Pellegrino di pace a Sarajevo

Sabato 6 giugno papa Francesco si è recato in visita pastorale alla città di Sarajevo (Bosnia-Erzegovina). Riportiamo alcuni dei suoi discorsi e i link agli altri testi.

Sabato 6 giugno papa Francesco si è recato in visita pastorale alla città di Sarajevo (Bosnia-Erzegovina). Riportiamo alcuni dei suoi discorsi e i link agli altri testi.

INCONTRO CON LE AUTORITÀ

SANTA MESSA NELLO STADIO KOŠEVO. OMELIA DEL SANTO PADRE

Cari fratelli e sorelle,

nelle Letture bibliche che abbiamo ascoltato è risuonata più volte la parola “pace”. Parola profetica per eccellenza! Pace è il sogno di Dio, è il progetto di Dio per l’umanità, per la storia, con tutto il creato. Ed è un progetto che incontra sempre opposizione da parte dell’uomo e da parte del maligno. Anche nel nostro tempo l’aspirazione alla pace e l’impegno per costruirla si scontrano col fatto che nel mondo sono in atto numerosi conflitti armati. È una sorta di terza guerra mondiale combattuta “a pezzi”; e, nel contesto della comunicazione globale, si percepisce un clima di guerra.

C’è chi questo clima vuole crearlo e fomentarlo deliberatamente, in particolare coloro che cercano lo scontro tra diverse culture e civiltà, e anche coloro che speculano sulle guerre per vendere armi. Ma la guerra significa bambini, donne e anziani nei campi profughi; significa dislocamenti forzati; significa case, strade, fabbriche distrutte; significa soprattutto tante vite spezzate. Voi lo sapete bene, per averlo sperimentato proprio qui: quanta sofferenza, quanta distruzione, quanto dolore! Oggi, cari fratelli e sorelle, si leva ancora una volta da questa città il grido del popolo di Dio e di tutti gli uomini e le donne di buona volontà: mai più la guerra!

Beati sono coloro che seminano pace con le loro azioni quotidiane, con atteggiamenti e gesti di servizio, di fraternità, di dialogo, di misericordia…

All’interno di questo clima di guerra, come un raggio di sole che attraversa le nubi, risuona la parola di Gesù nel Vangelo: «Beati gli operatori di pace» (Mt 5,9). È un appello sempre attuale, che vale per ogni generazione. Non dice “Beati i predicatori di pace”: tutti sono capaci di proclamarla, anche in maniera ipocrita o addirittura menzognera. No. Dice: «Beati gli operatori di pace», cioè coloro che la fanno. Fare la pace è un lavoro artigianale: richiede passione, pazienza, esperienza, tenacia. Beati sono coloro che seminano pace con le loro azioni quotidiane, con atteggiamenti e gesti di servizio, di fraternità, di dialogo, di misericordia… Questi sì, «saranno chiamati figli di Dio», perché Dio semina pace, sempre, dovunque; nella pienezza dei tempi ha seminato nel mondo il suo Figlio perché avessimo la pace! Fare la pace è un lavoro da portare avanti tutti i giorni, passo dopo passo, senza mai stancarsi.

E come si fa, come si costruisce la pace? Ce lo ha ricordato, in maniera essenziale, il profeta Isaia: «Praticare la giustizia darà pace» (32,17). “Opus iustitiae pax”, secondo la versione della “Vulgata” diventata un celebre motto, adottato anche profeticamente dal Papa Pio XII. La pace è opera della giustizia. Anche qui: non una giustizia declamata, teorizzata, pianificata… ma la giustizia praticata, vissuta. E il Nuovo Testamento ci insegna che il pieno compimento della giustizia è amare il prossimo come sé stessi (cfr Mt 22,39; Rm 13,9).

La vera giustizia è fare a quella persona, a quel popolo, ciò che vorrei fosse fatto a me, al mio popolo

Quando, con la grazia di Dio, noi seguiamo questo comandamento, come cambiano le cose! Perché cambiamo noi! Quella persona, quel popolo, che vedevo come nemico, in realtà ha il mio stesso volto, il mio stesso cuore, la mia stessa anima. Abbiamo lo stesso Padre nei cieli. Allora la vera giustizia è fare a quella persona, a quel popolo, ciò che vorrei fosse fatto a me, al mio popolo (cfr Mt 7,12).

