Meditazioni: Giovedì della 28ª settimana del Tempo Ordinario

Riflessioni per meditare nel giovedì della ventottesima settimana del Tempo Ordinario. I temi proposti sono: L’umiltà, via che conduce a Dio; L’esame di coscienza: riconoscere la voce del Signore; Coraggio per guardare nel nostro cuore.

- L’umiltà, via che conduce a Dio

- L’esame di coscienza: riconoscere la voce del Signore

- Coraggio per guardare nel nostro cuore


Sia Luca che Matteo nei loro vangeli raccolgono il celebre discorso dei «guai», nel quale il Signore rimprovera agli scribi e ai farisei l’incoerenza delle loro vite. Il Maestro li accusa con durezza perché erano più preoccupati di apparire che di vivere secondo verità. «Guai anche a voi, dottori della Legge, che caricate gli uomini di pesi insopportabili, e quei pesi voi non li toccate nemmeno con un dito! Guai a voi, che costruite i sepolcri dei profeti, e i vostri padri li hanno uccisi. (...) Guai a voi, dottori della Legge, che avete portato via la chiave della conoscenza» (Lc 11, 46-47.52).

Invece di intenerire i loro cuori, le parole che ascoltano dalle labbra di Gesù Cristo li convincono «a trattarlo in modo ostile» (Lc 11, 53). Certo, il Signore si è rivolto a loro con molta durezza, tuttavia, se avessero guardato con un poco di coraggio e sincerità nel loro intimo, si sarebbero resi conto che le accuse di Gesù erano giuste. È l’umiltà che permette di accettare la correzione e di metterci sulla via della conversione come il Signore ci chiede. È questa «la via che ci conduce a Dio e, allo stesso tempo, proprio perché ci conduce a Lui, ci porta anche all’essenziale della vita, al suo significato più vero, al motivo più affidabile per cui la vita vale la pena di essere vissuta. Solo l’umiltà ci spalanca all’esperienza della verità, della gioia autentica, della conoscenza che conta. Senza umiltà siamo “tagliati fuori”, siamo tagliati fuori dalla comprensione di Dio, alla comprensione di noi stessi»[1].

In altri passi del Vangelo vediamo come commuovono Gesù la semplicità dei bambini che lo avvicinano e che ancora non hanno imparato a mentire; la debolezza dei lebbrosi che gli chiedono di guarirli senza lasciarsi frenare da ciò che gli altri diranno; la sincerità di quelli che lo interrogano perché desiderano conoscere la verità. Il Maestro apprezza l’autenticità e la sincerità. Per questo, in un’altra occasione, dirà: «Sia invece il vostro parlare: «Sì, sì», «No, no»; il di più viene dal Maligno» (Mt 5, 37).


La propensione a giustificarsi dei farisei e degli scribi è vecchia come la stessa umanità. Quando Dio mostra meraviglia nel vedere il vestito di foglie che Adamo indossa e gli chiede se ha mangiato dell’albero, il primo uomo si scusa: «La donna che tu mi hai posto accanto mi ha dato dell'albero e io ne ho mangiato» (Gen 3, 12). La sua reazione è di dare la colpa a Eva, per tranquillizzare la propria coscienza di fronte a quello che sarebbe successo.

Don Javier Echevarría racconta che san Josemaría «lottò sempre contro ogni tipo di scuse che frenano il compimento del dovere, anche se non costituiscono un’offesa grave al Signore. (...) In tali dettagli si dimostra l’amore. Per questo, rifiutava cinque ragionamenti, che non dubitava di definire diabolici: il fatto è, ho pensato, ho creduto, domani, dopo»[2]. Il desiderio di avere un cuore attento, vigile, porta ad ascoltare la voce di Dio in tutte queste piccole lotte.

L’esame di coscienza è uno strumento che ci aiuta a conoscerci meglio e a riconoscere la chiamata di Dio giorno per giorno. Se qualche volta ci accorgiamo di non aver saputo rispondere, proprio allora possiamo chiedere al Signore la grazia di ricominciare il giorno dopo. Come diceva san Josemaría: «La nostra vita − di noi cristiani − deve essere molto usuale: cercare di far bene, tutti i giorni, le stesse cose che siamo obbligati a vivere; realizzare nel mondo la nostra missione divina, compiendo il piccolo dovere di ogni istante. − O, meglio: sforzandoci di compierlo, perché, a volte, non ci riusciremo e, alla sera, nell'esame, dovremo dire al Signore: non ti offro virtù; oggi ti posso offrire solo difetti, ma − con la tua grazia − arriverò a dichiararmi vincitore»[3].


La chiamata e la sequela di Cristo sono intimamente connesse con la necessità di esaminarci riguardo all’amore di Dio. Nella preghiera abbiamo bisogno di confrontarci con le nostre debolezze, senza timore, con un esame di coscienza sincero che ci permette di dare nome e cognome a quello che ci succede. Il beato Álvaro, in una delle sue prime lettere pastorali, consigliava di «fare con coscienza l’esame di coscienza»[4]. In altre parole, incoraggiava i suoi figli a essere coraggiosi nel guardare l’intimo del cuore, andando sino in fondo, per trovare le cause delle debolezze.

Impegnarci a conoscerci meglio potrà aiutarci a crescere nella libertà, perché in questo modo scopriamo lo sguardo perenne e l’opera di Dio nella nostra vita, che ci spingono a vivere autenticamente. In cambio, «la dimenticanza della presenza di Dio nella nostra vita va di pari passo con l’ignoranza su noi stessi, ignoranza sulle caratteristiche della nostra personalità e sui nostri desideri più profondi»[5]. Con questo esame possiamo riaccendere quegli ideali che vogliamo che ci spingano a chiedere a Dio la sua grazia per aiutarci a vivere secondo la nostra vocazione. In questo modo, potremo stare accanto al Signore, senza farci intrappolare da ciò che ci allontana da lui. Quando Gesù chiamò i primi apostoli, essi, “statim” − immediatamente, “relictis omnibus” − abandonando ogni cosa, tutto!, lo seguirono… E capita talvolta che noi - che desideriamo imitarli - non abbandoniamo proprio tutto, e ci resta un attaccamento nel cuore, un errore nella nostra vita, che non vogliamo tagliare per offrirlo al Signore. − Esaminerai per bene il tuo cuore fino in fondo? − Non deve restarvi nulla che non sia Suo; altrimenti, non lo amiamo bene, né tu né io»[6].

La Madonna seppe indirizzare i suoi sogni alla missione che l’angelo le aveva annunziato: essere la Madre di Dio. Da quel giorno tutta la sua vita, compresi i più minuti dettagli, avrebbe girato attorno a questa chiamata. Lei ci aiuterà in modo che anche la nostra intera giornata sia espressione dell’amore per suo Figlio, e che si estende alle persone che ci stanno vicino.


[1] Francesco, Udienza, 22-II-2021.

[2] Javier Echevarría, Memoria del beato Josemaría.

[3] San Josemaría, Forgia, n. 616.

[4] Beato Alvaro del Portillo, Lettera 8-XII-1976, n. 8.

[5] Francesco, Udienza, 5-XII-2022.

[6] San Josemaría, Forgia, n. 356.