Meditazioni: Venerdì della 18ª settimana del Tempo Ordinario

Riflessioni per meditare nel venerdì della diciottesima settimana del Tempo Ordinario. I temi proposti sono: Fortezza per viveri liberi; Scoprire il bene della nostra lotta; Un cammino di speranza.

- Fortezza per viveri liberi

- Scoprire il bene della nostra lotta

- Un cammino di speranza


Fortezza per viveri liberi

IL SIGNORE manifesta la sua divinità in diversi modi. Ha guarito numerosi malati, ha dato da mangiare ad una folla affamata, si è manifestato ai Dodici come il Messia che deve venire nel mondo. In questo clima di esaltazione, Gesù dice ai suoi discepoli: "Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi sé stesso, prenda la sua croce e mi segua” (Mt 16, 24). Il Signore parla con chiarezza perché non vuole che gli apostoli si ingannino pensando che il Regno di Dio corrisponda al successo terreno. Camminando a fianco a Gesù hanno visto molti miracoli e prodigi, ma arriverà anche il momento della Croce.

La fortezza è la virtù che ci aiuta a mantenere il desiderio di seguire Cristo in ogni circostanza, nel momento dei miracoli e nelle difficoltà. Nelle nostre attività quotidiane ci sono molte cose che ci riempiono di gioia, e altre che, inevitabilmente, si presentano come ostacoli che ci mettono alla prova. La felicità sulla terra, pertanto, non dipende dal prolungare al massimo i momenti favorevoli, ma dalla capacità di dare senso agli avvenimenti buoni e anche a quelli più complicati, quando niente ci riesce come avevamo pensato. La fortezza ci aiuta a trasformare le contrarietà in occasioni per rendere più profondo e attivo il nostro desiderio di Dio. In questo modo, modella gradatamente la nostra affettività perché possiamo godere di Dio anche quando le circostanze personali o esterne non sono apparentemente favorevoli.

Quando le folle volevano proclamare Gesù re per i miracoli che realizzava, “non si lasciò ingannare da questo trionfalismo: era libero. Come nel deserto, quando respingeva le tentazioni di Satana, perché era libero, e la sua libertà era seguire la volontà del Padre [...]. Pensiamo oggi alla nostra libertà. [...]. Sono libero? O, al contrario, sono schiavo delle mie passioni, delle mie ambizioni, delle ricchezze, della moda?”[1]. Per Gesù niente era di ostacolo nel cammino verso il suo vero obiettivo: liberarci dal peccato. La virtù della fortezza ci può aiutare a vivere come lui: senza che le circostanze esterne ci vincano e ci paralizzino, e ci muova sempre il desiderio di realizzare la volontà di Dio.


Scoprire il bene della nostra lotta

A VOLTE possiamo ridurre la fortezza allo sforzo di andare contro corrente, all’esercizio costante della volontà per superare sé stessi. Crediamo, allora, che per ottenere qualcosa che vale molto – vincere un difetto, crescere nell’amicizia con altre persone o con Dio, realizzare un compito –, basti resistere alle contrarietà che incontriamo sul cammino fino a giungere alla nostra meta. Tuttavia, intendere la fortezza solo in questo modo può condurci allo sfinimento o all’insensibilità davanti a tanti doni che Dio ci fa lungo il cammino. Essere forti significa, in primo luogo, rafforzare le nostre convinzioni, rinnovare sempre l’amore che ci muove, far risplendere con maggiore evidenza in noi i beni più autentici; in altre parole, fondare la fortezza nella fede e nell’amore di Dio. In questo modo sapremo scegliere con più facilità, anche con piacere, ciò che veramente vogliamo, la “parte migliore” di cui parla Gesù (cfr. Lc 10,42).

Chi manca di fortezza, per esempio, forse non sarà capace di evitare un commento brusco o non riuscirà a sorridere in momenti di stanchezza. In queste situazioni, la fatica predomina nelle sue reazioni, e perde di vista altri motivi per cui varrebbe la pena impegnarsi. Invece chi ha fatto crescere in sé la fortezza, fondandola sulla fede, non solo supera la stanchezza, ma lo fa perché percepisce il bene che questo restituisce a lui e agli altri e scopre in questo un modo di amare Dio. Solo così privarsi di un semplice piacere, alzarsi a ora fissa, evitare una lamentela o fare un favore che spontaneamente non faremmo, si trasformano in un modo di educarci nella percezione di un bene che abbiamo a portata di mano, ma che – almeno al principio – non risulta evidente, perché si presenta come una contrarietà.

Questo processo che inizialmente sembra solo una sfida per superare noi stessi, finisce col renderci più liberi perché la nostra gioia e la nostra pace dipenderanno più da ciò che veramente desideriamo e meno dalle piccole tirannie del momento. Nella lotta per essere più forti dobbiamo quindi esplorare quegli angoli morti che ci impediscono di vedere il bene, semplicemente perché richiedono uno sforzo. Chi impara a vivere con fortezza potrà perseverare nel bene anche quando le buone decisioni non risulteranno le più attraenti. È forte chi sa percepire il valore reale delle cose.


Un cammino di speranza

“QUEL CHE occorre per raggiungere la felicità non è una vita comoda, ma un cuore innamorato"[2]. Il cammino del cristiano è esigente perché richiede un amore ogni giorno più profondo; e, come dice una vecchia canzone, "il cuore che non vuole provare dolore, passa la vita intera privo d'amore"[3]. La vita di Gesù ci mostra come dobbiamo affrontare le avversità. Egli non fuggì dalla croce, e non si limitò ad accettarla: volle abbracciarla. E quando sentì il peso della stanchezza, preferì cadere piuttosto che lasciarla[4]. Quel legno per la gente era sinonimo di morte, ma per Gesù era lo strumento del suo amore: il trono dal quale ci avrebbe salvato dai nostri peccati.

La fortezza ci aiuta ad accettare il dolore. Al tempo stesso ci spinge a considerare i motivi che danno senso alla nostra lotta quando si presentano le difficoltà. Ogni sacrificio assunto liberamente, ogni contrarietà accolta con pazienza, ogni vittoria ottenuta per amore, riafferma in noi la convinzione che la nostra felicità è in Dio, più che in qualsiasi altra realtà. La lotta quotidiana si trasforma allora in una conquista progressiva del bene più grande che ci concede un po’ della gloria futura a cui aspiriamo: la lotta diviene cammino di speranza.

Per questo motivo la persona forte non si dispera, non perde la serenità quando fallisce o quando i frutti del suo lavoro tardano a vedersi. La fortezza ci permette di "lottare, per Amore, fino all'ultimo istante"[5], con gli occhi fissi al fine a cui aspiriamo. La Vergine Maria seppe sostenere gli apostoli nei momenti difficili della Passione, quando Gesù era morto. Lei non ci abbandona anche quando ci sembrerà che suo Figlio non ci sia: ci riempie della sua fortezza e ci invita a porre il nostro sguardo nella resurrezione di Gesù.


[1] Francesco, Omelia 13 aprile 2018.

[2] San Josemaría, Solco, n. 795.

[3] "A los arboles altos", canzone popolare.

[4] cfr. San Josemaría, Via Crucis, VII Stazione, n.1.

[5] San Josemaría, Tempo di riparare, n.4 in In dialogo con il Signore.