Omicidi firmati Da Vinci

Un giallo nel segno di Leonardo: arriva in Italia dopo aver sedotto gli americani

I custodi del Metropolitan museum di New York ormai non aspettano neppure la domanda. Quando vedono che un visitatore ha sottobraccio una copia di The Da Vinci Code, il giallo di Dan Brown che da sei mesi domina la classifica dei libri americana (tra pochi giorni uscirà in Italia: "Il codice Da Vinci", Mondadori), subito indicano la galleria che porta alle opere di Leonardo.

Lo stesso succede al Louvre a Parigi: là i visitatori si interrogano sul luogo esatto dove nel libro viene trovato morto il curatore del museo. Dalla posizione del corpo inizia uno dei gialli più avvincenti dell'anno: il curatore muore dopo aver dipinto a terra un cerchio ed essersi sdraiato al suo centro, proprio come l'Uomo vitruviano di Leonardo.

I segni sono il tratto distintivo dei libri di Brown. Anche in Angels and Demons, il suo successo precedente, il protagonista era il professore di Harvard, esperto di simbologia pagana, Robert Langdon. Stavolta le sue indagini lo porteranno dentro i misteri di una setta segreta, il Priorato di Sion, organizzazione di origine medioevale sopravvissuta ai Templari, che ha avuto tra i suoi membri anche Isaac Newton, Claude Debussy e Leonardo da Vinci.

Per 105 capitoli Brown cerca di svelare i misteri che si celano dietro le opere di Leonardo, carpendo ogni dettaglio che possa aiutare l'esperto americano a risolvere il caso dell'uccisione di Suanière.

Al centro del romanzo è quella che Brown considera la più grande congiura degli ultimi 2 mila anni. Sullo sfondo, la possibilità che alla base della religione cristiana ci sia un errore storico.

La famiglia di Dan Brown è la primaria fonte di ispirazione di tutti i suoi gialli. Il padre, professore di matematica, gli trasmette la passione per la risoluzione dei codici più complessi; la moglie, pittrice ed esperta d'arte, gli svela i segreti dei grandi maestri del Cinquecento.

Per Nelson DeMille del New York Times, il libro «è semplicemente geniale» proprio per il ritmo che impone al corso della lettura, alle descrizioni delle gallerie del Louvre, del quartier generale dell'Opus Dei nel cuore di New York.

Ma proprio il ritratto che Brown fa dell'Opus Dei, l'organizzazione della Chiesa fondata da Josemaría Escrivá nel 1928, costituita come prelatura personale della Chiesa cattolica da Giovanni Paolo II nel 1982, ha attirato su Brown le critiche di molti.

Per la stampa cattolica americana, in particolare, le accuse rivolte all'Opus Dei sono semplicemente fandonie. Lo scrittore infatti raffigura la Prelatura dell'Opus Dei come una sorta di setta mistica, in cui le donne non avrebbero alcun potere. Tutto viene estremizzato nella descrizione del nuovo quartier generale di New York, un palazzo di 17 piani situato nel cuore di Manhattan. Lo scrittore criminalizza perfino la disposizione delle porte d'ingresso, cercando aspetti ambigui.

Il portavoce della sede di New York, Brian Finnerty, smentisce il fatto che il palazzo in Lexington avenue descritto nel romanzo sia la residenza di «monaci» dell'Opus Dei. Fantasiosa, poi, l'idea che i membri debbano mantenere intatto il mistero che circonda il Sacro Graal a costo della vita, o uccidere per averlo. Inverosimile che l'Opus Dei possa decidere di far assassinare a sangue freddo chi mettesse in pericolo la sacralità della religione cristiana.

Non basta. Nel libro si accenna più volte alla possibilità che la Chiesa abbia cercato di nascondere un legame tra Gesù e Maria Maddalena. Ed è uno dei punti sui quali anche il reverendo James Martin, direttore del settimanale cattolico America, ha mosso le maggiori critiche.

Dagli inizi di settembre gli attacchi a proposito dell'accuratezza delle informazioni riportate da Dan Brown nel testo si sono moltiplicati, tanto da spingerlo a non concedere altre interviste. A suo dire il romanzo si baserebbe su fatti, non su finzioni. I quadri, i luoghi, i documenti storici e le organizzazioni descritte nel libro esistono, possono essere visti sui libri d'arte o sul suo sito. E certo la campagna di certa massoneria contro l'Opus Dei è fatta anche di menzogne.

L'interesse per le società segrete è frutto delle esperienze che Brown ha avuto nella vita. Quanto al gusto di scrivere in tali termini del Vaticano e dell'Opus Dei, deve avere influito la passione dell'autore per i fatti insoliti e per le trame venate di misteri millenari.

È stato così anche per i due libri precedenti, Digital Fortress e Deception Point, romanzi ambientati alla Nasa e presso l'agenzia per la sicurezza nazionale statunitense.

Non esiste segreto che non possa essere svelato da una buona ricerca e da un pizzico di curiosità: questa la ricetta di Brown. «Sono scettico per natura e per questo rifiuto l'etichetta di teorico delle cospirazioni» dice. Ma sottolinea di non credere ad altri presunti misteri, per esempio i naufragi nel cosiddetto triangolo delle Bermude, o le visite degli ufo.

La regione del New England (nord-est degli Stati Uniti), in cui le congregazioni clandestine della Ivy League e le logge massoniche godono di una tradizione secolare, hanno ispirato non solo il Codice Da Vinci e i romanzi precedenti ma anche il prossimo libro, che avrà al centro l'enigmatico rapporto di fratellanza tra massoni.

Nel Codice Da Vinci è la religione cristiana a rivestire un ruolo fondamentale: attorno a essa ruota il segreto del codice di Leonardo. «Sono cristiano, anche se non nel senso tradizionale del termine. Mi considero uno studente di molte religioni» dice Dan Brown, che scrive soprattutto alle prime luci dell'alba. Non si considera eccentrico anche se si sveglia alle 4 per scrivere. «Se inizio a scrivere più tardi» conclude «ho la sensazione di perdere la parte più produttiva della mia giornata». Sulla scrivania un orologio che, ogni ora, gli ricorda che è il momento di fare una pausa per sgranchire le braccia e le gambe.

Altri segreti? Sua grande passione è rimanere appeso con le gambe per aria, perché gli dà la sensazione di risolvere le questioni in sospeso guardandole da una prospettiva diversa. Col sangue alla testa.

Sabrina Cohen / Panorama