Il bollettino ufficiale della prelatura dell’Opus Dei (Romana) pubblica informazioni annuali con dati finanziari della prelatura e con varie spiegazioni sul funzionamento economico dell’Opus Dei, delle sue relazioni con le iniziative a cui viene prestata assistenza pastorale e spirituale e con gli enti proprietari e gestori delle sedi in cui si svolgono. In questi link è possibile consultare le informazioni relative a cinque anni (2022, 2021, 2020, 2019, 2018).
Comprendere questo modo di agire dell’Opus Dei non è sempre facile, perché da una parte i fedeli hanno un coinvolgimento quasi totale nella dimensione operativa e nel sostegno economico delle opere apostoliche, mentre dall’altra la presenza istituzionale serve come ispirazione e trasmissione e tutela dello spirito.
Per approfondire la comprensione di questa realtà, proponiamo una conversazione con Giorgio Zennaro, amministratore della commissione regionale della prelatura dell’Opus Dei in Italia. Le domande e le risposte su come vengono utilizzati i soldi nell’Opus Dei sono emerse da alcune sessioni che l’amministratore ha tenuto su queste tematiche con membri e amici dell’Opus Dei durante alcune attività formative in Italia.
1. In poche parole, cos’è l’Opus Dei?
Le rispondo con un’immagine che piaceva al fondatore: cristiani comuni impegnati a vivere la loro fede nelle più diverse situazioni e condizioni di vita, cercando di portare l’amore di Dio ovunque.
2. Qual è il ruolo dell’amministratore o della procuratrice nel governo dell’Opus Dei?
L’amministratore e la procuratrice sono membri rispettivamente del consigli che collaborano con il vicario dell’Opus Dei in ogni circoscrizione. Sebbene il loro incarico abbia una certa dimensione “gestionale” (supervisiona i conti della stessa prelatura nella circoscrizione e assicura che ci siano fondi sufficienti per il sostentamento del clero e delle persone che si dedicano a tempo pieno alla direzione), il loro compito fondamentale è la formazione, e si manifesta nella vicinanza ai membri dell’Opera e alle persone che promuovono e sviluppano le iniziative apostoliche affinché si viva la virtù della povertà così come ci ha insegnato il nostro santo fondatore. Questo lavoro è sempre svolto in modo condiviso senza personalismi e decisioni di un singolo: questo aiuta ad agire sempre per il bene delle persone senza lasciarsi prendere da protagonismi fuori luogo.
L’Opus Dei si occupa della formazione spirituale che viene proposta in luoghi e sedi che - salvo rare eccezioni - non sono beni ecclesiastici, ma sono di proprietà di entità civili educative, formative, assistenziali, promosse, gestite e amministrate sempre nel rispetto della legislazione statale.
L’amministratore e la procuratrice cercano di mantenere vivo nei fedeli dell’Opera l’amore alla virtù cristiana del distacco dai beni materiali e alla virtù della sobrietà, e vegliano affinché gli strumenti materiali delle iniziative apostoliche siano sostenibili, adeguati alle necessità dell’oggi e facilitino lo spirito di famiglia tanto caratteristico dell’Opus Dei.
Inoltre hanno a cuore che nelle iniziative apostoliche si renda concreta la solidarietà e si viva un’esemplarità nel lavoro ben fatto e nel rispetto delle norme civili.
3. In che modo l’amministratore cerca di mantenere viva la virtù del distacco ?
In primo luogo, incoraggiando i promotori delle iniziative apostoliche, membri dell’Opus Dei, cooperatori e altri benefattori, a utilizzare le risorse senza sprechi e a garantire un clima di sobrietà in tutto ciò che vi viene svolto, e affiancando i responsabili delle iniziative – che in molti casi prestano una collaborazione volontaria - a lavorare con professionalità e a utilizzare bene le risorse economiche.
Il ruolo dell’amministratore e della procuratrice è anche di orientare le persone che desiderano sostenere economicamente le attività apostoliche, segnalando quelle più bisognose.
Queste iniziative cercano di essere economicamente autosufficienti nella loro gestione ordinaria, e l’amministratore e la procuratrice cercano di aiutare e di consigliare su questioni materiali, nella misura in cui si riferiscono allo spirito cristiano o alle attività formative dell’Opus Dei.
