanizzazione o personalizzazione della medicina. Ma di che cosa si tratta? È il professor Lucio Trodella, direttore del Polo di Radioterapia oncologica, a spiegarlo: “L’umanizzazione parte innanzitutto dall’accoglienza. Accogliamo i pazienti con un sorriso, e facendo in modo che l’ambiente sia sempre curato. Ci impegniamo - prosegue il professor Trodella - affinché le persone che sono qui in cura non si trascinino in attese penose. Se c’è qualche problema di natura tecnica che comporta un ritardo maggiore di quindici minuti, un medico o un tecnico si prende cura di aggiornare la persona che sta aspettando”.
"Ci impegniamo affinché le persone che sono qui in cura non si trascinino in attese penose"
“Quando sono arrivato al Polo del Campus Bio-Medico da un altro ospedale - racconta Carmine, ufficiale delle forze armate in pensione, che vive in un quartiere vicino - il medico che mi ha preso in cura mi ha prescritto subito una tac, anche se il trattamento per il quale mi trovavo qui non lo prevedeva. Lo ha fatto per scrupolo, visto che ho un passato clinico complicato e che ho più di settant’anni. L’ambiente che ho trovato qui è accogliente, sono tutti pronti e reattivi, dall’accettazione al tecnico radiologo. Adesso è mia moglie che sta facendo qui un percorso di trattamento di un tumore. Appena ha avuto le prime avvisaglie del male, ha chiesto di essere presa in cura al Polo di Radioterapia Oncologica del Campus Bio-Medico. Nella sfortuna siamo molto contenti di essere seguiti qui”.
Il beato Álvaro del Portillo, primo successore di san Josemaría, parlando a degli infermieri di un ospedale nato seguendo lo spirito dell’Opus Dei, diceva: “Non siate mai indifferenti al dolore altrui”. Un invito che può rivelarsi impegnativo, soprattutto nell’ambito delle malattie oncologiche: “Non è facile mantenere la serenità o il sorriso - spiega il professor Trodella - quando sai che una persona che ti si siede davanti morirà, magari, tra tre mesi. Quando incontro un nuovo paziente so già se potrà vivere alcune settimane o alcuni anni”.
“Non siate mai indifferenti al dolore altrui” (beato Álvaro del Portillo)
Ma la qualità della cura e l’attenzione a questa umanizzazione della medicina non si vede solamente durante i trattamenti: “Moltissimi pazienti - prosegue il professor Trodella - dopo i trattamenti tornano a salutarci o ci mandano dei messaggi di ringraziamento. Succede anche con i famigliari delle persone che non ce la fanno. Godiamo di un ottimo affetto clinico”.
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