San Paolo, nella seconda Lettura, ci ha indicato gli atteggiamenti necessari per fare la pace: «Rivestitevi di sentimenti di tenerezza, di bontà, di umiltà, di mansuetudine, di magnanimità, sopportandovi a vicenda e perdonandovi gli uni gli altri, se qualcuno avesse di che lamentarsi nei confronti di un altro. Come il Signore vi ha perdonato, così fate anche voi» (3,12-13).

Ecco gli atteggiamenti per essere “artigiani” di pace nel quotidiano, là dove viviamo. Non illudiamoci però che questo dipenda solo da noi! Cadremmo in un moralismo illusorio. La pace è dono di Dio, non in senso magico, ma perché Lui, con il suo Spirito, può imprimere questi atteggiamenti nei nostri cuori e nella nostra carne, e fare di noi dei veri strumenti della sua pace. E, andando in profondità, l’Apostolo dice che la pace è dono di Dio perché è frutto della sua riconciliazione con noi. Solo se si lascia riconciliare con Dio, l’uomo può diventare operatore di pace.

Cari fratelli e sorelle, oggi domandiamo insieme al Signore, per intercessione della Vergine Maria, la grazia di avere un cuore semplice, la grazia della pazienza, la grazia di lottare e lavorare per la giustizia, di essere misericordiosi, di operare per la pace, di seminare la pace e non guerra e discordia. Questo è il cammino che rende felici, che rende beati.

DISCORSO AI SACERDOTI, RELIGIOSE, RELIGIOSI E SEMINARISTI IN CATTEDRALE

Ho preparato un discorso per voi, ma dopo aver sentito le testimonianze di questo Sacerdote, di questo Religioso, di questa Religiosa, sento il bisogno di parlarvi a braccio.

Loro ci hanno raccontato vita, ci hanno raccontato esperienze, ci hanno raccontato tante cose brutte e belle. Consegno il discorso – che è bello – al Cardinale Arcivescovo.

Le testimonianze parlavano da sole. E questa è la memoria del vostro popolo! Un popolo che dimentica la sua memoria non ha futuro. Questa è la memoria dei vostri padri e madri nella fede: qui hanno parlato solo tre persone, ma dietro di loro ci sono tanti e tante che hanno sofferto le stesse cose.

Care sorelle, cari fratelli, non avete diritto di dimenticare la vostra storia. Non per vendicarvi, ma per fare pace. Non per guardare [a queste testimonianze] come a una cosa strana, ma per amare come loro hanno amato. Nel vostro sangue, nella vostra vocazione, c’è la vocazione, c’è il sangue di questi tre martiri. E c’è il sangue e c’è la vocazione di tante religiose, tanti preti, tanti seminaristi. L’autore della Lettera agli Ebrei ci dice: Mi raccomando, non dimenticatevi dei vostri antenati, quelli che vi hanno trasmesso la fede. Questi [indica i testimoni] vi hanno trasmesso la fede; questi vi hanno trasmesso come si vive la fede. Lo stesso Paolo ci dice: “Non dimenticatevi di Gesù Cristo”, il primo Martire. E questi sono andati sulle tracce di Gesù.

Riprendere la memoria per fare pace

Riprendere la memoria per fare pace. Alcune parole mi sono rimaste nel cuore. Una, ripetuta: “perdono”. Un uomo, una donna che si consacra al servizio del Signore e non sa perdonare, non serve. Perdonare un amico che ti ha detto una parolaccia, con il quale avevi litigato, o una suora che è gelosa di te, non è tanto difficile. Ma perdonare chi ti picchia, chi ti tortura, chi ti calpesta, chi ti minaccia con il fucile per ucciderti, questo è difficile. E loro lo hanno fatto, e loro predicano di farlo!

Un’altra parola che mi è rimasta è quella dei 120 giorni del campo di concentramento. Quante volte lo spirito del mondo ci fa dimenticare questi nostri antenati, le sofferenze dei nostri antenati! Quei giorni sono contati, non per giorno, ma per minuti, perché ogni minuto, ogni ora è una tortura. Vivere tutti insieme, sporchi, senza pasto, senza acqua, con il caldo o con il freddo, e questo per tanto tempo! E noi, che ci lamentiamo quando abbiamo un dente che ci fa male, o che vogliamo avere la tv nella nostra stanza con tante comodità, e che chiacchieriamo della superiora o del superiore quando il pasto non è tanto buono… Non dimenticate, per favore, le testimonianze dei vostri antenati. Pensate a quanto hanno sofferto queste persone; pensate a quei sei litri di sangue che ha ricevuto il padre – il primo che ha parlato – per sopravvivere. E fate una vita degna della Croce di Gesù Cristo.