4. Perché si attribuisce tanta importanza all’autosufficienza economica delle iniziative e dei lavori legati alla prelatura?
Si tratta di un aspetto dello spirito dell’Opus Dei, più che di una questione principalmente economica; san Josemaría, il fondatore, voleva che fosse ben chiaro che le iniziative apostoliche devono contare sulle proprie forze, in linea con la secolarità e la responsabilità personale di chi le promuove: ogni iniziativa deve essere autonoma, cioè non dipendente da “organismi superiori” né dal punto di vista economico né dal punto di vista della gestione e dell’organizzazione. È molto in linea con il concetto di sostenibilità a lungo termine di cui tanto si parla.
5. Si può dire quindi che l’amministratore è il fundraiser dell’Opus Dei?
La raccolta fondi viene fatta dalle persone coinvolte in ogni iniziativa apostolica. L’amministratore dà una mano a qualche iniziativa appena nata e stimola tutte le altre, ma non è il cuore del mio lavoro. Il mio ruolo è più simile a quello che in un’azienda si definirebbe di “sviluppo”, senza perdere di vista le risorse umane, perché l’Opus Dei è ciò che sono le persone.
Il mio lavoro principale è formativo: incoraggiare le persone a lavorare bene, aiutare le iniziative apostoliche a svilupparsi secondo le forze e le risorse disponibili, suggerire come vivere la generosità cristiana, la sobrietà e la responsabilità sociale. In un certo senso, aiutare a “organizzare la logistica della carità”.
6. Dove i membri dell’Opus Dei svolgono le loro attività apostoliche?
Il fondatore diceva che l’apostolato dell’Opera è un “mare senza sponde” e definiva l’Opus Dei come una “organizzazione disorganizzata”. Il primo ambito di evangelizzazione per una persona dell’Opus Dei è la sua vita, la famiglia, gli amici, i colleghi di lavoro. Aiutare, consigliare, accompagnare, servire, condividere, pregare. Ciò che di solito viene inteso come “attività” o iniziativa apostolica istituzionale viene in secondo luogo.
In linea con quanto detto sopra, i membri promuovono attività apostoliche in molti luoghi diversi: nelle proprie case di famiglia negli uffici e negli studi professionali di alcuni dei partecipanti, nelle chiese della città, all’aperto, in altri luoghi pubblici. Insomma: nel bel mezzo della strada, come piaceva a san Josemaría.
Per questo l’apostolato dei membri dell’Opera è per sua natura “disorganizzato”. Basti pensare che il primo luogo in cui san Josemaría iniziò a organizzare attività di formazione per i giovani fu ai tavoli di un bar di Madrid, in una cioccolateria.
7. A cosa servono i centri dell’Opus Dei?
I centri permettono un minimo di coordinamento nell’“offerta” formativa. La parola “centro” si riferisce sia alle persone che partecipano alle attività di formazione spirituale sia all’istituzione che offre questo progetto formativo, e non tanto alla sede o all’edificio.
Quando parliamo di “centri dell’Opus Dei” ci riferiamo anche alla casa dove vivono alcuni numerari della prelatura e dove si svolgono attività come ritiri spirituali, corsi dottrinali e culturali, incontri di direzione spirituale personale, catechesi, ecc. Per i fedeli dell’Opera che non abitano in un centro, quel luogo è per loro “casa”, luogo dove respirare un clima famigliare. Sul sito italiano dell’Opus Dei, come in tanti altri siti di altri paesi, è possibile trovare una mappa dei centri.
8. Chi paga e chi gestisce i centri dell’Opus Dei?
I centri in cui vivono solo alcuni numerari sono sostenuti dalle persone che vi abitano e da quelle che li frequentano. Sono luoghi che hanno una chiara identità civile e la loro gestione è simile a quella di una famiglia, in termini di autonomia e responsabilità. Dire che sono “centri dell’Opus Dei” non si riferisce alla proprietà, ma alle attività spirituali e formative che vi si svolgono.
Come dicevo prima, la gestione economica dei centri che hanno una proiezione formativa più ampia è un po’ diversa: ad esempio, le residenze universitarie sono amministrate in modo simile a quello di una qualsiasi altra residenza, con le rette dei residenti, ecc.
9. Oltre alle attività promosse a livello personale, esistono anche iniziative apostoliche maggiormente organizzate che hanno un accordo di collaborazione con l’Opus Dei. Come e perché nascono?
