Quel Codice truffaldino

Una delle (troppe) bufale di Dan Brown è che l’Inquisizione «ha bruciato 5 milioni di donne». Anatomia di un bluff anticattolico studiato a tavolino. Un fenomeno (da manuale) di manipolazione (nella distrazione dei media) della buona fede popolare

La storia della calunnia anticattolica è lunga duemila anni. Appena è nato, il cristianesimo è stato combattuto con la menzogna contro la Chiesa. Le tecniche di questa millenaria operazione di disinformazione si sono modificate con l’evolversi delle culture: dalle grossolane accuse delle persecuzioni dei primi secoli, alle velenose diffamazioni preordinate di Filippo il Bello contro Bonifacio VIII, fino ai sistemi filosofici del Settecento costruiti sul presupposto di “schiacciare l’infame”, cioè la Chiesa. Oggi siamo in presenza di un nuovo salto di qualità. Ne è prova il recente romanzo di Dan Brown, Il Codice da Vinci, best seller dell’estate, in testa alle classifiche di vendita in Italia e nel mondo.

La Smart? Fa 100 km con un litro

Al di là del suo discutibile valore letterario, e proprio per il suo successo internazionale, il libro impone alcune riflessioni sul ruolo dei media nella formazione della mentalità. Esso contiene, infatti, un duplice livello di non verità, che va analizzato con attenzione.

Il primo livello è di facile lettura e consiste in una impressionante sequela di falsità e di errori. Si va dall’affermazione che i processi alle streghe avrebbero ammazzato cinque milioni di donne, a quella secondo la quale la divinità di Cristo sarebbe stata riconosciuta solo dopo Costantino. La raccolta dei luoghi comuni è davvero completa: il processo a Galileo, l’Inquisizione, le Crociate, l’oscurantismo antiscientifico del papato, gli immensi tesori del Vaticano eccetera. Nell’allegro calderone delle boutade gratuite si pescano errori di ogni tipo, come l’affermazione che la Smart può fare ben cento chilometri con un litro! Massimo Introvigne, attento studioso delle religioni, fa notare come sia significativo che la Mondadori, nelle recenti edizioni del romanzo, abbia cancellato una paginetta che si trovava nell’edizione originale, nella quale l’autore rivendicava impudentemente la fondatezza storica delle sue tesi.

La tecnica del Codice

Ma se la questione fosse solo quello delle invenzioni storiche del libro, non ci sarebbe molto di nuovo. Dan Brown potrebbe anche riscrivere il testo in modo più sobrio, senza perdere la sua forza polemica. Questa infatti si deve non tanto ai singoli contenuti, quanto ad una tecnica raffinata di mistificazione, tipicamente moderna e figlia delle potenzialità dei mass media contemporanei. Schematicamente, si potrebbe dire che in passato abbiamo conosciuto due tipi di pubblicazioni con finalità anticattoliche: i libelli polemici, legati all’attualità e alla cronaca, con precisi riferimenti a fatti e persone realmente esistenti, e le opere di fantasia (di fiction), riferiti a situazioni immaginarie o anche storiche, ma non direttamente verificabili. Il Codice da Vinci fonde questi due filoni. Il risultato è un gran polverone nel quale non è più possibile distinguere cronaca, storia e invenzione letteraria. L’impianto della trama è creato secondo i canoni dei moderni thriller, veloci, avvincenti e pieni di colpi di scena. Ma i protagonisti sono intrecciati a fatti e personaggi dell’oggi. Così la forza affabulatrice della narrazione si trasmette ai riferimenti di storia ed attualità ed in questo accostamento entrambi ricevono reciproca veridicità. I protagonisti principali (Langdon, Sophie) sono di fantasia, ma altri attori di secondo piano no (Mitterrand, persino Giovanni Paolo II). Si evocano personaggi storici, ma accanto a figure inesistenti, magari corredate di cognomi reali. Un “Priorato di Sion” è esistito veramente, ma è tutt’altra cosa da quello di cui si parla nel romanzo.