Suore, sacerdoti, vescovi, seminaristi mondani, sono una caricatura, non servono. Non hanno la memoria dei martiri. Hanno perso la memoria di Gesù Cristo crocifisso, l’unica gloria nostra.

Un’altra cosa che mi viene in mente è quel miliziano che ha dato la pera alla suora; e quella donna musulmana che adesso vive in America, che portò da mangiare… Tutti siamo fratelli. Anche quell’uomo crudele ha pensato… non so che cosa ha pensato, ma ha sentito lo Spirito Santo nel suo cuore e forse ha pensato a sua mamma e ha detto: “Prendi questa pera e non dire nulla”. E quella donna musulmana andava oltre le differenze religiose: amava. Credeva in Dio e faceva del bene.

Cercate il bene di tutti. Tutti hanno la possibilità, il seme del bene. Tutti siamo figli di Dio.

Pregate per le famiglie, perché fioriscano in tanti figli e ci siano anche tante vocazioni

Benedetti voi, che avete così vicine queste testimonianze: non dimenticatele, per favore. La vostra vita cresca con questo ricordo. Io penso a quel sacerdote, al quale è morto il papà quando era bambino, poi è morta la mamma, poi è morta la sorella, ed è rimasto solo… Ma lui era il frutto di un amore, di un amore matrimoniale. Pensate a quella suora martire: anche lei era figlia di una famiglia. E pensate anche al francescano, con due sorelle francescane; e mi viene in mente quello che ha detto il Cardinale Arcivescovo: che cosa succede al giardino della vita, cioè la famiglia? Una cosa brutta, succede: che non fiorisce. Pregate per le famiglie, perché fioriscano in tanti figli e ci siano anche tante vocazioni.

E finalmente, vorrei dirvi che questa è stata una storia di crudeltà. Anche oggi, in questa guerra mondiale vediamo tante, tante, tante crudeltà. Fate sempre il contrario della crudeltà: abbiate atteggiamenti di tenerezza, di fratellanza, di perdono. E portate la Croce di Gesù Cristo. La Chiesa, la santa Madre Chiesa, vi vuole così: piccoli, piccoli martiri, davanti a questi piccoli martiri, piccoli testimoni della Croce di Gesù.

Il Signore vi benedica! E, per favore, pregate per me. Grazie.

INCONTRO ECUMENICO E INTERRELIGIOSO

INCONTRO CON I GIOVANI

DOMANDA: [avendo sentito che il Papa da 20 anni non guarda più la televisione, chiede il perché di questa scelta]

PAPA:

Sì, a metà degli anni ’90, ho sentito una notte che questo non mi faceva bene, mi alienava, mi portava fuori… e ho deciso di non guardarla. Quando volevo guardare un bel film, andavo al centro televisivo dell’arcivescovado e lo guardavo lì; ma soltanto quel film… La televisione invece mi alienava e mi portava fuori da me, non mi aiutava…

Certo, io sono dell’età della pietra, sono antico! E noi adesso… io capisco che il tempo è cambiato: viviamo nel tempo dell’immagine. E questo è molto importante. E nel tempo dell’immagine si deve fare quello che si faceva nel tempo dei libri: scegliere le cose che mi fanno bene!

Da qui derivano due cose. Prima: la responsabilità dei centri televisivi di fare programmi che fanno bene, che fanno bene ai valori, che costruiscano la società, che ci portino avanti, non che ci portino giù. E poi fare programmi che ci aiutino affinché i valori, i veri valori, diventino più forti e ci preparino per la vita. Questa è responsabilità dei centri televisivi.

Secondo: sapere scegliere i programmi, e questa una responsabilità nostra. Se io vedo che un programma non mi fa bene, mi butta giù i valori, mi fa diventare volgare, anche nelle sporcizie, io devo cambiare canale. Come si faceva nella mia età della pietra: quando un libro era buono, tu lo leggevi; quando un libro ti faceva male, lo buttavi.

Se tu che sei giovane diventi schiavo del computer, tu perdi la libertà! E se tu nel computer cerchi i programmi sporchi, tu perdi la dignità!

E poi c’è un terzo punto: il punto della cattiva fantasia, di quella fantasia che uccide l’anima. Se tu che sei giovane vivi attaccato al computer e diventi schiavo del computer, tu perdi la libertà! E se tu nel computer cerchi i programmi sporchi, tu perdi la dignità!

