Meditazioni: mercoledì della 17ª settimana del Tempo Ordinario

Riflessioni per meditare nel mercoledì della diciassettesima settimana del Tempo Ordinario. I temi proposti sono: Il valore della perla; La vocazione matrimoniale; La fedeltà di Giuseppe.

Il valore della perla

La vocazione matrimoniale

La fedeltà di Giuseppe


LA MAGGIOR PARTE delle persone è in grado di riconoscere un lavoro ben fatto, soprattutto se è legato al proprio campo di interesse. Un cuoco, un architetto o uno scrittore possono apprezzare più profondamente le virtù di un piatto, di un edificio o di un romanzo, rispettivamente. Gesù si è servito di questo approccio per spiegare il Regno di Dio. Un mercante di perle, grazie al suo mestiere, capisce quasi subito se un gioiello è autentico o meno. Se ne individua uno di grande valore, possiamo immaginare che in lui nasca il desiderio di fare tutto il necessario per ottenerlo. Anche se può sembrare identico ad altri, non lo è: il mercante di perle sa riconoscere ciò che rende il gioiello unico.

«Dio sceglie e chiama tutti»[1]. Oltre alla vocazione alla vita e alla nostra vocazione battesimale, il Signore dona a tutti gli uomini anche una vocazione unica e particolare, una perla che ciascuno può scoprire. Il cuore umano, come quello del mercante, rimane alla ricerca di ciò che può soddisfarlo pienamente. Ed è solo la risposta fedele alle chiamate di Dio che può soddisfare questi desideri. Tutti gli altri gioielli - successo, comodità, piacere, denaro - permettono di raggiungere una felicità relativa, superficiale, legata più al benessere che a una vita piena in unione con Cristo.

«Ci hai fatti per Te e inquieto è il nostro cuore finché non riposa in te»[2], sottolineava sant’Agostino. Una volta che il mercante ha scoperto questa grande perla, è comprensibile immaginare che non abbia riposato in pace finché non sia riuscito a vendere tutto ciò che aveva per ottenerla. Potrebbe sembrare avventato impegnare tutto il suo patrimonio per ottenerla, ma in realtà sapeva che non sarebbe rimasto deluso. Non si sarebbe accontentato dell’offerta di piccoli diamanti, perché aveva trovato la perla che avrebbe dato più senso alla sua vita.

OGNI VOCAZIONE viene attivata da una scoperta semplice ma ricca di conseguenze: la convinzione che la verità della nostra vita non è solo vivere per noi stessi, ma anche per gli altri. Ci si rende conto che nella propria vita si è ricevuto molto amore e che si è chiamati a dare amore. Inoltre, ci si rende conto di aver ricevuto molti doni da Dio per metterli a disposizione degli altri. E per molti questa modalità di dare amore si trova nel matrimonio, che è qualcosa di molto diverso da una forma di gratificazione o da un'abitudine sociale: è un dono divino. «Il matrimonio basato su un amore esclusivo e definitivo diventa l'icona del rapporto di Dio con il suo popolo e viceversa: il modo di amare di Dio diventa la misura dell'amore umano»[3].

Dio chiama gli sposi ad aiutarsi, a prendersi cura l'uno dell'altro, a vivere l'uno per l'altro: in questo sta il segreto della loro realizzazione personale. Vivere significa, nel senso più profondo del termine, dare la vita. È così che ha vissuto Gesù: “Io sono venuto perché abbiano la vita e l'abbiano in abbondanza” (Gv 10, 10). Così hanno vissuto anche Giuseppe e Maria, con l'amore più semplice, delicato e felice che sia mai esistito sulla terra, prendendosi cura l'uno dell'altro, ma soprattutto della Vita fatta carne.

Va da sé che questo percorso non è privo di ostacoli: incomprensioni, mancanza di comunicazione, difficoltà materiali, problemi con i figli, eccetera. «Avrebbe un ben povero concetto del matrimonio e dell'affetto umano chi pensasse che, nell'urto contro queste difficoltà, l'amore e la gioia vengano meno.»[4]. Il giorno in cui un uomo e una donna si sposano, rispondono "sì" alla domanda sul loro amore reciproco. Ma la vera risposta arriva con la vita: la risposta deve essere incarnata, deve forgiarsi lentamente nel fuoco del "per sempre" di quel "sì" reciproco. E quel sì di tutta la vita, conquistato una volta e un’altra ancora, diventa sempre più profondo e autentico.

SAN GIUSEPPE ha trovato la perla in Maria e in Gesù. Non appena Dio gli chiese di essere il loro custode, dedicò tutti i suoi pensieri e le sue forze a questa missione. Usò la sua intelligenza e la sua iniziativa, ma seppe anche abbandonarsi fiduciosamente alla volontà di Dio, perché il modo in cui i piani di Dio si stavano realizzando non sempre coincideva con i suoi piani umani. Come nella vita del santo patriarca, a volte ci sono eventi anche nella nostra vita «di cui non comprendiamo il significato. La nostra prima reazione è spesso di delusione e ribellione. Giuseppe lascia da parte i suoi ragionamenti per fare spazio a ciò che accade e, per quanto possa apparire ai suoi occhi misterioso, egli lo accoglie [...]. La vita spirituale che Giuseppe ci mostra non è una via che spiega, ma una via che accoglie. Solo a partire da questa accoglienza, da questa riconciliazione, si può anche intuire una storia più grande, un significato più profondo»[5].

Accettare l'imprevisto, accettarlo con tutto il cuore, ha richiesto a san Giuseppe di rinnovare più volte la sua fedeltà: di fidarsi nuovamente di Dio nelle mutate circostanze, di mettere ancora una volta da parte le sicurezze umane che aveva raggiunto, di mettersi di nuovo al servizio del Signore dopo che la situazione era cambiata. In questo modo egli rendeva concreto il suo "sì" alla chiamata originaria di Dio: non era frutto di inerzia, ma si rinnovava continuamente di fronte a ciò che il Signore gli chiedeva. La sua fedeltà non era una semplice ripetizione di azioni, ma era creativa, aperta alle nuove sfide che si presentavano. San Giuseppe può aiutarci a fidarci della perla che Dio ci offre e che ci porta, come lui, a mettere Cristo e Maria al centro del nostro cuore.

[1] Mons. Fernando Ocáriz, Lettera pastorale, 28-X-2020, n. 2.

[2] Sant’Agostino, Confessioni, I, 1.

[3] Benedetto XVI, Deus caritas est, n. 11.

[4] San Josemaría, È Gesù che passa, n. 24.

[5] Francesco, Patris corde, n. 4.