Di solito nascono in risposta a un bisogno educativo, culturale o sociale. A volte nascono su impulso di alcuni membri più sensibili a un particolare problema sociale, altre volte su suggerimento dei direttori dell'Opera.
In ogni caso, sono i singoli a cercare soluzioni, promuovendo una nuova iniziativa: ad esempio, creando una fondazione o un’associazione, raccogliendo fondi, decidendo tra loro gli amministratori, chiedendo i permessi necessari alle autorità civili, ecc. e chiedendo l’assistenza spirituale e formativa della prelatura. Lo fanno in collaborazione con altre persone, anche non cattoliche o non cristiane, che condividono la stessa preoccupazione e il progetto.
10. Quali sono le iniziative apostoliche dell’Opus Dei che considera significative in Italia?
A Roma, due iniziative di questo tipo sono, ad esempio, il Campus Bio-Medico, un’Università con le facoltà di Medicina, di Ingegneria e di Scienze e Tecnologie per lo sviluppo sostenibile, con il suo Policlinico Universitario, che funziona prevalentemente in regime di servizio sanitario nazionale e pertanto aperto a tutti, dove l’obiettivo è coltivare la scienza al servizio della persona. Nel quartiere Tiburtino c’è il Centro Elis, una scuola che da oltre 50 anni forma generazioni di giovani, avviandoli al mondo delle professioni. In tutta Italia, poi, ci sono diverse residenze universitarie che offrono agli studenti una formazione complementare a quella del curriculum accademico.
In tutto il mondo le iniziative sono varie: centri educativi, scuole di formazione, ospedali e altre attività di promozione sociale, molte delle quali si trovano in Africa, America Latina o in aree marginali di Paesi economicamente più stabili. Sono una manifestazione della molteplice e variegata spontaneità apostolica tipica dei credenti che sentono i bisogni della società come propri.
11. Che cos’è un’opera “corporativa” o “collettiva” nell’Opus Dei? Qual è il rapporto tra la prelatura e queste attività?
Queste attività sono iniziative civili, senza scopo di lucro, con finalità educative o assistenziali e con un chiaro orientamento cristiano e apostolico. Sono “collettive” perché realizzate da laici della prelatura insieme ad amici e persone che ne condividono gli obiettivi. Sono svolte nel rispetto delle leggi vigenti, da cittadini responsabili e attenti alle esigenze della società.
I promotori di queste attività, che si ispirano agli insegnamenti di san Josemaría, chiedono alla prelatura di occuparsi dell’orientamento cristiano e della formazione spirituale a disposizione di chiunque lo desideri. A seconda dei casi, può esserci un accordo o una convenzione di collaborazione tra i promotori e l’Opus Dei, che specifica le modalità di questo tipo di vivificazione cristiana.
12. Queste iniziative apostoliche sono governate o di proprietà dell’Opus Dei?
No, non sono governate e non sono di proprietà dell’Opus Dei. Tutte queste iniziative apostoliche (scuole, università, attività sociali, collegi universitari, ecc.) sono dirette da persone, che siano o meno membri dell’Opus Dei, nominate dagli organi degli enti che le possiedono o gestiscono, che le scelgono perché in sintonia con la missione del progetto.
Questa è una logica conseguenza dell’importanza attribuita alla laicità e alla libera iniziativa dei laici. Il Concilio Vaticano II ha parlato di «iniziative apostoliche che vengono prese dalla libera volontà dei laici e sono rette dal loro prudente criterio» (cfr. Apostolicam actuositatem, n. 24) e ha anche affermato che «mediante queste iniziative, in certe circostanze, la missione della Chiesa può essere meglio adempiuta». Questo avrebbe potuto essere organizzato in altri modi altrettanto legittimi, ma il fondatore ha voluto così, per sottolineare la responsabilità dei laici. Per san Josemaría l’Opus Dei deve possedere il minimo indispensabile, riflettendo così in modo pratico che lo scopo dell’Opera è esclusivamente spirituale.
13. L’Opus Dei insiste nel separare l’istituzione in quanto tale dalla gestione delle iniziative educative, culturali, sociali, ecc. (scuole, università, ecc.) promosse da alcuni dei suoi membri. Tuttavia, in passato l’Opera è stata direttamente coinvolta in alcune di queste iniziative.