Vedere la televisione, usare il computer, ma per le cose belle, le cose grandi, le cose che ci fanno crescere. Questo è buono! Grazie.

DOMANDA:

Caro Santo Padre, io sto qui, in questo centro San Giovanni Paolo II e volevo chiederle se Lei è riuscito a sentire anche la gioia e l’amore che tutti questi giovani di Bosnia ed Erzegovina hanno verso la sua persona.

PAPA:

Per dirti la verità, quando trovo i giovani sento la gioia e l’amore che hanno. Non solo per me, ma per gli ideali, per la vita. Vogliono crescere! Ma voi avete una singolarità: voi siete la prima – credo – generazione dopo la guerra. Voi siete fiori di una primavera, come ha detto mons. Semren: fiori di una primavera che vogliono andare avanti e non tornare alla distruzione, alle cose che ci fanno nemici gli uni gli altri. Io trovo in voi questa voglia e questo entusiasmo. E questo è nuovo per me. Io vedo che voi non volete distruzione: voi non volete essere nemici l’uno dell’altro. Volete camminare insieme, come ha detto Nadežda. E questo è grande! Io vedo in questa generazione, anche in voi, in voi tutti - ne sono sicuro! Guardate dentro di voi… - vedo che avete la stessa esperienza di Darko. Non siamo “loro ed io”, siamo “noi”. Noi vogliamo essere “noi”, per non distruggere la patria, per non distruggere il Paese. Tu sei musulmano, tu sei ebreo, tu sei ortodosso, tu sei cattolico… ma siamo “noi”. Questo è fare la pace! E questo è proprio della vostra generazione, ed è la vostra gioia!

Voi avete una vocazione grande. Una vocazione grande: mai costruire muri, soltanto ponti. E questa è la gioia che trovo in voi. Grazie!

DOMANDA:

Anch’io sono qui come volontaria in questo centro, Santo Padre. Cosa ci può dire, qual è il suo messaggio per la pace per tutti noi giovani?

PAPA:

In questa risposta, mi ripeto un po’ nelle cose che ho detto prima. Tutti parlano della pace: alcuni potenti della terra parlano e dicono belle cose sulla pace, ma sotto vendono le armi! Da voi io aspetto onestà, onestà fra quello che pensate, quello che sentite e quello che fate: le tre cose insieme. Il contrario si chiama ipocrisia! Anni fa io ho visto un film su questa città, non ricordo il nome, ma la versione tedesca – quella che ho visto – era “Die Brücke” (“Il ponte”). Non so come si chiama nella vostra lingua… E ho visto lì come il ponte sempre unisce. Quando il ponte non si usa per andare uno verso l’altro, ma è un ponte vietato, diventa la rovina di una città, la rovina di una esistenza. Per questo da voi, da questa prima generazione del dopoguerra, mi aspetto onestà e non ipocrisia. Unione, fare ponti, ma lasciare che si possa andare da una parte all’altra. Questa è fratellanza.

CONFERENZA STAMPA DEL SANTO PADRE

DURANTE IL VOLO DI RITORNO DA SARAJEVO

Padre Lombardi: Santità, grazie di essere qui in mezzo a noi, di averci salutati tutti. Noi pensavamo che stasera Lei fosse stanchissimo e quindi di non poter approfittare… Poi lo abbiamo visto “scatenato” con i giovani. Quindi va bene, possiamo ancora farle qualche domanda anche noi.

Papa Francesco: Cosa vuol dire “scatenato”? Mi spieghi bene…

Padre Lombardi: Vuol dire che era pieno di energia, veramente. I giovani erano contentissimi. Allora noi abbiamo scelto tre domande a sorteggio e poi se ne vuole delle altre, le facciamo, altrimenti ci fermiamo alle tre domande…

La prima la facciamo fare al nostro croato, Silvije Tomašević, che è qui:

Silvije Tomašević: Buonasera, Santità, qui sono arrivati naturalmente molti croati in pellegrinaggio, che chiedono se Sua Santità verrà in Croazia…. Ma siccome siamo in Bosnia ed Erzegovina c’è anche un grande interesse per il giudizio sul fenomeno di Medjugorje…

