Meditazioni: Domenica della 31ª settimana del Tempo Ordinario (ciclo A)

Riflessioni per meditare nella domenica della 31ª settimana del Tempo Ordinario. I temi proposti sono: Uno sguardo a ciò che ci unisce; L’amore del servizio; Seminare pace e gioia.

- Uno sguardo a ciò che ci unisce

- L’amore del servizio

- Seminare pace e gioia


Certi scribi e farisei erano abituati a muoversi con un certo senso di superiorità. Pensavano che, per la loro posizione, meritassero di essere onorati da parte del restante popolo ebraico. Gesù, invece, invitava la gente e i propri discepoli ad avere un comportamento opposto: «Ma voi non fatevi chiamare «rabbì», perché uno solo è il vostro Maestro e voi siete tutti fratelli. E non chiamate «padre» nessuno di voi sulla terra, perché uno solo è il Padre vostro, quello celeste» (Mt 23, 8-9). In questo modo, Cristo non solo dichiara che tutti gli uomini sono uguali, ma arriva alla radice di questa realtà: siamo tutti fratelli perchè siamo figli dello stesso Dio.

Come Gesù, anche il profeta Malachia ha denunciato il comportamento analogo di certe autorità della sua epoca. «Non abbiamo forse tutti noi un solo padre? Forse non ci ha creati un unico Dio? Perché dunque agire con perfidia l'uno contro l'altro, profanando l'alleanza dei nostri padri?» (Ml 2, 10). Tanto Malachia quanto il Signore ci invitano a volgere il nostro sguardo verso ciò che ci unisce gli uni gli altri, e non tanto a ciò che possa separarci, perchè «ciascuno di noi è il frutto di un pensiero di Dio. Ciascuno di noi è voluto, ciascuno è amato, ciascuno è necessario»[1].

Certe volte possiamo avere difficoltà a vivere questa fraternità cristiana con le persone che ci stanno intorno. Questo può accadere specialemnete con quelli con i quali trascorriamo più tempo, perchè sperimentiamo più da vicino i loro possibili difetti. In tal senso, ci può essere di aiuto fare riferimanto soprattutto a ciò che ci unisce a quella persona: un’amicizia reale che ci ha accompagnato nei momenti importanti, un amore incondizionato che è cresciuto con il passare del tempo, una stessa vocazione che prende tutta l’esistenza... Potremo, così, renderci conto che una relazione non si nutre soltanto di sensazioni momentanee, ma soprattutto di una comune realtà che ha segnato la nostra vita.


Al tempo di Gesù, come in altri momenti della storia, il servizio era inteso come un compito di categoria minore. Una persona di qualità si occupava di lavori che erano ritenuti importanti, mentre i meno dotati erano destinati proprio a servirli. Cristo, dopo aver affermato l’uguaglianza di tutti gli uomini, ha cambiato completamente il modo di intendere la società: «Chi tra voi è più grande, sarà vostro servo; chi invece si esalterà, sarà umiliato e chi si umilierà sarà esaltato» (Mt 23, 11-12). Il vero potere, quindi, non si traduce in privilegi, ma in spirito di servizio che «è espressione dell’amore, dell’affetto con cui facciamo totalmente nostre le necessità degli altri»[2]. Ognuno, a modo suo, è servo degli altri. Nel corso di una intervista, san Josemaría diceva che «ogni attività sociale ben compiuta è appunto questo, un bellissimo servizio: e lo è tanto l'attività di una lavoratrice domestica quanto quella di un docente o di un giudice. L'unica attività che non è servizio è quella di chi subordina tutto al proprio interesse»[3].

Lo spirito di servizio è espressione dell’amore fraterno, che «può solo essere gratuito, non può mai essere un compenso per ciò che un altro realizza, né un anticipo per quanto speriamo che faccia»[4]. Tra l’altro, un servizio professionale richiede la sua giusta retribuzione. Allo stesso tempo, quando un’attività di servizio è frutto dell’amore per l’altro, va molto al di là della logica del dare e avere e raggiunge una nuova dimensione, che è molto simile a quella della gratitudine. I genitori danno la vita per i loro figli senza aspettarsi nulla in cambio. Tanto meno lo fanno come un dovere, conseguenza di impegni presi. «Quando c’è amore –diceva san Josemaría–, oserei affermare che non c’è bisogno per nulla di fare propositi. Mia madre non ha mai fatto il proposito di amarmi, e bisogna vedere che dettagli di affetto aveva per me!»[5]. I genitori, in questo compito di costante servizio, sperimentano una gioia profonda, propria di un cuore innamorato, che non bada per nulla alla maggiore e minore corrispondenza del figlio o della figlia: contemplando la bellezza del focolare che stanno costruendo rimangono immensamente appagati.


Nella seconda lettura, san Paolo ringrazia i Tessalonicesi per come hanno accolto l’annuncio del Vangelo: «non come parola di uomini ma, qual è veramente, come parola di Dio, che opera in voi credenti» (1Ts 2, 13). La fede non si riduce a una conoscenza teorica, ma «permane operante», cioè, si manifesta in tutte le nostre opere. Per questo, san Josemaría diceva che i primi cristiani erano seminatori di pace e di gioia: i loro focolari erano uguali agli altri del loro tempo, ma loro erano «animati da uno spirito nuovo che contagiava chi li avvicinava e li frequentava»[6].

Il prelato dell’ Opus Dei sottolinea che «una delle manifestazioni dello spirito di servizio, che praticamente le riassume tutte, è seminare pace e gioia. Siccome possiamo dare la pace e la gioia solo se le possediamo ed entrambe sono un dono di Dio, il modo migliore di accrescerle in noi è attendere con premura e diligenza ai nostri momenti di intimità con Dio: i sacramenti e l’orazione»[7]. La gioia non dipende esclusivamente dal fatto che le circostanze esterne siano favorevoli, ma dal rapporto con il Signore. «Come qualsiasi altra persona, l’uomo e la donna di fede sperimentano la stanchezza e la malattia, la difficoltà e l’inquietudine, il dubbio e la contrarietà. Ma, in tutte queste situazioni, sanno di essere figli molto amati di Dio, sono consapevoli di potersi appoggiare a lui e, con il suo aiuto, di recuperare la gioia, se arrivassero a perderla»[8].

La vita degli apostoli e dei primi cristiani non è stata esente di difficoltà. I tre giorni dopo la morte del Signore avranno riempito di disperazioni i loro cuori. Magari anche le persecuzioni al momento di annunciare il Vangelo avranno provocato in loro paura e insicurezza. Possiamo immaginare che in quei momenti tanto oscuri, la Madonna avrà seminato pace e allegria nell’anima di ciascuno di loro. Lei sapeva che suo Figlio avrebbe vinto la morte e che sarebbe stato con ciascuno di noi sino alla fine del mondo.


[1] Benedetto XVI, Omelia, 24-IV-2005.

[2] Mons. Fernando Ocáriz, Lettera pastorale, 16-II-2023, n. 9.

[3] San Josemaría, Colloqui, n. 109.

[4] Francesco, Laudato Si’, n. 228.

[5] San Josemaría, Note da una riunione familiare, citato in S. Bernal, Mons. Josemaría Escrivá de Balaguer. Appunti per un profilo del Fondatore dell’ Opus Dei; Ed. Ares, Milano, 1976.

[6] San Josemaría, È Gesù che passa, n. 30.

[7] Mons. Fernando Ocáriz, Lettera pastorale, 16-II-2023, n. 11.

[8] Mons. Javier Echevarría, “Una siembra de paz y de alegría”, La Tercera, 15-X-2008.