In tutte le istituzioni c’è un’evoluzione, altrimenti vivrebbero fuori dal loro tempo. Nel corso degli anni, il fondatore stesso è andato chiarendo il ruolo di ogni organismo coinvolto nella gestione del lavoro e delle iniziative apostoliche.
Nei primi tempi egli stesso incoraggiò alcune persone dell’Opera a promuovere direttamente varie iniziative. Promuoveva anche quelle che allora chiamava opere comuni e società ausiliarie, come modo per incoraggiare la partecipazione dei laici a lavori con un impatto evangelizzatore nella società. Con il passare degli anni, comprese meglio che la vera laicità consisteva nel rendere gli stessi laici i veri protagonisti, pienamente responsabili di queste iniziative, capaci di assumere liberamente e autonomamente le sfide che esse comportavano, e decise di abolire questa modalità. Questa evoluzione è ben spiegata nel libro Storia dell’Opus Dei. Si tratta di un nuovo cammino nella Chiesa, che sta gradualmente diventando realtà.
14.Dove si svolgono le attività apostoliche dell’Opus Dei?
I promotori dei progetti apostolici possono risolvere la questione della sede in diversi modi, poiché gli ordinamenti giuridici di ogni luogo offrono varie alternative, soprattutto se i progetti sono di una certa dimensione.
Di solito, i proprietari delle sedi di queste attività apostoliche sono le fondazioni e le associazioni che le promuovono. Altre volte appartengono a società per azioni, società a responsabilità limitata, cooperative, ecc. a seconda della soluzione che i promotori valutano più appropriata. Nel caso delle società di capitale, chi acquista azioni o partecipazioni lo fa sapendo di partecipare a un investimento sociale, cioè senza fini speculativi o di lucro, come di solito prevede lo statuto. Non intendo dire che debbano andare in perdita, ma che le loro assemblee di solito decidono che gli eventuali utili debbano essere reinvestiti nel progetto sociale della società. Ciò è motivato dal desiderio che tali società durino nel tempo; a tal fine, devono operare in modo equilibrato e generare risorse per il mantenimento e lo sviluppo, come qualsiasi iniziativa privata. Non bisogna dimenticare che le attività apostoliche sono spesso svolte in locali in affitto (come nel caso, ad esempio, della Pontificia Università della Santa Croce a Roma).
15. L’Opus Dei è una grande potenza economica con molti soldi? Secondo alcuni si tratterebbe di una sorta di artificio, con l’intento di rendere meno chiaro il “profilo finanziario” dell’Opus Dei.
La sua affermazione si riferisce a un aspetto che mi sembra importante. La prospettiva dell’Opus Dei su questo tema è un po’ “rivoluzionaria” e forse per questo non è di immediata comprensione. Cosa impedirebbe all’Opus Dei, come ad altre istituzioni della Chiesa, di assumere la proprietà e la gestione dei beni utilizzati nelle sue attività apostoliche? Nulla. Allora perché non lo fa? La risposta è: perché non vuole farlo.
Credo che la questione si capisca bene dagli Statuti dell’Opus Dei, che affermano che degli immobili e proprietà in cui si svolgono iniziative apostoliche e formative sono responsabili e competenti i loro proprietari e gestori, che si servono dei beni e delle risorse conseguite o da conseguire con la loro attività o con analoghi strumenti che la società civile prevede.
Gli Statuti affermano anche che la prelatura non è ordinariamente proprietaria dei beni e degli altri strumenti in cui si realizzano le iniziative che contano sulla sua assistenza spirituale (cfr. n. 122). In realtà, l’Opus Dei in quanto tale non ha bisogno di possedere questi strumenti, anche se sarebbe del tutto legittimo che li possedesse.
Questa è una delle novità che l’Opus Dei incoraggia: promuovere e rafforzare la responsabilità personale dei cristiani che, senza necessariamente avere un “timbro ufficiale” della Chiesa, si impegnano a realizzare in prima persona iniziative sociali, educative, ecc. di chiara ispirazione cristiana, utilizzando le proprie capacità e rischiando i propri investimenti. Questo è ciò che il Concilio Vaticano II ha ripreso come proprio dei laici nella Chiesa nel testo che ho citato prima.
San Giovanni Bosco operò esattamente come poi fece san Josemaría, rifiutandosi di erigere le scuole salesiane come enti ecclesiastici, bensì rendendo ogni scuola autonoma e con un’identità civile, rinunciando così al sostanzioso benefit di non pagare tasse.
