Meditazioni: Domenica della 33ª settimana del Tempo Ordinario (ciclo A)

Riflessioni per meditare nella domenica della 33ª settimana del Tempo Ordinario. I temi proposti sono: Riscoprire i nostri talenti; Quando la paura paralizza; Senza temere il rischio.

- Riscoprire i nostri talenti

- Quando la paura paralizza

- Senza temere il rischio


Un uomo, prima di partire per un viaggio, decise di chiamare i suoi servitori per affidare loro i suoi beni: «A uno diede cinque talenti, a un altro due, a un altro uno, secondo le capacità di ciascuno» (Mt 25, 15). Quando partì, i primi due si misero subito a trafficare quello che avevano ricevuto sino ad ottenere il doppio di quanto avevano. Invece, quello che aveva avuto un solo talento decise di fare «una buca nel terreno e vi nascose il denaro del suo padrone» (Mt 25, 17).

Con questa parabola, Gesù ha voluto insegnare ai suoi discepoli ad usare bene i suoi doni. «Dio chiama ogni uomo alla vita e gli consegna dei talenti, affidandogli nel contempo una missione da compiere»[1]. Noi tutti abbiamo alcune qualità che, in qualche modo, ci rendono unici. A volte, però, magari possiamo invidiare i talenti di qualche altro e ci lamentiamo perché crediamo di non essere capaci quanto loro. Cristo, invece, ci ha benedetti in tanti modi e, tra questi, quello di concederci le capacità molto concrete di disimpegnare la missione che ci ha affidato. La particolare maniera con la quale ognuno può servire Dio e gli altri ci consente di vedere i nostri talenti con gli occhi del Signore. «Così maturerà ancor più in noi una disposizione interiore di apertura alle necessità degli altri, sapremo metterci al servizio di tutti e vedremo con maggiore chiarezza qual è il luogo che Dio ci ha affidato in questo mondo»[2].

«La tua vita per te? – scriveva san Josemaría – La tua vita è per Iddio, per il bene di tutti gli uomini, nell'amore al Signore. Dissotterra il talento! Rendilo proficuo: e assaporerai la gioia di costatare che in questo affare soprannaturale non importa che il risultato terreno non sia una meraviglia che susciti l'ammirazione degli uomini»[3]. Quello che conta, piuttosto, è che contribuiamo a fare del nostro ambiente - la famiglia, il posto di lavoro, il gruppo di amici – un posto un poco migliore, nel quale, con i nostri talenti, trasmettiamo agli altri la gioia di vivere vicino a Gesù.


Mentre quelli che avevano ricevuto diversi talenti, con quelli trafficarono, quello che ne aveva avuto uno lo nascose sotto terra. Quando, dopo molto tempo, ritornò il padrone, quel servo si presentò davanti a lui dicendo: «Signore, so che sei un uomo duro, che mieti dove non hai seminato e raccogli dove non hai sparso. Ho avuto paura e sono andato a nascondere il tuo talento sotto terra: ecco ciò che è tuo» (Mt 25, 24-25). Ha preferito la sicurezza del buco nel suolo, piuttosto che lanciarsi all’avventura di fare rendere il talento che il suo signore gli aveva affidato.

La paura è una reazione naturale che viene di fronte all’ignoto o ai problemi della vita. Nonostante ciò, se le diamo una eccessiva importanza diventa«un atteggiamento che ci danneggia, ci indebolisce, ci fa ritirare, ci paralizza. Così tanto che una persona schiavizzata dalla paura non si muove, non sa che fare: è timorosa, chiusa in se stessa, in attesa di qualcosa di brutto»[4]. La paura, invece di farci sfruttare i talenti che Dio ci ha dato, ci porta a fissare la nostra attenzione su tutto ciò che può andare male.

La proposta cristiana non è quella di ignorare ingenuamente le possibili difficoltà. È, piuttosto, un invito a porre la nostra fiducia nell’amore senza condizioni del Signore, di ricordare che siamo sotto le sue mani, che ci proteggono e ci custodiscono. Come scrive il prelato dell’Opus Dei: «In un momento della vita in cui forse le sicurezze dell’infanzia traballano e in cui anche la luce della fede si può indebolire, è necessario ricordare la nostra verità più profonda: che siamo figli di Dio e che siamo stati creati per amore»[5]. In questo modo, ciò che forse temiamo di perdere – la salute, certi beni, la stima degli altri –, acquisisce un'importanza relativa, perché sappiamo che Cristo veglia su di noi, e non smetterà mai di amarci. Questa certezza ci permetterà di accogliere con coraggio e forza le contrarietà, perché «se Dio è per noi, chi sarà contro di noi?» (Rm 8, 31). Mentre stiamo pregando possiamo scoprire quali sono le nostre paure e lasciarle nelle mani del Signore, per godere della vita che ci ha dato.


La paura può manifestarsi quando dobbiamo prendere una decisione che può cambiare la nostra vita. Magari non sappiamo come potremo affrontare gli ostacoli che si presenteranno lungo la via e, quindi, temiamo di fallire. Questo ci può portare ad allontanare per il maggiore tempo possibile la scelta, oppure a farci stare più attenti alle difficoltà che possono nascere piuttosto che alla gioia che troveremo. In tal modo, la paura ci porta a fare della sicurezza la meta della nostra vita, evitando i rischi e cercando continuamente sicurezze alle quali aggrapparci. Viviamo in certo modo schiavi del futuro senza vivere il presente con Dio, che è il signore della Storia.

«La ricerca personale può far nascere una certa inquietudine, perché sperimentiamo la vertigine della libertà. Sarò felice? Sarò forte? Varrà la pena impegnarsi? Neppure in questo Dio ci lascia soli»[6]. Qualsiasi avventura che vale la pena porta con sé un certo rischio. Voler avere tutto sotto controllo, oltre ad essere impossibile – ci saranno sempre circostanze inattese –, porta a mettere al centro della vita la paura, e non il desiderio di fare qualcosa che valga la pena. Per questo il Signore vuole liberarci dalle nostre paure, che spesso sono alimentate dalla nostra immaginazione e non corrispondono alla realtà. Quando ci decidiamo, con entusiasmo e speranza, a intraprendere una strada, troviamo stabilità e la certezza che non avevamo prima, perché sappiamo che la nostra vita ha un chiaro significato. E sappiamo che, in ogni istante, al nostro fianco avremo il Signore, che ha fiducia in noi e ci si rende presente con delicatezza e tenerezza.

Anche la Madonna ha avuto paura quando udì il saluto dell’angelo. Per questo, Gabriele le disse: «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio (Lc 1, 30). Quella iniziale paura non le impedì di lanciarsi nell’avventura di essere Madre di Dio. Anche se non conosceva le difficoltà che si sarebbero presentate, sapeva di poter contare in ogni momento sul Signore, al quale «nulla è impossibile» (Lc 1, 37). L’annuncio dell’angelo la riempì subito di gioia e di fortezza. Così, mettendo la sua sicurezza nella forza divina, senza fare calcoli, ha deciso di intraprendere con gioia la propria strada: «Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola» (Lc 1, 38).


[1] Benedetto XVI, Angelus, 13-XI-2011.

[2] Mons. Fernando Ocáriz, “Felici perché chiamati, così lasceremo traccia”, Avvenire, 10-X-2018.

[3] San Josemaría, Amici di Dio, n. 47.

[4] Francesco, cit. in S. Noé, La paura come dono, Editrice San Paolo, 2023.

[5] Mons. Fernando Ocáriz, “Felici perché chiamati, così lasceremo traccia”, Avvenire, 10-X-2018.

[6] Ibidem.