Meditazioni: Giovedì della 3ª settimana di Quaresima

Riflessioni per meditare nel giovedì della terza settimana di Quaresima. I temi proposti sono: Riconoscere il proprio peccato; Sincerità nell’esame di coscienza; Riconquistare la nostra libertà.

- Riconoscere il proprio peccato

- Sincerità nell’esame di coscienza

- Riconquistare la nostra libertà


«Gesù stava scacciando un demonio che era muto. Uscito il demonio, il muto cominciò a parlare e le folle furono prese da stupore» (Lc 11, 14). Queste sono le parole dell’evangelista che, senza tanti preamboli, ci introducono in questa scena. L’espressione evangelica – il «demonio muto» – si è consolidata nella tradizione spirituale della Chiesa per descrivere un fenomeno che può riguardare qualunque cristiano: la mancanza di sincerità. Si tratta di un atteggiamento che certe volte si può presentare nella nostra vita: la difficoltà di accettare un aspetto della nostra vita che ancora non abbiamo riempito di Cristo e di cercare un aiuto per tale conversione.

Siccome il demonio è il padre della menzogna, mette in gioco tutta la sua astuzia per non farci rendere conto dei nostri errori. «Qui c’è una cosa che ci può ingannare: dicendo “tutti siamo peccatori”, come chi dice “buona giornata”, una cosa abituale, anche una cosa sociale, non abbiamo una vera coscienza del peccato. No: io sono un peccatore per questo, questo e questo [...]. La verità è sempre concreta»[1]. La sincerità comincia da se stessi. Siccome non siamo esenti da nessun male, dobbiamo rivolgerci al Signore per star bene. Sul «demonio muto» Gesù spiega ai suoi apostoli che «questa specie di demoni non si può scacciare in alcun modo, se non con la preghiera» (Mc 9, 29). Avvicinarci a Dio con semplicità, invocare lo Spirito Santo, ci darà la grazia di conoscerci meglio per identificarci di più con Gesù Cristo.


Quando san Josemaría pensava alle conseguenze che poteva provocare il «demonio muto», quella mancanza di sincerità con se stesso e con chi ci può aiutare, riuniva tutto in una parola piuttosto forte: «meschinità»[2]. In origine si tratta di ciò che logicamente fa seguito alla mancanza dell’aria pura che genera la verità, cosa che distorce non soltanto la capacità di riconoscere la realtà della nostra vita ma anche, forse, nelle parole degli altri. Lo notiamo proprio in quelli che sono presenti alla scena successiva a quella in cui il Signore opera il miracolo. Alcune persone della folla, anziché sorprendersi di quel fatto inaudito, cominciarono a dire che Gesù scacciava i demoni con il potere di Beelzebul. Altri, andando oltre, «gli chiedevano un segno del cielo», cosa che è veramente paradossale, dato che avevano appena assistito a un vero miracolo.

Alcune volte succede che, «se il demonio muto entra in un’anima, manda tutto in rovina»[3], anche le cose buone della vita, come le meraviglie che Dio opera davanti ai nostri occhi. Una persona del genere condiziona la propria capacità di contemplare le azioni del Signore – in se stesso e negli altri –, e inoltre, come accade nel passo evangelico, travisa le proprie intenzioni. Ecco perché è importante ricorrere ogni giorno all’esame di coscienza per metterci in quei pochi momenti, che sono preghiera, nella disposizione di permettere allo Spirito Santo di illuminare la nostra coscienza, spingendoci a cercare sempre più il modo di amare Dio; allora scopriremo la profondità del suo amore per noi, perché ci abbraccia come il padre del figlio prodigo quando riconosciamo con semplicità le nostre difficoltà e i nostri peccati. Perciò la Chiesa supplica ogni anno: «Ascolta, o Padre, la nostra preghiera e con la luce del tuo Figlio che viene a visitarci rischiara le tenebre del nostro cuore»[4].


Gesù, a sua difesa, fornisce una spiegazione che chiunque potrebbe capire: ogni regno diviso contro se stesso è destinato alla rovina. Egli non agisce con i poteri del demonio, perché non avrebbe senso che Beelzebul agisse contro se stesso. È per questo che il Signore annuncia a tutti direttamente il punto centrale: questo miracolo è realmente segno che il Regno di Dio è arrivato. Quello a cui queste persone hanno presenziato non è altro che una realizzazione di ciò che era stato annunciato e che lo stesso san Luca asserisce all’inizio del suo Vangelo: Gesù è l’Unto di Dio che è venuto a portare la libertà ai prigionieri.

Possiamo domandarci: prigionieri di chi? Di colui che era più forte di loro: il demonio. È per questo che il Signore continua il suo intervento con una immagine: «Quando un uomo forte, bene armato, fa la guardia al suo palazzo, ciò che possiede è al sicuro. Ma se arriva uno più forte di lui e lo vince, gli strappa via le armi nelle quali confidava e ne spartisce il bottino» (Lc 11, 21-22). Fin dal primo peccato il diavolo aveva guadagnato terreno tra gli uomini. È stato necessario che venisse Gesù, che è più forte di lui, per vincerlo e restituire alle persone il loro tesoro più prezioso: la libertà.

Identificare ed espellere il demonio muto dalla nostra vita significa proteggere questo bene che ci ha dato in dono il Signore. Come dice lo stesso Gesù: «La verità vi farà liberi» (Gv 8, 32). Per questo la sincerità con noi stessi, con Dio e con gli altri, deve essere parte integrante di quel compito che noi tutti abbiamo: lottare ogni giorno per riconquistare la libertà. Maria Santissima, la donna libera per eccellenza, piena di grazia, ci aiuterà a vivere in ogni momento con la libertà che è propria dei figli di Dio.


[1] Papa Francesco, Omelia, 29-IV-2020.

[2] San Josemaría, Amici di Dio, n. 188.

[3] Ibid.

[4] III lunedì di Avvento: Orazione colletta.