Meditazioni: Giovedì della 27ª settimana del Tempo Ordinario

Riflessioni per meditare nel giovedì della ventisettesima settimana del Tempo Ordinario. I temi proposti sono: La pedagogia del Maestro; Nessuna supplica rimane senza risposta; Quando sembra che Dio non ascolta.

- La pedagogia del Maestro

- Nessuna supplica rimane senza risposta

- Quando sembra che Dio non ascolta


Gesù è un buon pedagogo. Arricchisce il suo insegnamento con esempi, immagini o gesti concreti. Non risparmia tempo nè energie per farlo arrivare e rimanere a tutti. È interessato a conoscere bene i suoi discepoli per centrare i suoi discorsi e ripete le cose quanto è necessario. Come diceva san Josemaría, «il Signore si è prodigato per noi: ci ha pazientemente istruiti; ci ha spiegato i suoi precetti in parabole, insistendo senza riposo»[1].

Per fare capire bene l’importanza della preghiera, il Signore ha voluto rinforzare il suo insegnamento con un esempio che interpellasse molti dei suoi ascoltatori; di più, con un fatto vissuto con molta probabilità da poco. «Se uno di voi ha un amico e a mezzanotte va da lui a dirgli: "Amico, prestami tre pani, perché è giunto da me un amico da un viaggio e non ho nulla da offrirgli" e se quello dall'interno gli risponde: "Non m'importunare, la porta è già chiusa, io e i miei bambini siamo a letto, non posso alzarmi per darti i pani" vi dico che, se anche non si alzerà a darglieli per amicizia, si alzerà a dargliene quanti gliene occorrono almeno per la sua insistenza» (Lc 11, 5-8).

Ben più in là del messaggio concreto di questo brano, possiamo vedere la preoccupazione di Gesù di mettersi al posto dell’altro al momento di trasmettere un insegnamento. Approfitta dei fatti ordinari per svelare le grandi realtà divine. Dio non è «una intelligenza matematica molto lontana da noi. Dio si interessa a noi, ci ama, è entrato personalmente nella realtà della nostra storia, si è autocomunicato fino ad incarnarsi. Quindi, Dio è una realtà della nostra vita, è così grande che ha anche tempo per noi, si occupa di noi. In Gesù di Nazaret noi incontriamo il volto di Dio, che è sceso dal suo Cielo per immergersi nel mondo degli uomini, nel nostro mondo, e insegnare l’«arte di vivere», la strada della felicità; per liberarci dal peccato e renderci figli di Dio (cfr. Ef 1, 5; Rm 8, 14)»[2]. Anche noi, quando trasmettiamo la fede agli altri, possiamo imitare questa premura del Signore di collegare i suoi insegnamenti alle realtà quotidiane. In questo modo, il Vangelo verrà percepito non come qualcosa di estraneo, ma come qualcosa davvero familiare, vicino, che risveglia il desiderio di vivere questa buona notizia.


Risuonavano ancora all’udito dei suoi discepoli le diverse petizioni che Gesù aveva sintetizzate nel Padre nostro: un nuovo modo di rivolgersi a Dio, filiale e fiducioso. In questo contesto, Gesù offre ancora l’esempio della richiesta di un amico importuno che, in un momento intempestivo, chiede dei pani per un ospite inatteso. Cristo vuole che confrontiamo il nostro modo umano di rispondere alle richieste con la novità dello stile di Dio.

Per fare rimanere fissato nei cuori di chi lo ascolta questo stile divino, Gesù conclude: «Ebbene, io vi dico: chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto» (Lc 11, 9). In poche occasioni il Signore è così insistente; sia con le immagini che utilizza, chiedere, cercare, bussare, sia per la frequenza con la quale la sottolinea, ripetendo ancora: «Perché chiunque chiede riceve e chi cerca trova e a chi bussa sarà aperto» (Lc 11, 10).