16. Le fondazioni create per aiutare le iniziative apostoliche o altre attività formative dell’Opus Dei sono delle“coperture” per evitare la trasparenza dei presunti fondi dell’Opus Dei? Come risponderebbe a questo?
Risponderei spiegando la realtà delle cose: ogni iniziativa apostolica cerca il modo più appropriato per garantire la propria sostenibilità, come accade in tante altre istituzioni, legate o meno alla Chiesa. Ad esempio, quasi tutte le università del mondo sono sostenute da fondazioni o enti che permettono di ricevere donazioni per la realizzazione di determinati progetti.
Ad esempio, la Pontificia Università della Santa Croce riceve il sostegno di varie fondazioni create per convogliare le donazioni a sostegno dell’università e - in generale - della formazione dei sacerdoti, come la Fondaciòn CARF (Spagna), la Santa Croce Foundation (Canada) o la Priesterausbildungshilfe e.V. (Germania).
In altri luoghi, i membri dell’Opus Dei hanno creato delle fondazioni affinché le persone che lo desiderano possano collaborare a favore dei vari strumenti apostolici in cui si svolge l’attività di formazione spirituale della prelatura. È il caso della Woodlawn Foundation negli Stati Uniti o della Netherhall Educational Association in Inghilterra, la cui missione è chiara e trasparente.
D’altra parte, esistono altre fondazioni promosse da membri dell’Opera insieme ad altre persone per realizzare vari progetti legati al bene comune, che possono essere o meno legati all’Opus Dei, oppure alcuni progetti sì ed altri no. Un esempio sono le fondazioni create da Luis Valls-Taberner in Spagna.
In Italia, gli esempi sono ancora pochi. Uno di questi è la Biomedical University Foundation, costituita su impulso di Joaquín Navarro Valls per sostenere università e centri medici come il Campus Bio-Medico di Roma.
In Africa, in occasione della canonizzazione di San Josemaría, è stata costituita la Fondazione Harambee Africa International per contribuire a valorizzare le potenzialità delle differenti realtà dell’Africa Sub-sahariana.
In generale queste fondazioni spesso nascono su impulso di persone che hanno deciso di lasciare la loro eredità per realizzare progetti in linea con i loro sogni e ideali.
In tutti i casi citati, chi vuole vedere “coperture” vedrà “coperture”, ma la realtà è che si tratta di libere iniziative di libere persone, gestite dai loro promotori, con criteri di trasparenza e legalità, identici a quelli di altre entità simili nei rispettivi Paesi. Per spiegarlo anche da un punto di vista negativo, nell’ipotetico caso in cui un ente proprietario o gestore di uno di questi strumenti volesse smettere di contribuire o collaborare con un’iniziativa dell’Opus Dei, l’Opus Dei, non essendo proprietario o gestore, non potrebbe pretendere nulla.
Come ho detto prima, qualsiasi altro modo legale di organizzarsi sarebbe perfettamente legittimo. Ma se l’Opus Dei ha scelto la strada di non accumulare patrimonio, è perché risponde meglio a un desiderio fondazionale, che si esprime in modi altrettanto legittimi e pienamente conformi alla legge. Il desiderio a cui mi riferisco è duplice: da un lato, che le opere apostoliche siano strumenti civili, portati avanti da cittadini laici, che si assumono la piena responsabilità del loro funzionamento, senza impegnare o schermirsi della struttura ecclesiastica. Dall’altro lato, fare in modo che l’Opus Dei in quanto tale abbia il minor numero possibile di beni, solo quelli strettamente necessari.
Certo, questa modalità di organizzazione richiede un maggiore sforzo di spiegazione, ma riteniamo che ne valga la pena. D’altra parte, è vero che alcune entità o fondazioni, e anche la prelatura stessa, potrebbero comunicare meglio la loro natura e il loro rapporto con l’Opus Dei, e quindi la percezione menzionata nella domanda potrebbe essere evitata.
17. Si afferma la separazione tra queste fondazioni e l’Opera in quanto tale; tuttavia, negli organi direttivi di queste fondazioni si trovano talvolta persone con cariche istituzionali nell’Opus Dei.