Papa Francesco: Sul problema di Medjugorje Papa Benedetto XVI, a suo tempo, aveva fatto una commissione presieduta dal cardinale Camillo Ruini; c’erano anche altri Cardinali, teologi e specialisti lì. Hanno fatto lo studio e il cardinale Ruini è venuto da me e mi ha consegnato lo studio, dopo tanti anni – non so, 3-4 anni più o meno. Hanno fatto un bel lavoro, un bel lavoro. Il cardinale Müller [Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede] mi ha detto che avrebbe fatto una “feria quarta” [un'apposita riunione] in questi tempi; credo sia stata fatta l'ultimo mercoledì del mese. Ma non sono sicuro… [Nota del p. Lombardi: in effetti non vi è stata ancora una feria quarta dedicata a questo tema] Siamo lì lì per prendere delle decisioni. Poi si diranno. Per il momento si danno soltanto alcuni orientamenti ai vescovi, ma sulle linee che si prenderanno. Grazie!

Silvije Tomašević: E la visita in Croazia?

Papa Francesco: La visita in Croazia? Non so quando ci sarà. Adesso mi ricordo la domanda che mi avete fatto quando sono andato in Albania: “Lei incomincia la visita in Europa da un Paese che non appartiene alla Comunità Europea”; e io ho risposto: “E’ un segno. Io vorrei incominciare a fare le visite in Europa, partendo dai Paesi più piccoli, e i Balcani sono Paesi martoriati, hanno sofferto tanto!”. Hanno sofferto tanto… E per questo la mia preferenza è qua. Grazie!

Padre Lombardi Allora, la seconda domanda la facciamo fare ad Anna Chiara Valle di Famiglia Cristiana.

Anna Chiara Valle: Lei ha parlato di chi deliberatamente fomenta il clima di guerra, e poi ha detto ai giovani: ci sono i potenti che parlando apertamente di pace e sottobanco commerciano le armi. Ci può approfondire un po’ di più questo concetto…

Papa Francesco: Sì c’è l’ipocrisia, sempre! Per questo ho detto che non è sufficiente parlare di pace: si deve fare la pace! E chi parla soltanto di pace e non fa la pace è in contraddizione; e chi parla di pace e favorisce la guerra – per esempio con la vendita delle armi – è un ipocrita. E’ cosi semplice…

Padre Lombardi Allora, la terza domanda a Katia Lopez del gruppo di lingua spagnola.

Katia Lopez: (domanda in spagnolo) Santo Padre, nel suo ultimo incontro con i giovani ha parlato dettagliatamente della necessità di fare molta attenzione a quello che leggono, a quello che vedono: non ha detto esattamente la parola “pornografia”, ma ha detto “fantasia cattiva”. Può approfondire un po’ questo concetto della perdita di tempo…

Papa Francesco: Ci sono due cose differenti: le modalità e i contenuti. Sulle modalità, ce n’è una che fa male all'anima ed è l'essere troppo attaccato al computer. Troppo attaccato al computer! Questo fa male all'anima e toglie la libertà: ti fa schiavo del computer. È curioso, in tante famiglie i papà e le mamme mi dicono: siamo a tavola con i figli e loro con il telefonino sono in un altro mondo. E’ vero che il linguaggio virtuale è una realtà che non possiamo negare: dobbiamo portarla sulla buona strada, perché è un progresso dell'umanità. Ma quando questo ci porta via dalla vita comune, dalla vita familiare, dalla vita sociale, ma anche dallo sport, dall'arte e rimaniamo attaccati al computer, questa è una malattia psicologica. Sicuro!

Secondo: i contenuti. Sì, ci sono cose sporche, che vanno dalla pornografia alla semi-pornografia, ai programmi vuoti, senza valori: per esempio programmi relativisti, edonisti, consumistici, che fomentano tutte queste cose. Noi sappiamo che il consumismo è un cancro della società, il relativismo è un cancro della società; di questo io parlerò nella prossima Enciclica, che uscirà entro questo mese. Non so se ho risposto. Ho detto la parola “sporcizia” per dire una cosa generale, ma tutti sappiamo questo. Ci sono genitori molto preoccupati che non permettono che ci siano i computer nelle stanze dei bambini; i computer devono essere in un posto comune della casa. Questi sono piccoli aiuti che i genitori trovano per evitare proprio questo.

Padre Lombardi Santo Padre, grazie! L’organizzazione dice che bisogna fare le distribuzioni del cibo e queste altre cose… Tra mezz’ora siamo a terra…

Papa Francesco: Vi ringrazio per il lavoro, per la vostra fatica in questo viaggio… Grazie tante del vostro lavoro, grazie tante! E pregate per me, grazie!