Gesù offre una promessa consolante riguardo alla preghiera di petizione: nessuna rimane priva di risposta. «La supplica è espressione del cuore che confida in Dio, che sa che non può farcela da solo. Nella vita del popolo fedele di Dio troviamo molte suppliche piene di tenerezza credente e di profonda fiducia. Non togliamo valore alla preghiera di domanda, che tante volte ci rasserena il cuore e ci aiuta ad andare avanti lottando con speranza»[3]. È ciò che hanno fatto tanti santi nel corso della storia, di fronte a molta oscurità o ostacoli. Chiedere li ha fatti crescere nella consapevolezza che era Dio a portare avanti tutto: la missione apostolica che avevano per le mani, la semina di pace e di gioia che volevano spargere in tutto il mondo, la loro santità, le preoccupazioni familiari... San Josemaría, in un momento di incomprensioni e di difficoltà, insisteva con i suoi figli a non smettere di ricorrere a Dio. Per esprimere questo desiderio, ricorreva a una frase del profeta Isaia: «Grida a squarciagola, non avere riguardo; alza la voce come il corno» (Is 58, 1).


«Quale padre tra voi, se il figlio gli chiede un pesce, gli darà una serpe al posto del pesce? O se gli chiede un uovo, gli darà uno scorpione?» (Lc 11, 11). Fedele al suo modo di insegnare, il Signore offre un altro paragone per dare completezza all’immagine che i suoi ascoltatori potevano avere di Dio. Non è soltanto un Padre al quale poter chiedere ogni bene, come ha fatto vedere nel Padre nostro, e a descrivere questa paternità non è neppure sufficiente il fatto che non lasci supplica priva di risposta. Oltre a tutto questo, è un Padre molto migliore di chiunque altro. «Se voi dunque, che siete cattivi, sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro del cielo darà lo Spirito Santo a quelli che glielo chiedono!» (Lc 11, 13).

Probabilmente abbiamo l’esperienza di aver chiesto qualcosa a Dio e, infine, di non averla ottenuta. Magari possiamo pensare che non è proprio certo che «tutto quello che chiedi, ricevi». Quello che Gesù, però, vuole farci intendere è che, se non ci stanchiamo di chiedere, il primo bene che riceviamo è propriamente di saperci veri figli di Dio, grazie allo Spirito Santo. A volte, in effetti, non ci dà quello che gli chiediamo, ma abbiamo la certezza che Dio è buono e che, quindi, vuole sempre «il meglio per noi»[4]. Quell’esperienza, se è di fede, ci aiuta ad essere umili, a riconoscere che siamo figli bisognosi di un Padre amorevole. E molte volte il frutto più importante di quella richiesta sarà proprio di avere raggiunto una maggiore certezza della nostra filiazione.

«Dio, differendo la sua promessa, aumenta il desiderio, con il desiderio, ingrandisce l’anima e, così, la rende capace di ricevere i suoi doni»[5]. Quando sembra che Gesù non ci concede quello che chiediamo, lo fa per farci continuare a insistere e per far crescere in noi il desiderio di ottenerlo. Con questa preghiera che non fallisce, Dio prepara la nostra anima per accogliere il dono della filiazione divina, che illumina il nostro cammino verso la santità e che ci fa avere per Madre la Vergine Maria. «Madre! —Chiamala forte, forte. —Ti ascolta, ti vede forse in pericolo e ti offre, Santa Maria tua Madre, con la grazia di suo Figlio, la consolazione del suo grembo, la tenerezza delle sue carezze: e ti sentirai rinfrancato per la nuova lotta»[6].


[1] San Josemaría, Amici di Dio, n. 52.

[2] Benedetto XVI, Udienza, 28-XI-2012.

[3] Francesco, Gaudete et exultate, n. 154.

[4] Francesco, Angelus, 16-I-2022.

[5] Sant’Agostino, Sulla prima lettera di san Giovanni, Trattato IV.

[6] San Josemaría, Cammino, n. 516.