Certo, è possibile; ma la loro eventuale partecipazione a tali organi non è dovuta alla loro posizione in un organo direttivo dell’Opus Dei, bensì alla loro esperienza e competenza, alla condivisione di ideali e progetti, gli ideali e i progetti che hanno dato origine alla creazione di questi enti.
In ogni caso, un direttore dell’Opera che faccia parte di un Comitato Direttivo o di un Consiglio di Amministrazione sarebbe soggetto alle stesse richieste e agli stessi requisiti di qualsiasi altro membro di tali organi, come è ovvio, e non risponderebbe al prelato o all’autorità dell’Opus Dei per tale compito, ma ai titolari dell’ente in questione (Assemblee, Garanti, ecc.).
18. Chi decide come vengono utilizzati i soldi nelle iniziative educative, sociali, eccetera? Come viene controllata l’attività?
Le decisioni relative all’iniziativa stessa (strategiche, economiche, societarie) non vengono prese dai responsabili del governo dell’Opus Dei, ma dalle persone che le dirigono. Sono loro a stabilire le linee di gestione, mentre l’Opus Dei può essere considerato qualcosa di simile a un alleato o a un fiduciario, che vigila sulla permanenza dell’ispirazione cristiana dell’ente promotore e dà sostegno spirituale e dottrinale alla sua attività. Ciò significa, tra l’altro, che la prelatura non vuole né desidera avere gli strumenti giuridici per imporre proprie linee o obiettivi nelle Assemblee, nei Consigli di Amministrazione, nei Comitati Direttivi, ecc. al di fuori del suo ruolo ispiratore, di vivificazione cristiana e di cura pastorale che le sono propri in queste iniziative apostoliche.
Il rapporto tra gli organi direttivi degli enti e le autorità dell’Opus Dei è di fiducia reciproca, e nella pratica si manifesta in contatti e relazioni informali su questioni che meritano di essere trattate perché coinvolgono aspetti legati alla missione, all’identità cristiana e in generale alla continuità del progetto.
Un principio fondamentale: le persone che dirigono queste attività prendono il loro posto perché sono brave e competenti nel loro lavoro e perché condividono il desiderio di impegnarsi per il bene comune, secondo lo spirito dell’Opera che i fondatori o gli ispiratori dei progetti vogliono vivere. Se i direttori dell’Opus Dei cercassero di dettare legge su come prendere decisioni nel campo degli investimenti e delle spese, ciò sarebbe in contraddizione con l’importanza che il fondatore attribuisce alla libertà di azione e alla responsabilità personale e sociale dei cristiani. Questo è un aspetto essenziale, che appartiene al carisma dell’Opus Dei.
Anche qui c'è stata un’evoluzione. All'inizio, i direttori dell’Opus Dei potevano intervenire più direttamente in questo tipo di decisioni a causa della mancanza di persone sufficientemente preparate nell’Opera. Da tempo stiamo sperimentando nuovi modi per declinare il rapporto tra organi di governo della prelatura e referenti delle iniziative e perché questi ultimi siano sempre più responsabili e proattivi nel portare avanti la mission della specifica iniziativa a cui si dedicano.
19. Davvero l’amministratore o la procuratrice non vengono consultati su tutte le operazioni che vengono effettuate?
No. Un esempio personale: ho appreso dai giornali dell’investimento fatto dal Campus Biomedico sul robot “HUGO”, uno strumento all’avanguardia per operazioni chirurgiche delicate. Si tratta di un investimento consistente dal punto di vista economico e che riflette una precisa strategia degli organi di governo del Campus Biomedico, su cui i direttori della prelatura non hanno nulla da dire. Infatti, nessuno me lo ha chiesto né prima né dopo.
Non sto dicendo, invece, che non ci sia una consultazione e un dialogo fiduciario tra i promotori del Campus Biomedico e i direttori dell’Opus Dei su questioni che riguardano l’identità cristiana e formativa; al contrario, esiste un accordo scritto, che regola le modalità di questo dialogo e definisce le competenze.
20. Quindi, i promotori delle iniziative sono autonomi?
Esattamente. Inoltre, si tenga presente che questa è la prassi normale quando si parla di iniziative civili dei fedeli laici. Senza dubbio, fa parte dello spirito dell’Opus Dei che qualsiasi attività commerciale, professionale, ecc., di un membro della prelatura - che sia un tassista o un imprenditore - sia necessariamente al di fuori della sfera di competenza dei direttori dell’Opus Dei.