Come ti mescolo (e ti servo) il calderone di realta’ e fantasia

Ci sono teorie appartenenti alla storia della scienza (i curiosi numeri di Fibonacci) mescolate a rocambolesche deduzioni magico-misteriche, come quella sulla vera origine dei tarocchi, che sarebbe legata, secondo l’ossessione ricorrente nel libro, ai segreti del Graal (con il che Dan Brown ci ha irrimediabilmente rovinato il gusto di giocare spensieratamente a scopone). Alcuni luoghi della narrazione sono reali (il Louvre, Saint Sulpice, Rosslyn) ma altri sono inventati (la banca svizzera ipertecnologica). E dunque, esisterà davvero la fantasmagorica sede americana dell’Opus Dei di cui si parla nel romanzo? Non si tratta più, come ben insegnava Aristotele, di verità e falsità, quanto piuttosto di verosimiglianza. Impastare la vicenda inventata di riferimenti reali o di avvenimenti orecchiati dal lettore lascia un’impressione di verosimiglianza. Parte essenziale di questa tecnica di mistificazione è conservare un riferimento parziale alla realtà, in modo che il lettore superficiale o disattento – esattamente quello che legge questo tipo di romanzi – possa avere l’impressione di muoversi su un terreno a lui noto, e che potrebbe in ogni momento verificare, ma che naturalmente non verificherà mai. Così, ad esempio, la rapida beatificazione del fondatore dell’Opus Dei (fatto reale) è inserita in una storia di ricatti della Chiesa per nascondere la verità su Gesù (trama inventata). Oppure, l’autore propone un’interpretazione dell’“Ultima cena” di Leonardo che confermerebbe l’assurda tesi di fondo del libro, secondo la quale la Maddalena sarebbe stata la sposa di Gesù. L’interpretazione dell’affresco non è per nulla fondata. Ma il bluff letterario consiste proprio nell’indicare come documento di prova delle proprie fantasie storiche un’opera reale e teoricamente constatabile da tutti. Anche se nessuno andrà poi ad approfondire, l’iniziale verosimiglianza di molti particolari creerà un’irragionevole certezza generale, che non è intaccata dalla contestazione analitica delle singole falsità e che è difficile da scalfire.

Come difendersi dalle nuove tecniche di manipolazione

Perciò in questi casi l’opera di apologetica tradizionale condotta dai polemisti cattolici, peraltro in questo caso molto flebile, non è sufficiente. Occorre invece comprendere il vero significato che si cela dietro questa – ed altre – operazioni culturali: Il Codice da Vinci porta un attacco al cuore del cattolicesimo, cioè alla storicità del racconto dei Vangeli canonici, che, come è ormai universalmente riconosciuto, è fondata anche sulla rigorosa indagine storico-documentale. è un attacco condotto proprio in nome di altri “documenti” che, però, non sono storici, ma appartengono alla fiction. La vera questione in gioco perciò è la difesa dell’irriducibile differenza tra l’autentica realtà dei fatti e l’evanescente irrealtà del mondo costruito dai media, cioè del verosimile televisivo, cinematografico o letterario. Oggi i media, grazie alla loro integrazione reciproca, consentono a chi ne possegga il dominio – e non sempre esso coincide con la proprietà – di manipolare la realtà spezzettandola e ricostruendola a piacimento, come in un gioco. L’assenza di comprensione non solo dei contenuti, ma anche delle forme e delle tecniche dell’attacco mediatico in corso condannerà i cattolici ad altri anni di apparente potere e sostanziale resistenza difensiva, come sta accadendo in Italia da alcuni decenni a questa parte. Per fortuna della Chiesa, la presenza reale di Cristo è infinitamente più forte e convincente di qualsiasi pressione dei monopoli mediatici. Si tratterà, ancora una volta, di faticare un po’ di più. Ma, certo, se se ne potesse fare a meno...

Feyles Giuseppe // TEMPI