21. Può spiegare meglio cosa significa che l’Opus Dei si prenda cura dell’orientamento cristiano di queste iniziative curando la formazione cristiana che viene impartita?
Significa che la prelatura si impegna affinché nelle attività svolte in queste iniziative si cerchi di vivere un autentico spirito cristiano.
22. In che modo l’Opus Dei si impegna che nelle iniziative si viva lo spirito cristiano?
In primo luogo, offrendo una solida formazione cristiana, mettendo a disposizione sacerdoti che operano come cappellani di tali iniziative e cercando di incoraggiare coloro che lavorano e collaborano in queste iniziative ad agire secondo i valori del Vangelo, inclusa la giustizia sociale.
Nella pratica, spesso accade che i promotori di queste iniziative chiedano consigli e orientamento anche ai direttori dell’Opus Dei, perché desiderano mantenere il carisma, dato che ogni opera apostolica si ispira al messaggio di san Josemaría. E naturalmente, facilitando il coordinamento delle attività spirituali, come ritiri e incontri di formazione.
23. Chi sostiene economicamente queste iniziative apostoliche dell’Opus Dei?
Queste iniziative sono principalmente sostenute dai proventi delle attività che vi si svolgono, conformemente alle prassi e leggi relative ad attività simili nel paese: pagamenti, quote associative, sovvenzioni pubbliche e private, ecc.
In molti casi, per aiutare a coprire le spese ordinarie o investimenti significativi (come ampliamenti o ristrutturazioni), vengono costituiti anche comitati promotori sostenuti dalla generosità di vari donatori.
24. La prelatura indica ai suoi fedeli a quali iniziative o attività contribuire?
La prelatura incoraggia i membri, i cooperatori e altre persone che partecipano alle attività di formazione a contribuire al sostegno economico delle attività apostoliche. Poi ogni donatore decide responsabilmente come procedere.
25. Le iniziative apostoliche sono quindi “autogestite” e autonome. Ma la prelatura ha un proprio budget?
Sì, la prelatura ha una propria contabilità: la maggior parte delle spese riguarda il mantenimento delle sedi del governo dell’Opus Dei e delle persone che vi si dedicano a tempo pieno (nel 2023 in Italia sono stati spesi circa 890.000 euro per questa voce). Un’altra parte del budget riguarda il clero: in Italia ci sono 70 sacerdoti incardinati nella prelatura, la maggior parte dei quali sono mantenuti dai fedeli numerari con cui vivono nei vari centri; una parte del sostentamento rimane comunque a carico della prelatura (le spese nel 2023 sono state di circa 285.000 euro). Le spese totali nel 2023 ammontavano complessivamente a circa 1.210.000 euro.
26. Sembra una cifra bassa, pensando al numero di iniziative apostoliche dell’Opus Dei in Italia…
Per quanto alta o bassa possa sembrare, questa è la verità, tenendo presente che ogni iniziativa - come le ho detto prima - è autonoma e indipendente, con un proprio bilancio. Tentare di fare una sorta di bilancio “consolidato” sarebbe contrario alla realtà del diritto e dei fatti, perché ogni iniziativa si sostiene con le proprie risorse.
27. Chi sostiene economicamente l’Opus Dei?
Le ricordo che ogni membro dell’Opus Dei si sostiene con il proprio lavoro o con le pensioni che gli spettano per pensionamento, vedovanza, invalidità, ecc. Le spese generali dell’istituzione, invece, sono coperte dalle contribuzioni dei membri e degli amici. Come cristiani, decidono di sostenere con elemosine l’istituzione dalla quale ricevono formazione cristiana, allo stesso modo continuano a sostenere la loro parrocchia e altre iniziative e istituzioni della Chiesa.
Ognuno aiuta come può e vuole. Circa il 75% dei membri dell’Opus Dei sono soprannumerari, per lo più sposati, per i quali la santificazione dei doveri familiari è una parte fondamentale della propria vita cristiana: essi destinano alle iniziative apostoliche, o direttamente alla prelatura, la somma che desiderano, dopo aver provveduto alle proprie spese e alle necessità delle loro famiglie. Non esiste una “quota fissa”, poiché l’importo specifico del contributo di ciascuno dipende dalle circostanze e dalla libertà di ogni persona: è una questione di generosità e di discernimento personale.
28. I numerari e gli aggregati danno tutto ciò che guadagnano all’Opus Dei?
Come è noto, la maggior parte dei numerari vive nei centri o nelle residenze, mentre gli aggregati solitamente vivono con le proprie famiglie o dove è più opportuno per la loro situazione professionale. Tuttavia, entrambi considerano l’Opus Dei come la propria famiglia. Vivono del loro lavoro professionale e donano quello che possono dopo aver provveduto ai loro bisogni, in primo luogo ai costi delle loro case. Si impegnano a destinare il resto alle attività sociali, educative e apostoliche promosse dall’Opera e meritevoli di sostegno o, quando necessario, al sostentamento della stessa prelatura, per coprire le spese che ho menzionato prima.
29. I numerari e gli aggregati sono obbligati a fare testamento in favore dell’Opus Dei?
Al momento della loro incorporazione definitiva nell’Opus Dei, ai numerari e agli aggregati viene chiesto di fare testamento, ricordando loro la piena libertà di destinare ciò che possiedono a chi desiderano (propri familiari, opere apostoliche, ecc.). In tale totale libertà, mi sembra naturale che coloro che hanno dedicato con gioia la loro vita a Dio attraverso un’istituzione della Chiesa abbiano il desiderio di destinare la totalità o una parte dei loro beni a iniziative apostoliche che possono avere maggiori necessità. Si tratta di una prassi millenaria nella Chiesa.
La mia esperienza è che questo avviene con molta libertà e si verificano casi diversi a seconda delle varie circostanze della vita.
30. Se un membro dell’Opus Dei non ha alcuna possibilità di contribuire, cosa succede?
Non succede nulla, assolutamente nulla. Ci sono persone dell’Opus Dei che hanno difficoltà a arrivare a fine mese. Alcuni offrono il frutto di qualche piccolo sacrificio, come rinunciare a un caffè, non prendere l’autobus... quantità apparentemente irrisorie, ma di grande valore spirituale, come l’offerta della vedova che è stata lodata da Gesù nel Vangelo.
31. Nell’Opus Dei ci sono persone ricche?
Ci sono alcune persone dell’Opus Dei che possono essere considerate tali. E ci sono anche i poveri: più o meno è rappresentata tutta la società. Direi chiaramente che la maggior parte dei fedeli dell’Opus Dei in Italia appartiene alla classe media. E in questi tempi di crisi ci sono anche disoccupati che cercano lavoro.
32. Ma perché a volte chi entra in un centro dell’Opus Dei ha l’impressione di entrare in una casa bella e ricca? Dove sta la sobrietà?
Il messaggio dell’Opus Dei invita a curare le piccole cose, anche nell’ordine materiale, come manifestazione dell’amore per Dio e per gli altri. Si cerca di fare in modo che le sedi di ogni centro e di ogni opera apostolica riflettano questa caratteristica, in base alla loro funzione, senza lusso e con attenzione al contesto: non è lo stesso un’università e una scuola primaria.
La sobrietà si riferisce, in primo luogo, alla vita personale di ciascuno. E poi si manifesta anche cercando di far durare le cose a lungo, mantenendole bene.
Un episodio accaduto a Roma, nella sede attuale dell’Opera: quando i precedenti proprietari tornarono a visitare la casa, commentarono: “Che bel pavimento! Lo avete cambiato?”. “No, - fu la risposta - è lo stesso di prima, ma… pulito”.
33. Un’ultima domanda: perché si dice che l’Opus Dei è ricca?
Forse perché non si conosce direttamente cos’è e cosa fa la prelatura e ci si sofferma sul “mattone” piuttosto che sull’utilità sociale e culturale dell’iniziativa che si svolge in quella sede.
Probabilmente questa percezione può nascere dal confondere i beni personali di alcuni membri dell’Opus Dei con quelli dell’istituzione, che sono due cose completamente diverse. Inoltre, molte volte si vede un edificio ben rifinito e non si sa che è stato realizzato con un prestito i cui promotori si sono impegnati come garanti.
In ogni caso, tutto ciò che l’Opus Dei promuove è fatto per realizzare una missione di servizio, educazione ed evangelizzazione aperta a tutti. Ed è fondamentale considerare sempre l’Opus Dei per quello che è: un’istituzione della Chiesa che è al servizio della Chiesa.